Domenica 15 gennaio 2006

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 gennaio 2006

Rassegna a cura dell’Ufficio stampa e web

 

 

 

 

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 – Sardegna
Nuovo Statuto sardo, la forza delle decisioni

 

 

La Consulta è l’assemblea rappresentativa della società sarda cui è affidato il compito di elaborare la proposta del nuovo Statuto regionale. Sarà solo una proposta, perché il testo (che si spera pronto in otto mesi) dovrà poi essere trasmesso al Parlamento nazionale, al quale - essendo una legge costituzionale - spetterà il compito di approvarlo. Il nuovo Statuto, che sostituirà l’attuale datato 1948, sarà il nuovo patto costituzionale tra la Sardegna e lo Stato: la tavola dei diritti, delle competenze, degli obblighi reciproci.
 A formularne la prima bozza dovrebbero essere 48 consultori eletti dal Consiglio regionale tra personalità di alto profilo, dei quali 29 designati dai partiti, 8 dal sistema delle autonomie locali, 6 dal Consiglio regionale dell’economia e del lavoro, 4 dalle due università sarde, e 1 scelto dal presidente del Consiglio regionale (potrebbe essere rappresentativo degli indipendentisti, assenti come gruppo politico dal Consiglio).
 Ma il processo costituente non si esaurisce nell’elaborazione dello Statuto. Il Consiglio regionale infatti dovrà nel mentre discutere e approvare quella Legge statutaria che già qualcuno chiama la Legge fondamentale dei sardi.
 Si tratta di un testo complesso e impegnativo (quasi 40 articoli) nel quale è anzitutto stabilita la forma di governo della Regione (gli organi, i poteri, gli equilibri reciproci tra il Presidente, la Giunta e il Consiglio regionale, il ruolo del Consiglio delle autonomie locali, delle Province, dei Comuni e delle loro unioni) ma sono anche fissati i diritti dei cittadini, le regole della trasparenza e della corretta amministrazione e (in una parte specifica denominata “preambolo”) quelli che potremmo definire come i principi e i valori dell’autonomia. Approvata per due volte dal Consiglio regionale (con procedura, come si dice, rafforzata) la Legge statutaria sarà alla fine la vera “costituzione” interna della Sardegna.
 Statuto e Legge statutaria sono però due gambe, ognuna delle quali è indispensabile all’altra. La scelta compiuta dalla Giunta (che, sollecitata in ciò dalla maggioranza, si è fatta carico sin da settembre di proporre al Consiglio una bozza di Legge statutaria) è stata quella di fondere nel testo tutti i poteri che la legislazione nazionale già oggi riconosce alle regioni; e di lasciare invece allo Statuto-legge costituzionale quelle materie e quei poteri sui quali, a legislazione vigente, non è ancora possibile alla Regione decidere autonomamente.
 Dunque avremo una Legge statutaria “pesante” e uno Statuto “leggero”, intendendo con questo aggettivo che lo Statuto dovrà essenzialmente sancire solo quel “di più” di autonomia che, non previsto per le regioni a statuto ordinario, non può essere fissato nella Legge statutaria e che caratterizzerà la specialità della Sardegna.
 Già, perché il tema oggi all’ordine del giorno è appunto questo: cosa significa essere una Regione “speciale”?
 Quando nacque la Regione le cose erano più chiare: le regioni a statuto ordinario non erano state ancora create (e non lo sarebbero state sino agli anni Settanta) e comunque ad esse spettava sulla carta meno autonomia di quanta, per ragioni geografiche, storiche ed economiche, non se ne riconoscesse alle regioni “a statuto speciale”. Per qualche decennio questa logica “di privilegio” ha funzionato a nostro vantaggio, ma poi le regioni a statuto ordinario hanno recuperato il terreno che le divideva da quelle speciali ed oggi, dopo la modifica del Titolo V della Costituzione e la “devolution” voluta dal centrodestra, esse non solo le hanno raggiunte ma in molti casi, quanto a poteri di autonomia, le hanno persino superate.
 Che fare, dunque? L’idea è di chiedere e ottenere più autonomia (e quindi più poteri) di quanti non ne abbiano oggi le altre regioni, e di chiederlo in nome della identità e specificità della Sardegna. Su questo terreno, appunto, si giocherà la vera sfida dei prossimi mesi. Dal 1948 ad oggi il mondo (non solo la Sardegna ) è radicalmente cambiato: viviamo ormai tutti, istituzioni comprese, nella grande rete della globalizzazione. In quella rete, cadute le sudditanze gerarchiche tra poteri centrali e poteri locali, possiamo, anche se piccoli e periferici, concorrere alle grandi decisioni che ci riguardano. A patto, però, di averne i poteri e di essere organizzati in modo da esercitarli.
Guido Melis

 

 

 

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