Perché l’Italia è tagliata fuori da questa corrente di ricerca?
«L’università soffre di un male antico, cronico e inguaribile: è ancora legata ad una ripartizione rigida che ricorda le corporazioni medievali. Chi è ingegnere idraulico non può neanche fare i concorsi ad ingegneria edile. Figuriamoci se un medico può affacciarsi a fisica, o un chimico a matematica. E’ un metodo autoreferenziale che punta alla conservazione del potere e non tiene conto che l’interdisciplinarietà è un valore fondamentale in materie come la nanotecnologia. E’ quanto di più antiscientifico si possa immaginare. Intendiamoci, ci sono delle isole di qualità interdisciplinare come la Sant’Anna di Pisa, il Politecnico di Milano, la Sissa di Trieste, anche la Magna Grecia a Catanzaro che ha un campus che ce l’avessimo in America sarei orgoglioso. Ma sono pochi. In Italia, se fai un lavoro interdisciplinare devi sacrificare la carriera. Così perdiamo qualsiasi leadership, e intanto anche paesi come Spagna e Portogallo fanno passi da gigante, per non parlare di quello che succede in Asia. Ma noi non siamo da meno: io su 50 ricercatori ho 15 italiani tutti bravissimi».
Un motivo per cui non tornano è la precarietà della posizione nonché lo stipendio. Quanto guadagna un ricercatore in America?
«Diciamo che un postdoc che ha appena fatto il PhD guadagna come un professore associato in Italia, cioè più o meno tre volte tanto. Non è un gap immenso, e poi consideri questo: siamo tutti precari anche in America, siamo al servizio della comunità. Quando non funzioniamo più, andiamo a casa. La differenza è che in America hai accesso a programmi di finanziamento straordinari come quello il cui lancio ho diretto io nel 2005 per il nanotech del National Cancer Institute, il programma più ricco di nanotecnologie applicate alla medicina del mondo. Al centro medico di Houston abbiamo finanziamenti di ricerca e clinical trials per 6 miliardi di dollari (più dell’intera spesa per ricerca in Italia, ndr)».
A quali progetti in particolare sta lavorando in questo momento?
«Il settore più importante è l’oncologia. Stiamo creando delle particelle che vanno in giro per il corpo letteralmente a cercare le cellule metastatiche, particelle ‘multistadio’ come i razzi vettori e non a caso al progetto partecipa la Nasa». (e.oc.)
Fonte: http://www.repubblica.it