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Il ricordo, la memoria

Alcuni colleghi e amici ricordano Gianni Mula, già ordinario di Fisica Teorica. Ha contribuito a creare una scuola tuttora attiva al Dipartimento di Fisica del nostro Ateneo
26 novembre 2018
Gianni Mula

di Sergio Nuvoli

Cagliari, 26 novembre 2018 - Pochi giorni fa è mancato il prof. Gianni Mula, già ordinario di Fisica Teorica nel nostro Ateneo. Il prof. Mula, attraverso la sua intensa attività di ricerca e accademica, ha dato un contributo significativo e duraturo nel creare la scuola cagliaritana di fisica teorica della materia, attualmente operante presso il Dipartimento di Fisica. Alcuni suoi colleghi e amici lo ricordano in questa occasione attraverso i loro ricordi personali.

Francesco Casula ricorda Gianni
Non è facile fare un discorso oggettivo e distaccato su un amico che è appena scomparso, ma ci proverò.
Non sto ora a ricordare in dettaglio i tanti riconoscimenti della sua carriera scientifica ed accademica: professore ordinario di Struttura della Materia e poi di Fisica Teorica, Direttore di Dipartimento, Coordinatore di Unità del Gruppo Nazionale di Struttura della Materia del CNR e poi dell’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia.
Vorrei piuttosto cercare di ricordare la sua forte personalità. Quando ho conosciuto Gianni Mula ero già un fisico formato, avevo lavorato alla Sapienza con Franco Bassani, uno dei padri della Teoria dei Solidi in Italia, avevo avuto una lunga esperienza di lavoro in California. Eppure, credo di aver molto imparato da lui.
A Cagliari, che vantava già una affermata tradizione nelle Fisica Sperimentale dello stato solido, la Teoria dei Solidi è nata con lui per diventare poi una realtà importante e riconosciuta internazionalmente. Dopo essersi laureato con una tesi sperimentale, si era formato sostanzialmente da autodidatta nella Fisica Teorica. Ciò non significa che non avesse basi solidissime nei principi generali e che non fosse informatissimo su quello che i colleghi producevano in campo internazionale e che non avesse intessuto una fitta rete di contatti con loro. Un fortissimo intuito fisico lo aiutava moltissimo a perfezionare i suoi modelli. Quando l’ho conosciuto io e ho cominciato a lavorare con lui si occupava di proprietà elettroniche ed energie totali dei cristalli al fine di determinarne le proprietà strutturali. Pur essendo uno scienziato estremamente rigoroso era sempre alla ricerca di fondate semplificazioni che consentissero di studiare sistematicamente intere classi di materiali. Ma piuttosto che ripetere meccanicamente lo stesso tipo di calcoli su altri composti la sua ansia di conoscenza lo aveva portato negli anni successivi ad indagare campi sempre più innovativi: l’Intelligenza Artificiale, l’econofisica, i sistemi complessi. In questo intessendo sempre rapporti con colleghi in giro per l’Italia ansiosi come lui di sviluppare campi nuovi e incitando studenti e dottorandi locali ad occuparsene.
Non vorrei trascurare di citare, se vogliamo farci un’idea della sua personalità, il suo forte impegno in campo civile e religioso, sostenitore di idee che potevano anche non essere condivise, ma che sempre testimoniavano un profondo rigore intellettuale.
Non posso e non voglio nascondere che per me è stata un’esperienza bellissima collaborare scientificamente con lui, ma anche discutere sui tanti temi che l’appassionavano.

Una bella immagine di Gianni Mula
Una bella immagine di Gianni Mula

Franco Meloni ricorda Gianni
Ricordare Gianni significa riavvolgere un lunghissimo film che contiene sensazioni che hanno inciso tantissimo nella mia vita.
Si comincia dalle grandi certezze: una rivoluzione che metta l’umanità prima di tutto, è possibile.
Nel turbolento e vitale anno cruciale, 1968, eravamo ancora spinti dall’entusiasmo che una nuova frontiera era superabile, un sogno era condivisibile e tutti, nel mondo intero, ci vedevamo protagonisti di una crescita sociale. Uniti nella lotta. Avevamo globalizzato la speranza, dal Vietnam al Cile, passando per Cuba e l’Africa che sembrava potersi liberare dalle angherie dei vari Re Leopoldo.
Avevo chiesto la tesi al Prof Pietrino Manca che mi aveva consigliato di occuparmi di un composto semiconduttore non usuale. Invece di misurarne le caratteristiche sperimentalmente, il gruppo a Cagliari stava crescendo con quelle competenze, mi suggeriva di affrontare lo studio dal punto di vista teorico. Allora, a Cagliari, un giovane promettente stava dedicandosi allo studio usando, addirittura, il calcolatore dell’Università.
Ho iniziato a frequentare Gianni dopo aver verificato che potevamo intenderci su quelle idee che ritenevamo fondamentali per capire come cambiare il mondo. Sono diventato il suo primo laureando. L’unica difficoltà da superare è stata dimenticare che l’alba fosse un fenomeno atmosferico verificabile e che telefonate a mezzanotte per variare i parametri dei calcoli in atto non dovessero produrre ansia.
E’ stato entusiasmante, malgrado i tentativi di un cattivissimo cane nero che cercava di impedire l’accesso al centro di calcolo che allora era in un pertugio che si affacciava sulla bellissima terrazza del Rettorato. Per distrarlo e per poter uscire indenni, dovevamo lanciargli delle grosse palle ottenute da liste di programmi accartocciate senza pensare al riciclo di bianchissima carta.
Tempi eroici, non solo per il combattimento con il nero cane, se ricordo che per fare una radice cubica serviva impostare un programma con centootto istruzioni da far ingoiare all’elegante Programma 101 della molto amata Olivetti. E dovevamo avere borse capienti per trasportare, col rischio di sempre temuti rimescolamenti, scatoloni di schede perforate, ottenute dopo assalti a volte cruenti da parte di colleghi che speravano di avere risposte confortanti dal nuovissimo IBM 1130.
Tra una torta fatta da Carlamaria, e discussioni accesissime con Guido Pegna, Gigi Cerlienco, Gianni Licheri, si facevano tornei di ping pong commentando l’inizio della tragedia, da Piazza Fontana in poi. Sentivamo che qualcosa stava cambiando e che una risata non avrebbe seppellito il Male. Naturalmente sapevamo perfettamente da cosa questo fosse rappresentato.
Tutto scorreva veloce. Lo sbarco sulla Luna, due giorni prima della mia laurea, la pubblicazione dei risultati ottenuti, con l’inizio della mia quasi completa dipendenza dal semiconduttore complesso chiamato spinello, il matrimonio, e Gianni testimoniò per me, la permanenza a Trieste per il Winter College all’ICTP, la nascita di Valeria, la tragedia in Cile, la scuola Don Milani a Sant Elia, le battaglie per i referendum, Nucleare, No Grazie, l’arresto a Sassari di un autore che per un Mistero Buffo ricevette in seguito il Nobel. E i dibattiti nella Facoltà di Scienze, dove ogni legge di riforma dell’Università veniva esaminata, commentata ed emendata in un gioco terribilmente inutile ma stimolante. Volevamo cacciare i Baroni dalle loro torri e Gianni, in questo caso Licheri, rivendicava il diritto del figlio del Pastore di Orgosolo di accedere all’Università. La colonna sonora trasmetteva Contessa e Addio Lugano Bella. La Locomotiva era guidata da eroi giovani e belli mentre gli Inti Illimani ricordavano terrore nello Stadio di Santiago. Spossanti considerazioni cercavano di separare la Cultura in due parti mentre il monolite di 2001 avvertiva che non sarebbe stato facile mettere a tacere HAL 9000.
E Gianni, in tutti questi anni, rappresentava un appiglio sicuro per un confronto di idee che evitasse i tranelli di Comma 22.
Poi il 1975, al rientro da Praga, il consiglio di andare per un po’ a lavorare con un giovane molto motivato appena rientrato dagli Stati Uniti. Così, seguendo il consiglio, ho iniziato ad interagire a Losanna con Alfonso Baldereschi. E la mia vita, non solo scientifica, ha subito una forte accelerazione.
Ma i legami restavano forti e trovavamo sempre il tempo per commentare con Gianni i diversi fatti della vita. Nelle innumerevoli conferenze in giro per il mondo lo ricordo sempre sorridente, magari a tavola con la fede nuziale e l’orologio che depositava sempre vicino al bicchiere mentre ordinava un gelato di cassis, non fragola, assolutamente odiata, che mangiava con gusto con pezzi di pane e argomentava sui rimedi omeopatici e su tutte le carenze della scienza medica. Scienza che metteva in discussione mentre, appena uscito da un trapianto di valvole, concordava con il cardiochirurgo la data dell’intervento per sistemare un soffio inaspettato. Considerava la seconda operazione con razionale naturalezza quasi fosse la sistemazione di un’unghia e non la ripetuta apertura del torace.
E poi c’era la grande interazione con gli studenti che avevano per lui un’ammirazione ben fondata. E tutto si può dimenticare ma non un buon maestro

Luciano Colombo ricorda Gianni
Conservo un ricordo e provo un affetto speciali per Gianni: lui è stato il regista della mia venuta a Cagliari. Non foss'altro che per questo, gli devo gratitudine imperitura.
Ricordo ancora la telefonata che mi fece mentre lavoravo al Dipartimento all’Università di Milano-Bicocca in una fredda mattina dell’inverno ‘97: "Ciao Colombo, sono Mula da Cagliari. Senti, so che ti occupi di dinamica molecolare. Io ho un progetto da far partire, ma non conosco questa metodologia: ti va di collaborare? ...".
Da quel momento, per quasi un anno, ho iniziato a venire a Cagliari una volta al mese, totalmente spesato da Gianni. Partivo da Linate col cappotto, guanti e sciarpa; arrivavo a Cagliari e mi spogliavo, rimanendo in camicia, al massimo in maglioncino; lavoravo con lui tutto il giorno, tranne che per la pausa pranzo quando i colleghi più giovani mi portavano a mangiare al Poetto; poi tornavo a Linate in serata.
Una volta a casa, raccontavo dell'accoglienza che mi era riservata qui a Cagliari, del bel tempo, del sole e della natura, del clima informale e vivace che incontravo in Dipartimento. E poi riflettevo a lungo sulle discussioni affascinanti avute con Gianni, discussioni che spaziavano dagli argomenti più tecnici a quelli più generali, grazie ai quali ho poco alla volta imparato a conoscere la sua visione -per molti versi profetica- in merito al ruolo del calcolo numerico nella fisica e, più in generale, nelle scienze moderne.
Questa bellissima esperienza si è conclusa con la mia nomina (proposta da Gianni) a correlatore di tesi di un brillante studente cagliaritano … il mio primo laureando UniCa!
Da lì a poco ho iniziato a confidare a Gianni il mio crescente interesse per un eventuale proseguo della mia carriera a Cagliari. Lui rispondeva in modo sempre molto articolato, bilanciando in maniera precisa i vari aspetti, sia di tipo scientifico sia di tipo accademico. In queste sue spiegazioni (ho ancora copia del carteggio tra noi intercorso tramite posta elettronica: i suoi mail erano lunghi, ma di facile e godibile lettura) è stato sempre correttissimo: non mi ha mai promesso nulla al solo scopo di invogliarmi al trasferimento, né ha mai descritto la situazione e prospettive locali in termini irrealisticamente positivi. Ma, anche, è stato capace di trasmettermi l’entusiasmo per una prospettiva di crescita della fisica teorica della materia qui a Cagliari, per la quale lui non si limitava a esprimere auspicio, ma si impegnava molto attivamente. Mi convinse, ed io ora sono qui da ormai più di tre lustri.
Per ultimo, saltando quasi 20 anni, voglio ricordare un nostro recente scambio di messaggi: in questa occasione ho avuto piena misura della sua statura accademica. In occasione dell'ultimo esercizio di valutazione della ricerca -la così detta VQR 2004-2010- è risultato che il Dipartimento di Fisica di Cagliari si sia classificato al primo posto nazionale nel settore della "fisica della materia" (per il segmento dimensionale di appartenenza della nostra Università), addirittura precedendo la Scuola Normale Superiore di Pisa. Ho creduto doveroso scrivere a Gianni (e agli altri docenti più anziani del settore), informandolo della cosa e riconoscendogli il merito di aver creato le premesse di tutto ciò, attraverso la lungimiranza di aver voluto qui a Cagliari ben selezionate persone da fuori (la mia è stata solo una delle tante operazioni di trasferimento a Cagliari coordinate da Gianni), tutte chiamate nella logica della continua promozione e apertura.
Lui mi risposte: "No, Luciano: il merito è solo vostro che avete lavorato bene". Ecco, in quella occasione non sono stato d'accordo con lui: il merito è anche suo, e non per piccola parte.

Ricordo di Gianni, di Guido Pegna

    Nel 1959 ero al terz’anno di Fisica quando conobbi Gianni, matricola insieme ad altri sette o otto ragazzi che quell’anno spiccavano per la grande attenzione con cui seguivano le lezioni di Fisica Sperimentale che seguivo anch’io,  perché pur avendo già dato l’esame mi appassionavano. Queste erano impartite dal direttore dell'istituto, il temuto, imponente e carismatico prof. Frongia. Io ero appena stato eletto presidente dell’USF, Unione Studenti di Fisica, una strana associazione un po’ anarchica che aveva lo scopo statutario  di fornire la prima assistenza alle matricole che altrimenti si sarebbero sentite sperdute in quel mondo plumbeo che era allora la fisica a Cagliari; in realtà fornendo consigli sui trucchi da adottare per affrontare certi esami, quali erano le propedeuticità opportune per non violare le manie di alcuni professori, quali lezioni era importante frequentare e quali meno, su quali degli appunti che circolavano si potevano preparare gli esami, e per questo era assai malvista dal corpo docente. Era grazie all'USF che noi studenti di fisica ci conoscevamo tutti e costutuivamo una specia di società segreta, semiclandestina, molto unita. L’associazione possedeva anche una piccola raccolta di manuali di studio che potevano essere dati in prestito agli adepti. Questa era ospitata malvolentieri in una stanza dell’Istituto di Fisica; tuttavia ciò costituiva motivo per tutti gli studenti di Fisica e solo per loro di varcare liberamente la sacra soglia dell’Istituto, altrimenti interdetta agli studenti delle altre facoltà o corsi di studio, come matematica, chimica, ingegneria, scienze, studenti che prima o poi, spesso molto poi, si dovevano ritrovare anche loro ad avere a che fare con la scorbutica e imprevedibile fisica.
     Dunque conobbi Gianni appena iscritto in fisica, e lo ricordo perfettamente: un ragazzo sveglio e sorridente che ispirava una spontanea immediata simpatia.
     Varie vicende mi portarono fuori dalla Sardegna per alcuni anni. Al mio ritorno, doveva essere il 1964, tutto era cambiato. L’USF non esisteva più. Si respirava un’aria nuova. Gianni e gli altri si stavano laureando, Gianni con una tesi sperimentale con il prof. Manca. Lavoravano come matti lui, il prof. Manca e altri due o tre spettri, giorno e notte, “ai forni”, buie stanze sotterranee del palazzo delle scienze dal soffitto bassissimo, nelle quali fra fiamme ossidriche, fasci di tubi di quarzo, bombole di gas pericolosissimi, forni elettrici incandescenti, pompe da vuoto e aspiratori sempre in funzione, intrighi di tubi di pirex e di gomma e rubinetti di vetro, in un incessante lavorio turbinoso venivano preparati, primi al mondo, monocristalli di Solfuro di Cadmio e di Seleniuro di Cadmio purissimi1. Possiedo ancora, ritrovati nei meandri dell’Istituto in occasione del trasferimento nel nuovo campus di Monserrato, e conservate con cura, scatolette tonde da formaggini Mio piene di quelle scheggette trasparenti, dal colore fra il giallo e l’arancio.  Su quei sottilissimi cristallini molti lavori furono scritti e molte carriere iniziarono, alcune molto brillanti. Era la nuova fisica dei semiconduttori.
     In quegli anni anche io cominciai a lavorare nel gruppo del prof. Manca, facevo l’elettronico e mi occupavo di creare la strumentazione per le misure di caratterizzazione dei semiconduttori che venivano creati “ai forni”. Vedevo quindi tutti i giorni Gianni in istituto. Dopo la laurea, come molti di noi, assunse un insegnamento come professore con incarichi annuali, e cominciò di conseguenza a seguire il suo definitivo impulso spirituale: quello di impossessarsi fino alle estreme conseguenze di ciò che si poteva arrivare a conoscere, e questo malgrado molti anni dopo, quando ne parlava, ricordasse con affetto il suo lavoro di tesi e i pasticci, le scomodità, la sporcizia dei “forni” e la imprevedibile alchimia dei Solfuri e Seleniuri di Cadmio. 
     Poi vennero le serate da Gigi, i sabati notte da Gianni, lo studio profondo degli scacchi, le accanite partite a ping pong. Approfondimmo anche quelle cose fino alle estreme conseguenze per quanto, per ognuno di noi, fu possibile. Comperammo le specialissime e costosissime racchette da ping pong  usate dai campioni, con le quali i colpi  diventarono difficilissime palle ad effetto che richiedevano meditate ma istantanee virtuosistiche risposte, leggemmo manuali di scacchi e studiammo, analizzammo, discutemmo partite su partite, seguimmo “in tempo reale”, alla televisione, gli incontri del secolo fra Spassky e Fischer, gustammo le torte di Carlamaria, tutte cose ricordate meglio di me dagli amici che hanno scritto di Gianni. Gigi ha ricordato che per vincere Gianni agli scacchi era necessario sorprenderlo con situazioni un po’ pazze e fuori dagli schemi, il più delle volte azzardate e perdenti. Niente di più vero. Io avevo un vecchio libro di scacchi ereditato da mio padre, il Miliani, nel quale c’era un capitolo di antiche “Partite brevi e brillanti” che avevo studiato a fondo. Non l’avevo detto a nessuno, ma qualche volta mi riuscì di riprodurre con successo, contro il profondo Gianni, una di quelle combinazioni,  guadagnando un prestigio immeritato.
     Quando verso le dieci del sabato notte arrivavo a casa di Gianni, si celebrava un rito con i suoi due bambini, che erano stati appena messi a letto ma erano sveglissimi e mi chiamavano. Io avevo dato loro ad intendere di essere Gigi Cerlienco, cosa che loro sapevano benissimo non vera, ma lo scherzo continuò così per anni: “Gigi Cerlienco, Gigi Cerlienco”, chiamavano, e io dovevo andare nella loro camera, al buio, a salutarli.
    Nel corso degli anni ebbi con lui rapporti da saggio maestro consigliere a inesperto apprendista quale ero io sui segreti, modi, rapporti di forza, comportamenti opportuni da tenere, astuzie da cui guardarsi, non tanto in ambito accademico in generale quanto nell’insidioso ambiente della Fisica di Cagliari. Sono poi seguite tutte le cose personali  che abbiamo vissuto in comune, e delle quali mi è in questa occasione difficile parlare.  Ma mi è grato ricordare, fra gli infiniti altri, un piccolo episodio. 

Avevo studiato un circuito fatto essenzialmente di tanti potenziometri in parallelo con tutti i cursori in comune che doveva servire per risolvere tensioni man mano più piccole. Il circuito funzionava bene, ma non riuscivo, io elettronico professionista, a trovare la forma analitica della legge che descriveva  l’effetto degli spostamenti di ogni cursore. Sottoposi il problema a Gianni. Si sistemò bene sulla sedia, si tolse la fede e l’orologio che aveva al polso e li appoggiò un po’ avanti alla sua sinistra, prese una matita da un contenitore cilindrico che aveva davanti,  riflettè brevemente, si passò una mano  sulla fronte e cominciò a scrivere. Dopo alcuni passaggi arrivò all’equazione  cercata. Tutto in non più di cinque minuti. Come aveva fatto? Ripensandoci ora l’ho ricordato. Aveva capito immediatamente che la soluzione “diretta” era difficile, e aveva capovolto il punto di attacco al problema. Una meravigliosa capacità di concretizzare rapidamente approcci non convenzionali.

Nota.
1. La prima pubblicazione in cui compare il nome di Gianni Mula, apparsa evidentemente a seguito del suo lavoro di tesi, è la seguente:
P. Manca, G. Mula, F. Raga, “The optical absorption edges of cadmium selenide single crystals”, su Rendiconti del Seminario della Facoltà di Scienze dell'Università di Cagliari, XXXIV, 221-225 (1964). La rivista, che esisteva dal 1930 e  che godeva di un indubbio prestigio internazionale, ha

Gianni con la moglie e il prof. Manca. Eravamo ad un congresso a Boston. Il prof. Manca era particolarmente di buon umore
Gianni con la moglie e il prof. Manca. Eravamo ad un congresso a Boston. Il prof. Manca era particolarmente di buon umore

In ricordo di Gianni Mula

di Gigi Cerlienco

30 novembre 2018

 

Il mio primo incontro con Gianni è avvenuto nel 1967 in occasione di un dibattito su qualche argomento di politica culturale organizzato nella Sezione del PSIUP di via Caprera. Lo aveva invitato Gianni Licheri. All'epoca i due Gianni erano già impegnati nella ricerca all'Università, mentre io dovevo ancora laurearmi.

La nostra formazione politico-culturale, non molto dissimile, era già ab-bastanza solida. Si era infatti formata in anni che, seppur di diffuso qualun-quismo, erano stati densi di avvenimenti importanti. Erano stati gli anni del boom economico, del culmine della Guerra Fredda, dell'esasperata compe-tizione tra statunitensi e sovietici per la conquista dello spazio, della guerra del Vietnam, della crisi di Cuba, degli ultimi colpi di coda delle marcescenti dittature fasciste (Fraco. Salazar, i colonnelli greci), delle lotte di liberazione nelle ultime colonie europee, dell'affacciarsi con forza sullo scacchiere inter-nazionale di nuovi protagonisti (la Cina, l'India, il mondo musulmano, le nuove nazioni africane), delle manifestazioni di protesta degli afro-americani, di Mohamed Al , dell'uccisione dei Kennedy e di Martin Luther King, della rottura dell'unità nel movimento socialista, di papa Giovanni, del Concilio Vaticano II, dell'enciclica Mater et Magistra, del Memoriale di Yalta, dei primi governi di centrosinistra e d'altro ancora.

Tutto ciò aveva costretto i meno superficiali a prendere posizione, se non addirittura ad una scelta di campo. Niente a che fare quindi con l'ubriacatura del '68, che sarebbe esploso di lì a poco. Purtroppo dovemmo presto riconoscere che la piu consapevole visione di quella elite non riuscì a contrastare le volgarità e il superficialismo delle masse studentesche che prendevano finalmente coscienza delle ingiustizie sociali, dei ritardi e dei problemi della nostra società ma che, inebriate dalla loro indubbia forza, credevano di risolvere tutto proclamandosi rivoluzionarie e atteggiandosi conseguentemente.

Comunque non ci isolammo; la nostra formazione politica e culturale si rafforzò con l'impegno rinnovato e con il contributo di nuovi amici: Guido Pegna, innanzitutto, che allora mi fu anche maestro di fotografia, e che voglio ringraziare per avermi incoraggiato oggi a scrivere questo ricordo di Gianni; e poi ancora Giancarlo Nonnoi, Silvano Tagliagambe, Marco Ligas, Franco Meloni, per non citare che i più assidui.

A questi incontri si affiancarono presto quelli, dopo cena, dedicati agli scacchi. Con Gianni, Guido, Franco Piras ci si riuniva due volte alla settimana, il mercoledi a casa mia e il sabato a casa di Gianni, per affrontarci alla scacchiera e, da Gianni, anche al tavolo da ping-pong e per far fuori, da me, uno strudel surgelato, e da Gianni una delle squisite torte di Carlamaria. Presto passammo dal solo gioco allo studio indefesso dei manuali di scacchi, ciò che ci permise di fare un buon salto di qualità. Inutile dire che come preparazione teorica la migliore era quella di Gianni e che noi altri tre per batterlo eravamo costretti ad inventarci qualche trucco d'attacco, magari debole ma che, prendendolo di sorpresa, riusciva comunque a spiazzarlo.

Le due occasioni di incontro presto si unificarono e vi si aggiunsero nuovi interessi: dallo scambio di informazioni tese a distinguere i funghi mangerecci da quelli velenosi allo studio della Teoria delle catastrofi, forse il primo ten-tativo di teoria matematica capace di dar ragione di fenomeni fortemente discontinui (la forma di una nuvola o di una linea di costa marina, ad esempio) per i quali l'analisi e la geometria differenziale classiche non offrivano alcun aiuto.

Col tempo e con il maggior coinvolgimento nell'attività universitaria in campi diversi, i nostri incontri sono diventati piu sporadici, senza peraltro mai interrompersi del tutto. All'inizio del 2006 Gianni mi invitò a partecipare ad un'iniziativa del MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), associazione dei laureati cattolici presieduta da Carlamaria. Si trattava dei Dialoghi in Sant'Agostino: incontri, su temi diversi, tra un credente ed un non credente. Come mio interlocutore venne scelto il Prof. Don Antonio Pinna, dell'Istituto di Scienze Religiose di Oristano e come tema Dio e il male: l'assurdo del male degli innocenti, ma finì che parlai dei miei (non) rapporti con la fede in Dio. Pare comunque che il generoso uditorio non abbia sgradito il mio inrervento.

All'incirca nello stesso periodo tentammo un'operazione universitaria che fallì per la poca fantasia (per usare un eufemismo), minata dalle pastoie burocratiche (non si e mai fatto prima) di molti nostri colleghi matematici e fisici. Mi trovavo nella condizione di poter ambire senza forzature ad un nuovo posto di ricercatore per l'Algebra ma in quel momento non avevo allievi interessati (ne vi era la prospettiva di averne in tempi ragionevoli) mentre Gianni ne aveva uno brillante, Alessandro Chessa, che non era riuscito ad avere una sua collocazione universitaria, ed era un peccato perderlo. Va anche detto che io avevo conosciuto Alessandro, ed imparato ad apprezzarne le qualità, tempo prima quando si era rivolto a me per avere delle delucidazioni su alcune questioni sofisticate di algebra e combinatoria necessarie per le sue ricerche. Aggiungo che all'Algebra avrebbero fatto molto comodo le notevoli competenze informatiche di Alessandro. Proposi allora a Gianni, che subito vi aderì con entusiasmo, di chiedere alla Facoltà di destinare alla cattedra di Struttura della materia un posto di ricercatore, quello che sarebbe spettato all'Algebra che contestualmente si impegnava a non chiederne nell'immediato, con l'accordo di assegnare al vincitore compiti didattici e di ricerca in entrambe le discipline. Per diversi mesi ci impegnammo in seminari a tre, che si addentravano in sofisticate questioni algebriche, tesi a vagliare a fondo l'interesse e la reale consistenza dell'idea. Quando poi, sicuri della sua bontà, la sottoponemmo ai colleghi trovammo, come dicevo, un muro di gomma. Non è detto che per Alessandro non sia stato un bene, giacché ha poi trovato altre occasioni che lo appagano in pieno, ma l'Università di Cagliari ha perso una buona occasione di crescita reale. Non è stata la prima e non sarà neanche l'ultima.

Più di recente ho sentito Gianni per un'iniziativa di tutt'altro genere. Da alcuni mesi, al fine di soddisfare le curiosità matematiche (elementari ma non sciocche) di un amico muratore avevo iniziato a produrre delle brevi lezioni, via via spedite come allegato ad email. Cercando di evitare qualunque forma di sussiego scolastico, le ho chiamate Briciole di matematica per il Sign. Campus (è proprio il cognome del mio amico; va quindi evitato ogni riferimento a quelli universitari, sebbene forse in molti di tali ambiti ce ne sarebbe maggior bisogno). Le Briciole sono state diffuse anche tra conoscenti, parenti, passanti e a chiunque altro ne fosse interessato. Poiché sono piaciute, con Guido si e pensato di allargare l'iniziativa invitando anche altri amici a produrne, ciascuno autorizzato, nell'ambito dei suoi interessi, a scegliere in piena libertà gli argomenti preferiti. Le si è chiamate Briciole Extra; le prime, di gustosissimi argomenti “esplosivi", sono state di Guido. Naturalmente ho subito pensato di coinvolgere Gianni. Me ne aveva promesso alcune, ma evidentemente le forze gli sono venute meno. Non mi pare comunque fuori luogo chiudere questo ricordo riportando lo scambio di email che testimoniano di tale tentativo di coinvolgimento e soprattutto, con le sue stesse parole, della sua più autentica concezione della cultura, la stessa cui si erano ispirate le nostre comuni iniziative di mezzo secolo fa.


Email del 5.4.2017

Cari Amici,

in calce aggiungo la email che Gianni Mula  (che di recente ha aderito alla nostra iniziativa) ha inviato ad un gruppo di suoi interlocutori per propagandarla con parole fin troppo lusinghiere. Lo ringrazio di cuore anche perché so essere sincere; ma io devo comunque far loro la tara perché so pure che Gianni è un caro amico di vecchia data e quindi non completamente imparziale.
     Quaranta (e oltre) anni fa, disponendo di ben altra baldanza, con Gianni (e con altri tiratardi, tra cui quel “dinamitardo" di Guido Pegna) ci affrontavamo assiduamente e con pari dedizione alla scacchiera (ma Gianni ne è poi stato il cultore piu longevo) ed al tavolo da ping-pong. Facevamo poi le ore piccole rifocillandoci con le squisite torte di Carlamaria e discutendo di filosofia della scienza e di altre amenità consimili.

    Gianni è stato, fino al pensionamento, un fisico teorico dell'Università di Cagliari; per lavoro e passione ha indagato la Struttura della Materia e per passione e diletto quella socio-economica della nostra società nonché i caratteri morali e spirituali dell'uomo. Quest'ultimo interesse nell'ambito di un impegno di testimonianza cristiana vissuto in modo assolutamente non convenzionale. Ma, me ne scuso, mi sto addentrando in un terreno per me minato per cui e meglio che mi fermi qui.

    D'altra parte, volevo solo chiarire che Gianni Mula è una persona di vasta e profonda cultura e che quindi trovo particolarmente gratificanti le sue parole. Voglio anche ringraziarlo per le BricioleExtra che di certo non tarderà ad inviarci, che mi auguro trattino non solo di Filosofia ma anche di Meccanica Quantistica.
Cari saluti, Gigi Cerlienco


Email di Gianni Mula del 2/4/2017

Cari tutti, vi informo con molto piacere dell'importante iniziativa culturale che Gigi Cerlienco ha lanciata da qualche tempo col nome di Briciole (nel suo caso di matematica). È un'iniziativa che giudico importante non perché sostenuta da interessi accademici o editoriali, ma, al contrario, proprio perché non lo è. Perché trasmette un sapere privo di orpelli accademici ma non di quei toni scherzosi che spesso sono essenziali per farsi ascoltare. E la giudico significativa dal punto di vista culturale perché cultura è un termine che si riferisce al crescere assieme del popolo che la esprime e non a cose possedute da esperti che pretendono di esserne i soli autorizzati a parlarne.

In questo senso credo che l'esperienza che recentemente ha fatto Sergio con “La riscoperta del latino" potrebbe essere trasformata, con pochissime o nessuna modifica, in alcune Briciole di ... e invito Sergio a farlo. Per mio conto sto lavorando a qualcosa che potrebbe chiamarsi Briciole di filosofia. Se riesco a convincermi di saperlo fare per più di una Briciola (le Briciole di matematica di Gigi sono per ora arrivate a 18) mi lancerò anch'io.

Per darvi meglio l'idea di che cosa è quest'iniziativa mi permetto di allegarvi le prime 18 Briciole di matematica di Gigi. In allegati separati troverete anche una lettera di chiarimenti, sempre di Gigi, e alcuni contributi di Pier Giorgio Solinas e Gianluigi Marredda.

Un abbraccio a tutti

Gianni

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