UniCa UniCa News Notizie La fotografia più accurata dell’economia della Sardegna

La fotografia più accurata dell’economia della Sardegna

Rapporto CRENoS 2016: tutti i numeri della ricerca coordinata da Silvia Balia. CRONACA, IMMAGINI E RASSEGNA STAMPA
27 maggio 2016

Sergio Nuvoli - fotografie di Francesco Cogotti - VAI ALLA RASSEGNA STAMPA

Cagliari, 27 maggio 2016 – Ancora una volta la fotografia più accurata e dettagliata all’economia della Sardegna l’ha scattata il CRENoS, il Centro di ricerche che mette insieme studiosi delle due università sarde. Per la 23ma volta politici, imprenditori, docenti e studenti si sono confrontati su dati e numeri precisi che svelano il reale stato di salute della nostra regione: stavolta, a coordinare il lavoro – racchiuso in un volume che sarà presto disponibile anche in formato ebook – e a presentare i risultati è stata Silvia Balia, professore associato di Economia Politica, e a discuterli è stata l’economista Maria De Paola.
 
Ma in rosa era anche l’altra metà del tavolo, riservata a storie di imprese sarde: Antonella Arca di Make Tag, start up recentemente acquisita dall’impresa londinese BuzzMyVideos, Rosetta Fanari della Nuova Sarda Industria Casearia S.r.l. e Daniela Pinna delle Tenute Olbios hanno raccontato la loro esperienza imprenditoriale, senza sconti per i politici in sala. A introdurre e moderare i lavori la prof.ssa Emanuela Marrocu, direttrice del CRENoS.
 
“Per abbattere le disuguglianze occorre investire sulla formazione”, ha detto tra l’altro la prof.ssa De Paola, concetto condiviso dall’ing. Antonello Cabras, presidente della Fondazione di Sardegna, che si è soffermato anche sulla necessità di contrastare il fenomeno dello spopolamento interno della nostra isola. Connessione, attrazione di nuove imprese, miglioramento della qualità della Pubblica amministrazione sono stati invece le parole chiave dell’intervento, in chiusura di mattinata, del presidente della Regione, Francesco Pigliaru.
 
L’evento è stato trasmesso in diretta (quasi integrale) sulla pagina facebook dell’Ateneo (la pagina è accessibile con un clic per gli utenti fb, ed è possibile vedere le registrazioni di alcuni interventi), e sull’account twitter, in cui è possibile rileggere i principali passaggi.
 
Riportiamo a seguire la sintesi del Rapporto, fornita alla stampa al termine della presentazione, perché essa costituisce un ottimo indice per comprendere il lavoro svolto dal CRENoS. Seguono anche altre immagini della mattinata dei lavori.
 
IL SERVIZIO DI ROSSELLA ROMANO NEL TGR SARDEGNA RAI DELLE 14 DEL 27 MAGGIO 2017
 
 
 
In alto a destra, Silvia Balia, da sinistra in basso Michele Carrus (segretario regionale CGIL), Antonello Cabras (Fondazione di Sardegna)
 

 UFFICIO STAMPA ATENEO - mail ufficiostampa@amm.unica.it - Sergio Nuvoli - tel. 070 6752216

 

 

               


 
NOTA PER LA STAMPA
 
Economia della Sardegna
23° Rapporto 2016
Il quadro macroeconomico
I dati di contabilità nazionale tracciano per l’Italia e il Mezzogiorno un quadro macroeconomico con evidenti segni di fragilità. Il PIL pro capite non è mai stato così basso negli ultimi 15 anni. La recessione ha colpito soprattutto le aree storicamente più deboli: nel Mezzogiorno la riduzione del reddito (-1,7% tra 2013 e 2014 e -1,8% in media nel quinquennio 2010-2014) è stata più forte che nel Centro-Nord (-1,3% e -1,7% negli stessi anni). La distanza tra il Nord e il Sud del Paese è aumentata: il PIL pro capite del Mezzogiorno non raggiunge il 57% del Centro-Nord.
In questo scenario, la situazione della Sardegna sembra più incoraggiante rispetto al resto del Mezzogiorno: il PIL reale nel 2014 ammonta a 31,6 miliardi di euro, pari a 19.021 euro per abitante (Mezzogiorno 16.762 euro, Centro-Nord 29.676 euro), ovvero al 75,3% della media nazionale (25.257 euro) e al 64% del Centro-Nord. L’ulteriore contrazione del PIL registrata nel 2014 (-1,1%, -1,4% in Italia) è meno pesante di quella del quinquennio 2010-2014 (-1,4%, -1,7% in Italia), ad indicare un allentamento significativo della morsa recessiva ma che ancora non consente di annunciare per la Sardegna la tanto attesa ripresa economica. I dati sul PIL pro capite europeo indicano che nel 2014 la Sardegna si posiziona 206esima su 276 regioni dell’UE, con un reddito per abitante pari al 72% di quello medio (come la Grecia).
Nel 2014 le famiglie sarde hanno speso 21,3 miliardi di euro per l’acquisto di beni e servizi, pari a 12.808 per abitante (Mezzogiorno 11.629 euro, Centro-Nord 17.155 euro). I valori pro capite sono in calo dell’1,2% rispetto all’anno precedente. Tengono gli acquisti di servizi, che rappresentano circa la metà della spesa totale. Gli acquisti di beni non durevoli (alimentari, vestiario, giocattoli, detergenti) invece continuano a frenare i consumi (-2,9% in Sardegna e -1,5% in Italia), mentre la novità del 2014 è la ripresa degli acquisti dei beni durevoli (autovetture, arredamento ed elettrodomestici) in tutti i territori (+1,7% in Sardegna e +2,2 in Italia), dopo le pesanti contrazioni dei quattro anni precedenti.
 
La struttura produttiva e l’export
Nel 2015 il numero delle attività imprenditoriali in Sardegna è pressoché invariato rispetto all’anno precedente: 142.578 imprese attive (85,9 ogni 1.000 abitanti). Con 3.425 imprese attive in più rispetto al 2014, invece il Mezzogiorno nel suo insieme mostra maggiore dinamicità. Il dato segue 6 anni consecutivi di ridimensionamento del tessuto imprenditoriale e indica un primo segnale di allontanamento dalla recessione.
Le imprese sarde hanno una dimensione estremamente ridotta: in media 2,8 addetti. La quota di microimprese (meno di 10 addetti) è il 97% del totale e la forza lavoro in esse impiegata è il 63% del totale (47% in Italia). Il settore agricolo e le attività collegate al turismo (alloggio e ristorazione) sono più forti nell’Isola rispetto al resto d’Italia, tuttavia l’agricoltura contribuisce relativamente poco alla creazione di valore aggiunto (meno del 5%). Desta preoccupazione il forte sottodimensionamento in termini di attività produttive, e ancor più di valore aggiunto (10,4% in Sardegna contro 18,6% in Italia), del comparto industriale. Tra i servizi le attività svolte da imprese private (finanziarie, immobiliari, professionali, supporto alle imprese), confermano la loro minore capacità di creare valore aggiunto (5 punti percentuali in meno rispetto al dato italiano).
Buone notizie giungono dai dati sulle esportazioni: nel 2015 la Sardegna si riallinea al trend nazionale e registra un nuovo segno positivo (+3,2%). Nonostante il crollo del prezzo del greggio, le vendite all’estero del settore petrolifero sfiorano i 4 miliardi di euro e sono in crescita (+193 milioni di euro rispetto al 2014). Anche l’industria alimentare, strategica per l’economia regionale per la maggiore ricaduta sul territorio, si mostra in forte espansione per il quinto anno consecutivo (+13,4%) e raggiunge i 195 milioni di euro, nonostante permanga la forte dipendenza da un unico principale mercato di destinazione, gli Stati Uniti. Un altro importante risultato è quello dei prodotti in metallo (circa 191 milioni di euro) che ricomprendono armi e munizioni. Le vendite di queste ultime ammonta a 40,8 milioni di euro e registra una forte espansione (+39%) rispetto al 2014. La destinazione principale (28 milioni di euro) è il mercato asiatico (Arabia Saudita, Emirati Arabi e Israele), altro importante partner commerciale è il Regno Unito (9,5 milioni di euro).
Il mercato del lavoro
In Sardegna, il tasso di attività e il tasso di occupazione nel 2015 crescono rispettivamente dell’1,7% e del 3,3%. Il tasso di disoccupazione diminuisce del 6,8%, dopo ben sette anni di crescita ininterrotta, attestandosi al 17,4% (118,6 mila disoccupati). L’analisi individua nella componente femminile con alto titolo di studio il fattore trainante di questa dinamica, nonostante il permanente differenziale di genere. Il tasso di attività si attesta infatti al 52% per le donne, aumentando di due punti percentuali nell’ultimo biennio, mentre resta abbastanza stabile per gli uomini (69,7%); il tasso di occupazione aumenta di due punti percentuali per le donne arrivando al 42,5%, mentre per gli uomini aumenta solo di un punto arrivando al 57,8%, in controtendenza con quanto accade a livello nazionale. I disoccupati sardi sono soprattutto uomini con basso titolo di studio (35,1%, in aumento rispetto al 2014), mentre la quota di donne disoccupate con stesso livello di istruzione è 18,7% (in Italia queste quote sono pari a 27,7% e 16,1%). Anche la quota di diplomati disoccupati aumenta (dal 14,4% al 17,1%). Si riduce invece la quota di donne diplomate disoccupate (dal 25,9% al 18,2%).
Secondo i dati INPS – Osservatorio sul precariato, il 2015 è caratterizzato anche per la Sardegna da un numero di attivazioni di rapporti di lavoro superiore a quello delle cessazioni: il saldo netto è pari a quasi 12 mila rapporti di lavoro, corrispondente ad un aumento del 9% delle assunzioni totali (contro l’11% della media nazionale e il 7% del Mezzogiorno). Sono le prime ricadute del “Jobs Act”. Le assunzioni a tempo indeterminato passano da circa il 26% del 2014 al 35% nell’anno successivo, in linea con il dato nazionale e in misura decisamente maggiore rispetto al Mezzogiorno. Il dato è spiegato anche dalle trasformazioni di precedenti contratti di apprendistato o a tempo determinato, con un tasso di conversione di queste tipologie contrattuali pari al 43% in Sardegna, superiore al dato del Mezzogiorno ma leggermente inferiore al dato dell’Italia.
Durante il 2015 la quota di assunzioni a tempo indeterminato che hanno beneficiato della decontribuzione totale in Sardegna è pari al 24%, un dato che salirebbe ulteriormente considerando le trasformazioni dei rapporti di lavoro. I dati risentono soprattutto degli incentivi fiscali approvati con la legge di stabilità. Infatti, la riduzione della decontribuzione avviata a gennaio 2016 ha prodotto una riduzione del 45% delle assunzioni a tempo indeterminato rispetto al gennaio 2015 (mentre tra gennaio 2014 e gennaio 2015 erano cresciute del 12,9%). L’analisi suggerisce un cauto ottimismo relativamente alla valutazione degli effetti complessivi delle recenti riforme del mercato del lavoro.
I servizi pubblici
L’analisi della sanità mostra segnali preoccupanti per la Sardegna, soprattutto alla luce delle politiche di contenimento della spesa decise dal governo centrale. La spesa sanitaria per abitante è sempre più lontana dalla media italiana. Nel 2014 cresce dello 0,8% (0,2% in Italia) ed è pari a 1.944 euro per abitante, dato superiore a quello del Centro-Nord (+73 euro) e del Mezzogiorno (+220 euro).Mentrenegli ultimi cinque anni la spesa pro capite si riduce dello 0,6% in tutto il paese, in Sardegna si registra un incremento medio annuo dello 0,5% che porta il Servizio Sanitario Regionale (SSR) a destinare il 9,8% del PIL sardo al settore sanitario (6,9% in Italia). La componente più importante della spesa sanitaria è quella per il personale (36,7% contro il 31,5% in Italia). Mentre rispetto al 2010 questa voce di spesa ha subito una contrazione in tutto il paese (dal -2% nel Mezzogiorno al -0,9% nel Centro-Nord), in Sardegna è aumentata mediamente dello 0,5%. Nell’ultimo quinquennio aumentano del 3,3% le spese per l’acquisto di beni e servizi che rappresentano il 21,3% del totale (19,8 in Italia). La Sardegna destina una quota nettamente inferiore di risorse (14,3%) alle convenzioni con i privati rispetto al Mezzogiorno e alla media nazionale (20,6%), anche se nell’arco degli ultimi cinque anni tale voce di spesa ha registrato un aumento medio annuo del 2,5%, superiore alla media italiana (+0,7%). Preoccupa l’andamento della spesa farmaceutica che con un aumento del 3,3% ritorna ai livelli del 2011. La Sardegna presenta la seconda più alta incidenza fra le regioni italiane (18,7%), mentre in Italia incide per il 15,6%.
Per quanto riguarda i servizi pubblici locali di rilevanza economica, si conferma il quadro d’insieme positivo delineato negli ultimi anni per il settore dei rifiuti solidi urbani. Esiste tuttavia una chiara dicotomia fra efficacia in termini di prestazioni ambientali, sempre più prossime alle regioni del Centro-Nord (la Sardegna raggiunge il 53% di raccolta differenziata), ed efficienza in termini di costi, poiché la Sardegna è più vicina alle (non buone) performance del Mezzogiorno. La spesa pro capite dei comuni sardi per la gestione dei rifiuti è circa 169 euro, superiore a quella dei comuni del Centro-Nord (109 euro) che hanno una produzione totale pro capite superiore ed una performance simile per la raccolta differenziata.
 
I fattori di crescita e sviluppo
L’analisi conferma il ben noto svantaggio della Sardegna in termini di dotazione di capitale umano.Nel 2014 appena il 17,4% delle persone tra i 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario (l’obiettivo europeo è fissato al 40%) e ogni 100 donne nella stessa fascia d’età almeno 22 sono laureate mentre tra gli uomini solo 12,7. Gli studi in materie tecnico-scientifiche (STEM - Science, Technology, Engineering and Mathematics) continuano a essere poco attrattivi tra i giovani studenti. Solo il 15,5% della popolazione attiva ha conseguito una laurea in queste materie, dato non lontanissimo dalla media italiana (19,3%) e inferiore alla media EU (38,9%). I dati più allarmanti riguardano il tasso di abbandono scolastico, tra i più elevanti in Italia, e la percentuale di giovani inattivi, in drastica crescita rispetto al 2010. Nel 2014, il 29,6% dei ragazzi e il 17% delle ragazze in età 18-24 anni ha abbandonato gli studi e oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni (30,6 per i ragazzi e 24,7% per le ragazze) non studia e non lavora (i c.d. “giovani scoraggiati” o NEET - Not in Education, Employment nor Training). Il dato sulla formazione permanente degli adulti è invece in crescita: con il 9,7% della popolazione in età 25-64 anni impegnata in attività di istruzione e/o formazione, la Sardegna è sopra la media Italiana (pari all’8%) ed è vicina alla media UE (10,7%) anche se l’obiettivo europeo è fissato al 15%.
I dati sull’innovazione indicano la necessità di adeguate politiche atte a rinforzare la competitività regionale. Nel 2013, la Sardegna è lontana dall’obiettivo europeo (3%) se si considera quante risorse dedica alla R&S: lo 0,76% del PIL. La debolezza degli investimenti in R&S è riconducibile soprattutto al settore privato, che copre il 5,6% della spesa totale. Per quanto concerne la quota di occupati nei settori high-tech, i dati sono sconfortanti e assegnano alla Sardegna la maglia nera a livello europeo: nel quinquennio 2010-2014 si registra un lievissimo aumento di questo indicatore che passa dal 1,5% al 1,6% e si evidenzia una forte disparità di genere a sfavore delle donne. Questo dato mette in evidenza la difficoltà del settore produttivo a collegare la propria attività con gli input provenienti dai centri di ricerca pubblica e dalle università. Inoltre i dati confermano una forte resistenza delle imprese sarde ad adottare nuovi modelli organizzativi e nuovi meccanismi di comunicazione: solo il 48% delle imprese con almeno 10 addetti è dotato di un sito internet e solo il 10% di queste effettua vendite on line.
 
Il turismo
Continua a crescere il numero di turisti in Sardegna, in linea con quanto accade a livello internazionale e nazionale. Per il 2014, i dati definitivi Istat indicano che la Sardegna ha registrato circa 2 milioni e 391 mila arrivi (+10%) e 11 milioni e 363 mila presenze (+6,4%): l’isola fa quindi peggio delle regioni competitor Sicilia e Puglia, ma meglio di Calabria e Corsica.
I dati sulle presenze evidenziano una ripresa della componente nazionale (+4,8%) e di quella estera (+8,3%). La quota dei turisti stranieri nel 2014 è pari al 47% (29% nel 2005) e si avvicina alla media nazionale. Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito si riconfermano i principali paesi di provenienza dei turisti stranieri. Da segnalare la crescita sostenuta dei turisti russi, che nell’ultimo anno fanno registrare un +26,5% di presenze.
La stagionalità dei flussi turistici rappresenta ancora una criticità per la Sardegna. Circa il 53% delle presenze turistiche si concentra nei mesi di luglio e agosto, e questa percentuale raggiunge l’84% se si considera l’intera estate (da giugno a settembre). I flussi internazionali superano la componente nazionale nei mesi di aprile, maggio, giugno, settembre e ottobre, aiutando a perseguire l’obiettivo di destagionalizzazione.
Nel 2014 aumentano le strutture ricettive (+6,5%) e i posti letto (+13,9%) grazie soprattutto agli alloggi in affitto, le case per ferie e i campeggi. Nel settore alberghiero, gli hotel 5 stelle e 5 stelle lusso registrano l’aumento maggiore. Il tasso di occupazione delle strutture è inferiore alla media italiana: 20,9% per le strutture alberghiere e 8,4% per quelle extralberghiere. I dati sono in linea con quelli delle regioni competitor italiane, ma ancora inferiori a quelli della Corsica. La forte stagionalità spiega il basso utilizzo delle strutture rispetto al potenziale: esse vengono utilizzate per il 52% nel mese di agosto e per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre.
Secondo i dati provvisori 2015 forniti dal Servizio della Statistica regionale, la domanda turistica continua a crescere per il terzo anno consecutivo: gli arrivi registrano un aumento del 9,2% e le presenze del 9,1%. Riprende la crescita della componente straniera delle presenze: +9,9%, contro il +8,4% della componente nazionale.
 

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Sergio Nuvoli
 
Cagliari, 23 maggio 2016 - Venerdì 27 maggio alle 10 nell’Aula Magna della Facoltà di Ingegneria e Architettura (via Marengo) sarà presentato il Rapporto 2016 sull’Economia della Sardegna curato dal CRENoS, il Centro Ricerche Economiche Nord Sud, diretto dalla prof.ssa Emanuela Marrocu, di cui fanno parte ricercatori dell’Università di Cagliari e dell’Università di Sassari.
 
Il Rapporto CRENoS, giunto alla 23esima edizione, sarà presentato da Silvia Balia, professore associato di Economia Politica, e discusso dall’economista Maria De Paola. Al dibattito che seguirà parteciperanno il presidente della Fondazione di Sardegna, Ing. Antonello Cabras, Antonella Arca di Make Tag, start up recentemente acquisita dall’impresa londinese BuzzMyVideos, Rosetta Fanari della Nuova Sarda Industria Casearia S.r.l. e Daniela Pinna delle Tenute Olbios. Le conclusioni saranno affidate al presidente della Regione, prof. Francesco Pigliaru.
 
Maria De Paola è professore associato di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza dell’Università della Calabria. E’ autrice di numerosi studi di economia del lavoro e dell’istruzione. Si occupa prevalentemente di discriminazione di genere, economia del personale, capitale sociale e valutazione delle politiche pubbliche. E’ ricercatore affiliato dell’istituto per gli studi sul lavoro IZA (Bonn) e membro del comitato editoriale de lavoce.info in cui pubblica contributi sull’economia del Mezzogiorno e sulle differenze di genere.
 

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RASSEGNA STAMPA

IL SERVIZIO DI ROSSELLA ROMANO NEL TGR SARDEGNA RAI DELLE 14 DEL 27 MAGGIO 2017
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LA NUOVA SARDEGNA
LA NUOVA SARDEGNA del 28 maggio 2016

Prima pagina
IL RAPPORTO CRENOS
Economia in affanno e scarsa istruzione,
nell’isola ripesa lenta
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 6
RAPPORTO CRENOS. L’INDAGINE
La ripresa c’è ma è troppo lenta: l’isola resta in coda
Bassi livelli di istruzione, scarsa formazione e poco lavoro
La Sardegna tra le 70 regioni più povere d’Europa
di Umberto Aime
 
CAGLIARI Se la Sardegna potesse confrontarsi solo con il Mezzogiorno d’Italia, starebbe bene o quasi. È più ricca di Sicilia e Calabria, qui viviamo meglio che altrove, le imprese sono più ottimiste e i sardi ancora capaci di sorridere, a parte gli storici acciacchi. A cominciare dal lavoro, è troppo poco, ai trasporti, sono un dramma, alla sanità, sempre costosa e scarsa, fino all’energia: senza il metano siamo troppo tagliati fuori. Però paragonarsi solo con il Sud sarebbe un trucco, pessimo, e forse dettato dalla convenienza, dall’abilità di chi vuol far credere che il peggio sia passato. Niente da fare: la Sardegna sta sempre abbastanza male. Perché le sfide, si sa, sono globali e la foglia di fico dietro cui nascondersi, il Mezzogiorno, serve a poco. È tutto scritto nel rapporto numero 23, firmato dal Crenos, centro universitario di ricerche socio-economiche. Sono 127 pagine e decine di tabelle a spazzare via l’illusione. Dalla lunga crisi, cominciata nel 2007, ancora la Sardegna non è uscita nonostante i timidi segnali di ripresa nel 2015. Era e resta distante anni luce dalle regioni del Centro-Nord e da buona parte dell’Europa. C’è sempre molto, tantissimo, da fare per «tirarci fuori dalle sabbie mobili», hanno detto Emanuela Marrocu e Silvia Balia nel presentare il dossier. La Sardegna, come al solito, è zeppa anche di troppe contraddizioni per provare solo a fischiettare l’Inno della vittoria. «Avete un innegabile discreto reddito pro capite che però viaggia assieme a un enorme abbandono scolastico, alle scarse esportazioni, alla frammentazione delle imprese, ai bassi investimenti in ricerca e tecnologie», è stato il commento di Maria De Paola, socio-economista calabrese, che invece per alcuni aspetti sociali non ha negato di «provare invidia». I dati. In Sardegna la situazione è più incoraggiante rispetto al resto del Mezzogiorno, con una contrazione del Pil meno pesante (-1,1 per cento) e per questo la morsa della recessione comincia ad allentarsi. Ecco, però, la doccia fredda: continuiamo a essere nella lista nera delle 70 regioni più povere d’Europa, con una classifica preoccupante ieri e oggi, 206esimo posto su 276, e un reddito assoluto per abitante pari al 72 per cento di quello medio dei nostri migliori cugini continentali, è lo stesso della Grecia disastrata. I frenatori. Lo sviluppo è imbalsamato, ad esempio, dai bassi livelli d’istruzione e formazione: nella fascia 30-34 anni solo il 17,4 per cento ha conseguito una laurea rispetto all'obiettivo europeo del 40. Il tasso di dispersione scolastica è del 23,5 per cento più del doppio se messo a confronto con il tetto massimo chiesto da Bruxelles. E ancora: le piccole dimensioni delle imprese (2,8 addetti per azienda) e la loro scarsa voglia di fare rete – anzi di «farsi i dispetti», dirà Antonello Cabras, presidente della Fondazione Sardegna – sono un altro handicap. Poi c’è il lavoro. L’occupazione ha avuto uno scatto in avanti ma è un dato che potrebbe essere stato gonfiato dall’effetto Jobs act e bisognerà vedere quanto resisterà. Le buone notizie. Arrivano come sempre dal turismo, continua a crescere, e dall’agroalimentare, capace di sgomitare anche all’estero. Però se uno e l’altra sfruttassero meglio la Rete, il tentativo è in corso, potrebbero spaccare il mondo. Il sogno, realizzabile insieme a quello dell’alta tecnologia diffusa, è stato rilanciato da tre imprenditrici, Antonella Arca, Daniela Pinna e Rosetta Fanari, che hanno sollecitato la Regione: «Deve metterci nelle condizioni di vincere la sfida: trasporti, burocrazia leggera e banda larga sono le nostre richieste». Dopo aver preso appunti, il governatore Francesco Pigliaru ha risposto: «È tutto in agenda, lo faremo».
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 6
L’approfondimento sul turismo
Bacchettate agli operatori: «Poche alternative al low cost»
 
FAGLIARI Troppa dipendenza dal traffico nazionale e anche dalle compagnie low cost, aeroporti incapaci di mettersi in rete, carenza di pacchetti vacanze ricchi di emozioni da far vivere, poche relazioni fra i tour operator europei e gli albergatori, a loro volta divisi nel farsi pubblicità. Sono questi, secondo Crenos, i mali che il turismo deve sapersi scrollare di dosso se vorrà essere davvero trainante. Secondo i ricercatori, che hanno confrontato il traffico passeggeri verso la Sardegna e le principali antagoniste – Corsica, Sicilia e Baleari – il sistema sardo «non è stato reattivo nel rispondere alle mutate condizioni di mercato e dopo essere stato tradito da chi ha monopolizzato il traffico aereo, le compagnie low cost, non ha saputo cercare e costruire le alternative». Sempre dal rapporto Crenos: «Se è vero che gli albergatori sardi non vogliono dipendere dal flusso generato dalle grandi compagnie turistiche, forse a causa dei bassi margini garantiti, di fatto negli ultimi dieci anni il tasso di riempimento delle strutture è dipeso in gran parte dai turisti stranieri arrivati grazie alle compagnie low cost e ora che questo traffico è in diminuzione, anche loro non sono stati capaci di puntare sulle giuste alternative. Ad esempio, i voli charter organizzati proprio dai tour operator con i quali trattano con grande difficoltà». C’è anche dell’altro, nel dossier: «Stando alle esigenze sempre più chiare del mercato turistico, in continua ricerca di emozioni, è purtroppo molto probabile che le strutture alberghiere sarde non siano adeguate a soddisfare le richieste dei grandi tour operator stranieri soprattutto per quanto riguarda i mesi di spalla». Altra pecca del sistema è «la scarsa proposta sul territorio di attività sportive e culturali». Da tempo l’aspettativa della clientela del Nord Europa, non è più solo la ricerca di un ambiente splendido, tra l’altro spesso simile a quello di molti competitor, ma «sorprendere l’ospite con emozioni esclusive» e «mai offerte a prezzi pazzeschi». Navi e aerei compresi. (ua)
 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA on line
di Matteo Sau
 
Alzare la testa si può ma a patto che si possa uscire dalle sabbie mobili dei problemi atavici della Sardegna. I dati, contenuti nel ventitreesimo rapporto Crenos, presentato questa mattina a Cagliari, evidenziano una situazione altalenante in cui i segnali di ripresa sono frenati da problemi radicati nel tessuto sociale e geografico. Una Sardegna che migliora, rispetto al Mezzogiorno, il suo Pil e che trova segnali incoraggianti sul versante del lavoro e sul turismo deve fare i conti con un tasso di istruzione ancora molto basso rispetto alla media italiana ed europea e con un sistema produttivo formato soprattutto da piccole realtà, spesso incapaci di affrontare mercati internazionali. Rimane il grosso problema della spesa sanitaria ben al di sopra della media nazionale così come l'aumento della spesa farmaceutica. Il presidente Pigliaru, dopo aver annunciato "un Master Plan specifico per le zone interne", ha ripercorso tutti gli interventi fatti per "cercare di uscire dal piccolo e aumentare la nostra produttività". A breve Renzi verrà a firmare il Patto per la Sardegna: "Avremo risposte su continuità territoriale, trasporto su ferro ed energia".
 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA del 28 maggio 2016
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Sardegna, ripresa lenta ma disoccupazione in calo
RAPPORTO CRENOS. Pil sotto la media nazionale e allarme scuola
 
Qualche segnale di ripresa dell'occupazione, altre buone notizie sull'andamento del turismo. Ma i soliti problemi sul fronte dell'istruzione e della spesa sanitaria, oltre a una struttura produttiva troppo frammentata (il 97% delle imprese ha meno di dieci addetti) per reggere l'impatto della crisi. L'annuale rapporto Crenos sull'economia della Sardegna regala ancora una volta una foto con molti chiaroscuri: l'Isola si conferma, in quasi tutti i parametri, meglio delle altre regioni del Mezzogiorno d'Italia, ma ancora al di sotto della media nazionale e ancor più distaccata dal centro-nord.
La nota positiva è il calo della disoccupazione: 6,8 punti percentuali in meno dal 2014 al 2015. Ma le persone in cerca di impiego restano troppe: circa 118mila, per un tasso del 17,4%. Tra le zavorre principali della Sardegna resta la frequente rinuncia a studiare e formarsi: nella fascia di età dai 15 ai 24 anni, un giovane su quattro ha messo da parte i libri e non cerca neppure un lavoro.
SAU A PAGINA 5
 
L’UNIONE SARDA
Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA)
Meno disoccupati nell'Isola ma la ripresa è ancora lontana
Sanità, istruzione e imprese troppo piccole le zavorre dell'economia sarda
 
Alzare la testa si può ma a patto che si esca dalle sabbie mobili dei problemi atavici della Sardegna. I dati, contenuti nel ventitreesimo rapporto Crenos, presentato ieri mattina a Cagliari, evidenziano una situazione altalenante in cui i segnali di ripresa sono frenati da problemi radicati nel tessuto sociale e geografico.
IL QUADRO Una Sardegna che migliora, rispetto al Mezzogiorno, il suo Pil e che trova segnali incoraggianti sul versante del lavoro e sul turismo deve fare i conti con un tasso di istruzione ancora molto basso rispetto alla media italiana ed europea e con un sistema produttivo formato soprattutto da piccole realtà, spesso incapaci di affrontare mercati internazionali. Rimane il grosso problema della spesa sanitaria ben al di sopra della media nazionale così come l'aumento della spesa farmaceutica. Sempre in tema di servizi, non c'è grande feeling tra i sardi e i mezzi pubblici, così come non c'è immediata corrispondenza tra l'altra percentuale di raccolta differenziata e la spesa pro capite molto più alta rispetto alle regioni virtuose.
I NUMERI Ancora una volta i numeri evidenziano come la Sardegna abbia un andamento economico-statistico difficilmente collocabile nelle macro aree della Penisola. Spesso è meglio del Mezzogiorno ma lontana ancora dai valori del centro-nord. Il primo dato è il Pil reale del 2014 che arriva a 31,6 miliardi di euro con una quota pro capite di 19.021 euro. Una situazione migliore rispetto al Mezzogiorno (16.762 euro) ma inferiore se si considera sia il dato medio nazionale (25.257 euro) sia quello del centro-nord (29.676).
Questo significa avere problemi nella produttività, che stenta a crescere per una serie di fattori. Innanzitutto il mercato, che probabilmente deve trovare uno sbocco oltre i confini della Sardegna. Ma per fare questo servono risorse, investimenti e anche la possibilità di soddisfare grosse richieste. Le imprese attive, nel 2015, erano 142.578, praticamente le stesse dell'anno precedente: una crescita inferiore rispetto al Mezzogiorno in cui nello stesso anno sono nate 3.425 nuove realtà.
Ma il dato ancora più significativo riguarda le dimensioni. Infatti le imprese sarde hanno una media di 2,8 addetti e quelle con meno di 10 persone sono il 97% del totale. A questo si aggiunge il fatto che sono pochi, soprattutto da parte dei privati, gli investimenti per l'innovazione e la ricerca (0,76% del Pil). L'aumento della spesa sanitaria fuori controllo è cosa assai nota in Sardegna, visto che anche nell'ultima manovra finanziaria la Regione è stata costretta a destinare oltre 3,5 miliardi di euro.
SCARSA ISTRUZIONE Un altro fattore che frena il rilancio economico della Sardegna riguarda l'istruzione e la formazione. I dati sull'abbandono scolastico sono preoccupanti e ben oltre la media richiesta dall'Unione europea. Sono tanti i ragazzi (29,6%) e le ragazze (17%) tra i 18 e i 24 anni che abbandonano gli studi e oltre il 27% dei giovani nella fascia d'età tra 15 e 24 anni che si è fermato: non studia e non lavora.
LE TESTIMONIANZE Come sempre dietro i numeri ci sono le persone e durante la presentazione del rapporto hanno portato la propria testimonianza. Imprenditrici che hanno scommesso in settori diversi tra loro, dall'agricoltura ai vini sino ad arrivare alle start-up tecnologiche. Antonella Arca, fondatrice della start-up Make Tag acquisita poi da BuzzMyVideos, ha parlato dell'internalizzazione e dell'importanza «per chi offre servizi tecnologici di guardare al mercato globale». In Sardegna, però, «abbiamo trovato persone qualificate e un grosso fermento in questo campo». L'imprenditrice vinicola Daniela Pinna ha ribadito «l'importanza per le imprese di fare rete», ma soprattutto la necessità di «investimenti che possano formare i giovani». Dall'industria casearia arrivano le parole di Rosetta Fanari, anche lei convinta che «nel nostro settore tendiamo a una scarsa aggregazione, necessaria per aggredire i nuovi mercati».
LA SCOMMESSA Un'analisi del rapporto è stata fatta anche dal presidente della Fondazione Sardegna, Antonello Cabras. L'ex presidente della Regione ha messo in evidenza quanto «la Sardegna sia ancora in una fase di reazione alla globalizzazione». Poi, un passaggio sul «problema dello spopolamento e la necessità di fare qualcosa per le zone interne». Arriva immediata la risposta del presidente Pigliaru che annuncia «un Master Plan specifico». Il governatore ha ripercorso tutti gli interventi fatti per «cercare di uscire dal piccolo e aumentare la nostra produttività». A breve Renzi verrà a firmare il Patto per la Sardegna: «Avremo risposte su continuità territoriale, trasporto su ferro ed energia».
Matteo Sau
 

 
ANSA.IT
 
E' ancora in chiaroscuro il quadro economico della Sardegna, secondo l'analisi effettuata dal Crenos (Centro ricerche economiche nord sud) nel tradizionale rapporto annuale giunto alla 23/a edizione. Seppure la situazione dell'Isola appaia più incoraggiante rispetto al resto del Mezzogiorno, con una contrazione del Pil meno pesante (-1,1% Sardegna; 1,4 Italia), rispetto al quinquennio 2010-2014 (-1,4% Sardegna e -1,7% Italia) con un allentamento della morsa della recessione, questo dato non consente - osservano i ricercatori universitari - di annunciare la tanto attesa ripresa economica. L'Isola è tra le 70 regioni Ue più povere (206 su 276) con un reddito per abitante pari al 72% di quello medio, come la Grecia.
Diversi i fattori che frenano lo sviluppo: in primis i bassi livelli di istruzione e formazione (solo il 17,4% delle persone tra i 30 e i 34 anni ha conseguito una laurea rispetto all'obiettivo europeo del 40% mentre il tasso di dispersione scolastica è del 23,5% rispetto al 10% che "chiede" l'Ue e gli adulti impegnati in formazione sono al 10,7% rispetto al 15% di obiettivo Ue), le piccole dimensioni delle imprese (2,8 addetti per azienda; 142.578 imprese operanti nel 2015 pari a 85,9 imprese ogni mille abitanti)e le poche risorse destinate, soprattutto dai privati, agli investimenti in innovazione e ricerca (lo 0,76 del Pil rispetto all'obiettivo europeo del 3% con la spesa del settore privato che copre appena il 5,9% del totale.
Le "buone notizie" arrivano dal turismo, perchè nel 2015 continua a crescere il numero degli arrivi (9,2%) e delle presenze (9,1%) e riprende la crescita della componente straniera delle presenze con il +9,9% rispetto al l'8,4% della componente nazionale. Bene anche l'export con un +3,2 % trainato dalla raffinazione del petrolio (con un incidenza pari all'83,4% del totale dell'export), dai metalli (3,2% sul totale) e dagli alimentari e bevande (come il vino) con il 3,1% del totale (con una crescita però del 13,4%). L'agricoltura non esprime ancora appieno il suo potenziale contribuendo poco alla creazione di valore aggiunto con meno del 5%. Luci e ombre anche sul mercato del lavoro dove il Crenos conferma i dati positivi già emerso a gennaio: il tasso di attività e quello di occupazione nel 2015 crescono rispettivamente dell'1,7% e del 3,3%, mentre diminuisce del 6,8% sino a toccare quota 17,4% il tasso di disoccupazione.
Il Jobs act ha fatto sentire i suoi effetti anche nell'Isola e dopo un saldo netto di occupati pari a 12 mila rapporti di lavoro in più con il +9% di assunzioni totali, ora si fanno i conti con la decontribuzione che ha prodotto a gennaio 2016 una riduzione del 45% delle assunzioni a tempo indeterminato mentre tra gennaio 2014 e gennaio 2015 sono cresciute del 12,9%.
 

 
SARDINIAPOST.IT
27 maggio 2016 Economia, In evidenza 02
 
È ancora in chiaroscuro il quadro economico della Sardegna, secondo l’analisi effettuata dal Crenos (Centro ricerche economiche nord sud) nel tradizionale rapporto annuale giunto alla 23ma edizione. Seppure la situazione dell’Isola appaia più incoraggiante rispetto al resto del Mezzogiorno, con una contrazione del Pil meno pesante (-1,1% Sardegna; 1,4 Italia), rispetto al quinquennio 2010-2014 (-1,4% Sardegna e -1,7% Italia) con un allentamento della morsa della recessione, questo dato non consente – osservano i ricercatori universitari – di annunciare la tanto attesa ripresa economica. L’Isola è tra le 70 regioni Ue più povere (206 su 276) con un reddito per abitante pari al 72% di quello medio, come la Grecia.
Diversi i fattori che frenano lo sviluppo: in primis i bassi livelli di istruzione e formazione (solo il 17,4% delle persone tra i 30 e i 34 anni ha conseguito una laurea rispetto all’obiettivo europeo del 40% mentre il tasso di dispersione scolastica è del 23,5% rispetto al 10% che “chiede” l’Ue e gli adulti impegnati in formazione sono al 10,7% rispetto al 15% di obiettivo Ue), le piccole dimensioni delle imprese (2,8 addetti per azienda; 142.578 imprese operanti nel 2015 pari a 85,9 imprese ogni mille abitanti)e le poche risorse destinate, soprattutto dai privati, agli investimenti in innovazione e ricerca (lo 0,76 del Pil rispetto all’obiettivo europeo del 3% con la spesa del settore privato che copre appena il 5,9% del totale.
Le “buone notizie” arrivano dal turismo, perchè nel 2015 continua a crescere il numero degli arrivi (9,2%) e delle presenze (9,1%) e riprende la crescita della componente straniera delle presenze con il +9,9% rispetto al l’8,4% della componente nazionale. Bene anche l’export con un +3,2 % trainato dalla raffinazione del petrolio (con un incidenza pari all’83,4% del totale dell’export), dai metalli (3,2% sul totale) e dagli alimentari e bevande (come il vino) con il 3,1% del totale (con una crescita però del 13,4%). L’agricoltura non esprime ancora appieno il suo potenziale contribuendo poco alla creazione di valore aggiunto con meno del 5%.
Crenos però bacchetta albergatori e gestori degli aeroporti. Dipendenza dal traffico nazionale e quasi esclusivo dalle low cost, carenza di pacchetti vacanza omnicomprensivi, poche relazioni fra tour operator e albergatori sardi che soffrono di eccessiva frammentazione e che hanno una dimensione troppo piccola ed infine, forte decentramento della governance degli aeroporti di Alghero, Cagliari e Olbia, con tre società di gestione che hanno poco peso contrattuale e limitano le attività promozionali e di marketing. Sono questi i limiti del sistema aeroportuale sardo individuati dal Rapporto Crenos 2016. Secondo i ricercatori, che hanno analizzato i dati delle Civil Aviation Authority della Gran Bretagna tra il 1996 e il 2012 confrontando il traffico passeggeri verso la Sardegna, la Corsica, la Sicilia e le Baleari, nel periodo osservato il sistema aeroportuale e turistico, oltre che istituzionale, ha prodotto una “scarsa reattività alle mutate condizioni di mercato. Un simile fenomeno parrebbe caratterizzare la recente crisi ad Alghero”.
Inoltre “rimane il fatto che se è vero che gli albergatori sardi non vogliono dipendere dal flusso di clienti generato dai tour operator, forse a causa dei bassi margini garantiti, di fatto negli ultimi 10 anni il tasso di riempimento delle loro strutture è in gran parte dipeso dal flusso di turisti stranieri creato dal traffico aereo delle compagnie low cost, traffico che adesso tende a diminuire senza che le strutture ricettive abbiano operato adeguate strategie alternative per lo sviluppo e il mantenimento di flussi adeguati. Da un altro lato – si legge ancora nel Rapporto Crenos – è purtroppo molto probabile che il mercato della ricettività sarda non sia adeguato per il tipo di prodotti offerti dai grandi tour operator stranieri”. Altra “pecca” del sistema ricettivo è la “scarsa offerta sul territorio di attività sportive di qualità come golf, trekking, fitness, ecc.)”, che insieme all'”enfasi del prodotto turistico sardo data dagli elementi Sole-Sabbia-Mare potrebbero non rispecchiare le aspettative di vacanza di molti turisti nord-europei, rendendo più difficile per i tour operator progettare pacchetti vendibili sul mercato”.
Luci e ombre anche sul mercato del lavoro dove il Crenos conferma i dati positivi già emerso a gennaio: il tasso di attività e quello di occupazione nel 2015 crescono rispettivamente dell’1,7% e del 3,3%, mentre diminuisce del 6,8% sino a toccare quota 17,4% il tasso di disoccupazione. Il Jobs act ha fatto sentire i suoi effetti anche nell’Isola e dopo un saldo netto di occupati pari a 12 mila rapporti di lavoro in più con il +9% di assunzioni totali, ora si fanno i conti con la decontribuzione che ha prodotto a gennaio 2016 una riduzione del 45% delle assunzioni a tempo indeterminato mentre tra gennaio 2014 e gennaio 2015 sono cresciute del 12,9%.
La spesa sanitaria mostra “segnali preoccupanti, soprattutto alla luce delle politiche di contenimento decise dal Governo”. I dati analizzati sono quelli relativi al 2014 e da allora qualcosa è cambiato, ma il quadro disegnato non è dei migliori. Se in Italia la spesa è cresciuta dello 0,2%, in Sardegna raggiunge lo 0,8% pari a 1.944 euro per abitante e 3, 23 miliardi nel complesso del bilancio regionale. In tutto il Paese la riduzione della spesa pro capite si attesta sullo 0,6%, ma nell’Isola sale dello 0,5%portando il servizio sanitario regionale a destinare il 9,8% del Pil sardo dal settore sanitario rispetto al 6,8% in Italia. Secondo l’analisi del Crenos, la componente più importante della spesa sanitaria è rappresentata dai costi del personale con il 36,7% (contro il 31,5% in Italia), che è aumentata dello 0,5% mentre nel resto della Penisola scendeva del 2%. Nell’ultimo quinquennio aumentano del 3,3% le spese per l’acquisto di beni e servizi che rappresentano il 21,3% del totale (19,8% in Italia), mentre si ferma al 14,3% la spesa per le convenzioni con i privati (20,6% la media italiana) anche se negli ultimi cinque anni si è registrato un aumento del 2,5% rispetto allo 0,7% della media italiana. “Preoccupa l’andamento della spesa farmaceutica – dicono i ricercatori – che con un aumento del 3,3% ritorna ai livelli del 2011. La Sardegna presenta la seconda più alta incidenza fra le regioni italiane (18,7%), mentre in Italia incide per il 15,6%”.
 

 
CAGLIARIPAD.IT
 
E' ancora in chiaroscuro il quadro economico della Sardegna, secondo l'analisi effettuata dal Crenos (Centro ricerche economiche nord sud) nel tradizionale rapporto annuale giunto alla 23/a edizione. Seppure la situazione dell'Isola appaia più incoraggiante rispetto al resto del Mezzogiorno, con una contrazione del Pil meno pesante (-1,1% Sardegna; 1,4 Italia), rispetto al quinquennio 2010-2014 (-1,4% Sardegna e -1,7% Italia) con un allentamento della morsa della recessione, questo dato non consente - osservano i ricercatori universitari - di annunciare la tanto attesa ripresa economica. L'Isola è tra le 70 regioni Ue più povere (206 su 276) con un reddito per abitante pari al 72% di quello medio, come la Grecia.
Diversi i fattori che frenano lo sviluppo: in primis i bassi livelli di istruzione e formazione (solo il 17,4% delle persone tra i 30 e i 34 anni ha conseguito una laurea rispetto all'obiettivo europeo del 40% mentre il tasso di dispersione scolastica è del 23,5% rispetto al 10% che "chiede" l'Ue e gli adulti impegnati in formazione sono al 10,7% rispetto al 15% di obiettivo Ue), le piccole dimensioni delle imprese (2,8 addetti per azienda; 142.578 imprese operanti nel 2015 pari a 85,9 imprese ogni mille abitanti)e le poche risorse destinate, soprattutto dai privati, agli investimenti in innovazione e ricerca (lo 0,76 del Pil rispetto all'obiettivo europeo del 3% con la spesa del settore privato che copre appena il 5,9% del totale.
Le "buone notizie" arrivano dal turismo, perché nel 2015 continua a crescere il numero degli arrivi (9,2%) e delle presenze (9,1%) e riprende la crescita della componente straniera delle presenze con il +9,9% rispetto al l'8,4% della componente nazionale.
Bene anche l'export con un +3,2 % trainato dalla raffinazione del petrolio (con un incidenza pari all'83,4% del totale dell'export), dai metalli (3,2% sul totale) e dagli alimentari e bevande (come il vino) con il 3,1% del totale (con una crescita però del 13,4%). L'agricoltura non esprime ancora appieno il suo potenziale contribuendo poco alla creazione di valore aggiunto con meno del 5%.
Luci e ombre anche sul mercato del lavoro dove il Crenos conferma i dati positivi già emerso a gennaio: il tasso di attività e quello di occupazione nel 2015 crescono rispettivamente dell'1,7% e del 3,3%, mentre diminuisce del 6,8% sino a toccare quota 17,4% il tasso di disoccupazione. Il Jobs act ha fatto sentire i suoi effetti anche nell'Isola e dopo un saldo netto di occupati pari a 12 mila rapporti di lavoro in più con il +9% di assunzioni totali, ora si fanno i conti con la decontribuzione che ha prodotto a gennaio 2016 una riduzione del 45% delle assunzioni a tempo indeterminato mentre tra gennaio 2014 e gennaio 2015 sono cresciute del 12,9%.

 

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