di Giulio Gotti e Simona Cardillo
Benvenuta ministro. Mariastella Gelmini, classe ’73, già coordinatrice lombarda di Forza Italia, è il nuovo ministro dell’Istruzione, università e ricerca. Da poco terminati gli omaggi per la fresca nomina, ecco le prime gatte da pelare. Sono gli studenti a darle la prima accoglienza e a farle capire che c’è poco da festeggiare e molto da lavorare.
Le questioni? Tante, troppe. Abbiamo chiesto agli studenti quali sono le esigenze più importanti che il neoministro deve affrontare. La più urgente secondo i ragazzi è la famosa formula del 3+2, in vigore dall’anno accademico 2001/02. Odiatissima da tutti: «Bisogna togliere i crediti formativi e la separazione triennale-specialistica: ci sono solo esami, microesami e seminari», dice Marco, 23 anni, studente di Economia a Bologna.
Dello stesso avviso anche Elisa, 21 anni, iscritta in Lettere alla Cattolica di Milano: «Stop al 3+2. Lo scorporamento causa ritardi nella laurea e scarsa preparazione. Non si possono fare esami tanto spezzettati in così poco tempo». A volere un ritorno all’ordinamento quinquennale c’è anche Alessia, 22 anni, che studia Lingue.
FEDERICA MUSETTA ,
Portavoce Nazionale dell’Unione
degli Universitari
Non appoggeremo mai l’applicazione del principio
di concorrenza anche tra le università.
Non possiamo accettare l’idea di un sistema
universitario fatto da atenei virtuosi che ricevono
fi nanziamenti e atenei “di serie B” destinati
a chiudere per mancanza di fondi.
Un’università a due velocità non serve a nessuno,
soprattutto agli studenti italiani.
Assurda, per noi, è anche l’assegnazione di fi -
nanziamenti in base al profi tto degli studenti,
come l’ipotesi di aumentare le tasse degli studenti
che diventano fuoricorso.
In questo modo si rischia di penalizzare chi è
già in diffi coltà. Rimanere indietro è diventata
davvero una colpa del singolo?
Università di Pavia
FABRIZIO CECCHETTI,
Movimento Universitario Padano
Eliminare tutte le griglie di salvaguardia che privilegiano
chi non se lo merita. Non è giusto che
nelle facoltà a numero chiuso vengano ammesse
quote garantite di studenti extra comunitari
meno bravi di altri italiani esclusi. Anche il valore
legale del titolo di studio va abolito, perchè, nei
concorsi pubblici, gli studenti laureati in atenei
seri e rigorosi si vedono passare avanti candidati
meno preparati solo perché hanno studiato
dove laurearsi è più facile.
In Lombardia, su 187mila studenti, 30mila sono
fuori sede e 6mila sono stranieri. Preferiscono
studiare qui anche se, in media, costa 1800 euro
all’anno. In Campania il costo scende a 400.
E perché il valore legale del titolo è lo stesso.
Se ne facciano carico le regioni di appartenenza,
investendo in formazione. Cattolica, Milano
STEFANO VERZILLO,
Coordinamento delle Liste
per il Diritto allo Studio
Spero che il nuovo ministro, a differenza del
precedente, venga a confrontarsi con gli studenti.
I soldi destinati all’università adesso non
sono pochi ma vanno distribuiti però in modo
corretto. Un buon provvedimento sarebbe quello
proposto dal senatore Valditara, che prevede
la creazione di una commissione internazionale
di valutazione, la trasformazione degli atenei in
fondazioni, in modo da benefi ciare di fondi privati
e la ripartizione dei fondi di fi nanziamento
ordinario in base al merito.
La legge sul diritto allo studio è obsoleta, va
cambiata ma il prestito d’onore non è una soluzione
applicabile tout court: un neolaureato
che guadagni 1.000 euro cosa può restituire?
Università di Milano Bicocca
RAUL VACCARO ,
Rappresentante di Unicentro
al CNSU
L’introduzione del numero chiuso potrebbe aiutare
a riqualifi care l’università.
Ogni studente costa allo stato 4mila euro, indipendentemente
dalle tasse che versa, mentre,
con un sistema di selezione, si eviterebbero
sprechi di tempo per i ragazzi e di risorse per
l’università.
Certo l’accesso deve essere in ogni caso possibile:
nessuno vuole un’università d’elites. Il prestito
d’onore non è di per sé una cattiva idea ma
diventa rischioso se poi si verifi cano dei cambi
di corso di laurea o, peggio, degli abbandoni
per cui gli studenti, poi, non possono più restituire
i soldi.
Università di Roma Torvergata
GIOVANNI DONZELLI ,
Presidente di Azione Universitaria
Valorizzare il merito? Sarebbe l’ora.
Abbiamo organizzato anche una occupazione
del ministero proprio chiedendo una valorizzazione
del merito dei professori e degli studenti
nelle università, speriamo che questi propositi
diventino fatti in fase di approvazione della fi -
nanziaria. Siamo anche favorevoli a far premiare
gli atenei più virtuosi che però non possono
valutarsi da soli: è necessaria una commissione
indipendente. Di sicuro, l’abolizione del valore
legale del titolo di studio non è una strada percorribile
per valorizzare il merito degli atenei.
Ci sono ancora troppe differenze tra gli atenei
italiani: molte università non reggerebbero la
concorrenza degli atenei più grandi.
Università degli studi di Firenze
DONATO MONTIBELLO ,
Portavoce della Rete
Universitaria Nazionale
È giusto riconoscere gli atenei che hanno saputo
far quadrare i loro conti.
Con l’autonomia delle università, gli atenei stessi
scrivono le loro regole spesso in base alle necessità
personali di rettori e prorettori.
Si potrebbe quasi chiedere il commissariamento
degli atenei in dissesto economico ma basterebbe
che il ministero stabilisse regole da far
rispettare a tutti.
Basterebbero alcune semplici linee guida sugli
statuti, per esempio, per evitare che vengano
modifi cati per motivi contingenti, come per
prorogare rettori oltre la scadenza originaria del
proprio mandato.
Università degli studi di Siena