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I risparmiatori in banca come dal medico

Le conclusioni di una ricerca condotta dal prof. Vittorio Pelligra e pubblicata sul Journal of Business Research
23 dicembre 2015

di Sergio Nuvoli

Cagliari, 23 dicembre 2015 - Incrementare l’alfabetizzazione economico-finanziaria dei cittadini e introdurre un codice deontologico dei consulenti finanziari: sono le conclusioni di una ricerca condotta da Vittorio Pelligra (nella foto a destra), professore associato di Politica economica dell’Università di Cagliari, con tre colleghi delle università di Berlino, Ludwigsburg e Otago (Nuova Zelanda) e pubblicato sul Journal of Business Research. Il lavoro dei ricercatori rivela anche alcune dinamiche psicologiche che intercorrono nella relazione tra il risparmiatore che vuole investire il suo denaro e il consulente finanziario della banca cui si rivolge.
 
Lo studio contribuisce al dibattito intorno alla scelta del Governo di salvare quattro banche in difficoltà non con fondi pubblici, ma attingendo ai risparmi degli azionisti e a quelli dei detentori di obbligazioni subordinate. Questa vicenda ha messo in luce, tra le altre cose, le scarse competenze economico-finanziarie del risparmiatore medio italiano e l’esistenza di un rapporto di fiducia eccessiva da parte dei risparmiatori nei confronti delle banche.
 
La ricerca dimostra che le caratteristiche della relazione tra risparmiatore e banca sono estremamente simili a quelle della relazione che esiste tra medico e paziente: il medico prescrive e il paziente esegue.
 
Attraverso l’analisi semantica di interviste fatte con risparmiatori e a consulenti si evincono alcuni aspetti cruciali: i risparmiatori si comportano in maniera tutt’altro che razionale, decidendo se e quanto investire sulla base più della qualità della relazione che intercorre con il broker che sulla sua performance passata.
 
D’altra parte i broker si lamentano di ricevere spesso troppa fiducia da parte dei loro clienti nella gestione del portafoglio: una delega fondata principalmente sulla mancanza di conoscenze specifiche o anche solo di tempo da dedicare alla raccolta di informazioni e alla supervisione delle scelte. Tale grado di fiducia può anche essere tollerabile nel caso di banche non-profit (come quelle analizzate nello studio), ma espone i risparmiatori a scelte opportunistiche da parte di coloro che hanno come obiettivo primario la massimizzazione del profitto.
 
Due conclusioni: è indispensabile incrementare il livello dell’alfabetizzazione economico-finanziaria dei cittadini a partire dalle scuole elementari (come suggerito anche recentemente da organismi internazionali). E, visto il grande patrimonio di fiducia che le banche sono chiamate a gestire e data la dimensione di bene pubblico della fiducia dei risparmiatori nel sistema del credito, sarebbe auspicabile l’introduzione non solo di controlli più stringenti sull’operato dei consulenti finanziari, ma di un vero e proprio codice deontologico che, come nel caso dei medici con i pazienti, impegni i broker ad agire nel primario interesse dei clienti.
 
 

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