REPUBBLICA.IT
I Fenici non furono i primi: recenti scoperte del Centro di conservazione biodiversità dell’Università di Cagliari ribaltano la storia e confermano la datazione alla media Età del bronzo per la prima coltivazione autoctona di vite a bacca rossa
di MONICA RUBINO
I sardi sono stati i primi a coltivare la vite e a produrre il vino nel Mediterraneo quasi tremila anni fa. Non va dunque ai Fenici, che colonizzarono l’isola attorno all’800 a.C., il merito di aver introdotto la vite domestica nel Mediterraneo occidentale. Si trattò piuttosto di un fenomeno autoctono. L’ipotesi è ormai una certezza. Perché a una prima importante scoperta fatta a gennaio 2015 se ne è aggiunta di recente una seconda, che conferma come in Sardegna la coltivazione della vite non sia stata un fenomeno d’importazione.
Protagonista della nuova ricerca è ancora una volta l’équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata dal professor Gianluigi Bacchetta. Circa due anni fa il botanico aveva dimostrato che i resti organici ritrovati in perfetto stato di conservazione in un pozzo, che faceva da “frigorifero” naturale a un nuraghe nelle vicinanze di Cabras, fossero semi di vite – in particolare di vernaccia e malvasia - e risalissero all’Età del bronzo medio.
Il gruppo di Bacchetta, con l’aiuto dei ricercatori di Chimica degli alimenti dell’ateneo cagliaritano con a capo il professor Pierluigi Caboni, questa volta ha esaminato i residui organici contenuti all’interno della vasca di un torchio nuragico ritrovato a Monastir, presso il Monte Zara, dall’archeologo Giovanni Ugas nel 1993. Le analisi chimiche hanno confermato le ipotesi avanzate proprio da Ugas, che per primo ipotizzò un utilizzo del torchio per la spremitura dell’uva in epoca nuragica. Nella pietra, infatti, gli esperti del Dipartimento di Chimica hanno trovato le tracce dell’acido tartarico presente nell’uva e così si è capito che quel torchio serviva proprio per produrre il vino.
“Si tratta di una scoperta fondamentale – spiega Caboni - perché permette di fissare un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie: i sardi sono stati sicuramente i primi a fare il vino nel Mediterraneo”. Dalle analisi inoltre “risulta con ogni probabilità una produzione di vino a bacca rossa", aggiunge Bacchetta. Una sorta di Cannonau di quasi tremila anni fa.
LASTAMPA.IT
NICOLA PINNA
CAGLIARI Nell’eterna contesa tra Italia e Francia, sul vino vince la Sardegna. Non per il giro d’affari ma per una questione storica. I primi produttori di rosso del Mediterraneo sono stati proprio i sardi: i nuragici dell’Età del Ferro, quelli che hanno vissuto nei misteriosi villaggi dell’isola tra il 900 e il 750 avanti Cristo. Tutto documentato, provato scientificamente dall’Università di Cagliari. Il primo indizio è venuto fuori nel 1993 dopo il ritrovamento di un antichissimo torchio in pietra in un paese non lontano da Cagliari, ma per scoprire che quel reperto proviene dalla cantina più antica del Mediterraneo c’è voluto un lunghissimo studio. Nella pietra, infatti, gli esperti del Dipartimento di Chimica hanno trovato le tracce dell’acido tartarico presente nell’uva e così si è capito che quel torchio serviva proprio per produrre il vino. Le campagne del Campidano erano ricche di vite selvatica e gli Shardana bevevano rosso, una specie di Cannonau di quasi tremila anni fa.
Qualcuno sosteneva che il vino lo avessero fatto conoscere ai nostri avi i colonizzatori fenici, mentre i francesi erano certi di essere stati i primi produrlo e a berlo. Ma adesso gli studiosi sardi ribaltano tutte le convinzioni: «Sì, è vero, in Francia è custodito un altro torchio di grande importanza storica – spiega Martino Orrù, ricercatore del Dipartimento “Scienze della vita e dell’ambiente” dell’ateneo cagliaritano – Ma quel reperto risale al V secolo avanti Cristo, mentre quello venuto alla luce nelle campagne di Monastir risale al IX secolo: i nostri studi, dunque, si sono basati sul ritrovamento in assoluto più antico nel bacino del Mediterraneo».
Il torchio che riscrive la storia affascinante dell’enologia è stato ritrovato nella zona di Monte Zara, non lontano dal centro abitato di Monastir, una cittadina pochi chilometri da Cagliari. Si trovava all’interno di una specie di capanna che gli archeologi hanno da subito considerato un laboratorio, dove insieme al vino si produceva l’olio e si realizzavano i mattoni in terra cruda. «Abbiamo esaminato tutti i frammenti ritrovati all’interno della vasca del torchio – ha spiegato il professor Pierluigi Caboni del Centro di conservazione della biodiversità dell’Università di Cagliari – E così possiamo fissare con assoluta certezza un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie». «Ancora non siamo in grado di dire con precisione che tipo di vino producessero – aggiunge il professore di botanica Gianluigi Bacchetta – Ma le sostanze analizzate ci spiegano l’uso che si faceva di quel torchio. Quelle ritrovate sono tracce di vitigni autoctoni e in particolare a bacca rossa».
Sulla tradizione contadina e alimentare dei nuragici, gli studi degli ultimi anni hanno già svelato altre notizie molto affascinanti. In una diversa zona della Sardegna, nelle campagne di Cabras, gli archeologi hanno ritrovato più di 15 mila semi ancora in perfetto stato di conservazione. Erano ancora all’interno di quelli che si possono considerare dei frigoriferi naturali: profondi pozzetti scavati nella roccia. Da qui si è scoperto che i nuragici curavano la vite, coltivavano il melone e raccoglievano noci, nocciole e fichi. E al termine delle continue battaglie brindavano (o magari si sbronzavano) con il vino rosso.
AGI.IT
I sardi sono stati i primi a produrre il vino nel Mediterraneo. Lo hanno stabilito gli studiosi dell’università di Cagliari che hanno illustrato il risultato delle loro ricerche in un convegno che si è svolto nel pomeriggio a Monastir, vicino al capoluogo, dove nel 1993 venne trovato un torchio per il vino. L’esame dei residui organici organici rinvenuti all’interno del ’torchio a torricella’ con vasca risalente all’Età del Ferro hanno stabilito che è stato utilizzato per spremere l’uva. La più antica coltivazione di vite venne scoperta alcuni anni fa, sempre in Sardegna, nel sito di Sa Osa, vicino a Cabras (Oristano), dove vennero trovati dei semi di vernaccia. Quella illustrata oggi nell’aula consiliare del municipio di Monastir, secondo i ricercatori dell’ateneo di Cagliari, è la prova non solo della coltivazione dell’uva ma soprattutto della produzione di vino. Il torchio in arenaria venne trovato nel 1993 nel villaggio nuragico di Bia de Monti-monte Zara (900/850-725 a. C.) dall’archeologo Giovanni Ugas. È stato lo stesso professor Ugas a ricordare questa sera "il contesto straordinario che ha restituito manufatti nuragici e prenuragici". Ma sono le analisi sui residui organici effettuate dall’equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata dal professor Gian Luigi Bacchetta, e dai ricercatori di Chimica degli alimenti, primo fra tutti il professor Pierluigi Caboni, ad aver confermato l’importanza della scoperta. "Abbiamo esaminato i frammenti ritrovati all’interno della vasca del torchio", ha spiegato Caboni durante il convegno affermando che "è questo con certezza il reperto di questo genere più antico del Mediterraneo. Si tratta di una scoperta fondamentale", ha sottolineato, "perché permette di fissare un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie: i sardi sono stati quindi i primi a produrre vino. Dalle analisi risulta con ogni probabilità una produzione di vino rosso". Intorno al manufatto sono state trovate solo tracce di terriccio: "All’interno invece - ha precisato Martino Orru’, ricercatore del Centro Conservazione Biodiversità - è stato individuato un agglomerato cristallino e dell’acido tartarico all’interno della vasca. Da lì siamo partiti per le analisi che hanno consentito la straordinaria scoperta".
ASKANEWS.IT
Roma, 9 dic. (askanews) - I sardi sono stati i primi a produrre il vino nel Mediterraneo. La prova viene dall’esame dei materiali rinvenuti all’interno del torchio per il vino a torricella con vasca risalente all’Età del Ferro, un manufatto in arenaria ritrovato nel 1993 nel villaggio nuragico di Bia de Monti - monte Zara (900/850 - 725 a. C.) a Monastir, in provincia di Cagliari, dall’archeologo Giovanni Ugas, il quale ha ricordato "il contesto straordinario che ha restituito manufatti nuragici e prenuragici. La scoperta del torchio è stata resa possibile dal lavoro di operaie monastirese che operavano nello scavo".
Se ne è parlato questa sera a Monastir (Cagliari) durante un convegno sulla straordinaria scoperta.
Le analisi sui residui organici sono state effettuate dall’équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata dal prof. Gian Luigi Bacchetta, e dai ricercatori di Chimica degli alimenti, primo fra tutti il professor Pierluigi Caboni. "Abbiamo esaminato i frammenti ritrovati all’interno della vasca del torchio - ha spiegato ques’ultimo - È questo con certezza il reperto di questo genere più antico del Mediterraneo. Si tratta di una scoperta fondamentale perché permette di fissare un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie: i sardi sono stati quindi i primi a produrre vino. Dalle analisi risulta con ogni probabilità una produzione di vino rosso". Delle tecniche utilizzate ha parlato nel dettaglio Sara Milia.
Intorno al manufatto sono state trovate solo tracce di terriccio: "All’interno invece - ha precisato Martino Orrù, ricercatore del Centro Conservazione Biodiversità - è stato individuato un agglomerato cristallino e dell’acido tartarico all’interno della vasca. Da lì siamo partiti per le analisi".
CAGLIARIPAD.IT
I sardi sono stati i primi a produrre il vino. Lo dicono gli esperti dopo alcuni approfonditi esami su alcuni reperti trovati a Monastir (Cagliari).
La prova viene dall’esame dei materiali rinvenuti all’interno del torchio per il vino a torricella con vasca risalente all’Età del Ferro, un manufatto in arenaria ritrovato nel 1993 nel villaggio nuragico di Bia de Monti - Monte Zara (900/850 - 725 a.C.) dall’archeologo Giovanni Ugas. Le analisi sui residui organici sono state effettuate dall’equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata dal prof. Gian Luigi Bacchetta, e dai ricercatori di Chimica degli alimenti, primo fra tutti il prof. Pierluigi Caboni.
"Abbiamo esaminato i frammenti ritrovati all’interno della vasca del torchio - ha spiegato questa sera Caboni a Monastir durante un convegno sulla straordinaria scoperta - È questo con certezza il reperto di questo genere più antico del Mediterraneo. Si tratta di una scoperta fondamentale perché permette di fissare un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie: i sardi sono stati quindi i primi a produrre vino. Dalle analisi risulta con ogni probabilità una produzione di vino rosso".
Il prof. Ugas ha ricordato oggi "il contesto straordinario che ha restituito manufatti nuragici e prenuragici. La scoperta del torchio è stata resa possibile dal lavoro di operaie monastirese che operavano nello scavo". Intorno al manufatto sono state trovate solo tracce di terriccio: "All’interno invece - ha precisato Martino Orrù, ricercatore del Centro Conservazione Biodiversità - è stato individuato un agglomerato cristallino e dell’acido tartarico all’interno della vasca. Da lì siamo partiti per le analisi".
AGENZIA GIORNALISTICA ITALIA
(AGI) Sardinians the first Mediterranean wine producers
22:31, Venerdì 9 Dicembre 2016 AGI International News Wire Breaking News cod. INW0003 2197 car.
(AGI) Cagliari, Dec 9 - Sardinians were the first to produce wine in the Mediterranean area, said scholars from the University of Cagliari during a presentation of their research at a conference held Friday in Monastir, near the island’s capital city. In that same location in 1993, an ancient grape press was found. An examination of the organic residue found inside the ’tower press’, with a container dating back to the Iron Age, showed that the equipment was used to press grapes. The oldest cultivation of vines in Sardinia was discovered a few years ago near Cabras at Sa Osa (a province of Oristano), where grape marc seeds were found. Friday’s presentation, in the Council Hall of the Municipality of Monastir, is evidence that there were vineyards in the area and wine was produced, according to researchers of the University of Cagliari. The sandstone press was found in 1993 in the Nuragic hamlet of Bia de Monti-monte Zara (dating back to 900/850-725 B.C.) by the archeologist Giovanni Ugas. During today’s conference, Professor Ugas underlined that in "this extraordinary context Nuragic and pre-Nuragic artifacts were brought to us." Tests on the organic residues were performed by the archeo-botanical team of the Centro Conservazione Biodiversita of the University of Cagliari, led by Professor Gian Luigi Bacchetta and the researchers of the Food Chemistry department. The first among these researchers, Professor Pierluigi Caboni, confirmed the importance of the finds. "We examined the fragments found inside the press container," explained Mr Caboni during the conference. He emphasised that "this was certainly the oldest find in the Mediterranean, a fundamental discovery because it enabled us to detect the first wine production. Sardinians were the first to produce wine. Tests have shown that it was likely red wine." Traces of soil were found all around the press. "Inside the press there was a crystal cluster and tartaric acid from the tank. That was what triggered the tests, which led to the extraordinary discovery," explained Martino Orru, a researcher at the Centro Conservazione Biodiversita. (AGI). .
I sardi sono stati i primi a produrre il vino. Lo dicono gli esperti dopo alcuni approfonditi esami su alcuni reperti trovati a Monastir (Cagliari). La prova viene dall’esame dei materiali rinvenuti all’interno del torchio per il vino a torricella con vasca risalente all’Età del Ferro, un manufatto in arenaria ritrovato nel 1993 nel villaggio nuragico di Bia de Monti - Monte Zara (900/850 - 725 a.C.) dall’archeologo Giovanni Ugas.
Le analisi sui residui organici sono state effettuate dall’equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata dal prof. Gian Luigi Bacchetta, e dai ricercatori di Chimica degli alimenti, primo fra tutti il prof. Pierluigi Caboni. "Abbiamo esaminato i frammenti ritrovati all’interno della vasca del torchio - ha spiegato questa sera Caboni a Monastir durante un convegno sulla straordinaria scoperta - È questo con certezza il reperto di questo genere più antico del Mediterraneo. Si tratta di una scoperta fondamentale perché permette di fissare un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie: i sardi sono stati quindi i primi a produrre vino. Dalle analisi risulta con ogni probabilità una produzione di vino rosso". Il prof. Ugas ha ricordato oggi "il contesto straordinario che ha restituito manufatti nuragici e prenuragici. La scoperta del torchio è stata resa possibile dal lavoro di operaie monastirese che operavano nello scavo".
Intorno al manufatto sono state trovate solo tracce di terriccio: "All’interno invece - ha precisato Martino Orrù, ricercatore del Centro Conservazione Biodiversità - è stato individuato un agglomerato cristallino e dell’acido tartarico all’interno della vasca. Da lì siamo partiti per le analisi".
9 dicembre 2016 Cronaca, In evidenza 12, In evidenza 14
I sardi sono stati i primi a produrre il vino. Lo dicono gli esperti dopo alcuni approfonditi esami su alcuni reperti trovati a Monastir (Cagliari). La prova viene dall’esame dei materiali rinvenuti all’interno del torchio per il vino a torricella con vasca risalente all’Età del Ferro, un manufatto in arenaria ritrovato nel 1993 nel villaggio nuragico di Bia de Monti – Monte Zara (900/850 – 725 a.C.) dall’archeologo Giovanni Ugas.
Le analisi sui residui organici sono state effettuate dall’equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata dal prof. Gian Luigi Bacchetta, e dai ricercatori di Chimica degli alimenti, primo fra tutti il prof. Pierluigi Caboni. “Abbiamo esaminato i frammenti ritrovati all’interno della vasca del torchio – ha spiegato questa sera Caboni a Monastir durante un convegno sulla straordinaria scoperta – È questo con certezza il reperto di questo genere più antico del Mediterraneo. Si tratta di una scoperta fondamentale perché permette di fissare un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie: i sardi sono stati quindi i primi a produrre vino. Dalle analisi risulta con ogni probabilità una produzione di vino rosso”.
Il prof. Ugas ha ricordato oggi “il contesto straordinario che ha restituito manufatti nuragici e prenuragici. La scoperta del torchio è stata resa possibile dal lavoro di operaie monastirese che operavano nello scavo”. Intorno al manufatto sono state trovate solo tracce di terriccio: “All’interno invece – ha precisato Martino Orrù, ricercatore del Centro Conservazione Biodiversità – è stato individuato un agglomerato cristallino e dell’acido tartarico all’interno della vasca. Da lì siamo partiti per le analisi”.
AGENZIA GIORNALISTICA ITALIA
18:11, Venerdì 9 Dicembre 2016 AGI Globale Cronaca cod. R010359 2443 car.
Ateneo Cagliari: sardi piu’ antichi produttori vino Mediterraneo
(AGI) - Cagliari, 9 dic. - I sardi sono stati i primi a produrre il vino nel Mediterraneo. Lo hanno stabilito gli studiosi dell’universita’ di Cagliari che hanno illustrato il risultato delle loro ricerche in un convegno che si e’ svolto nel pomeriggio a Monastir, vicino al capoluogo, dove nel 1993 venne trovato un torchio per il vino. L’esame dei residui organici organici rinvenuti all’interno del ’torchio a torricella’ con vasca risalente all’Eta’ del Ferro hanno stabilito che e’ stato utilizzato per spremere l’uva. La piu’ antica coltivazione di vite venne scoperta alcuni anni fa, sempre in Sardegna, nel sito di Sa Osa, vicino a Cabras (Oristano), dove vennero trovati dei semi di vernaccia. Quella illustrata oggi nell’aula consiliare del municipio di Monastir, secondo i ricercatori dell’ateneo di Cagliari, e’ la prova non solo della coltivazione dell’uva ma soprattutto della produzione di vino. Il torchio in arenaria venne trovato nel 1993 nel villaggio nuragico di Bia de Monti-monte Zara (900/850-725 a. C.) dall’archeologo Giovanni Ugas. E’ stato lo stesso professor Ugas a ricordare questa sera "il contesto straordinario che ha restituito manufatti nuragici e prenuragici". Ma sono le analisi sui residui organici effettuate dall’equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversita’ dell’Universita’ di Cagliari, guidata dal professor Gian Luigi Bacchetta, e dai ricercatori di Chimica degli alimenti, primo fra tutti il professor Pierluigi Caboni, ad aver confermato l’importanza della scoperta. "Abbiamo esaminato i frammenti ritrovati all’interno della vasca del torchio", ha spiegato Caboni durante il convegno affermando che "e’ questo con certezza il reperto di questo genere piu’ antico del Mediterraneo. Si tratta di una scoperta fondamentale", ha sottolineato, "perche’ permette di fissare un tassello importante per individuare le prime produzioni vinarie: i sardi sono stati quindi i primi a produrre vino. Dalle analisi risulta con ogni probabilita’ una produzione di vino rosso". Intorno al manufatto sono state trovate solo tracce di terriccio: "All’interno invece - ha precisato Martino Orru’, ricercatore del Centro Conservazione Biodiversita’ - e’ stato individuato un agglomerato cristallino e dell’acido tartarico all’interno della vasca. Da li’ siamo partiti per le analisi che hanno consentito la straordinaria scoperta". (AGI)
Sol
di Paolo Curreli
SASSARI. Dai ricercatori arriva un’altra prova: sono stati i nuragici i più antichi vinificatori del Mediterraneo. «Rispetto alle precedenti scoperte questa è la conferma che noi sardi avevamo una conoscenza approfondita delle tecniche della vinificazione già dall’Età del bronzo», spiega il botanico Gian Luigi Bacchetta direttore dell’Orto botanico di Cagliari, parlando dei risultati delle analisi sui residui organici rinvenuti nel torchio nuragico ritrovato dall’archeologo Giovanni Ugas nel 1993 a Monastir – presso il Monte Zara – e che per primo ne ipotizzò l’utilizzo per la spremitura dell’uva.
Un manufatto che ci testimonia l’altissima competenza ingegneristica dell’antica civiltà sarda. Una pressa di pietra – la più antica fin’ora rinvenuta nell’area mediterranea – di circa 50 centimetri di diametro su cui Pier Luigi Caboni, con l’equipe archeobotanica del Centro c
onservazione biodiversità in collaborazione con i ricercatori di chimica degli alimenti del Dipartimento di scienze della vita e dell’ambiente dell’Università di Cagliari, hanno ritrovato tracce che portano inequivocabilmente alla lavorazione dell’uva.
«Ancora una prova di quanto fosse evoluta la civiltà dei sardi – sottolinea Bacchetta –. La loro conoscenza di lavorazioni sofisticate era molto più antica di quella dei fenici e dei romani, civiltà a cui si era sempre fatta risalire l’introduzione della vinificazione nell’isola. Insomma non ci ha insegnato niente nessuno». Ancora più sorprendente il filo ininterrotto che arriva fino ai nostri giorni. «Certo – continua Bacchetta – i risultati delle analisi ci dicono che questi vitigni antichi erano molto vicini a tante qualità coltivate ancora oggi». Una scoperta che rende unica la tradizione del vino in Sardegna. «Un ritrovamento che dà un valore aggiunto al vino sardo – aggiunge il botanico – , in un mondo dove la concorrenza è alta potersi fregiare del titolo di vinificatori millenari è una chance preziosa per le nostre produzioni. In questo senso la collaborazione tra gli studiosi e i territori è fondamentale, la ricerca può dare una mano al rilancio dei prodotti ed essere quella marcia in più per la crescita di tutta la Sardegna».
Gian Luigi Bacchetta sarà il moderatore dell’incontro che si terrà il 9 dicembre a partire dalle 16 nell’aula consiliare del Comune di Monastir dal titolo “La vite e il vino in Sardegna: una storia millenaria. Saranno presentati i risultati delle scoperte effettuate dall’equipe archeobotanica del Centro conservazione biodiversità in collaborazione con i ricercatori di chimica degli alimenti del Dipartimento di scienze della vita e dell’ambiente dell’università di cagliari. All’incontro interverranno anche l’archeologa Cinzia Loi, che presenterà le antiche metodologie di produzione del vino in Sardegna, a seguire Onofrio Graviano dell’agenzia Agris che parlerà della caratterizzazione enologica, chimica e sensoriale dei vitigni autoctoni della Sardegna. A conclusione Guy d’Hallewin, direttore del Ispa Cnr di Sassari, presenterà i recenti studi realizzati sulle proprietà nutraceutiche (tra nutrizione e farmaceutica) e della vite.