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Economia sarda, un quadro contrastato

Presentato il 25mo Rapporto redatto dal CRENoS, il centro di ricerca in cui collaborano ricercatori dei due atenei della nostra regione. “Strumento utile per capire le criticità della nostra Isola e individuare strategie di crescita”, lo ha definito il prorettore Micaela Morelli. Cambiata la formula dell’incontro, con una tavola rotonda moderata da Giuseppe Deiana (L’Unione Sarda) con imprenditori e mondo del credito. RESOCONTO, GALLERIA FOTOGRAFICA e RASSEGNA STAMPA con i servizi dei TG
26 maggio 2018
La tavola rotonda di discussione del Rapporto CRENoS

Anche quest'anno il Rapporto CRENoS ha fatto centro, rivelando la fotografia più aggiornata della situazione economica della nostra regione. Nella Facoltà di viale Sant'Ignazio analisi, commenti e approfondimenti

di Sergio Nuvoli - fotografie di Francesco Cogotti

Cagliari, 25 maggio 2018 - “La Cina esporta beni, capitali e persone”. Antonello Cabras, presidente della Fondazione di Sardegna, ha scelto di citare le parole pronunciate da Romano Prodi all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Cagliari di due anni fa, per concludere questa mattina la tavola rotonda successiva alla presentazione del Rapporto CRENoS sull’economia della Sardegna. “Noi dobbiamo importarli: beni, capitali e persone. Non so usare un altro termine, ma so che i numeri in economia sono molto importanti. E noi, in Sardegna, siamo pochi, troppo pochi”.

E i numeri, all’inizio della mattinata li ha commentati Silvia Balia, docente di Economia politica e ricercatrice CRENoS: “Le famiglie riprendono ad avere fiducia – ha detto tra l’altro la professoressa, descrivendo un quadro economico con fenomeni spesso in contrasto tra loro - ma diminuiscono gli investimenti. Il sistema imprenditoriale è frammentato e ha difficoltà ad investire in Ricerca&Sviluppo”.

Silvia Balia, Emanuela Marrocu, Micaela Marrocu
Silvia Balia, Emanuela Marrocu, Micaela Marrocu
VEDI IL SERVIZIO DI GRAZIANO PINTUS NEL TGR DELLA RAI DELLE 19.35 DI VENERDI' 25 MAGGIO

Dai dati emerge un quadro contrastato: "Il PIL pro capite è più elevato in Sardegna rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno, ma la ricchezza media è troppo bassa, tanto che la nostra è tra le regioni più povere d’Europa”, ha detto Silvia Balia

Denatalità e invecchiamento sono i parametri che secondo il Centro in cui lavorano insieme – caso raro – i ricercatori dei due atenei sardi “indicano una Sardegna più anziana, in cui diminuiscono i giovani. Preoccupa l’indice di vecchiaia”. “Il CRENoS – aveva sottolineato poco prima la direttrice Emanuela Marrocu - è uno dei pochi centri interuniversitari esistenti: in esso lavorano i ricercatori delle due università della nostra regione. Su didattica e ricerca è fondamentale collaborare e fare rete”.

L’altra contraddizione emersa dal Rapporto 2018 (il 25mo) è che “il PIL pro capite è più elevato in Sardegna rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno, ma la ricchezza media è troppo bassa, tanto che la nostra è tra le regioni più povere d’Europa”, ha chiosato Balia.

La direttrice del CRENoS ha ripercorso i 25 anni del Rapporto sull'economia della Sardegna
La direttrice del CRENoS ha ripercorso i 25 anni del Rapporto sull'economia della Sardegna
VEDI IL SERVIZIO DI GRAZIANO PINTUS NEL TGR DELLA RAI DELLE 14 DI VENERDI' 25 MAGGIO

Il plauso del Prorettore alla Ricerca per il lavoro svolto dal CRENoS: "Importante ruolo svolto da sempre sulla terza missione dell'Ateneo, significative le ricadute dell'analisi sul territorio regionale"

“Fin dal ‘93 – ha ricordato la direttrice, ricostruendo i vari passaggi della crescita dell’ente - il Rapporto CRENoS è stato l’espressione della terza missione dell’Ateneo, fornendo dapprima un quadro di previsione degli scenari. Nel tempo fino ad oggi è diventato una fotografia completa della situazione economica della Sardegna”.

Un plauso per il lavoro svolto è arrivato dal Prorettore alla ricerca Micaela Morelli, che parlando anche a nome del Rettore Maria Del Zompo ha rimarcato  la soddisfazione dell’Ateneo per un centro come il CRENoS, così vicino al territorio. “Teniamo moltissimo alla interazione con il nostro contesto economico e produttivo – ha aggiunto - Siamo certi che la cultura sia fondamentale per tutti: da questo punto di vista il rapporto CRENoS ci aiuta a capire le criticità per la Sardegna e come superarle. Grazie alla ricerca, il ruolo dell’Università è fondamentale per le ricadute che può avere sul territorio: Regione Autonoma della Sardegna e Fondazione di Sardegna non fanno mai mancare il supporto al nostro lavoro”.

L'intervento del Prorettore alla Ricerca, Micaela Morelli
L'intervento del Prorettore alla Ricerca, Micaela Morelli
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Per la prima volta una tavola rotonda ha approfondito in modo dinamico e agile i numeri e le tendenze illustrate dai ricercatori: a confronto imprenditori, analisti e mondo del credito

Quindi la tavola rotonda di approfondimento dei temi toccati dalla prof.ssa Balia, condotta con efficacia e competenza dal caporedattore centrale de L’Unione Sarda, Giuseppe Deiana (presente in sala anche l’assessore al Bilancio e vicepresidente della Regione, Raffaele Paci): “Dal Rapporto emerge un quadro di luci ed ombre sulla Sardegna – ha detto Rosario Maria Ballatore (Banca d’Italia) - La differenza è che la ripresa qui non è omogenea: ad esempio il turismo registra buone performance a differenza di altri settori. È molto preoccupante il quadro demografico sardo”.

Giuseppe Deiana, Francesco Muntoni, Rosario Maria Ballatore, Antonello Cabras
Giuseppe Deiana, Francesco Muntoni, Rosario Maria Ballatore, Antonello Cabras
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Andrea Gabardo (Accenture): "Fondamentale l'interazione con l'Università di Cagliari: abbiamo investito qui perchè qui non c'è la scarsità di cervelli che si registra altrove"

Dal canto suo Andrea Gabardo (Accenture) ha sottolineato che “abbiamo aperto una sede a Cagliari in base ai parametri oggettivi che abbiamo riscontrato: qui non c’è la scarsità di cervelli che si registra altrove. Abbiamo intercettato la forza lavoro direttamente alla fonte, ma abbiamo bisogno di più laureati, perché 150 laureati in Informatica dell’Università di Cagliari vengono assunti quasi tutti da noi. Questo è il nostro unico limite”. Il manager ha evidenziato la sinergia attivata con UniCa per migliorare la formazione dei giovani sardi. “Collaboriamo con l’Ateneo anche per l’orientamento – ha detto - facciamo dei recruiting day, per migliorare insieme si può pensare di incontrare gli studenti fin dal primo anno”.

L'intervento di Andrea Gabardo, Accenture, alla tavola rotonda
L'intervento di Andrea Gabardo, Accenture, alla tavola rotonda

Buone notizie dal mondo imprenditoriale: le esperienze raccontate questa mattina dimostrano che la Sardegna può essere un terreno fertile, anche per le opportunità offerte dalla Regione Sardegna

Disco verde anche da parte di Andrea Alessandrini (Nobento): “Abbiamo trovato qui terreno fertile – è stato il suo commento - Abbiamo messo a frutto un metodo e abbiamo guardato fuori dalla regione dove operiamo. La nostra competitività è sfruttare la produzione trasportandola nel resto d’Italia, grazie alle competenze trovate in Sardegna. Da questo punto di vista la Regione Sardegna dà importanti possibilità alle imprese”.

Francesco Muntoni (Delphina Hotels & Resorts Sardegna) ha invece puntato sui trasporti: “La Regione fa quello che può, anche se va meglio sul mare che con il traffico aereo. Per allungare la stagione si potrebbe lavorare di più con voli diretti dalle capitali europee”.

Andrea Alessandrini (Nobento) ha evidenziato le grandi competenze trovate sul mercato del lavoro della Sardegna
Andrea Alessandrini (Nobento) ha evidenziato le grandi competenze trovate sul mercato del lavoro della Sardegna

L'esempio del Museo delle Maschere di Mamoiada: "La prima cosa da fare è stata coinvolgere la comunità nella gestione del bene culturale. Tutto il paese ne ha tratto subito profitto e giovamento, ora c'è grande fermento"

Concetti subito ripresi: “Abbiamo creato a Mamoiada un sistema con un fatturato interessante – ha aggiunto infatti Mario Paffi (direttore di MaMu - Museo delle Maschere, Museo della Cultura e del Lavoro, MATer con un passato da ricercatore CREnoS) - All’inizio eravamo visti come dei visionari: la prima cosa è stata coinvolgere la comunità nella gestione del bene culturale. Nel 2017 abbiamo staccato 23mila biglietti in un paesino di appena 1500 abitanti. Ora il turismo è una realtà, c’è fermento: Mamoiada ora è pronta per creare nuove stagioni per diversi turismi”.

L'intervento di Mario Paffi
L'intervento di Mario Paffi

Marco Deiosso (Naudream): "Grazie al Contamination Lab attivato dall'Università di Cagliari, adesso la Sardegna è centrale in Italia sui temi della creazione di impresa. Ne sentiremo parlare ancora a lungo"

Non poteva mancare chi giocava in casa, come Marco Deiosso (Nausdream): “Ho studiato qui, e qui con altri fantastici ragazzi abbiamo creato la nostra startup, grazie al Contamination Lab dell’Università di Cagliari – ha raccontato - Una realtà molto importante di cui si parlerà a lungo. Grazie al Clab e all’Ateneo cagliaritano la Sardegna è centrale in Italia”.

Nausdream, la startup guidata da Marco Deiosso, è nata all'interno del Contamination Lab di UniCa
Nausdream, la startup guidata da Marco Deiosso, è nata all'interno del Contamination Lab di UniCa

Secondo il Presidente della Fondazione di Sardegna, in un quadro in cui le risorse pubbliche diminuiscono, occorre attrarre quelle private con una parola d'ordine: generare processi di redditività

Quindi le conclusioni del Presidente Fondazione di Sardegna, Antonello Cabras, che ha puntato il dito sul tema della percezione della realtà economica dell’Isola: “Il senso comune dell’opinione pubblica può formarsi un’idea contraria alla realtà – ha detto - Occorre che i ricercatori indaghino sui motivi di questo fenomeno, anche perché le misure che la politica adotta spesso non si scostano dal senso comune. Le risorse pubbliche sono destinate a diminuire costantemente, mentre quelle private sono una infinità: come mai in Sardegna non riusciamo ad attrarle?” L’indicazione finale è una sola: “Occorre generare processi di redditività”.

Rosario Maria Ballatore, Antonello Cabras, Andrea Alessandrini
Rosario Maria Ballatore, Antonello Cabras, Andrea Alessandrini

RASSEGNA STAMPA

L'UNIONE SARDA del 26 maggio 2018
Il turismo tiene a galla l'Isola
Il settore è in crescita da 5 anni, ma la ripresa resta lenta

Rapporto Crenos Disoccupazione in calo ai livelli del 2013, diminuisce la ricchezza
Sezione "Cronaca Regionale”  pag. 13

Il barometro dell'economia in Sardegna oscilla tra luci (poche) e ombre: l'ultimo rapporto del Crenos sulla economia della Sardegna certifica quello che economisti ed esperti dicono da un po' di tempo. L'Isola continua a essere una delle regioni più povere d'Europa (212esima su 276) e vive in una condizione di permanente difficoltà.
È vero, alcuni indicatori come l'aumento dei consumi (+2,2%), la diminuzione della disoccupazione (tornata al 17%, sui livelli del 2013), la crescita del numero dei contratti di lavoro (anche se si tratta soprattutto di apprendistato) «autorizzano all'ottimismo», dice Silvia Balia, ricercatrice del Crenos. E aggiunge: «I segnali di ripresa ci sono anche se il tessuto produttivo è ancora fragile». Il quadro macroeconomico della regione, in definitiva, è ancora caratterizzato da una debolezza strutturale.
IL BOOM DEL TURISMO In questi anni di crisi, è ancora il turismo (+7,7%) a tenere a galla l'economia della Sardegna: lo scorso anno, infatti, sono aumentati gli arrivi (+10,3%) e le presenze (+8,8%), con dati positivi in tutte le province (con l'eccezione di Sassari -1,1%). Aumentano soprattutto le presenze degli stranieri (+10,1%) «e questa è una buona notizia per almeno due ragioni», spiega Emanuela Marrocu, direttrice del Crenos. «Intanto perché gli stranieri sono quelli che aiutano il processo di destagionalizzazione», dal momento che scelgono la Sardegna per le loro vacanze non solo tra giugno e settembre. «Inoltre perché, a differenza degli italiani, gli stranieri hanno una maggiore propensione alla spesa», aggiunge. «La Sardegna è la regione che in questo settore registra la perfomance migliore», sottolinea il vicepresidente della Regione Raffaele Paci. «L'importanza della crescita del turismo è legata all'effetto moltiplicatore che questo crea», aggiunge. I posti di lavoro nel settore sono cresciuti del 5% in appena un anno.
LE NOTE DOLENTI Scende il tasso di abbandono scolastico (-4,8% in un anno, «segno che sta funzionando il programma Tutti a Iscol@», dice Paci), ma solo due sardi su dieci tra i 30 e i 40 anni hanno una laurea (contro il 40% della media europea). Le imprese non investono abbastanza in ricerca e innovazione (appena il 12%) e spesso anche gli investimenti pubblici non si traducono in risultati concreti. Basta un dato: in Sardegna quasi 4 aziende su 10 con almeno 10 addetti non hanno ancora un sito internet. Solo Molise e Campania fanno peggio.
IL CALO DELLE NASCITE Se la Sardegna cresce molto più lentamente di altre regioni la colpa è anche del calo demografico. Nel 2016, infatti, le nascite sono state 10.527, nuovo minimo storico dal dopoguerra (i decessi 16.143). «Siamo destinati a essere sempre di meno», dice Antonello Cabras, presidente della Fondazione di Sardegna, uno dei pochi soggetti privati che investe in ricerca e innovazione. «Oltre a riuscire ad attrarre capitali, dovremmo cominciare ad affrontare il problema di come “importare” persone. Forse non è il termine più appropriato ma rende l'idea. Occorre ragionarci seriamente in tempi ragionevoli».
Mauro Madeddu

L'UNIONE SARDA
L'UNIONE SARDA

LA NUOVA SARDEGNA del 26 maggio 2018
Turismo, export, scuola la Sardegna vede la ripresa
Ma l'occupazione è ferma: l'isola resta tra le 65 regioni più povere d'Europa

di Umberto Aime

CAGLIARI Non è un'isola felice, ma neanche l'inferno. È sempre prigioniera in quel limbo del vorrei, ma non ce la faccio, e da sola può farcela ancora meno. Eppur si muove, la Sardegna. La ripresa c'è, ora è più percepibile rispetto a pochi anni fa, anche se la gente continua a non masticarla e si sente messa a digiuno. Ma se volesse trasformarsi da «isola inespressa e contraddittoria» in «piccolo paradiso del Mediterraneo», un traguardo la Sardegna può persino immaginarlo. In un tot di anni, sempre difficili da quantificare, dovrebbe far schizzare il Prodotto interno lordo dagli attuali 31 miliardi e mezzo fino a poco più di 40 miliardi. Allora sì che il reddito pro capite, da 19mila euro salirebbe a 26mila e spiccioli, basterebbe eccome per «farci stare tutti meglio». A quel punto la ricchezza sarebbe in linea con le migliori regioni d'Italia, quelle del nord, e smetterebbe anche di essere attaccata, come invece lo è, al carro lento targato Mezzogiorno d'Europa. Oggi invece è in coda: sedicesima in Italia su venti regioni, viaggia al 212esimo posto su 276 territori europei, cioè sta nel gruppo delle 65 più povere del Vecchio Continente. È un obiettivo impossibile da raggiungere quello dello scossone e della crescita? In parte lo è, ma siccome l'ottimismo deve prevalere sempre sul pessimismo e l'ipotesi del suicidio collettivo non è ammessa, la Sardegna sa già, con largo anticipo, quali sono i settori su cui scommettere e che dovrebbero tirare la volata della riscossa. Nell'ordine: il turismo, l'agricoltura, la conoscenza e un'industria sempre meno pesante, più «immateriale» e tecnologica. È tutto scritto nel consueto rapporto sullo stato di salute della Sardegna, dato alle stampa dal Crenos, il centro di ricerca delle università di Cagliari e Sassari. La sintesi della venticinquesima edizione è in queste tre frasi positive: «Presenze turistiche in crescita, più 8,8 per cento, esportazioni in espansione, +20 per cento anche se è ancora la raffineria Saras a prendersi gran parte della fetta, e abbandono scolastico in diminuzione, -4,8». E anche in queste tre frasi negative: «Il mercato del lavoro è stagnante, le imprese sono troppo piccole, la spesa pubblica, soprattutto quella sanitaria, non è ancora efficiente». Dunque, nel bene e in quel male da non ripetere, le premesse ci sono tutte per provare a far bene. «Siamo ancora in una fase di transizione e incertezza», ha detto Emanuela Marrocu, direttrice del Crenos, con Silvia Balia, coordinatrice del dossier, che s'è affrettata ad aggiungere: «Gran parte dei dati raccolti e analizzati sono del 2016, e sappiamo che negli ultimi anni la ripresa invece è stata più incisiva, anche se si sentono ancora gli effetti della grande crisi». Certo, per darsi una scossa la Sardegna dovrebbe liberarsi in fretta di quelli che da sempre sono i suoi macigni. A cominciare dal tasso di disoccupazione, al 17 per cento anche se è arrivato al minimo storico dal 2013, e poi quello sull'occupazione, cresciuto solo dello 0,2, contro una media nazionale dell'1,2. Poi dovrebbe aumentare la natalità, crollata invece a 6,4 nati ogni mille abitanti, il più basso dal dopoguerra. Ancora: spendere meglio le risorse pubbliche che non sono poche, investire di più nelle infrastrutture, dalle strade ai trasporti da e per l'isola, e nella ricerca indirizzata all'alta tecnologia. Subito dopo: dar maggior spazio ai giovani, accelerare il cambio generazionale in gran parte delle attività, con in testa l'agricoltura, che, insieme al turismo, è l'altro traino non sfruttato a dovere. Senza più questi fardelli al collo, la corsa verso il traguardo del benessere diffuso o quasi non sarebbe più a singhiozzo. Perché i consumi delle famiglie, dopo aver toccato il valore più basso nel 2014, sono aumentati del 2,1 per cento, e c'è quindi un leggero ritorno della fiducia, o comunque non manca «l'ottimismo della speranza». Anche se il complesso degli investimenti è in calo e il che vuole dire: c'è ancora diffidenza fra le imprese soprattutto perché, in Sardegna, continuano a essere piccole e mai capaci di fare squadra. Seppure non invitato fra i relatori ed è la prima volta (chissà perché) che la Regione sia stata esclusa dal parterre, l'assessore alla programmazione Raffaele Paci il commento l'ha fatto: «Gli elementi positivi, anno dopo anno, sono sempre maggiori delle ombre. Il sistema ha ripreso a marciare, seppure con lentezza e spetta a chi governa sostenerlo nell'avvio della risalita». Anche il capitale privato deve fare però la sua parte, ha aggiunto Antonello Cabras, presidente della Fondazione Sardegna: «Dobbiamo attrarre investitori e persone. Se riuscissimo a importare capitali e risorse umane, comincerebbe davvero una nuova era».

LA NUOVA SARDEGNA
LA NUOVA SARDEGNA

ANSA
Turismo traina la lenta crescita sarda
Rapporto Crenos su economia sarda, aumenta anche l'export

di Roberto Murgia

Presenze turistiche in crescita, esportazioni in espansione, abbandono scolastico in diminuzione: passa per questi indicatori la lenta ripresa economica della Sardegna raccontata per il biennio 2016-2017 nel 25/o rapporto Crenos illustrato dalla direttrice del centro, Emanuela Marrocu.  Nel 2016 la componente nazionale delle presenze aumenta del 7,7%, più che in ogni altra regione competitor; cresce anche quella straniera del 10,1%: Germania, Francia, Svizzera e Regno unito sono i principali paesi di provenienza. La stagionalità è una criticità: il 52% delle presenze si concentra nei mesi di luglio e agosto.

In aumento anche il numero delle strutture ricettive (+3%), ma soprattutto migliora la situazione per strutture alberghiere di qualità (+14%). In generale l'indice di utilizzazione delle strutture alberghiere aumenta del 14%, miglior risultato in 10 anni.  L'altro indicatore positivo il commercio con l'estero con un +30% (oltre un miliardo di euro) nel settore petrolifero. E' l'effetto dell'aumento del prezzo del petrolio. Per il resto dei settori le vendite sono pari a 944 milioni (+20%). Per la chimica di base l'export supera i 210 milioni (+56% rispetto al 2016), mentre è in calo l'industria lattiero casearia: 120 mln (-2%).L'Isola dimostra combattività su un suo punto debole: il tasso di abbandono scolastico diminuisce di ben 4,8 punti percentuali, passando dal 22,9% del 2015 al 18,1% del 2016.

Tuttavia è tra le pochissime regioni italiane ad avere un valore superiore all'obiettivo nazionale del 16%. In calo anche la percentuale dei giovani scoraggiati, i Neet, in età tra 15 e 24 anni passa dal 26,8% nel 2015 al 24,4% nel 2016. Molto positivi anche i dati sulle start up innovative, triplicate nel periodo dal 2013 al 2017, da 50 a 164. Tutto ciò ha determinato un aumento dei consumi del 2,1% nel 2016 rispetto al 2014. Soddisfazione da parte del vice presidente della Giunta Raffaele Paci: "le politiche attuate in questi anni hanno iniziato a dare dei frutti, lenti ma costanti: aumentano consumi, Pil, export e turismo. Crediamo che l'uscita dalla crisi sia consolidata ma dobbiamo continuare a lavorare".

SPESA SANITARIA AI MASSIMI LIVELLI IN 10 ANNI. La Sardegna spende per la sanità più della media italiana e nel 2016 ha raggiunto quota 3,28 miliardi di euro, circa il 10% del Pil sardo rispetto al 6,7% del Pil a livello nazionale. Il sistema sanitario regionale spende in media 1.981 euro per abitante, il livello di spesa più elevato dell'ultimo decennio: il dato è superiore a quello del centro-nord (1.902 euro), del Mezzogiorno (1.769 euro) e quindi della media italiana (1.856 euro). E' uno degli indicatori messi in evidenza dai ricercatori del Crenos che hanno elaborato il tradizionale rapporto sull'economia della Sardegna. Inoltre l'analisi dei dati sulla spesa sanitaria e sul mantenimento dell'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza nell'Isola (Lea), evidenzia una gestione non efficiente delle risorse e una performance non soddisfacente dei servizi sanitari essenziali.

Non solo sanità. Secondo i ricercatori, i dati positivi su turismo, export, startup e abbandono scolastico non sono in grado di cambiare una realtà: nel 2016 la Sardegna è ancora l'unica regione del Mezzogiorno in fase recessiva, tra le 65 più povere dell'Unione europea (212/a su 276), e in un quinquennio il suo Pil è passato dal 76 al 71% della media europea, rientrando di fatto nel gruppo delle regioni meno sviluppate. A rallentare la crescita, in particolare, è il dato sugli investimenti per abitante che calano del 2,2% rispetto al 2014. Dato questo i9n controtendenza rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno dove gli investimenti aumentano in media del 4,5%. Anche i numeri sull'occupazione non sono particolarmente incoraggianti. Il tasso di attività nel 2017 resta invariato rispetto all'anno precedente, così come quello di occupazione (+0,2% contro il +1,2 nazionale).

Il tasso di disoccupazione raggiunge il minimo storico dal 2013, pari al 17%, grazie a una diminuzione del 1,4% (-4,1% in Italia). Un numero che dimostra come nell'Isola il mercato del lavoro si riprende molto più lentamente che altrove. Un ultimo dato negativo riguarda il capitale umano qualificato, nonostante il tasso di abbandono scolastico sia diminuito sensibilmente: nel 2016 appena il 20,3% (18,6% nel 2015) dei sardi in età 30-34 anni ha conseguito una laurea. Solo Sicilia e Campania fanno peggio.

ANSA
ANSA

SARDINIAPOST.IT
Il 25° Rapporto Crenos: Isola in ripresa trascinata da turismo ed esportazioni
25 maggio 2018  Economia, In evidenza 07

Presenze turistiche in crescita, esportazioni in espansione, abbandono scolastico in diminuzione: passa per questi indicatori la ripresa economica della Sardegna definita “lenta” e raccontata per il biennio 2016-2017 nel 25° rapporto Crenos (Centro economico di ricerca) illustrato dalla direttrice del centro, Emanuela Marrocu.
Sulle presenze turistiche, da registrare intanto l’aumento del 7,7 per cento, “il valore più alto rispetto ad ogni altra regione competitor”. E questo anche grazie al mercato dei vacanzieri stranieri che ha fatto segnare un più 10,1 per cento con Germania, Francia, Svizzera e Regno unito che sono stati i principali paesi di provenienza. La stagionalità, stando a quanto riportato nella relazione del Crenos resta tuttavia una criticità perché “il 52 per cento delle presenze si concentra nei mesi di luglio e agosto”. In crescita anche il numero delle strutture ricettive (+3%). Ma ma soprattutto sono migliorati i numeri nelle strutture alberghiere di qualità dove l’indice di utilizzazione delle stanze ha fatto segnare in più 14 per cento nel giro di dieci anni.
L’altro indicatore positivo il commercio con l’estero, spinto soprattutto dal +30% (oltre un miliardo di euro) nel settore petrolifero. “È l’effetto dell’aumento del prezzo del petrolio. Per il resto dei settori – hanno spiegato ancora dal Crenos – le vendite sono state pari a 944 milioni (+20%). Per la chimica di base, l’export sopra i 210 milioni (+56% rispetto al 2016), mentre è risultata in calo l’industria lattiero casearia: 120 milioni (-2%).
“L’Isola dimostra combattività su un suo punto debole: il tasso di abbandono scolastico diminuisce di 4,8 punti percentuali, passando dal 22,9 per cento del 2015 al 18,1 del 2016. Tuttavia la Sardegna è tra le pochissime regioni italiane ad avere un valore superiore all’obiettivo nazionale del 16%”. In calo anche la percentuale dei giovani scoraggiati: i cosiddetti Neet, cioè i ragazzi tra 15 e 24 anni, passa dal 26,8% nel 2015 al 24,4% nel 2016. Molto positivi, infine, i dati sulle start up innovative, triplicate nel periodo dal 2013 al 2017, da 50 a 164. “Tutto ciò ha determinato un aumento dei consumi del 2,1% nel 2016 rispetto al 2014”.
Soddisfazione da parte del vice presidente della Giunta, Raffaele Paci: “Le politiche attuate in questi anni hanno iniziato a dare dei frutti, lenti ma costanti: aumentano consumi, Pil, export e turismo. Crediamo che l’uscita dalla crisi sia consolidata ma dobbiamo continuare a lavorare”.

SARDINIAPOST
SARDINIAPOST

YOUTG.NET
Il turismo traina l'economia della Sardegna ma l'Isola resta tra le regioni più povere dell'Ue

CAGLIARI. L'economia dell'Isola? Debole, ancora troppo debole.  Anche se aumentano i consumi e l'esportazione è in forte espansione. Così come il numero di presenze turistiche. Nel 2016 la Sardegna resta tra le 65 regioni più povere dell'Unione Europea (212esima su 276 regioni). In un quinquennio il suo prodotto interno lordo passa dal 76 al 71% della media europea: percentuale che la fanno entrare nel gruppo delle regioni meno sviluppate, con un andamento negativo che è comune al contesto nazionale: Nessuna regione italiana riesce a stare al passo con la crescita sperimentata dal resto dell'Europa. I dati emergono dal rapporto del Crenos (Centre for North South Economic Research). Nel 2016 la Sardegna è ancora l'unica regione del Mezzogiorno in fase recessiva.

I consumi delle famiglie sarde, dopo aver toccato il valore più basso nel 2014, aumentano nel 2016 per il secondo anno consecutivo registrando un tasso di crescita del 2,1%, uno tra i più alti nell’intero Paese. Crescono la spesa per i servizi (+2,7%) e quella per alimentari, prodotti per la persona e la casa e medicinali (+1%). Cresce anche (+7%) la spesa per i beni durevoli (arredamento, autovetture, elettrodomestici, abbigliamento, libri), generalmente molto compressa nelle fasi di crisi economica, ad indicare una maggiore disponibilità di reddito e migliori aspettative per i consumatori e le famiglie.

Il dato sugli investimenti, che è relativo al 2015, mostra che il processo di accumulazione di capitale non è ancora ripreso: in Sardegna gli investimenti per abitante calano del 2,2% rispetto al 2014. L'andamento è in controtendenza rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno, i cui investimenti per abitante aumentano tra il 2% e il 9% (media dell'area: +4,5%). Nel complesso del Paese sembra superata la fase di rallentamento del processo di accumulazione di capitale particolarmente evidente nel quinquennio 2011-2015, ma la Sardegna non sperimenta ancora tale inversione di tendenza. Desta preoccupazione il dimezzamento del valore degli investimenti nell'Isola relativo all’ultimo decennio: i 6.300 euro per abitante del 2006 diventano 3.200 euro nel 2015.

La struttura produttiva: segnali di ripresa, esportazioni in forte espansione
Le imprese attive in Sardegna rimangono sostanzialmente stabili a quota 142.951 nel 2017, dopo l'aumento di 400 unità del 2016. Il tessuto imprenditoriale è però estremamente frammentato: gli addetti delle microimprese sono il 64% del totale, una quota maggiore di quella italiana (46%), già di per sé rilevante. Dal punto di vista settoriale si conferma la forza del comparto agricolo, sia nel numero delle imprese (circa 34mila, pari al 24% del totale) che nella loro capacità di creare valore aggiunto (5% in Sardegna contro 2% in Italia). Permane il sottodimensionamento del comparto industriale (21% delle imprese e 16% del valore aggiunto in Sardegna, contro 24% di imprese e del valore aggiunto in Italia). In Sardegna i settori legati alle attività svolte prevalentemente in ambito pubblico e ai servizi non destinabili alla vendita sono responsabili di circa un terzo del valore aggiunto complessivo, mentre le imprese che producono beni e servizi destinati al mercato hanno un peso relativamente esiguo, denotando una scarsa capacità da parte del sistema produttivo isolano di creare valore.
Nel 2017 vi è una forte ripresa dell'interscambio con l'estero sia dal lato delle importazioni che delle esportazioni. Le esportazioni del settore petrolifero aumentano di oltre 1 miliardo di euro (+30%), spinte dall'aumento del prezzo del petrolio, mentre per il resto dei settori le vendite all'estero sono pari a 944 milioni, anche esse in crescita (+20%). Per la chimica di base (fertilizzanti, composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica) le esportazioni superano i 210 milioni di euro (+56% rispetto al 2016) mentre per l'industria lattiero-casearia sono pari a 120 milioni, in calo del 2%.

Il mercato del lavoro: deboli segnali positivi su tasso di disoccupazione e attivazioni
Rispetto all’anno precedente nel 2017 in Sardegna il tasso di attività rimane sostanzialmente invariato (-0,1% contro +0,6 del dato nazionale), così come quello di occupazione (+0,2% contro +1,2% del dato nazionale).  Il tasso di disoccupazione raggiunge il minimo storico dal 2013, pari al 17%, grazie ad una diminuzione dell’1,4% (-4,1% in Italia). Questi dati mostrano che il mercato del lavoro isolano si sta riprendendo con molta più lentezza rispetto agli altri territori.
Nell'analisi settoriale dell'occupazione si conferma il ruolo centrale del settore dei servizi: escludendo le attività legate al commercio e al turismo, nel 2017 quasi il 55% dei lavoratori sardi trova occupazione in questo settore (49,6% in Italia). Cresce anche la quota di occupati nel settore legato al commercio e al turismo (+5%) che nel 2017 registra una quota pari al 22,7%. Aumenta sensibilmente anche la quota di occupati nell’industria (+9,3%), mentre il settore agricolo continua a perdere occupati (?10%).
Si registra una forte crescita delle attivazioni dei rapporti di lavoro: in Sardegna nel 2017 crescono dello 13,3% rispetto al 2016 e la variazione è positiva anche per il quinquennio analizzato (+0,6%). Esse, inoltre, presentano un saldo positivo a favore delle attivazioni pari a più di 8 mila rapporti di lavoro. Il trend è positivo anche per lo stesso dato nazionale anche se di dimensione lievemente inferiore (+11,7% attivazioni rispetto al 2016).
I dati più recenti mostrano un generale miglioramento del saldo delle attivazioni rispetto alle cessazioni in tutte le province sarde, soprattutto per la fascia di età centrale (35-54 anni) che aveva sofferto più delle altre gli effetti della crisi economica. I contratti a tempo determinato costituiscano ancora la quota più rilevante delle nuove attivazioni di rapporti di lavoro (73,9%), ma aumenta la quota di contratti a tempo indeterminato (che arriva al 12,6%). Inoltre crescono del 6.1% i contratti di apprendistato.

I servizi pubblici: spesa sanitaria in crescita, bene nel settore dei rifiuti solidi urbani
Il monitoraggio della spesa sanitaria del Servizio Sanitario Regionale (SSR) isolano non mostra segnali incoraggianti: nel 2016 la spesa raggiunge i 3,28 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 10% del PIL sardo (la spesa del SSN invece è il 6,7% del PIL nazionale). Il SSR sardo spende mediamente 1.981 euro per abitante, in crescita dell’1,6% rispetto al 2015 (+1,4% in Italia), e raggiunge così il livello di spesa pro capite più elevato dell’ultimo decennio. Il dato è superiore a quello del Centro-Nord (1.902 euro), del Mezzogiorno (1.769 euro) e quindi della media italiana (1.856 euro).  L’analisi combinata dei dati sulla spesa sanitaria e sul mantenimento dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in Sardegna, i LEA, evidenzia una gestione non efficiente delle risorse e una performance non soddisfacente dei servizi sanitari essenziali.
Per quanto riguarda i servizi pubblici locali di rilevanza economica, si conferma il quadro d’insieme positivo delineato negli ultimi anni per il settore dei rifiuti solidi urbani. In Sardegna la percentuale di raccolta differenziata continua a crescere raggiungendo nel 2016 il 60,2% (267 chili per abitante, +9% in un anno), contro il 52,5% della media nazionale (261 chili, +13%). La produzione di rifiuti per abitante per la prima volta inverte il trend decrescente in Sardegna (444 chili per abitante, +2,5% in un anno), con una performance comunque migliore rispetto a quella nazionale (497 chili, +2,3%). La spesa per la gestione dei rifiuti, 171 euro per abitante, è superiore ai 143 euro del Centro-Nord, nonostante la minore produzione di rifiuti per abitante e una percentuale simile di raccolta differenziata.
Permangono le difficoltà dell’Isola nel migliorare l’utilizzo dei mezzi di pubblici e del trasporto ferroviario, e nel superare il divario rispetto al Mezzogiorno e al resto del territorio nazionale.
Non si registrano miglioramenti nell’indicatore di presa in carico dei bambini di età inferiore ai 3 anni nei servizi comunali per l’infanzia (10,7%, in linea con il Mezzogiorno) che secondo la strategia europea dovrebbe trasformarsi in 33% entro il 2020) ma si riducono i costi sostenuti dai comuni a fronte di un aumento della compartecipazione delle famiglie.

I fattori di crescita e sviluppo: capitale umano basso ma in lenta crescita; pochi investimenti privati in R&S 
In Sardegna il capitale umano qualificato continua a crescere, ma troppo lentamente. Nel 2016 appena il 20,3% (18,6% nel 2015) dei sardi in età 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario o equivalente. Il dato resta tra i più bassi in Italia (solo Sicilia e Campania fanno peggio) ed è ancora molto distante sia dall’obiettivo europeo del 40% sia dalla media europea del 2016 (39,1%). Cresce anche la quota di laureati nelle discipline tecnico-scientifiche STEM (18,1%), ma anche questa rimane molto distante dalla media europea (32,6%). Il 9,9% dei sardi in età 25-64 anni partecipa ad attività di istruzione e formazione, risultando così i più attivi del Mezzogiorno e superando la media italiana (8,3%). Il tasso di abbandono scolastico diminuisce di ben 4,8 punti percentuali, passando dal 22,9% del 2015 al 18,1% del 2016. Tuttavia, la Sardegna è tra le pochissime regioni italiane ad avere un valore superiore all’obiettivo del 16% fissato per l’Italia. In calo anche la percentuale dei “giovani scoraggiati”, i NEET (Not in Education, Employment nor Training), in età 15-24 anni che passa dal 26,8% nel 2015 al 24,4% nel 2016.
E’ ancora troppo bassa l’incidenza percentuale della spesa in attività di ricerca e sviluppo (R&S) sul PIL, il cui valore nel 2015 (0,83%) è pressoché invariato rispetto all’anno precedente. Il dato è ancora nettamente al di sotto sia della media nazionale (1,34%) sia di quella europea (2,03%). Gli investimenti in R&S in Sardegna si caratterizzano per un peso della componente privata eccessivamente basso (12%) rispetto sia alla media nazionale (61,3%) e a quella europea (65,4%). La Sardegna è anche tra le regioni italiane con il più basso tasso di innovazione delle imprese con almeno 10 addetti. Infatti, il rapporto tra il numero di imprese con attività innovative di prodotto/processo e le imprese totali nel 2014 (dato più recente) è pari al 24%, ben al di sotto della media nazionale (32%). I dati più recenti sulle startup innovative sono invece decisamente positivi: il loro numero in Sardegna è più che triplicato nel periodo che va da fine dicembre 2013 (poco più di 50 unità) a fine dicembre 2017 (164 unità) Le startup innovative sarde sono orientate principalmente alla produzione di software e alla consulenza informatica. Esse rappresentano lo 0,44% del totale delle società di capitale attive a marzo 2018, incidenza  simile a quella nazionale (0,53%).

Il turismo: la Sardegna è prima in Italia per crescita delle presenze
L’Istat rileva per il 2016 circa 2 milioni e 880mila arrivi (+10,3% rispetto all'anno precedente) e 13 milioni e 486mila presenze (+8,8%). Nel 2016 la componente nazionale delle presenze turistiche in Sardegna cresce del 7,7%,  più che in ogni altra regione competitor, permettendo alla Sardegna di avere un numero di presenze nazionali superiore a quello di Sicilia, Calabria e Corsica. Migliora notevolmente l’internazionalizzazione dei flussi turistici: la componente estera cresce del 10,1% avvicinando il numero di presenze straniere al dato della Sicilia (tendenzialmente il più elevato tra le regioni competitor) dove si registra invece una leggera flessione. La quota dei turisti stranieri ha raggiunto il 48% (33% nel 2007), in linea con la media nazionale (49%). Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito si riconfermano i principali paesi di provenienza dei turisti stranieri.
La stagionalità dei flussi turistici rappresenta ancora una criticità per la Sardegna. Circa il 52% delle presenze turistiche si concentra nei mesi di luglio e agosto, questa percentuale raggiunge l’83% se si considera l’intera estate (da giugno a settembre). Una buona notizia per la destagionalizzazione riguarda i flussi internazionali: nei mesi cosiddetti “di spalla” (maggio, settembre, ottobre) superano quelli nazionali.
Aumenta l’offerta di alta qualità e anche l’indice di utilizzazione delle strutture. Nel 2016 aumentano le strutture ricettive (+3,0%), ma diminuiscono i posti letto (-1,1%), calo dovuto al settore alberghiero di livello medio-basso. Il 2016 è un anno positivo soprattutto per le strutture alberghiere di alta qualità, la cui capacità ricettiva aumenta notevolmente (+14,0%). L’indice di utilizzazione delle strutture delle strutture alberghiere arriva al 24,7% (+12,2%) raggiungendo il miglior risultato degli ultimi dieci anni. Quello delle strutture  extra-alberghiere si attesta al 9,9%. Benché si tratti di dati ancora inferiori alla media italiana e corsa, la Sardegna è in linea con le altre regioni competitor del Sud Italia e risulta in miglioramento negli ultimi anni.

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Sanità, Crenos: “Spesa a massimi livelli in 10 anni”
La Sardegna spende per la sanità più della media italiana e nel 2016 ha raggiunto quota 3,28 miliardi di euro

La Sardegna spende per la sanità più della media italiana e nel 2016 ha raggiunto quota 3,28 miliardi di euro, circa il 10% del Pil sardo rispetto al 6,7% del Pil a livello nazionale. Il sistema sanitario regionale spende in media 1.981 euro per abitante, il livello di spesa più elevato dell’ultimo decennio: il dato è superiore a quello del centro-nord (1.902 euro), del Mezzogiorno (1.769 euro) e quindi della media italiana (1.856 euro).
E’ uno degli indicatori messi in evidenza dai ricercatori del Crenos che hanno elaborato il tradizionale rapporto sull’economia della Sardegna. Inoltre l’analisi dei dati sulla spesa sanitaria e sul mantenimento dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza nell’Isola (Lea), evidenzia una gestione non efficiente delle risorse e una performance non soddisfacente dei servizi sanitari essenziali. Non solo sanità.
Secondo i ricercatori, i dati positivi su turismo, export, startup e abbandono scolastico non sono in grado di cambiare una realtà: nel 2016 la Sardegna è ancora l’unica regione del Mezzogiorno in fase recessiva, tra le 65 più povere dell’Unione europea (212/a su 276), e in un quinquennio il suo Pil è passato dal 76 al 71% della media europea, rientrando di fatto nel gruppo delle regioni meno sviluppate. A rallentare la crescita, in particolare, è il dato sugli investimenti per abitante che calano del 2,2% rispetto al 2014. Dato questo i9n controtendenza rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno dove gli investimenti aumentano in media del 4,5%.
Anche i numeri sull’occupazione non sono particolarmente incoraggianti. Il tasso di attività nel 2017 resta invariato rispetto all’anno precedente, così come quello di occupazione (+0,2% contro il +1,2 nazionale). Il tasso di disoccupazione raggiunge il minimo storico dal 2013, pari al 17%, grazie a una diminuzione del 1,4% (-4,1% in Italia). Un numero che dimostra come nell’Isola il mercato del lavoro si riprende molto più lentamente che altrove. Un ultimo dato negativo riguarda il capitale umano qualificato, nonostante il tasso di abbandono scolastico sia diminuito sensibilmente: nel 2016 appena il 20,3% (18,6% nel 2015) dei sardi in età 30-34 anni ha conseguito una laurea. Solo Sicilia e Campania fanno peggio.

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L’economia sarda cresce lentamente. In testa export e turismo, ma non bastano
La fotografia che il Crenos ha fatto della Sardegna per il biennio 2016- 2018 nel suo 25° Rapporto è quella di una regione dove il turismo e le esportazioni tirano su l'economia ma resta ancora elevato il tasso di disoccupazione, pur avendo raggiunto i minimi storici dal 2013 con una diminuzione dell'1,4%. 
 
 
La Sardegna fa ancora fatica a mettersi al passo con le altre regioni europee ma ci sono segnali positivi – dal turismo, dall’innovazione e dai consumi delle famiglie, che fanno ben sperare per il futuro dell’Isola.
La fotografia che il Crenos ha fatto della Sardegna per il biennio 2016- 2018 nel suo 25° Rapporto è, infatti, quella di una regione dove sono il turismo e le esportazioni a tirare su l’economia ma dove ancora il tasso di disoccupazione resta elevato al 17%, pur avendo raggiunto i minimi storici dal 2013 con una diminuzione dell’1,4%.
Il settore che assorbe più della metà degli occupati in Sardegna è quello dei servizi; nel 2017, infatti, quasi il 55% dei lavoratori ha trovato occupazione in questo settore, mentre in Italia erano il 49,6%. Una grossa fetta di occupati nel settore dei servizi lavora nel turismo e nel commercio: nel 2017 queste due attività hanno registrato una quota di occupati che ha toccato il 22,7%. Sono aumentati anche gli occupati nel settore dell’industria, con un +9,3%, ma è il settore agricolo invece a contare perdite, con un ?10%.
Quest’ultimo settore resta, invece, ancora in vetta per il numero di imprese, circa 34 mila, il 24% del totale, e per la loro capacità di creare valore aggiunto. Andando ad analizzare nel dettaglio le tipologie di imprese attive nell’Isola, si scopre che le micro imprese assorbono il 64% del totale degli addetti in questo settore, mentre la media nazionale si aggira intorno al 46%. Resta sottodimensionato il comparto industriale con il 21% delle imprese e il 16% del valore aggiunto in Sardegna, contro il 24% di imprese e del valore aggiunto in Italia.
La Sardegna resta indietro rispetto al resto del Paese anche per investimenti in ricerca e sviluppo e per la sua incidenza nel PIL che nel 2015 toccava lo 0,83%, molto al di sotto della media nazionale (1,34%) ed europea (2,03%). In Sardegna gli investimenti in questo settore sono prevalentemente di natura pubblica, con la componente privata nettamente in minoranza al 12%, dato che in Italia e in Europa è decisamente diverso, rispettivamente al 61,3 % e 65,4%.
I dati positivi arrivano, invece, dal settore dell’export. Bene quelle del settore petrolifero, che aumentano di oltre 1 miliardo di euro (+30%) e anche quelle degli altri settori che complessivamente sono pari a 944 milioni, attestandosi ad un +20%. Scendendo nei dettagli, però, sono in calo le esportazioni nel settore lattiero-caseario pari a 120 milioni di euro, con un -2%, mentre aumentano quelle nel settore della chimica di base (fertilizzanti, composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica) dove superano i 210 milioni di euro (+56% rispetto al 2016).
Riprendono anche i consumi delle famiglie. Con un tasso di crescita del 2,1%, tra i più alti del Paese, aumenta la spesa per i servizi e per gli alimentari, i prodotti per la persona e la casa, i medicinali (+1%) e la spesa per i beni durevoli  (+7%).
Ma è il turismo a trainare la ripresa economica dell’Isola. In Sardegna, infatti, sono in aumento le presenze di turisti italiani con un +7,7% nel 2016, il tasso più alto di altre regioni come la Sicilia, la Calabria e la Corsica; allo stesso modo, crescono anche gli stranieri che scelgono la Sardegna come meta turistica: nel 2016 la percentuale è cresciuta del 10,1%, pari quasi alle presenze in Sicilia. Complessivamente, gli stranieri – provenienti prevalentemente da Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito – che visitano la nostra isola sono il 48% del totale, dato in linea con la media nazionale (49%). E se il numero degli stranieri è di poco inferiore a quello dei turisti italiani, sono gli stranieri che invece contribuiscono alla destagionalizzazione, pur minima, del turismo isolano. Il 52% delle presenze totali si concentra nei mesi estivi ma sono gli stranieri i più presenti nei mesi di maggio, settembre, ottobre.

Sul fronte dell’offerta ricettiva, aumenta l’offerta di alta qualità (+14%) e in generale nel 2016 sono aumentate le strutture ricettive del 3%, così come è aumentato toccando il 24,7% l’indice di utilizzazione delle strutture delle strutture alberghiere, mentre quello delle strutture extra-alberghiere resta al 9,9%.
Da scuola e istruzione arrivano segnali incoraggianti: il tasso di abbandono scolastico è passato dal 22,9% del 2015 al 18,1% del 2016, diminuendo di ben 4,8 punti percentuali. Resta però lontano l’obiettivo nazionale del 16%, per il quale la Sardegna insieme ad alcune regioni italiane deve ancora lavorarci su.
La nota dolente della spesa pubblica sarda è quella del settore sanitario. Il sistema sanitario regionale sardo, infatti, ha visto crescere nel corso di questo triennio la spesa pro capite: con una spesa media di 1.981 euro per abitante, il dato è in crescita dell’1,6%  rispetto al 2015, attestandosi come il livello di spesa più elevato dell’ultimo decennio. E il dato è superiore a quello del Centro-Nord (1.902 euro), del Mezzogiorno (1.769 euro) e della media italiana (1.856 euro).  Da un’analisi incrociata fra spesa sanitaria ed erogazione dei LEA -Livelli Essenziali di Assistenza- emerge che in Sardegna manca una gestione efficiente delle risorse con le quali, appunto, non si riesce a garantire dei servizi sanitari essenziali soddisfacenti.

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TRASFERIMENTO TECNOLOGICO
Economia. L’analisi del Crenos sull’economia della Sardegna. L’isola è l’unica regione del Mezzogiorno in fase recessiva

Secondo i dati più recenti il quadro macroeconomico regionale è ancora caratterizzato da elementi di debolezza strutturale. Nel 2016 la Sardegna è tra le 65 regioni più povere dell’Unione Europea (212esima su 276 regioni). In un quinquennio il suo PIL passa dal 76 al 71% della media europea, rientrando di fatto nel gruppo delle regioni meno sviluppate, con un andamento negativo che è comune al contesto nazionale: nessuna regione italiana riesce infatti a stare al passo con la crescita sperimentata dal resto dell’Europa.
Nel 2016 la Sardegna è ancora l’unica regione del Mezzogiorno in fase recessiva. Le revisioni che l’Istat apporterà alla prima stima del dato regionale lasciano però spazio ad un cauto ottimismo in questa lenta fase di transizione e incertezza.
La struttura produttiva: segnali di ripresa, esportazioni in forte espansione
Le imprese attive in Sardegna rimangono sostanzialmente stabili a quota 142.951 nel 2017, dopo l’aumento di 400 unità del 2016. Il tessuto imprenditoriale è però estremamente frammentato: gli addetti delle microimprese sono il 64% del totale, una quota maggiore di quella italiana (46%), già di per sé rilevante. Dal punto di vista settoriale si conferma la forza del comparto agricolo, sia nel numero delle imprese (circa 34mila, pari al 24% del totale) che nella loro capacità di creare valore aggiunto (5% in Sardegna contro 2% in Italia). Permane il sottodimensionamento del comparto industriale (21% delle imprese e 16% del valore aggiunto in Sardegna, contro 24% di imprese e del valore aggiunto in Italia).
Nel 2017 vi è una forte ripresa dell’interscambio con l’estero sia dal lato delle importazioni che delle esportazioni. Le esportazioni del settore petrolifero aumentano di oltre 1 miliardo di euro (+30%), spinte dall’aumento del prezzo del petrolio, mentre per il resto dei settori le vendite all’estero sono pari a 944 milioni, anche esse in crescita (+20%). Per la chimica di base (fertilizzanti, composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica) le esportazioni superano i 210 milioni di euro (+56% rispetto al 2016) mentre per l’industria lattiero-casearia sono pari a 120 milioni, in calo del 2%.
Il mercato del lavoro: deboli segnali positivi su tasso di disoccupazione e attivazioni
Rispetto all’anno precedente nel 2017 in Sardegna il tasso di attività rimane sostanzialmente invariato (-0,1% contro +0,6 del dato nazionale), così come quello di occupazione (+0,2% contro +1,2% del dato nazionale).  Il tasso di disoccupazione raggiunge il minimo storico dal 2013, pari al 17%, grazie ad una diminuzione dell’1,4% (-4,1% in Italia). Questi dati mostrano che il mercato del lavoro isolano si sta riprendendo con molta più lentezza rispetto agli altri territori.
Nell’analisi settoriale dell’occupazione si conferma il ruolo centrale del settore dei servizi: escludendo le attività legate al commercio e al turismo, nel 2017 quasi il 55% dei lavoratori sardi trova occupazione in questo settore (49,6% in Italia). Cresce anche la quota di occupati nel settore legato al commercio e al turismo (+5%) che nel 2017 registra una quota pari al 22,7%. Aumenta sensibilmente anche la quota di occupati nell’industria (+9,3%), mentre il settore agricolo continua a perdere occupati (?10%).
Si registra una forte crescita delle attivazioni dei rapporti di lavoro: in Sardegna nel 2017 crescono dello 13,3% rispetto al 2016 e la variazione è positiva anche per il quinquennio analizzato (+0,6%). Esse, inoltre, presentano un saldo positivo a favore delle attivazioni pari a più di 8 mila rapporti di lavoro. Il trend è positivo anche per lo stesso dato nazionale anche se di dimensione lievemente inferiore (+11,7% attivazioni rispetto al 2016).
I servizi pubblici: spesa sanitaria in crescita
Il monitoraggio della spesa sanitaria del Servizio Sanitario Regionale (SSR) isolano non mostra segnali incoraggianti: nel 2016 la spesa raggiunge i 3,28 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 10% del PIL sardo (la spesa del SSN invece è il 6,7% del PIL nazionale). Il SSR sardo spende mediamente 1.981 euro per abitante, in crescita dell’1,6% rispetto al 2015 (+1,4% in Italia), e raggiunge così il livello di spesa pro capite più elevato dell’ultimo decennio. Il dato è superiore a quello del Centro-Nord (1.902 euro), del Mezzogiorno (1.769 euro) e quindi della media italiana (1.856 euro). L’analisi combinata dei dati sulla spesa sanitaria e sul mantenimento dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in Sardegna, i LEA, evidenzia una gestione non efficiente delle risorse e una performance non soddisfacente dei servizi sanitari essenziali.
In Sardegna la percentuale di raccolta differenziata continua a crescere raggiungendo nel 2016 il 60,2% (267 chili per abitante, +9% in un anno), contro il 52,5% della media nazionale (261 chili, +13%). La produzione di rifiuti per abitante per la prima volta inverte il trend decrescente in Sardegna (444 chili per abitante, +2,5% in un anno), con una performance comunque migliore rispetto a quella nazionale (497 chili, +2,3%). La spesa per la gestione dei rifiuti, 171 euro per abitante, è superiore ai 143 euro del Centro-Nord, nonostante la minore produzione di rifiuti per abitante e una percentuale simile di raccolta differenziata.
Permangono le difficoltà dell’Isola nel migliorare l’utilizzo dei mezzi di pubblici e del trasporto ferroviario, e nel superare il divario rispetto al Mezzogiorno e al resto del territorio nazionale.
I fattori di crescita e sviluppo: capitale umano basso ma in lenta crescita; pochi investimenti privati in R&S 
In Sardegna il capitale umano qualificato continua a crescere, ma troppo lentamente. Nel 2016 appena il 20,3% (18,6% nel 2015) dei sardi in età 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario o equivalente. Il dato resta tra i più bassi in Italia (solo Sicilia e Campania fanno peggio) ed è ancora molto distante sia dall’obiettivo europeo del 40% sia dalla media europea del 2016 (39,1%). Cresce anche la quota di laureati nelle discipline tecnico-scientifiche STEM (18,1%), ma anche questa rimane molto distante dalla media europea (32,6%). Il 9,9% dei sardi in età 25-64 anni partecipa ad attività di istruzione e formazione, risultando così i più attivi del Mezzogiorno e superando la media italiana (8,3%). Il tasso di abbandono scolastico diminuisce di ben 4,8 punti percentuali, passando dal 22,9% del 2015 al 18,1% del 2016.
E’ ancora troppo bassa l’incidenza percentuale della spesa in attività di ricerca e sviluppo (R&S) sul PIL, il cui valore nel 2015 (0,83%) è pressoché invariato rispetto all’anno precedente. Gli investimenti in R&S in Sardegna si caratterizzano per un peso della componente privata eccessivamente basso (12%) rispetto sia alla media nazionale (61,3%) e a quella europea (65,4%). La Sardegna è anche tra le regioni italiane con il più basso tasso di innovazione delle imprese con almeno 10 addetti. Infatti, il rapporto tra il numero di imprese con attività innovative di prodotto/processo e le imprese totali nel 2014 (dato più recente) è pari al 24%, ben al di sotto della media nazionale (32%). I dati più recenti sulle startup innovative sono invece decisamente positivi: il loro numero in Sardegna è più che triplicato nel periodo che va da fine dicembre 2013 (poco più di 50 unità) a fine dicembre 2017 (164 unità) Le startup innovative sarde sono orientate principalmente alla produzione di software e alla consulenza informatica. Esse rappresentano lo 0,44% del totale delle società di capitale attive a marzo 2018, incidenza  simile a quella nazionale (0,53%).
Il turismo: la Sardegna è prima in Italia per crescita delle presenze
L’Istat rileva per il 2016 circa 2 milioni e 880mila arrivi (+10,3% rispetto all’anno precedente) e 13 milioni e 486mila presenze (+8,8%). Nel 2016 la componente nazionale delle presenze turistiche in Sardegna cresce del 7,7%,  più che in ogni altra regione competitor, permettendo alla Sardegna di avere un numero di presenze nazionali superiore a quello di Sicilia, Calabria e Corsica. Migliora notevolmente l’internazionalizzazione dei flussi turistici: la componente estera cresce del 10,1% avvicinando il numero di presenze straniere al dato della Sicilia (tendenzialmente il più elevato tra le regioni competitor) dove si registra invece una leggera flessione. La quota dei turisti stranieri ha raggiunto il 48% (33% nel 2007), in linea con la media nazionale (49%). Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito si riconfermano i principali paesi di provenienza dei turisti stranieri.
La stagionalità dei flussi turistici rappresenta ancora una criticità per la Sardegna. Circa il 52% delle presenze turistiche si concentra nei mesi di luglio e agosto, questa percentuale raggiunge l’83% se si considera l’intera estate (da giugno a settembre). Una buona notizia per la destagionalizzazione riguarda i flussi internazionali: nei mesi cosiddetti “di spalla” (maggio, settembre, ottobre) superano quelli nazionali.
Aumenta l’offerta di alta qualità e anche l’indice di utilizzazione delle strutture. Nel 2016 aumentano le strutture ricettive (+3,0%), ma diminuiscono i posti letto (-1,1%), calo dovuto al settore alberghiero di livello medio-basso. Il 2016 è un anno positivo soprattutto per le strutture alberghiere di alta qualità, la cui capacità ricettiva aumenta notevolmente (+14,0%). Quello delle strutture  extra-alberghiere si attesta al 9,9%. Benché si tratti di dati ancora inferiori alla media italiana e corsa, la Sardegna è in linea con le altre regioni competitor del Sud Italia e risulta in miglioramento negli ultimi anni.

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