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Giacomo Cao: "In futuro gasolio da alghe e Co2"

Brevetto depositato da Università di Cagliari, Biomedical Tissues srl, Crs4 e Cnr
10 aprile 2010
AGI online
News d’agenzia del 6 aprile 2010

Energia: brevettato procedimento per produrre biopetrolio da Co2
(AGI) - Cagliari, 6 apr. - Un gruppo di ricercatori sardi ha messo a punto e brevettato un procedimento per produrre biopetrolio dall’anidride carbonica. L’azienda B.T. (Biomedical Tissues) Srl, con sede operativa nel Parco scientifico e tecnologico della Sardegna, a Pula (Cagliari) il 31 marzo scorso ha depositato il brevetto europeo "Process for bio-oil production which makes use of carbon dioxide". Il "Procedimento per la produzione di biopetrolio che prevede l’impiego di CO2" - spiega una nota - si basa sull’impiego di microalghe dalle quali il biopetrolio viene estratto. Consente l’ottenimento di biocarburanti quali, per esempio, biodiesel, carbone verde e "torte residue". Inoltre, in aggiunta al biopetrolio, attraverso tale procedimento sono contestualmente ottenuti composti impiegabili come materia prima nell’industria alimentare, biomedicale, cosmetica e zootecnica. La societa’ B.T. Srl collabora per lo sviluppo delle proprie attivita’ con il gruppo di ricerca coordinato dal professor Giacomo Cao dell’universita’ di Cagliari.
(AGI) .
   
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LA NUOVA SARDEGNA
La Nuova Sardegna di mercoledì  7 aprile 2010

Pagina 2 - Fatto del giorno
BREVETTO A PULA
Biopetrolio dalle microalghe
CAGLIARI. Un gruppo di ricercatori sardi ha messo a punto e brevettato un procedimento per produrre biopetrolio dall’anidride carbonica. L’azienda B.T. (Biomedical Tissues) Srl, con sede operativa nel Parco scientifico e tecnologico della Sardegna a Pula, il 31 marzo ha depositato il brevetto europeo «Process for bio-oil production which makes use of carbon dioxide». Il «Procedimento per la produzione di biopetrolio che prevede l’impiego di CO2 - spiega una nota - si basa sull’impiego di microalghe dalle quali il biopetrolio viene estratto. Consente l’ottenimento di biocarburanti quali, per esempio, biodiesel e carbone verde». Inoltre si ottengono composti impiegabili come materia prima nell’industria alimentare, biomedicale, cosmetica e zootecnica. La B.T. Srl collabora con il gruppo di ricerca coordinato da Giacomo Cao, docente di ingegneria chimica e di ingegneria dell’ambiente all’università di Cagliari.
 
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L’UNIONE SARDA 
L’Unione Sarda di sabato 10 aprile 2010
 
Cronaca Regionale - Pagina 6
Il gasolio divoratore di Co2
Ricavato dalle alghe, un brevetto tutto sardo
Biopetrolio ricavato da alghe e anidride carbonica catturata dalle fonti industriali di emissione. Un carburante super ecologico ottenibile grazie a un metodo scoperto e brevettato da ricercatori sardi.
PULA Tutti i vantaggi del petrolio ma con un inestimabile valore aggiunto ambientale: riduce le emissioni di anidride carboniche invece che aumentarle. In tempi di turbamento da effetto serra non è roba da poco. Per la salute del pianeta, per i bilanci dell’eventuale produttore e per guardare con più serenità al futuro dato che i giacimenti di oro nero sono in riserva, seppur con un’autonomia stimata in circa mezzo secolo. Il carburante super ecologico si può ottenere da un mix di alghe e anidride carbonica (CO2) grazie a un procedimento brevettato da un gruppo di ricercatori del Parco scientifico e tecnologico di Pula coordinati dal professor Giacomo Cao, docente di Principi di ingegneria chimica e ambientale all’Università di Cagliari.
L’INVENZIONE «Il brevetto non riguarda un prodotto ma un processo», precisa Cao. «Attraverso una soluzione si capta l’anidride carbonica contenuta in fumi di scarico, ad esempio di una centrale termoelettrica, e la si veicola in apparecchiature chiamate fotobioreattori al cui interno si trovano delle microalghe che metabolizzano la CO2». In pratica, le alghe la mangiano e crescono generando una massa da cui si può estrarre biopetrolio, il precursore del biodiesel, e altri prodotti utilizzabili dal mercato biomedicale come antiossidanti e vitamine. «Dagli scarti a valle di questo procedimento si ottiene inoltre quella che, in gergo tecnico, si chiama torta residua e che può essere riciclata in camera di combustione».
LA RICERCA Alla definizione del metodo e alla sua registrazione si è arrivati assemblando conoscenze ed energie diverse: un’azienda privata, la Biomedical Tissues di Sestu, l’Università di Cagliari (Dipartimento di ingegnerie chimiche e materiali, Centro interdipartimentale di ingegnerie e scienze ambientali) l’Unità di ricerca cagliaritana del Dipartimento energia e trasporti del Cnr, Sardegna ricerche e Crs4. «Tutti questi soggetti sono stati coinvolti attorno a un’idea ritenuta estremamente innovativa e ciascuno ha grattato, diciamo, quel che poteva dai propri fondi disponibili».
Per motivare i partner, Cao ha seguita una sorta di filosofia personale, mix di innovazione e pragmatica occupazione degli spazi disponibili e finanziabili. «Partiamo da una premessa. Tutto ciò che è caldo scientificamente e tecnologicamente negli Stati Uniti dopo cinque-dieci anni lo diventa anche in Europa. Questa considerazione mi ha portato a considerare le energie alternative come un tema di particolare rilevanza. Abbiamo quindi cercato di sviluppare un’attività che fosse unica in Italia, ovvero appena sbocciata in pochissimi gruppi di studio, così da attribuire alla Sardegna una valenza prioritaria. Non il foto voltaico, quindi, cui è rivolta la maggiore attenzione, ma un diverso filone poco sfruttato. Il secondo motivo è che questa tecnologia ci consente di prendere capra e cavoli: limitare le emissioni di anidride carbonica ricavandone quel che tra mezzo secolo forse non si troverà più, cioè il petrolio. Produrlo sarà utile non tanto a soddisfare la richiesta dei veicoli automobilistici propriamente detti, perché un domani le auto andranno a batteria. Difficilmente questo accadrà invece per camion, navi e soprattutto aerei. Ci sarà quindi sempre bisogno di combustibile con il potere calorifero del petrolio».
LE ALGHE Non si tratta assolutamente delle alghe che tutti conosciamo, quelle che troviamo sugli arenili o vediamo quando ci mettiamo pinne e maschera per curiosare tra i fondali marini. «Sono microalghe, nel senso di unicellulari e piccolissime, palline di diametro tra i cinque-dieci micron, ovvero millesimi di millimetro». Si trovano in natura, nei mari e nei fiumi. Si tratta di estrarle, isolarle, farle crescere e inserirle nel bioreattore. «Sfruttando il processo di fotosintesi clorofilliana si cibano delle sostanze presenti nel fluido in cui è stata captata la CO2 e la loro massa si moltiplica rapidamente. Modificandole geneticamente è possibile migliorare notevolmente la resa».
I PASSI SUCCESSIVI Il passaggio dalla teoria alla pratica industriale, assicura Cao, non presenta nessun ostacolo tecnico scientifico. «Abbiano solo la necessità di dimostrare l’efficienza del processo tramite un test a bocca d’impianto che può essere fatto entro un anno. Intendiamo allestire un’apparecchiatura di modeste dimensioni, un centinaio di litri, collegata alla fonte di emissione di CO2 per far conoscere la tecnologia e poi discutere di cessione del brevetto per produzioni consistenti». La progettazione e la gestione industriale non rientra tra gli obiettivi dei ricercatori. Loro si limitano a fornire il know how , ovvero le conoscenze e i metodi per la loro applicazione. Ad altri il compito di sfruttarle. Non gratis, ovviamente.
AMBIENTE E CONTI ECONOMICI Il brevetto rende possibile abbattere quote di CO2, tagli che per le aziende hanno ritorni economici e di immagine assai rilevanti. «Oggi il costo di produzione sarebbe più alto di quello attuale del petrolio. Ma non sarà così in futuro - prevede Cao - quando il prezzo del greggio salirà col contrarsi della sua disponibilità». Viceversa, è prevedibile un inasprimento degli obblighi di abbattimento delle emissioni alla luce delle crescenti preoccupazioni per i mutamenti climatici attribuiti ai gas serra.
Se applicato in Sardegna, il brevetto potrebbe generare occupazione a patto che posti di lavoro e utili d’impresa vadano di pari passo. «Abbiamo immaginato un impianto a valle della centrale di Fiumesanto. Captando solo il venti per cento delle emissioni di C02 potremmo soddisfare circa un quinto dell’intera domanda isolana di biodiesel. Risultato ottenibile con un investimento stimato in 130 milioni. I costi di gestione sarebbero nell’ordine di 30 milioni l’anno mentre i ricavi potrebbero oscillare tra i 50 e 150 milioni annui. Il rendimento cambia secondo il mercato di riferimento, ovvero biopetrolio, antiossidanti e torta residua». Comunque sempre appetibile.
STEFANO LENZA
lenza@unionesarda.it
   
RASSEGNA STAMPA QUOTIDIANA
 
E POLIS - IL SARDEGNA
E Polis / Il Sardegna di sabato 10 aprile 2010
 
Pagina 18 - Grande Cagliari
l’intervista
Giacomo Cao
Professore ordinario di Principi di Ingegneria chimica e ambientale nella facoltà di Ingegneria di Cagliari

SCHEDA
E’ nato il 22/09/’60 a Cagliari. Laureato nel 1986 in Ingegneria chimica nell’Ateneo di Cagliari. Professore ordinario nel 2001. Coordinatore di numerosi progetti di ricerca: tra cui “Progetto Cosmic, per l’esplorazione umana dello spazio, finanziato dall’agenzia spaziale italiana, e lo “Studio della cinetica di produzione dell’acido tereftalico”.
Università. Bio petrolio dall’anidride carbonica, ateneo cagliaritano capofila della ricerca
Dall’anidride carbonica al bio-petrolio
La società sarda B.T.srl ha depositato il brevetto europeo per la produzione di combustibili rinnovabili, grazie alla collaborazione con Università, Crs4 e Cnr. di Enrica La Nasa

La scoperta
ha anche l’obiettivo di ridurre l’immissione nell’atmosfera dei cosiddetti gas serra
Dall’anidride carbonica al bio-petrolio, utilizzando le microalghe. Parte dalla Sardegna l’innovativo brevetto per la produzione di combustibili rinnovabili e, nel contempo, per la salvaguardia dell’equilibrio ambientale del nostro pianeta, messo a rischio dall’emissione dei cosiddetti gas serra. Il 31 marzo marzo la società B.T. srl, ha depositato il brevetto europeo sul “Procedimento per la produzione di bio-petrolio che prevede l’utilizzo dell’anidride carbonica”. Brevetto realizzato grazie alla collaborazione con l’Università di Cagliari, il Crs4 e il Cnr, coordinata dal professor Giacomo Cao, docente della Facoltà di ingegneria di Cagliari,
Professor Cao in cosa consiste questo brevetto?
«Si tratta di un procedimento per la produzione del biopetrolio, attraverso l’utilizzo delle microalghe e dell’anidride carbonica prodotta dalle centrali termoelettriche».
In che modo?
«Le alghe unicellulari sono in grado di utilizzare l’anidride carbonica per accrescersi e moltiplicarsi attraverso processi di fotosintesi in fotobioreattori, ultimato questo processo, è possibile estrarre dalle alghe il bio-petrolio, utilizzabile per la produzione del bio-disel, maanche di vitamine, anti-ossidanti, anti-microbici e anti-tumorali».
Tutto questo utilizzando i cosiddetti gas serra?
«Esatto. Questo brevetto, unico in Italia, ha un duplice obiettivo: produrre combustibili rinnovabili e ridurre l’immissione nell’atmosfera dell’anidride carbonica, che è tra i gas che stanno creando l’effetto serra nel nostro pianeta».
In Europa ci sono ricerche avviate come questa?
«A quanto mi risulta non ci sono attività di rilievo, mentre sono molto avanti negli Stati Uniti. Noi stiamo procedendo per piccoli passi. Abbiamo sviluppato la tecnologia su scala pilota, ora, dopo che il brevetto europeo verrà concesso, inizieremo a testarla sul campo».
In che modo?
«Valuteremo l’efficacia della tecnologia e le sue potenzialità a “bocca di emissione”, ossia preleveremo una corrente gassosa industriale direttamente all’origine di emissione per poi trattarla con la tecnologia da noi inventata».
Come si può tradurre in numeri?
«Sull’ipotesi di captare il 18 per cento dell’anidride carbonica emessa da una centrale termoelettrica della Sardegna, come quella di Fiumesanto, e convertendola in bio-petrolio si potrebbe soddisfare circa l’11 per cento dell’intera domanda della Sardegna».
Si tratterebbe di un risultato straordinario che nascerebbe dalle “intelligenze” sarde. C’è qualcosa che sta cambiando nella nostra Isola?
«È un grande risultato sia per l’Università di Cagliari sia per la società B.T. (Biomedical) srl, che ha la sua sede operativa nel Parco scientifico e tecnologico della Sardegna. Siamo riusciti a dare seguito alla logica dell’interazione tra mondo imprenditoriale e quello della ricerca».
La B.T. è un’azienda sarda?
 «Sì, è stata fondata da quattro giovani ricercatori, che hanno meno di 40 anni, e che si sono formati in Sardegna. Nell’Isola manca ancora un tessuto di piccole e medie imprese che gravitino nel settore dell’innovazione tecnologica. Ma forse qualcosa sta cambiando».
 
RASSEGNA STAMPA QUOTIDIANA

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