UniCa UniCa News Notizie Università, la riforma: "orario" per i prof, ricercatori a tempo e codice etico

Università, la riforma: "orario" per i prof, ricercatori a tempo e codice etico

Le linee del progetto Gelmini: per chi fa ricerca non piu di due contratti triennali, per i docenti minimo di 1500 ore annue
24 ottobre 2009


di Anna Maria Sersale
ROMA (24 ottobre) - Per avere certe cattedre e varcare certe soglie occorre essere figlio di, amico di... o sponsorizzato da uno dei potenti di turno. Concorsi truccati, cordate di parentele, lobby bianche, rosse e nere, intrecci politici nella selezione dei docenti, favori e abusi. Sull’università disastrata sta per arrivare la “cura” Gelmini. La riforma degli atenei è pronta.

In quindici articoli, contenuti in venticinque cartelle, il ministro indica quali saranno gli interventi per riqualificare l’intero sistema. Tanto è enorme il lavoro da fare che per districare la materia seguiranno singoli decreti. Approvata in una seduta di pre-Consiglio, ieri la riforma attendeva il varo di Palazzo Chigi ma il mancato rientro di Silvio Berlusconi dalla Russia ha fatto slittare il «sì». I tempi, comunque, non saranno brevi. Si prevede un tormentato iter tra Camera e Senato, anche perché le lobby universitarie, che in Parlamento hanno molti rappresentanti, insofferenti ai controlli e alla trasparenza delle procedure, potrebbero mettere non pochi bastoni tra le ruote. Contro la riforma, comunque, sono già schierati gli studenti, che annunciano la ripresa delle ostilità.

Pronti alla protesta anche i ricercatori, l’articolo 12 per loro è una corda al collo. I loro contratti saranno “a tempo”. «Rischiamo il precariato a vita», dicono. «Per svolgere attività di ricerca, di didattica, e di servizio agli studenti - è scritto nel testo della Gelmini - le università possono stipulare contratti di lavoro a tempo pieno e determinato». E ancora: «I contratti saranno di durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta per un ulteriore triennio», sempre che la valutazione dell’attività didattica sia positiva. Insomma, per i ricercatori un ritorno al progetto Moratti.

«Non va vista negativamente questa norma, al contrario la ”tenure track” - sostiene Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio universitario nazionale - è un percorso che porta dritto alla abilitazione da professore associato, non in modo automatico, certo, altrimenti sarebbe una sanatoria. Insomma, il ruolo del ricercatore è per sua natura provvisorio, nessuno fa ricerca ”a vita”, nessuno quindi dovrà andarci in pensione, come accade nei Paesi di cultura britannica e in molti altri». Anche Enrico Decleva, in qualità di rettore, dice di «apprezzare» la soluzione proposta dal ministro Gelmini. 

La stretta prodotta dalla riforma non risparmierà i docenti. Dovranno lavorare almeno 1.500 ore l’anno, di cui 350 dedicate alla didattica e all’assistenza degli studenti. Una cosa, questa, tentata in passato da altri ministri e puntualmente naufragata. I docenti sono sempre sfuggiti a budge e tornelli («il nostro lavoro non si misura a ”ore”», dicono). Il ministro non precisa quali saranno le «forme» di controllo, i decreti successivi stabiliranno i criteri. Le verifiche riguarderanno anche «l’attività scientifica».

Gli altri punti centrali? Lotta al nepotismo e un codice etico che ogni ateneo dovrà adottare contro la “parentopoli” evitando così i «conflitti di interesse»; poteri separati tra il Cda e il Senato accademico; non più di due mandati ai rettori (4+4 anni o un mandato unico da 6); più potere ai Dipartimenti; meritocrazia, anche con la costituzione di un fondo speciale per promuovere l’eccellenza; competitività tra atenei, che potranno foderarsi o fondersi; commissariamento e piani di rientro per le università che non hanno i conti a posto; nuovi sistemi di reclutamento e la valutazione di ateneo affidata a una commissione i cui «componenti siano in prevalenza esterni». In ogni caso non c’è da farsi illusioni. Introdurre la meritocrazia nell’università italiana è come «tirare un rigore a porta vuota», ha scritto di recente Roberto Perotti della Bocconi (Phd al Mit di Boston, e autore di libri, tra cui ”L’università truccata”). Per questa ragione molti sono convinti che non basteranno le venticinque cartelle della Gelmini per risollevare i livelli dei nostri atenei (anche nell’ultima classifica del Times non ce n’era nemmeno uno tra i primi cento).

A questo si aggiunge il tema scottante dei finanziamenti: «Il progetto del ministro ha punti positivi ma senza soldi rischia di naufragare», sostiene Enrico Decleva, ”magnifico” della Statale di Milano e presidente della Conferenza nazionale dei rettori.

 
 

Gelmini: «Rivoluzionerò l’università»
«Premierò i giovani più bravi puntando sulla qualità, eliminando gli sprechi»

 
 «Bisogna avere il coraggio di cambiare l’Università, non difendendo lo status quo ma premiando i giovani meritevoli, i nuovi ricercatori e le Università che puntano sulla qualità eliminando gli sprechi e i corsi inutili». Non più di due mesi fa con queste parole il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini s’accingeva a spiegare il senso e significato della sua Riforma dell’Università che sotto forma di disegno di legge sarà presentata oggi al Consiglio dei ministri e che avrà il grande pregio di «puntare sul ricambio generazionale, sull’apertura ai giovani, sull’efficienza, sulla meritocrazia e su un utilizzo oculato delle risorse». Una rivoluzione, dunque, più che una riforma. Tra le novità: un mandato di non oltre 8 anni per i rettori, la possibilità per gli atenei di fondersi tra loro allo scopo di evitare duplicazioni e abbattere i costi, un consiglio di amministrazione con il 40% di membri esterni, e scatti stipendiali solo ai professori migliori (avanzamenti di carriera saranno per meriti e non per anzianità). I bilanci delle università dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Debiti e crediti saranno resi più chiari secondo criteri nazionali concordati tra i ministeri dell’Istruzione e del Tesoro. I settori scientifico-disciplinari passeranno dagli attuali 370 a circa la metà. Per determinare la graduatoria delle università migliori conterà la qualità dell’offerta formativa e i risultati dei processi formativi; la qualità della ricerca scientifica; la qualità, l’efficacia e l’efficienza delle sedi didattiche. Ci sarà una distinzione netta di funzioni tra Senato accademico e Cda: il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara delle spese, delle assunzioni e delle spese di gestione (anche delle sedi distaccate). Sarà ridotto il numero di membri sia del Senato (al massimo 35 contro gli oltre 50 di oggi) sia del Cda (11 invece di 30). Il Cda avrà il 40% di membri esterni e sarà rafforzata la rappresentanza studentesca (questo anche nel Senato). Un direttore generale prenderà il posto dell’attuale direttore amministrativo e avrà compiti di grande responsabilità, insomma sarà un vero e proprio manager dell’ateneo. Infine, il nucleo di valutazione d’ateneo sarà a maggioranza esterna (per garantire una valutazione imparziale) e sarà semplificata la struttura interna degli atenei. Una commissione nazionale (con membri italiani e per la prima volta anche stranieri) dovrà abilitare coloro che sono ammessi a partecipare ai concorsi per le varie fasce. Saranno valutate le capacità e il curriculum sulla base di parametri predefiniti. Le università potranno assumere solo coloro che saranno riconosciuti validi dalla commissione.

 
 

Atenei, la riforma del governo

 
Il bricolage degli Atenei per salvarsi dalla mannaia Tremonti-Gelmini. La Sapienza "cancella" la sessione di esami in febbraio per non far figurare i fuori corso e perdere finanziamenti. Chi estende il numero chiuso e chi tagli i corsi di laurea. In tutto questo clima "rovente" ecco che la riforma Gelmini approfa al Cdm: e chi non si adegua rischia il commissariamento.

Un mandato di non oltre 8 anni per i rettori, la possibilità per gli atenei di fondersi tra loro allo scopo di evitare duplicazioni, un consiglio di amministrazione con il 40% di membri esterni, scatti stipendiali solo ai professori migliori: sono alcune delle novità previste dal disegno di legge messo a punto dal ministro Mariastella Gelmini per dare un volto nuovo all'università italiana e che sarà presentato al Consiglio dei ministri domani.

FUSIONI TRA ATENEI per abbattere i costi. Sarà possibile fondere o aggregare, su base federativa, università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, per aumentare la qualità, evitare le duplicazioni e abbattere i costi.

BILANCI PIÙ TRASPARENTI. I bilanci delle università dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza (attualmente non calcolano, ad esempio, la base di patrimonio degli atenei). Debiti e crediti saranno resi più chiari secondo criteri nazionali concordati tra i ministeri dell' Istruzione e del Tesoro.

DIMEZZATI SETTORI DISCIPLINARI. I settori scientifico-disciplinari passeranno dagli attuali 370 a circa la metà (con una consistenza minima di 50 ordinari per settore). La sforbiciata punta anche a evitare che cordate ristrette abbiano troppo potere. È poi prevista una delega al ministro per riorganizzare i dottorati di ricerca.

RETTORI, LIMITI AL MANDATO. Alla base della riforma della governance c'è l'adozione di un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. Per quanto riguarda i rettori è previsto un limite massimo complessivo di 8 anni per il loro mandato (inclusi quelli già trascorsi prima della riforma). Ci sarà una distinzione netta di funzioni tra Senato accademico e Cda: il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara delle spese, delle assunzioni e delle spese di gestione (anche delle sedi distaccate). Sarà ridotto il numero di membri sia del Senato (al massimo 35 contro gli oltre 50 di oggi) sia del Cda (11 invece di 30). Il Cda avrà il 40% di membri esterni e sarà rafforzata la rappresentanza studentesca (questo anche nel Senato). Un direttore generale prenderà il posto dell'attuale direttore amministrativo e avrà compiti di grande responsabilità, insomma sarà un vero e proprio manager dell'ateneo. Infine, il nucleo di valutazione d'ateneo sarà a maggioranza esterna (per garantire una valutazione imparziale) e sarà semplificata la struttura interna degli atenei.

SCATTI STIPENDIALI A PROF MIGLIORI. Una commissione nazionale (con membri italiani e per la prima volta anche stranieri) dovrà abilitare coloro che sono ammessi a partecipare ai concorsi per le varie fasce. Saranno valutate le capacità e il curriculum sulla base di parametri predefiniti. Le università potranno assumere solo coloro che saranno riconosciuti validi dalla commissione. Vengono previsti incentivi economici al trasferimento per i docenti al fine di rendere concretamente possibile la mobilità, con procedure semplificate per i docenti di università straniere che vogliono partecipare alle selezioni per posti in Italia. I professori a tempo pieno dovranno lavorare 1.500 ore annue, di cui almeno 350 per docenza e servizio agli studenti. Scatti stipendiali solo ai prof migliori: si rafforzano le misure annunciate nel Dm 180 in tema di valutazione biennale dell'attività di ricerca dei docenti; in caso di valutazione negativa si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi.

DIRITTO ALLO STUDIO. Delega al governo per riformare organicamente la legge 390 del 1991, in accordo con le Regioni, con l'obiettivo di spostare il sostegno direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi superiori e mobilità.

Immediate le proteste. L'Unione degli universitari (Udu) si schiera contro la riforma: «Siamo pronti - dicono gli studenti - ad avviare già da domani una fase di agitazione con occupazioni, sit-in e presidi per contrastare una riforma dell'università che il governo intende avviare con il consiglio dei ministri e che non trova ragioni se non nell'inserire i privati dentro gli atenei".

Il governo- continua la nota dell' Udu- sordo alle istanze del mondo accademico che non ha i fondi pubblici per mandare avanti gli atenei, procede con una riforma che introduce la presenza di privati all'interno dei consigli di amministrazione». Gli studenti non ci stanno: «siamo pronti a mobilitarci già da domani se il governo intende procedere con la riforma dell'università. è una deriva privatistica che porterà le università a traino delle mercato - sottolinea Paterna, coordinatore nazionale Udu- non contento, il ministro gelmini intende anche riformare il diritto allo studio con una delega al governo. Ci chiediamo come ha intenzione di riformare un sistema il cui grave problema è la mancanza di adeguati finanziamenti statali».
 

 

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