Sergio Nuvoli
Ma anche se l’avessi questa lucidità, non sarebbe comunque possibile descriverne compiutamente la figura, nella sua grandezza. Era innanzitutto un vero Maestro, capace di insegnare a me, come a tante schiere di giovani che con lei si sono formati, cosa fosse un uomo, nella sua complessità e, come amava dire, nella sua irripetibile unicità.
Ci ha insegnato che l’uomo non è riducibile alla sua sola dimensione biologica, né tantomeno alla sua dimensione psicologica e sociale. Ci ha insegnato a guardare oltre, a ricostruire per quanto possibile i percorsi individuali, spesso misteriosi e sempre difficilmente decifrabili, che portano alla sofferenza della mente, forse la peggiore che possa capitare nella vita di un uomo.
Ma soprattutto ci ha insegnato a rispettare la dignità di ogni uomo, soprattutto quando la malattia mentale ne fa l’ultimo fra gli ultimi. E’ giusto e doveroso oggi ricordare come la Professoressa si sia sempre battuta, a livello sociale e politico, sia in ambito nazionale che regionale, affinchè la tutela della salute mentale e l’assistenza psichiatrica diventassero una priorità nelle politiche sanitarie, uscendo dalla devalutazione e marginalizzazione alla quale erano state storicamente costrette nella sanità italiana. Detestava le prevaricazioni, le imposizioni, le semplificazioni, l’assenza di critica e di autocritica, e sapeva essere severa e dura, quando necessario, ma sempre nel rispetto dell’Altro.
Era una persona dalla immensa cultura, alla quale attingere a piene mani, che si coglieva in ogni sua lezione, in ogni suo discorso, in ogni suo scritto, nei quali emergeva, sempre e comunque, la cifra di una statura intellettuale davvero superiore. Era una persona libera, nella dimensione più vera della libertà, che è quella del pensiero. Detestava il conformismo, lei che seppe andare spesso contro il pensiero dominante, le mode scientifiche e culturali omologanti. Era avanti, spesso molto più avanti di persone ben più giovani di lei. Ci ha insegnato ad essere liberi, soprattutto dai pregiudizi, di ogni tipo, che riteneva un ostacolo formidabile a capire l’Altro, e ad avvicinarsi a Lui. E’ stata certamente una combattente. Da donna, in un mondo e in un’epoca ancor più di oggi declinati al maschile, seppe affermarsi con la sola forza del suo intelletto e della sua personalità.
Prima donna professore ordinario di Antropologia Criminale, prima donna professore ordinario di Psichiatria e direttore di una Scuola di Specializzazione in Psichiatria, prima direttrice di una Clinica Psichiatrica in Italia. Se l’Università di Cagliari ha una struttura di psichiatria, lo deve a lei, che, negli anni immediatamente successivi alla separazione della Psichiatria dalla Neurologia, seppe vincere la non facile battaglia di dotare l’Ateneo di una Clinica Psichiatrica.
L’intera Psichiatria Italiana le deve molto, perché ebbe il merito di rivitalizzare l’antica tradizione psichiatrico-forense del nostro Paese, fondando la Società Italiana di Psichiatria Forense e contribuendo in maniera determinante alla affermazione, come prima società scientifica nel settore della salute mentale, della Società Italiana di Psichiatria, del cui direttivo fece parte per anni, come unica rappresentante femminile, diventandone negli anni Ottanta Vice Presidente nazionale.
Scrisse molto la professoressa, ma non si limitò all’ambito scientifico, dimostrando nei tanti scritti una inesauribile vivacità di interessi. Ricordo ancora il successo con cui non solo in Sardegna venne accolto “L’Isola dei Coralli”, una rivisitazione originalissima e unica nel suo genere dell’identità sarda, un tema che le fu particolarmente caro. Amava scrivere.
Non posso dimenticare quante e quante volte, nella sua casa, la trovavo a riempire piccoli fogli fitti fitti, scritti rigorosamente a mano, come per un rito. Sino alla fine è stata al tavolo di scrittura. E’ di ieri il libro dedicato al “muliericidio”, termine originalmente da lei creato per ribattezzare il femminicidio, la più odiosa delle violenze verso la donna, da lei aborrite e combattute con tutte le sue energie.
Le donne certamente le devono molto, per il suo esempio, il suo coraggio, la sua determinazione. Ma tutti coloro che l’hanno conosciuta le devono molto, per tutto ciò che ha saputo donare di se stessa, io primo fra tutti, che a lei devo tutto.
Bernardo Carpiniello
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