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Gli effetti dei cambiamenti climatici sull’erosione delle coste

Alla Conferenza sul clima a Marrakech la ricerca del Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche. RASSEGNA STAMPA E TG
02 dicembre 2016

GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULL’EROSIONE DELLE COSTE ROCCIOSE AL CENTRO DI UNA RICERCA DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIMICHE E GEOLOGICHE DELL’UNIVERSITA’ DI CAGLIARI PRESENTATA ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE SUL CLIMA COP22 DI MARRAKECH. I RICERCATORI DI CAGLIARI LAVORANO ALL’ELABORAZIONE DI LINEE GUIDA PER IL RILEVAMENTO DELL’INSTABILITA’ DELLE COSTE  

Sergio Nuvoli - VAI ALLA RASSEGNA STAMPA
 
Cagliari, 2 dicembre 2016 - I cambiamenti climatici possono incrementare l’erosione delle coste rocciose alte? E’ uno dei punti affrontati nella ricerca portata avanti da un gruppo di studiosi del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche, che ha partecipato alla stesura del progetto comunitario MAREGOT (sulla gestione dei rischi di erosione costiera e azioni di governance transfrontaliera), presentato nelle scorse settimane alla Conferenza internazionale sul Clima COP22 di Marrakech riscuotendo notevole interesse.
 
MAREGOT, finanziato nell’ambito del Programma Italia-Francia Marittimo 2014-2020, è un progetto strategico con l’obiettivo di approfondire la conoscenza del fenomeno e della dinamica dell’erosione costiera al fine di individuare le migliori soluzioni. Con la Regione Liguria come leader e 13 partner, l’iniziativa prevede di analizzare i dati sul moto ondoso e la topografia delle spiagge e delle coste alte, utilizzando tecniche avanzate di tele-monitoraggio e rilevamento sul campo. Dopo tre anni di lavoro, le metodologie sviluppate saranno rese disponibili al pubblico, alle istituzioni e agli esperti.
 
La Regione Sardegna partecipa al progetto con tre partner: il Servizio Tutela del suolo dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente, l’ARPAS Servizio Specialistico Geologico e il Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari, capofila nella tematica dell’erosione e dell’instabilità delle coste rocciose alte, e sullo studio della risposta di questi sistemi costieri ai cambiamenti climatici globali.
 
I due servizi andati in onda nei TG della TGR RAI SARDEGNA il 3 dicembre 2016 (al mattino anche nei titoli di testa)
 
Il cambiamento climatico globale incide notevolmente sulle coste modificando i processi di erosione sia delle spiagge, sia delle coste alte, delle quali si interesserà MAREGOT –UNICA. Le coste rocciose si stanno evolvendo in maniera differente rispetto al passato, per l’innalzamento del livello marino e dell’altezza dei fronti d’onda , così come per il mutare dei processi fisico-chimici che alterano le rocce. Scopo della ricerca è accertare se tutto ciò comporti un’evoluzione più rapida e frequente delle frane costiere, se è possibile misurare un’accelerazione dell’arretramento delle falesie e secondo quali modalità ciò avvenga.
 
I ricercatori dell’Università di Cagliari, coordinati da Antonio Funedda, si prefiggono di elaborare linee guida al rilevamento delle condizioni di instabilità delle coste rocciose che, partendo dall’analisi di siti pilota individuati in Sardegna, Corsica, Toscana, Liguria e Provenza, possa trovare applicazione anche in altre aree del Mediterraneo; l’approccio interdisciplinare è rappresentato dalla geologia strutturale 3D per la caratterizzazione degli ammassi rocciosi (Antonio Funedda), dalla geomorfologia costiera e dalla mappatura sonar dei fondi marini (Paolo Orrù), dal remote sensing e modellazione in ambiente GIS di dati laser-scanner e multibanda da drone (Maria Teresa Melis), dalla idrogeologia, dalla geologia applicata per la modellistica di instabilità dei versanti e per i processi di interazione acqua-roccia (Giorgio Ghiglieri e Stefania Da Pelo).
 
Il risultato atteso è un protocollo metodologico multidisciplinare e multisorgente che consenta di rilevare e monitorare questi complessi processi di instabilità, nelle diverse condizioni litologiche e morfo-strutturali sia sopra sia sotto il livello marino, conoscenze di base per la progettazione di interventi di mitigazione del rischio frana lungo la linea di costa.
 
Ulteriori informazioni sui lavori della Conferenza:
 
Rilevatore subacqueo del piede di falesia
 
Costa in frana a La Conca Isola di San Pietro
 
Falesie calcaree di Bonifacio
 Immagine sonar laterale della base di una costa alta granitica
 
Sella del Diavolo - Cagliari
 

 UFFICIO STAMPA ATENEO - mail ufficiostampa@amm.unica.it - Sergio Nuvoli - tel. 070 6752216

 

 

 

               

 

 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA DEL 12 DICEMBRE 2016
Cronaca di Cagliari (Pagina 14 - Edizione CA)
Erosione, occhi puntati sulla Sella
Sotto esame lo sgretolamento delle alte falesie della Sardegna
UNIVERSITÀ. Indagine estesa a Capo Sant’Elia, l’Isola di San Pietro, Capo Falcone e Bonifacio
 
Ci sono anche le falesie della Sella del Diavolo nel piano di ricerca ideato da un gruppo di studiosi del Dipartimento di scienze chimiche e geologiche dell’Ateneo. Il team, coordinato da Antonio Funedda, professore associato di Geologia strutturale, dovrà tentare di dare risposte al grave fenomeno erosivo che in Sardegna non interessa soltanto i litorali bassi e sabbiosi ma anche le scogliere alte come, appunto, le pareti calcaree di Capo Sant’Elia, della Conca all’isola di San Pietro, di Capo Falcone nel golfo dell’Asinara e Bonifacio.
L’OBIETTIVO Tema principale dell’indagine, anche se non certo unico, la correlazione tra i cambiamenti climatici e l’erosione costiera. La ricerca è ancora all’inizio. Ci vorranno tre anni per conoscere alcune delle verità scientifiche indagate dagli studiosi che hanno partecipato ala stesura del progetto comunitario Maregos sulla gestione dei rischi di erosione costiera presentato nelle scorse settimane alla conferenza internazionale sul clima di Marrakech.
I RAPPORTI «Lo studio - spiega Funedda - ha un respiro transfrontaliero. Nostri partner sono la Corsica, la Liguria, la Toscana e la Provenza. È stato finanziato nell’ambito del Programma Italia-Francia Marittimo e rappresenta un progetto strategico per approfondire la conoscenza del fenomeno e della dinamica dell’erosione costiera al fine di individuare le migliori soluzioni per un possibile intervento». Piani di tutela che non necessariamente dovranno culminare con azioni concrete. «Intanto dobbiamo avere una corretta conoscenza del fenomeno per poi poter pianificare altrettanto correttamente possibili interventi che saranno altri enti e altri professionisti a dover eventualmente mettere in atto. Quest’indagine ci dirà anche dove non bisogna per forza agire». La ricerca prevede studi sul moto ondoso e la topografia delle spiagge e delle coste alte, e l’utilizzo di tecniche avanzate di telerilevamento. In campo ci sono il Servizio regionale di tutela del suolo, l’Arpas col Servizio geologico.
LE CONSEGUENZE Secondo il team del dipartimento di Scienze chimiche e geologiche il cambiamento climatico globale sta incidendo notevolmente sulle coste modificando i processi di erosione delle spiagge e delle coste alte. «Queste ultime si stanno evolvendo in maniera differente rispetto al passato per l’innalzamento del livello del mare e dell’altezza dei fronti d’onda, così come per il mutare dei processi chimico-fisici che stanno alterando le rocce». Insomma, una ricerca per pianificare un piano di interventi a breve e lungo termine.
L’EMERGENZA «Bisogna superare l’abitudine, molto italiana, di progettare nell’emergenza, perché spesso è proprio l’emergenza a dettare le regole e imporre gli interventi. Ci si fa insomma travolgere dagli avvenimenti», sostiene il docente. E così cresce il rischio di errore. Gli studiosi dovranno elaborare linee guida al rilevamento delle condizioni di instabilità delle coste rocciose che, partendo dall’analisi di siti pilota in Sardegna, Liguria, Toscana, Provenza e Corsica, possa trovare applicazione anche in altre aree del Mediterraneo.
GLI SCIENZIATI L’approccio interdisciplinare dell’indagine scientifica è rappresentato dalla geologia strutturale 3D per la caratterizzazione degli ammassi rocciosi (ricerca firmata da Antonio Funedda), dalla geomorfologia costiera e dalla mappatura sonar dei fondi marini (Paolo Orrù), dal telerilevamento con laser-scanner e multibanda da drone (Maria Teresa Melis), dalla idrogeologia, dalla geologia applicata per la modellistica di instabilità dei versanti e per i processi di interazione acqua-roccia eseguiti da Giorgio Ghiglieri e Stefania Da Pelo.
«Il risultato è un protocollo metodologico che consentirà di monitorare questi complessi processi di instabilità sia sopra sia sotto il mare e fornire conoscenze di base per la progettazione di interventi di mitigazione del rischio frana», conclude Antonio Funedda.
Andrea Piras
 

 
ANSA.IT
 
(ANSA) - CAGLIARI, 3 DIC - Il clima che cambia può provocare l’erosione delle coste rocciose alte? E c’è il modo di attenuare il rischio frane? Sono alcuni dei punti chiave della ricerca portata avanti da un gruppo di studiosi del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche, che ha partecipato alla stesura del progetto comunitario Maregot (sulla gestione dei rischi di erosione costiera e azioni di governance transfrontaliera), presentato nelle scorse settimane alla Conferenza internazionale sul Clima COP22 di Marrakech. La Regione Sardegna partecipa al progetto con tre partner: il Servizio Tutela del suolo dell’Assessorato della Difesa dell’ambiente, l’Arpas Servizio specialistico geologico e il Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università di Cagliari, capofila nella tematica dell’erosione e dell’instabilità delle coste rocciose alte, e sullo studio della risposta di questi sistemi costieri ai cambiamenti climatici globali.
    I ricercatori dell’Università di Cagliari, coordinati da Antonio Funedda, si prefiggono di elaborare linee guida al rilevamento delle condizioni di instabilità delle coste rocciose che, partendo dall’analisi di siti pilota individuati in Sardegna, Corsica, Toscana, Liguria e Provenza, possa trovare applicazione anche in altre aree del Mediterraneo; l’approccio interdisciplinare è rappresentato dalla geologia strutturale 3D per la caratterizzazione degli ammassi rocciosi (Antonio Funedda), dalla geomorfologia costiera e dalla mappatura sonar dei fondi marini (Paolo Orrù), dal remote sensing e modellazione in ambiente Gis di dati laser-scanner e multibanda da drone (Maria Teresa Melis), dalla idrogeologia, dalla geologia applicata per la modellistica di instabilità dei versanti e per i processi di interazione acqua-roccia (Giorgio Ghiglieri e Stefania Da Pelo). Il risultato atteso è un protocollo che consenta di rilevare e monitorare questi complessi processi di instabilità: conoscenze di base per la progettazione di interventi di mitigazione del rischio frana lungo la linea di costa. (ANSA).
 

 
SARDINIAPOST.IT
3 dicembre 2016              Ambiente, Cronaca
 
Il clima che cambia può provocare l’erosione delle coste rocciose alte? E c’è il modo di attenuare il rischio frane? Sono alcuni dei punti chiave della ricerca portata avanti da un gruppo di studiosi del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche, che ha partecipato alla stesura del progetto comunitario Maregot (sulla gestione dei rischi di erosione costiera e azioni di governance transfrontaliera), presentato nelle scorse settimane alla Conferenza internazionale sul Clima COP22 di Marrakech. La Regione Sardegna partecipa al progetto con tre partner: il Servizio Tutela del suolo dell’Assessorato della Difesa dell’ambiente, l’Arpas Servizio specialistico geologico e il Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università di Cagliari, capofila nella tematica dell’erosione e dell’instabilità delle coste rocciose alte, e sullo studio della risposta di questi sistemi costieri ai cambiamenti climatici globali.
I ricercatori dell’Università di Cagliari, coordinati da Antonio Funedda, si prefiggono di elaborare linee guida al rilevamento delle condizioni di instabilità delle coste rocciose che, partendo dall’analisi di siti pilota individuati in Sardegna, Corsica, Toscana, Liguria e Provenza, possa trovare applicazione anche in altre aree del Mediterraneo; l’approccio interdisciplinare è rappresentato dalla geologia strutturale 3D per la caratterizzazione degli ammassi rocciosi (Antonio Funedda), dalla geomorfologia costiera e dalla mappatura sonar dei fondi marini (Paolo Orrù), dal remote sensing e modellazione in ambiente Gis di dati laser-scanner e multibanda da drone (Maria Teresa Melis), dalla idrogeologia, dalla geologia applicata per la modellistica di instabilità dei versanti e per i processi di interazione acqua-roccia (Giorgio Ghiglieri e Stefania Da Pelo). Il risultato atteso è un protocollo che consenta di rilevare e monitorare questi complessi processi di instabilità: conoscenze di base per la progettazione di interventi di mitigazione del rischio frana lungo la linea di costa.
 

 
ADMAIORAMEDIA.IT
03 dicembre 2016
 
I cambiamenti climatici contribuiscono all’erosione delle coste rocciose, ad affermarlo sono i ricercatori del Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università di Cagliari, che hanno portato avanti il progetto comunitario Maregot con l’obiettivo di trovare soluzioni sull’instabilità delle coste.
Il progetto Maregot è stato recentemente presentato alla Conferenza internazionale sul clima Cop22 di Marrakech e prevede un monitoraggio del moto ondoso e l’analisi della topografia di spiagge e coste alte, che avrà una durata di tre anni. Il programma Italia-Francia marittimo 2014-20 finanzierà le ricerche al fine di trovare al più presto delle soluzioni, che saranno rese pubbliche e disponibili ad esperti e istituzioni.
Le temperature aumentano, i regimi delle precipitazioni si modificano, i ghiacciai e la neve si sciolgono e il livello del mare si innalza. Le coste sono in continua evoluzione e il clima svolge un ruolo determinante; per questo motivo la ricerca verificherà se tutto ciò acceleri effettivamente il fenomeno delle frane costiere e di arretramento delle falesie.
La Regione Sardegna partecipa in collaborazione con il Servizio tutela del suolo dell’Assessorato dell’ambiente, il servizio geologico dell’Arpas e il Dipartimento di scienze chimiche e geologiche dell’Ateneo cagliaritano. I ricercatori dell’Università saranno coordinati da Antonio Funedda (docente di geologia strutturale) e cercheranno delle soluzioni di adattamento ai cambiamenti climatici per le zone costiere del Mediterraneo e interventi per limitare il rischio frana lungo le coste.
Le analisi saranno effettuate con tecniche moderne dal punto di vista metodologico, sperimentale e applicativo e i ricercatori, docenti e tecnici saranno di differente estrazione scientifica: geologia strutturale 3D (Antonio Funedda), mappatura sonar per analizzare la morfologia dei fondali (Paolo Orrù), telerilevamento e modellazione idro-geomorfologica in ambiente Gis a partire da dati rilevati con laser scanner (Maria Teresa Melis), geologia applicata per la modellistica di instabilità dei versanti e per i processi di interazione acqua-roccia (Giorgio Ghiglieri e Stefania Da Pelo).
Martina Corrias
 

 
CAGLIARIPAD.IT
 
Il clima che cambia può provocare l’erosione delle coste rocciose alte? E c’è il modo di attenuare il rischio frane? Sono alcuni dei punti chiave della ricerca portata avanti da un gruppo di studiosi del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche, che ha partecipato alla stesura del progetto comunitario Maregot (sulla gestione dei rischi di erosione costiera e azioni di governance transfrontaliera), presentato nelle scorse settimane alla Conferenza internazionale sul Clima COP22 di Marrakech.
La Regione Sardegna partecipa al progetto con tre partner: il Servizio Tutela del suolo dell’Assessorato della Difesa dell’ambiente, l’Arpas Servizio specialistico geologico e il Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università di Cagliari, capofila nella tematica dell’erosione e dell’instabilità delle coste rocciose alte, e sullo studio della risposta di questi sistemi costieri ai cambiamenti climatici globali.
I ricercatori dell’Università di Cagliari, coordinati da Antonio Funedda, si prefiggono di elaborare linee guida al rilevamento delle condizioni di instabilità delle coste rocciose che, partendo dall’analisi di siti pilota individuati in Sardegna, Corsica, Toscana, Liguria e Provenza, possa trovare applicazione anche in altre aree del Mediterraneo; l’approccio interdisciplinare è rappresentato dalla geologia strutturale 3D per la caratterizzazione degli ammassi rocciosi (Antonio Funedda), dalla geomorfologia costiera e dalla mappatura sonar dei fondi marini (Paolo Orrù), dal remote sensing e modellazione in ambiente Gis di dati laser-scanner e multibanda da drone (Maria Teresa Melis), dalla idrogeologia, dalla geologia applicata per la modellistica di instabilità dei versanti e per i processi di interazione acqua-roccia (Giorgio Ghiglieri e Stefania Da Pelo).
Il risultato atteso è un protocollo che consenta di rilevare e monitorare questi complessi processi di instabilità: conoscenze di base per la progettazione di interventi di mitigazione del rischio frana lungo la linea di costa.
 
 

 

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