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I rettori sardi tra difesa e autocritica

Dopo il nuovo sistema di finanziamento degli Atenei
26 luglio 2009

I rettori sardi tra difesa e autocritica
«I tagli del ministero? Paghiamo le carenze nella didattica, ma i parametri sono errati»
Meglio il settore della ricerca «Ma gli studenti sono poco motivati e il tessuto economico è fragile»


di Antonello Palmas

SASSARI. L’università sarda si risveglia cenerentola: entrambi gli atenei, Sassari e Cagliari, sono in piena zona retrocessione nella classifica approntata dal Ministero della Pubblica istruzione per distribuire il 7 per cento (525 milioni) del fondo di finanziamento ordinario.
È il “pacchetto università” del ministro Gelmini, che piazza Sassari al quintultimo posto e Cagliari poco più su nel gruppo che si vede decurtati i fondi. Nella fascia alta gli atenei del nord, i “cattivi” quasi tutti sono al centrosud e nelle isole. «Ma un recente rapporto del Censis - ricorda il neoeletto rettore di Sassari, Attilio Mastino - ci vedeva ai primi posti per i servizi agli studenti: c’è qualcosa che non torna». Mea culpa? «Se la ricerca ha meno problemi, c’è consapevolezza che occorra migliorare nella didattica: abbondanza di fuoricorso, abbandoni, crediti, inefficienze. Avevamo già cominciato a muoverci, aumentando ad esempio le risorse per la ricerca. Ma questo “pacchetto” avrà pesanti riflessi sulla prossima generazione di studenti. Ad esempio nel garantire le sostituzioni dei pensionati, o il numero dei ricercatori».
La meritocrazia è però un principio condivisibile: «Sì, ma i criteri utilizzati ci penalizzano, perchè non tengono conto di regioni con un tessuto economico fragile». Per Mastino è sbagliato non considerare l’insularità nel valutare il criterio di “attrattività”, chiaramente inferiore rispetto a un ateneo della penisola: «Mi sembra palese che gli indicatori siano stati creati a uso e consumo delle università del nord. Questa politica ammazza le realtà più deboli». E con la Regione non è tenero: «Trento è in testa alla graduatoria? La dice lunga sull’efficacia della politica della provincia autonoma trentina a favore del locale ateneo, quanto ha investito la Sardegna?».
«C’era da aspettarselo con questi parametri- dice il rettore in pectore di Cagliari, Giovanni Melis -. Ad esempio, la valutazione della capacità di inserimento nel mondo del lavoro entro i 3 anni dalla laurea è un regalo per il nord. Cagliari comunque era sovrafinanziata». Per Melis tutto ciò spingerà a un miglioramento, specie nella didattica, ma il problema sta anche nelle diverse motivazioni di chi si iscrive rispetto al nord, troppo alta la percentuale di chi studia perchè senza altre alternative». Il rettore uscente dell’università di Cagliari, Pasquale Mistretta si dichiara non meravigliato: «Da anni dico alla conferenza dei rettori che gli indicatori devono avere coefficenti correttivi per ciascuna realtà. Ad esempio, la capacità di autofinanziamento: da noi significa Fondazione Banco di Sardegna e amministrazioni, poi basta. A Torino, Milano, Trento, dove c’è un altro tessuto produttivo, è evidente che l’autofinanziamento abbia possibilità ben diverse. Se potessi prendermi il lusso del numero chiuso, di applicare tasse alte, di non svolgere il ruolo di ammortizzatore sociale per gli studenti in cerca di lavoro, ebbene sarei più competitivo di Trento. Invece perderemo 500.000 euro». A Mistretta «va bene la riduzione dei corsi a muso duro, tanto spontaneamente non facciamo nulla. Ma c’è anche tanta qualità, questa classifica dà un’immagine distorta».
Per il segretario Cisl regionale, Mario Medde «chiaro il nesso coi dati sulla dispersione scolastica alle superiori, da ridiscutere la politica scolastica dei vari governi, che hanno considerato scuola e università residuali».


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