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Dalla Sardegna un progetto per tracciare i detriti spaziali

Nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre: questo l’obiettivo del nuovo progetto che coinvolge il Gruppo di Elettromagnetismo del Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari e Nurijana Technologies, finanziato da Sardegna Ricerche. RASSEGNA STAMPA e SERVIZIO nel TG della RAI
27 marzo 2018
Guarda il servizio di Graziano Pintus nel TG della RAI (edizione 19.35 del 27 marzo 2018)

Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità. I ricercatori del DIEE si occupano dei sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti

di Valeria Aresu

Cagliari, 27 marzo 2018 — Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE).

Il progetto "Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali" riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra.

“Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente - spiega Pietro Andronico (Nurjana) - è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell'esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 kilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi, ecc., possono rientrare nell'atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l'incolumità di persone e cose”.

I primi risultati del progetto hanno portato all’osservazione e alla stima dell'orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L’immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi.

Il ruolo dei ricercatori dell’Università di Cagliari nel progetto è così descritto da Giorgio Montisci, docente di Ingegneria industriale e dell'informazione: “Il Gruppo di Elettromagnetismo del DIEE si occuperà dello sviluppo di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite”.

Tra i risultati attesi del progetto, oltre all’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

RASSEGNA STAMPA

LA NUOVA SARDEGNA del 28 marzo2018
Detriti spaziali: nascerà in Sardegna il radar sentinella
Collaborazione tra l'Università di Cagliari e Nurjana
Nuovi sistemi di monitoraggio per i rifiuti in orbita

di Antonello Palmas


CAGLIARI Tutti con lo sguardo preoccupato verso il cielo: è imminente il rientro nell'atmosfera della stazione spaziale cinese Tiangong1, che potrebbe cadere proprio nel periodo pasquale in una zona che comprende anche il sud Italia.Il pericolo concreto, dicono gli esperti, sembra limitato. Ma in futuro potrebbe essere la Sardegna a vestire i panni di supereroe e vigilare sulla "spazzatura dello spazio", un problema che sembra destinato a divenire sempre più pressante a causa dell'aumento del lancio dei satelliti.È infatti in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un'impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell'Università di Cagliari (Diee): si chiama "Sviluppo di una piattaforma di multi sensor data fusion per monitoraggio e tracking (tracciato) di detriti spaziali. L'obiettivo è mettere a punto nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita (satelliti, stazioni spaziali) o sulla Terra.E i primi risultati del progetto hanno portato proprio all'osservazione e alla stima tramite un telescopio ottico dell'orbita di Tiangong1. L'immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi. Spiega Giorgio Montisci: «Il Gruppo di elettromagnetismo del Diee si occuperà dello sviluppo di sistemi radar per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite». Già dal 2015 l'Europa ha iniziato a finanziare programmi di monitoraggio, cui partecipa anche l'Italia, col centro operativo di Pratica di Mare, il sistema radar bistatico Biralet (Poligono interforze di Salto di Quirra) e il radiotelescopio Srt costruito e gestito dall'Inaf e dall'Asi a San Basilio.Ma non c'è bisogno che gli oggetti siano grandi come Tiangong: anche un frammento ridottissimo può rappresentare un grosso pericolo. I detriti spaziali muovendosi ad altissima velocità nell'orbita terrestre sono in grado di fare danni enormi in caso di impatto, così come sono potenziali killer in caso di caduta sul nostro pianeta. «Basti pensare che una collisione con un frammento di solo un centimetro ha l'effetto dell'esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 chilometri al secondo» spiega Pietro Andronico (Nurjana). In tutto sinora sono stati catalogati 13.000 oggetti più grandi di un centimetro. Ma anche scaglie di vernici, polveri, materiale espulso dai motori dei razzi, liquido refrigerante, a quelle velocità si possono trasformare in micidiali proiettili.Tra i risultati attesi del progetto, oltre all'avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

LA NUOVA SARDEGNA
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L’UNIONE SARDA online
Detriti spaziali, reale minaccia? Un nuovo progetto in Sardegna
CULTURA » CAGLIARI

Nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra: è questo il cuore di un nuovo progetto di ricerca industriale sul tema della "spazzatura spaziale", argomento in questi giorni ampiamente dibattuto dopo l'annuncio del pericoloso rientro nell'atmosfera della stazione cinese Tiangong 1, in corso nell'Isola grazie al finanziamento di Sardegna Ricerche e con la collaborazione di un'impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell'Università di Cagliari (DIEE).
I primi risultati del progetto, dal titolo "Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali", hanno portato all'osservazione e alla stima dell'orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L'immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi.
"Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente - spiega Pietro Andronico di Nurjana - è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l'effetto dell'esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 chilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi o parti di razzi, possono rientrare nell'atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l'incolumità di persone e cose".
Tra i risultati attesi del progetto, oltre all'avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni anche in ambito commerciale e di tutela delle persone. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

L'UNIONE SARDA
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LA NUOVA SARDEGNA online
Dalla Sardegna un progetto per tracciare i rifiuti spaziali
Finanziato da Sardegna Ricerche e condotto da un’impresa sarda, la Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’università di Cagliari

CAGLIARI. Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE).
Il progetto "Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali" riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra. “Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente spiega Pietro Andronico (Nurjana) è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell'esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 chilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi, ecc., possono rientrare nell'atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l'incolumità di persone e cose”.
I primi risultati del progetto hanno portato all’osservazione e alla stima dell'orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L’immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi. Il ruolo dei ricercatori dell’Università di Cagliari nel progetto è così descritto dal prof. Giorgio Montisci: “Il Gruppo di Elettromagnetismo del DIEE si occuperà dello sviluppo di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite”. Tra i risultati attesi del progetto, oltre all’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

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Dalla Sardegna un progetto per tracciare i detriti spaziali

Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese Tiangong1, l’argomento della ‘spazzatura spaziale’ è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE). “Il progetto ‘Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali’ – si legge in una nota dell’università – riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra”.
“Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente – spiega Pietro Andronico, di Nurjana – è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell’esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 chilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi e altri materiali, possono rientrare nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l’incolumità di persone e cose”.
I primi risultati del progetto hanno portato all’osservazione e alla stima dell’orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L’immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi. Il ruolo dei ricercatori dell’Università di Cagliari nel progetto è così descritto dal prof. Giorgio Montisci: “Il Gruppo di Elettromagnetismo del DIEE si occuperà dello sviluppo di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite”.
“Tra i risultati attesi del progetto, oltre all’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche – conclude la nota – vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile”.

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Dalla Sardegna un progetto per tracciare i detriti spaziali
Il progetto riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra


Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE).
Il progetto “Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali” riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra.
“Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente spiega Pietro Andronico (Nurjana) è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell’esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 kilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi, ecc., possono rientrare nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l’incolumità di persone e cose”.
I primi risultati del progetto hanno portato all’osservazione e alla stima dell’orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L’immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi.
Il ruolo dei ricercatori dell’Università di Cagliari nel progetto è così descritto dal prof. Giorgio Montisci: “Il Gruppo di Elettromagnetismo del DIEE si occuperà dello sviluppo di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite”.
Tra i risultati attesi del progetto, oltre all’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

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Cagliari, 27 marzo 2018 — Da quando è stato annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE).
detriti spazialiIl progetto “Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali” riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra.
“Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente  spiega Pietro Andronico (Nurjana)  è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell’esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 kilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi, ecc., possono rientrare nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l’incolumità di persone e cose”.
I primi risultati del progetto hanno portato all’osservazione e alla stima dell’orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L’immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi.
Il ruolo dei ricercatori dell’Università di Cagliari nel progetto è così descritto dal prof. Giorgio Montisci: “Il Gruppo di Elettromagnetismo del DIEE si occuperà dello sviluppo di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite”.
Tra i risultati attesi del progetto, oltre all’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

Il progetto
Le attività svolte da Nurjana nel contesto dell’ESA hanno consentito di apprezzare come il problema dei detriti spaziali sta diventando sempre più urgente visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente, è sufficiente pensare che una collisione con un piccolo detrito spaziale di un cm alla tipica velocità nell’orbita LEO (10 km/s) ha un effetto comparabile a quello dell’esplosione di una granata. Oggetti più grandi dunque avrebbero un impatto catastrofico sui veicoli spaziali. Se si considera il fatto che ogni collisione può generare ulteriori detriti, si comprende la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni.

Inoltre, oltre ai pericoli nell’ambito del settore spaziale, oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi etc, possono rientrare nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi sull’incolumità di persone e cose nell’ambiente terrestre. Oggetti di dimensioni rilevanti (maggiori di un metro) entrano nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato circa una volta alla settimana. Questi oggetti devono essere monitorati e la loro traiettoria deve essere prevista con anticipo.
In questo contesto sono dunque divenuti di interesse primario gli studi e le ricerche in grado di porre le basi per lo sviluppo di nuovi sensori e tecnologie di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra.
A dimostrazione di ciò, basta guardare agli ingenti investimenti che la Commissione Europea sta mettendo in campo per dotare l’Europa di un proprio sistema di monitoraggio di detriti spaziali che la renda indipendente dai dati forniti dagli USA e dalla Russia. L’Economia dello spazio è diventata infatti fondamentale per lo sviluppo e la crescita delle nostre società e del nostro benessere e la sua protezione e garanzia di operatività sono quindi di primaria importanza. Già dal 2015 l’Europa ha iniziato a finanziare programmi di utilizzo, coordinamento e miglioramento dei propri sensori e centri operativi di raccolta dei dati per il monitoraggio dei detriti. Assieme a Francia, Germania, Spagna e UK, anche l’Italia sta partecipando a questo programma, mettendo a disposizione il centro operativo presso Pratica di Mare – Pomezia (ROMA) e i sensori ottici e Radar presenti sul territorio nazionale. Fra i sensori Radar utilizzati in fase di ricerca e sviluppo, vi è il sistema radar bistatico denominato BIRALET, formato da un trasmettitore situato all’interno del PISQ e il radiotelescopio SRT costruito e gestito dall’INAF e dall’ASI nel territorio del comune di San Basilio.
La maggior concentrazione di detriti spaziali si trova nella regione LEO (Low Earth Orbit, tra 200 km e 2000 km), dove infatti avviene il maggior numero di esplosioni e collisioni con le navicelle spaziali. In questa regione l’osservazione dei detriti spaziali viene effettuata di norma tramite sistemi RADAR, mentre i sistemi ottici sono impiegati prevalentemente per osservazioni in orbita GEO e MEO, dove un sistema RADAR richiederebbe potenze troppo elevate [1].
Tuttavia, nella letteratura scientifica sono state studiate anche le problematiche relative all’osservazione dei detriti spaziali nella regione LEO anche tramite telescopi ottici, e anche l’ESA (European Space Agency) e la NASA hanno mostrato interesse per questo tipo di soluzione. In particolare, le osservazioni ottiche in orbita LEO, quando rese possibili dalle condizioni ambientali, consentono il monitoraggio dei detriti tramite la misura dell’albedo. Questo chiaramente è possibile solo se la stazione di osservazione è in zona d’ombra, se i detriti spaziali sono al di fuori della zona d’ombra della terra, e se le condizioni meteo sono favorevoli (assenza di nuvole). E’ comunque evidente che la possibilità di utilizzare in orbita LEO sia osservazioni RADAR che ottiche suggerisce l’impiego contemporaneo dei due sistemi, al fine di estrarre maggiori informazioni rispetto a quelle ottenibili con l’osservazione tramite un singolo sensore.
A fronte di tali premesse, in continuità con i settori di interesse dell’impresa proponente e con i programmi strategici di sviluppo della piattaforma MMP, sviluppata da Nurjana e descritta sinteticamente nella sezione di presentazione dell’azienda, l’attività di ricerca e sviluppo che si intende avviare si pone come obiettivo lo studio e lo sviluppo di una piattaforma di “Multi Sensor Data Fusion” (ossia fusione di dati acquisiti da sensori diversi) da impiegare nell’ambito del monitoraggio dei detriti spaziali, basate su elaborazione di dati e immagini prodotti da una rete di sensori eterogenei e distribuita quali:
• Sistemi Ottici nello spettro del visibile ed eventualmente dell’infrarosso
• Sistemi Radar a diverse frequenze
Il procedimento di “Sensor Data Fusion” consiste nella fusione di dati provenienti da più sensori e nell’implementazione di un sistema esperto di decisione. Il sistema che si vuole studiare, basandosi su dati di vari sensori e su una conoscenza a priori dello scenario di interesse, ha la funzione di filtrare e correlare grandi moli di dati, per migliorare le prestazioni complessive del sistema di monitoraggio e presentare alla valutazione dell’operatore le informazioni utili per la gestione di una o più missioni spaziali, in relazione ai pericoli derivanti dai detriti spaziali.

I PARTNER
Nurjana Technologies Srl
Nurjana Technologies Srl (Nurjana o NT) è una società nata nell’ottobre 2012 che, in forza delle expertise dei soci fondatori e della composizione attuale del suo organico, può vantare una consolidata esperienza nel settore System and Sensor Integration, sviluppata nella realizzazione di progetti in ambito nazionale e internazionale, anche in contesti complessi quali quelli dell’Aerospazio.
Da un punto di vista dell’offerta sul mercato, Nurjana si caratterizza per una profonda conoscenza delle tecnologie hardware e software dell’ingegneria dei sistemi e del “Sensor Data Fusion”, applicata alla progettazione e realizzazione di sistemi “mission critical” per applicazioni di “Test and Evaluation”.
L’azienda si affaccia sul mercato forte di un’organizzazione dotata di risorse umane altamente qualificate e di una funzione di Ricerca e Sviluppo che, insieme, rappresentano gli elementi caratterizzanti delle sue principali competenze distintive. Nurjana è in grado di offrire ai propri clienti un prodotto costituito da un mix di tecnologia allo stato dell’arte e di servizi qualificati di ingegneria e project management, i cui vantaggi concorrenziali derivano dalla notevole capacità di caratterizzazione dei prodotti offerti in funzione delle particolari e specifiche esigenze dell’utente. In particolare, i risultati delle attività di R&S condotte da Nurjana sin dall’avvio della sua attività, hanno consentito e continuano a determinare una costante crescita del fatturato e una efficace penetrazione nel mercato Aerospazio nonostante le elevate barriere di ingresso, portando Nurjana ad avere in brevissimo tempo tra il proprio portafoglio clienti i maggiori player del settore.
Il principale prodotto offerto è infatti la piattaforma software Mission Management Platform (MMP) che implementa tecniche avanzate e innovative di Sensor Data Fusion real time per applicazioni aeronautiche. Il procedimento di “Sensor Data Fusion” consiste nella fusione di dati provenienti da più sensori per Object Recognition e nell’implementazione di un Sistema Esperto di decisione. Il sistema MMP sviluppato, basandosi su dati di vari sensori e su una conoscenza a priori dello scenario di interesse, ha la funzione di filtrare e correlare grandi moli di dati, per presentare alla valutazione dell’operatore solamente quelli più significativi, supportandolo nelle decisioni e nelle azioni da intraprendere per la-gestione della missione e per il controllo dei sensori impiegati.
In particolare, la piattaforma MMP è il frutto di una attività di ricerca e sviluppo avviata dall’azienda nell’ambito della sensor data fusion applicata alla realizzazione di architetture e metodologie di monitoraggio e controllo di scenari aeronautici con finalità di test, verifica e validazione. Il controllo dell’area avviene attraverso acquisizione ed elaborazione di dati e immagini ad opera di una rete di sensori eterogenei distribuita su un’area geografica più o meno vasta e costituita da:
• Sensori ottici nello spettro del visibile
• Sensori ottici nell’infrarosso
• Radar
• DGPS – Differential GPS (Global Positioning System)
Il sistema sviluppato è in grado di acquisire, riconoscere e classificare gli oggetti presenti nell’intera area sotto controllo, siano essi statici che dinamici. Gli oggetti statici sono distinguibili dal contesto; sugli oggetti dinamici viene effettuato il tracking di posizione.

DIEE – Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica dell’Università di Cagliari
Nello specifico il gruppo di ricerca del DIEE coinvolto nel progetto è il Gruppo di Elettromagnetismo Applicato (EMA), con la collaborazione del gruppo di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni.
Il Gruppo di Elettromagnetismo Applicato si occupa da più di vent’anni di progettazione di dispositivi a microonde e di antenne. In particolare, le competenze e le esperienze rilevanti rispetto alla proposta progettuale fanno riferimento ai seguenti temi di ricerca:
antenne in guida d’onda per applicazioni RADAR,
progetto di componenti a microonde per applicazioni radioastronomiche e diagnostica di grandi antenne a riflettore, utilizzo del Sardinia Radio Telescope per il monitoraggio e tracking di detriti spaziali,
antenne per tag RFId e antenne indossabili, antenne a larga banda per applicazioni wireless su substrati flessibili.
Il Gruppo di Elettromagnetismo, consta di un professore ordinario, un professore associato, due ricercatori, e quattro studenti di dottorato di ricerca, due dei quali impegnati sulle tematiche di ricerca relative all’uso di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti spaziali, in collaborazione con l’INAF – Osservatorio Astronomico di Cagliari. I componenti dell’EMA hanno inoltre competenze specifiche sia nell’utilizzo dei più comuni software di simulazione elettromagnetica, quali CST Microwave Studio e Ansys HFSS, sia nella realizzazione di codici elettromagnetici specifici per l’analisi efficiente di antenne e componenti a microonde sia in tecnologia stampata che in guida d’onda.

SARDEGNAREPORTER
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Dalla Sardegna un progetto per tracciare i detriti spaziali.

Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE).
Il progetto “Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali” riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra.
«Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente – spiega Pietro Andronico (Nurjana) – è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell’esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 kilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi, ecc., possono rientrare nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l’incolumità di persone e cose.»
I primi risultati del progetto hanno portato all’osservazione e alla stima dell’orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L’immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi.
Il ruolo dei ricercatori dell’Università di Cagliari nel progetto è così descritto dal prof. Giorgio Montisci: «Il Gruppo di Elettromagnetismo del DIEE si occuperà dello sviluppo di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite».
Tra i risultati attesi del progetto, oltre all’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

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Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE).
Il progetto "Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali" riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra.
“Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente spiega Pietro Andronico (Nurjana) è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell'esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 kilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi, ecc., possono rientrare nell'atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l'incolumità di persone e cose”.
I primi risultati del progetto hanno portato all’osservazione e alla stima dell'orbita, tramite un telescopio ottico, della stazione spaziale cinese la cui caduta è data ormai per imminente. L’immagine catturata dai ricercatori sardi è stata resa disponibile nei giorni scorsi.
Il ruolo dei ricercatori dell’Università di Cagliari nel progetto è così descritto dal prof. Giorgio Montisci: “Il Gruppo di Elettromagnetismo del DIEE si occuperà dello sviluppo di sistemi RADAR per il monitoraggio dei detriti, i cui dati saranno correlati con i dati forniti dai telescopi ottici, al fine di ottenere una stima più precisa delle orbite”.
Tra i risultati attesi del progetto, oltre all’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, vi sono le ricadute economiche legate alle sue applicazioni tecnico-scientifiche, commerciali e di protezione civile. Esiste infatti un mercato, di nicchia ma in forte crescita, costituito dalle agenzie spaziali di tutto il mondo, da enti di ricerca e università, osservatori scientifici, dalle società di telecomunicazione, dalle autorità pubbliche responsabili della protezione civile.

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Dalla Sardegna un progetto per tracciare i detriti spaziali
Primi risultati hanno stimato orbita stazione spaziale cinese

Da quando è stata annunciato il rientro nell’atmosfera della stazione spaziale cinese TIANGONG1, l’argomento della “spazzatura spaziale” è diventato di grande attualità, visto il sempre maggior numero di satelliti che vengono e verranno mandati in orbita nei prossimi anni. E su questo tema è in corso un progetto di ricerca industriale finanziato da Sardegna Ricerche e condotto in collaborazione da un’impresa sarda, Nurjana Technologies, e dal Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari (DIEE). Il progetto “Sviluppo di una piattaforma di Multi Sensor Data Fusion per monitoraggio e tracking di detriti spaziali” riguarda la messa a punto di nuovi sensori e software di elaborazione capaci di acquisire i dati e le informazioni caratteristiche dei detriti in orbita terrestre, prevedendone i pericoli di collisione con le infrastrutture in orbita o sulla Terra. “Per comprendere come i detriti spaziali siano una minaccia chiara e presente – spiega Pietro Andronico (Nurjana) – è sufficiente pensare che una collisione con un frammento di un centimetro ha l’effetto dell’esplosione di una granata, dato che viaggia alla velocità di 10 kilometri al secondo. Di qui la necessità di monitorare le orbite e prevenire le collisioni. Inoltre oggetti di grandi dimensioni, quali satelliti dismessi, parti di razzi, ecc., possono rientrare nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, creando rischi per l’incolumità di persone e cose”

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