UniCa UniCa News Notizie Un pezzo di storia narrato con sentimento

Un pezzo di storia narrato con sentimento

A Scienze politiche Benedetta Tobagi ha presentato il suo libro "Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre"
03 luglio 2010
 
Cagliari, 3 luglio 2010 (Ufficio stampa e web – SN) - “Siamo qui per capire da cosa nasce questo libro”. Così la preside di Scienze politiche, Paola Piras, ha introdotto l’incontro di presentazione del volume di Benedetta Tobagi “Come mi batte forte il tuo cuore”, nell’insolita – ma indovinata – cornice dello spazio aperto tra le maxiaule di viale Sant’Ignazio. L’iniziativa era organizzata dalla facoltà in collaborazione con la Fondazione Luca Raggio.
 
“E’ un lavoro storiografico – ha continuato la preside – un pezzo di storia narrato con sentimento. Vi propongo due riflessioni: da professoressa, penso al fatto che il primo articolo scritto da Walter Tobagi per Il Tempo è stato un pezzo sul ’68 e sulla riforma universitaria, un tema che ci vede ancora impegnati nella mobilitazione. La seconda riflessione è che un pregio di questo lavoro è che aiuta a ‘scongelare le emozioni’, come dice l’autrice: non è un libro in cui campeggia il dolore, ma che esprime amore e memoria ritrovata”.
 
Dal canto suo, Gianluca Scroccu, giovane presidente della Fondazione Raggio e fresco vincitore del premio Matteotti per il suo libro su Sandro Pertini, ha spiegato come “Tobagi fosse un giornalista che aveva metodo: il decennio in cui è stato ucciso, ha visto ammazzati tanti altri uomini che facevano con passione il loro mestiere”. Gli articoli del giornalista del Corriere della Sera, assassinato a 33 anni nel 1980, “servono – ha concluso Scroccu – per capire meglio la nostra storia, perché era uno straordinario cronista, ma anche uno storico molto attento”.
 
 
“Ho imparato il metodo di mio padre – ha detto Benedetta Tobagi, che quando il padre fu ucciso, aveva appena tre anni – è questo il motore da cui il libro nasce. Mio padre era una sorta di sismografo, un mediatore eccezionale: raccoglieva molte voci e componeva un quadro da cui la gente capiva cosa stava succedendo”. L’autrice ha quindi raccontato un papà “innamorato dell’epistolario di Pavese a Fernanda Pivano, in cui – tra le altre cose – dice che, per avere un senso nella vita, bisogna donarsi”.
 
“Questo libro è la ‘voce dovuta a mio padre’ – ha proseguito – quella voce che gli è stata tolta e che io ho cercato di restituire: ma peggiore è stata la sua seconda morte, quella che gli ha inflitto chi ne ha strumentalizzato la fine e le parole”.
 
 
Davanti ad un pubblico attento e numeroso, Benedetta Tobagi ha costantemente oscillato tra la versione personale e la riflessione storica sulla vicenda umana del padre, finendo per svelare anche lati del suo carattere molto riservati: “Quando ho pensato a questo libro, ho capito che non avrei potuto fare un lavoro scientifico: ho deciso allora che mi sarei raccontata in modo spietato per far percepire la parte della ricostruzione storica, riportando una pluralità di voci”. E poi il significato più profondo del libro: “Per me è diventata una questione etica raccontare il punto di vista di chi non ha mai la parola. Restano dei coni d’ombra, ma mescolare i livelli è stato la mia maniera di essere intellettualmente onesta”.
 
Una figlia che ha scoperto il padre in maniera autenticamente umana: “La scelta di narrare con sentimento – ha spiegato – è dettata dal mio desiderio di farvi amare mio padre, perché se lo merita, e di attivare un sentimento di empatia, così necessario al nostro Paese nell’epoca che stiamo attraversando”.
 
(Ufficio stampa e web - fotografie di Francesco Cogotti)
 
 
 
 
 
 
 

Ultime notizie

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie