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Perelman rifiuta il Premio Clay e lascia la matematica

Clamoroso rifiuto del premio di un milione di dollari per aver risolto la congettura di Poincar, un nodo matematico di quasi un secolo
05 gennaio 2007
RASSEGNA WEB

Clamoroso rifiuto del vincitore del Premio Clay, consistente in un milione di dollari in contanti per lo scioglimento di un nodo matematico ormai vecchio di quasi un secolo
 
 


Corriere della Sera
del 5 gennaio 2007
  
   
Gregori PerelmanNei giorni scorsi, come ogni anno, la «American Academy of Arts and Sciences» ha annunciato su Science lo sfondamento scientifico più importante del 2006. Eccezionalmente, quest'anno il principe degli sfondamenti scientifici non è una scoperta in senso stretto, né un'invenzione, bensì oltre mille pagine di alta matematica pura. Al cuore di una tormentata vicenda che ha risvolti da intrigo internazionale sta la dimostrazione della correttezza di una geniale intuizione avanzata nel 1904 dal matematico francese Henri Poincaré. Nota, appunto, come congettura di Poincaré, fa parte di una ristrettissima lista di tormentoni matematici la cui soluzione comporta fama imperitura e alti onori accademici, come la Medaglia Fields, e un premio di un milione di dollari contanti, il Premio Clay.
 
Nel 2006 questi allori si sono cumulati sulla geniale testa di un giovane matematico russo, Grigori (Grisha per gli amici) Perelman, dell'Istituto Matematico Steklov di Mosca, ma divenuto uccel di bosco per ben tre anni. Non solo Perelman ha rifiutato la Medaglia Fields 2006, l'equivalente del Nobel per la matematica, ma ha dichiarato che getta la tonaca da matematico alle ortiche perché il campo è ormai inquinato da intriganti e disonesti. Qui occorre fare un passo indietro e precisare che è di prammatica sottoporre ogni importante dimostrazione al vaglio dei colleghi matematici, e che il regolamento per l'assegnazione del milionario Premio Clay impone ai lavori candidati di poter sopravvivere a non meno di due anni di rigoroso scrutinio. Perelman ritiene che lo scrutinio sia stato trasformato in un'inquisizione e che i colleghi abbiano pescato a piene mani nei suoi lavori, pubblicandone parte come fosse stata roba loro.
 
Chiedo a Enrico Arbarello, professore di Geometria alla Sapienza di Roma, già docente del Mit, della Columbia University e di Harvard e unico membro italiano della giuria internazionale che ha assegnato le Medaglie Fields per il 2006, se Perelman abbia ragione: «La decisione del comitato, dopo due anni di lavoro, è stata unanime, ma la comunità matematica si è posta la questione centrale della correttezza delle dimostrazioni di Perelman. I suoi articoli sono succinti, molti dettagli tralasciati. Nessuno dubita della forza dimostrativa di Perelman, ma il mondo matematico non rinuncia a uno dei suoi valori di base: la completa trasparenza delle dimostrazioni». Perché ne è nato un caso internazionale?
 
«Vi sono state tre cordate, due americane, quella di Morgan-Tian e quella di Kleiner-Lott, e una cinese di Zhu-Xiping e Cao-Huaidong. La dimostrazione di Perelman ha resistito a tutte queste verifiche, tra le quali si è inserita la polemica di Shing-Tu Yau, matematico cinese di Harvard, uno dei massimi della nostra epoca. Le varietà di Calabi-Yau, per esempio, sono alla base della teoria delle stringhe. Yau ha sostenuto che al duo cinese Zhu-Xiping e Cao-Huaidong dovrebbe essere riconosciuto parte del merito attribuito a Perelman».
Arbarello va avanti: «Le dispute matematiche sono antichissime. Basti pensare all'età dell'oro dell'algebra italiana quando, nel XVI secolo, infuriavano i litigi tra Del Ferro, Tartaglia, Bombelli e Cardano». Oggi, però, tali dispute finiscono sulle pagine dei quotidiani. «La polemica di Yau ha raggiunto il New York Times e il New Yorker: è stato eccessivo e immotivato. Il consenso generale attribuisce a Perelman il merito di aver raggiunto per primo e da solo la vetta».
 
Perché lo scioglimento di un nodo matematico ormai vecchio di quasi un secolo è stato così importante? «In geometria vi sono molti ambienti tridimensionali, diversi da quello in cui viviamo: prendono il nome di varietà tridimensionali. Per i matematici una questione centrale è quella di classificarle. In particolare è importante capire quando una varietà tridimensionale sia una sfera. La congettura di Poincaré dice che una varietà tridimensionale è assimilabile a una sfera se (e solo se) ogni curva chiusa tracciata su di essa può contrarsi ad un punto, in modo continuo e senza strappi. Le varietà che godono di questa proprietà si dicono semplicemente connesse. Dunque la congettura di Poincaré asserisce che ogni varietà tridimensionale compatta semplicemente connessa è assimilabile a una sfera».
 
La dimostrazione della congettura era stata ottenuta per un numero di dimensioni maggiore di tre. Lavori, questi, già premiati con Medaglie Fields in anni passati. Il caso veramente arduo era proprio quello delle tre dimensioni del mondo reale in cui viviamo. Arbarello prosegue: «Agli inizi degli anni '80 il matematico americano della Columbia University Richard Streit Hamilton ha introdotto una nuova idea: usare il flusso di curvatura di Ricci, una sorta di onda di propagazione della curvatura dello spazio. Gregorio Ricci (morto nel 1925) e il suo studente Tullio Levi Civita (morto nel 1941) sono stati forse i maggiori geometri differenziali italiani, con Eugenio Calabi».
La difficoltà nell'adottare le onde di curvatura di Ricci, che per Hamilton è risultata insuperabile, consiste nel fatto che, nell'evoluzione del cosiddetto flusso di Ricci, si producono delle singolarità, quasi dei vortici, che sembrano arrestare il flusso o comprometterne la nostra osservazione.
 
Arbarello precisa: «Il passo ardito di Perelman è stato di mostrare che il flusso procede indisturbato anche "dopo" le singolarità. Il contributo tecnico e teorico di Perelman è di enorme portata, con conseguenze profonde sia in geometria che in analisi».
 
 
Tutto questo può un domani avere qualche applicazione pratica? Arbarello sorride: «Alcuni fisici teorici, i propugnatori della teoria delle stringhe, pensano a modelli in cui l'universo sia una varietà con 11 o forse 13 dimensioni: una varietà "molto curva" sia a livello macroscopico che a livello microscopico. Dunque lo studio delle varietà a più dimensioni è importante, nella matematica e nella fisica».
 
Massimo Piattelli Palmarini

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