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Nuova fonte di staminali "pluripotenti"

Nel liquido amniotico si trovano cellule staminali indifferenziate, capaci di differenziarsi proprio come quelle embrionali
08 gennaio 2007

 
Nature Biotechnology - CLICCA PER IL SITOR A S S E G N A   W E B
 
Liquido amniotico come fonte di cellule staminali. La scoperta è di un gruppo ricercatori USA formato da scienziati italiani e americani. Lo studio è stato pubblicato dalla rivista Nature Biotechnology e ha rivelato che le cellule "staminali derivate dal liquido amniotico" sono potenzialmente utilissime, si isolano facilmente, si moltiplicano in fretta raddoppiando in 36 ore e sembrano versatili come quelle embrionali.
Oltre che negli ambienti scientifici la notizia è stata accolta con grande interesse e favore anche per le inevitabili implicazioni etiche e religiose.
 
 
Di seguito un articolo del quotidiano Il Giornale a firma di Enza Cusmai e i links ad alcuni dei moltissimi articoli e news presenti in Rete.
   
 



Il Giornale
di lunedì 8 gennaio 2007

Nel liquido amniotico una miniera di staminali
 
New York - Il liquido più prezioso del mondo è quello amniotico che si forma nella pancia di una futura mamma in attesa. Chi ha avuto figli dopo i trentacinque anni sa bene che l’esame di un micro campione, prelevato attraverso la amniocentesi, permette di escludere o di rilevare malattie come la sindrome di Down e altre importanti malformazioni genetiche. Ma ora, quel liquido è diventato ancora più prezioso, forse indispensabile alla ricerca scientifica. Potrebbe infatti rappresentare una fonte alternativa di cellule staminali per la medicina rigenerativa. Cellule potenzialmente migliori sia delle adulte sia delle embrionali. All’interno del liquido, ci sarebbe infatti un nuovo tipo di cellule staminali a uno stadio intermedio tra embrionali e adulte e con al suo attivo gli aspetti vantaggiosi di entrambe. È, o almeno sembra, la vittoria della terza via. Tra le cellule adulte e l’embrione spunta l’alternativa etica, il punto d’incontro tra laici e cattolici.

La sensazionale scoperta è stata fatta da Anthony Atala della Wake Forest university a Winston-Salem, Usa, che insieme all’italiano Paolo De Coppi, chirurgo pediatra dell’Università di Padova, ha isolato, dopo sette anni di ricerca, le nuove cellule staminali dal liquido scartato dopo l’amniocentesi. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology, le nuove cellule, battezzate «staminali derivate dal liquido amniotico», sono potenzialmente utilissime poiché si isolano facilmente, si moltiplicano in fretta raddoppiando in 36 ore e sembrano versatili come quelle dell’embrione. Si possono infatti trasformare in molti tipi cellulari adulti che sono risultati funzionali come normali cellule adulte, sia in vitro sia su animali. E se in quanto a versatilità sono somiglianti a quelle dell’embrione, le cellule del liquido oltre alla facile reperibilità hanno vantaggi aggiuntivi: non richiedono cellule nutrici come guida, non producono tumori, quindi non sono pericolose. «Si sa da decenni - spiega Atala - che sia la placenta sia il liquido amniotico contengono delle cellule progenitrici derivanti dall’embrione in sviluppo, ma noi ci siamo chiesti se tra queste cellule potessimo catturare anche cellule staminali vere e proprie e la risposta è stata affermativa».

Il team di Atala ha infatti scoperto nel liquido amniotico un piccolo numero di queste nuove staminali, che appaiono a uno stadio intermedio tra le adulte e le embrionali e sembrano più vantaggiose. L’équipe è riuscita a trasformarle in tutti i principali tipi cellulari del corpo umano. Le staminali del liquido amniotico possono essere infatti trasformate in laboratorio in molte cellule adulte, corrispondenti ai tessuti basilari: cellule muscolari, ossee, sanguigne, nervose, di grasso ed epatiche. Le cellule adulte da esse ottenute sono sane e funzionanti: le cellule nervose prodotte, impiantate nel cervello di topolini malati, hanno infatti ripopolato le aree cerebrali degenerate. Le cellule ossee hanno ricostruito il tessuto osseo in topi e quelle epatiche sono state capaci di produrre urea.

La loro pronta disponibilità (basta recuperarle dall’amniocentesi) e facilità di crescita, poi, le rende una fonte di cellule alternativa in medicina rigenerativa:una banca con 100mila esemplari di queste staminali potrebbe supplire la necessità del 99% degli americani. E non si tratta soltanto di teorie: «I lavori futuri - spiega De Coppi - si dirigeranno verso l’uso di queste cellule in animali più simili all’uomo, come maiali e scimmie». Fra le possibili applicazioni, la cura delle degenerazioni muscolari e di malattie cardiache e, soprattutto, delle malformazioni diagnosticate in età prenatale. «Non sappiamo esattamente quanto ci vorrà per arrivare alle sperimentazioni cliniche - conclude De Coppi - ma immaginiamo che possano iniziare nel giro di cinque anni».

Enza Cusmai 
 
 

 
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