La forza del ricordo come antidoto al male
(notizia in aggiornamento)
La Forza del ricordo come antidoto al male. E' questo il titolo del convegno organizzato dall' ateneo in occasione della Giornata della Memoria che si è svolto nella mattinata di lunedì 30 gennaio a palazzo Belgrano. Foltissimo il pubblico, tantissimi gli studenti. Molte le autorità civili, militari e religiose. Il rettore Francesco Mola ha aperto i lavori ricordando le figure di Davide Teodoro Levi, Alberto Pincherle, Camillo Viterbo, i tre docenti dell’ateneo cagliaritano che furono vittime delle leggi razziali. Ha ricordato le scuse che nel 2018 l’allora rettrice Maria Del Zompo formulò a nome dell’ateneo ai loro famigliari. Ha inoltre voluto ricordare la figura di Giuseppe Brotzu, il rettore che nel ’38 applicò le leggi razziali: “E’ facile adesso dividersi tra chi sostiene che avesse semplicemente applicato una legge e chi sostiene che non avrebbe dovuto applicarla o eluderla. Sta di fatto che la storia racconta di chi ha obbedito in quegli anni e chi decise di non farlo. Oggi scopriamo una targa per ribadire l’impegno dell’ateneo a condannare ogni forma di razzismo e di discriminazione. Ribadiamo l’impegno della memoria come antidoto al male. Non dimenticare serve a tenere lontane le tentazioni di addolcire la storia, tutto va ricordato, ogni singolo atto aberrante che viene compiuto anche oggi in conflitti più o meno estesi. La giornata di oggi, la targa che scopriremo, vogliono essere un contributo per costruire un ricordo futuro, per far sì che non si perda la memoria, perché la memoria non è solo un dovere ma un diritto. Il nostro ateneo sarà sempre vigile e contro ogni discriminazione."
E' poi intervenuto il professor Michele Camerota che ha affrontato dal punto di vista scientifico la questione del Manifesto della Razza, pubblicato per la prima volta il 14 luglio del ’38. Ne ha tracciato la genesi, partendo dalle prime misure antiebraiche che colpirono il sistema educativo, con l’allora ministro dell’istruzione Giuseppe Bottai. Ha raccontato l’avvallo scientifico, fornendo le biografie dei firmatari con particolare attenzione delle personalità più autorevoli, tra cui Nicola Pende e Sabato Visco: “Il razzismo fascista aveva due diverse facce, una cosiddetta spiritualista e l’altra biologista, le quali si combatterono a lungo. La stesura del manifesto della razza fu rivendicata in più occasioni da Mussolini, si diceva che non fosse solo necessario mantenere il sangue puro degli italiani ma anche provvedere all’allevamento di esseri superiori”. Camerota ha poi rilevato che sarebbe interessante, oltre alla storie delle vittime, indagare sulla storie dei carnefici. Ha ricordato, come esempio, la figura del sardo Lino Businco, oscuro assistente universitario tra i firmatari del Manifesto della razza: “Nel ’38 fu insignito da Hitler con la croce rossa tedesca di seconda classe, nel ’62 ricevette il titolo di commendatore della repubblica italiana senza che nessuno abbia sollevato obiezioni.
il direttore del quotidiano La Repubblica Maurizio Molinari ha invece portato l'attenzione sull'importanza del valore e della memoria: "Di fronte allo sterminio di sei milioni di ebrei abbiamo tre imperativi morali e civili: rendere omaggio alle vittime, stringerci intorno ai sopravvissuti e condividere la necessità di ricordare affinché non avvenga mai più. Siamo l’ultima generazione ad aver visto e ascoltato la voce dei sopravvissuti, abbiamo il dovere di evitare l’oblio. Il nostro paese non ha mai fatto i conti fino in fondo con quel che avvenne dopo le leggi razziali del 38 che costituirono la più palese violazione dei principi del risorgimento. Il giorno della memoria ci impone di ricordare che non è un giorno qualsiasi, la responsabilità di ricordare comporta scelte concrete e urgenti perché lo studio e il ricordo di quel che è accaduto possano trasformarsi nel più efficace argine contro il germe dell’odio."
Il dibattito è stato moderato dal giornalista de La Stampa Federico Geremicca. L'evento è stato organizzato dall'ufficio di gabinetto del Rettore e dai docenti Andrea Corsale, Luca Lecis, Marco Pignotti, Ignazio Putzu e Gianluca Scroccu. E' visibile a palazzo Belgrano fino 4 febbraio la mostra dedicata a Davide Teodoro Levi, Alberto Pincherle e Camillo Viterbo, organizzata dal dipartimento di Storia, Beni Culturali e territorio e dall’Archivio storico di UniCa, è stata curata da Mariangela Rapetti, Gianluca Scroccu e Eleonora Todde, sotto la direzione scientifica di Francesco Atzeni. In occasione del convegno di lunedì 30, la mostra verrà arricchita da alcuni documenti originali.
La Giornata della Memoria: fra oblio e manipolazione
di Marco Pignotti*
La ricorrenza dedicata al Giorno della Memoria si è conquistata un suo spazio nell’ambito delle celebrazioni civili. Le istituzioni, le scuole, gli atenei, ma anche il mondo dell’associazionismo culturale e sociale, dedicano sempre più frequentemente un momento di riflessione e di dibattito alla buona pratica di non consegnare all’oblio una tragedia che appartiene all’intera umanità. Parafrasando il titolo dell’iniziativa, che si svolgerà lunedì 30 gennaio presso l’Aula Magna del Rettorato, è il costante esercizio del ricordo, l’unico potente antidoto al male. Male che può assumere le forme più svariate e insidiose, perché non si manifesta solo attraverso il modello classico “vittima/carnefice”, come correttamente ammonisce Luzzatto Voghera, direttore del CDEC (centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano), in quanto si correrebbe il rischio di descrivere una realtà senza sfumature e decontestualizzata dal fatto storico. La Giornata della Memoria non può rappresentare, quindi, un universo simbolico che possa indurre a banalizzare una questione profondamente complessa. L’uso/abuso politico della storia, che consente di equiparare qualsiasi vittima agli ebrei che subirono le deportazioni e le persecuzioni, è il risultato di una scorretta ricostruzione del fatto storico. Non solo, equivale all’annullamento stesso dell’Olocausto. Distorsione e approssimazione che con modalità diametralmente opposte alimentano i revisionismi e i negazionismi, ovvero l’insidiosa reiterazione del male.
Di conseguenza, si rivela fondamentale sviscerare quelle sfumature intorno alle quali si annida il rischio di un giustificazionismo funzionale, come nel caso della capziosa differenza fra razzismo biologico e razzismo spirituale, rivendicata in favore del fascismo. Un tema estremamente complesso, ma decisivo proprio nell’ottica di contrastare i facili revisionismi, che sarà scandagliato dal collega Michele Camerota durante la giornata di studio del 30. Contestualmente, è opportuno domandarci se le nuove generazioni saranno in grado di raccogliere la sfida della memoria, dopo che saranno definitivamente scomparsi anche gli ultimi sopravvissuti. Una domanda tanto grave quanto mai attuale che al convegno di lunedì sarà affrontata dal direttore de La Repubblica, Maurizio Molinari.
È giusto però concludere con un messaggio di speranza che può essere efficacemente condensato nelle parole di Simonetta Della Seta, collaboratrice dell’Ente nazionale per la memoria di Gerusalemme, la quale a proposito della trasmissione della memoria ha scritto: «È il momento di raccontare non solo le atrocità, ma anche di documentare la vita. Mostrare la forza che è stata necessaria per salvare sé stessi e gli altri. Non bisogna solo impaurire i ragazzi, è necessario offrire loro gli strumenti per credere nella vita e nell’essere umano, nonostante tutto. Io credo sia importante mantenere una dimensione etica e storica di quello che è successo. Nelle testimonianze c’è tanta vita, non c’è niente da inventare».
*Marco Pignotti è docente di storia contemporanea all'università di Cagliari (Dipartimento di lettere, lingue e beni culturali)
Davide Teodoro Levi, Alberto Pincherle, Camillo Viterbo.
Le leggi razziali, approvate dal regime fascista il 10 novembre del 1938, colpirono tre docenti dell’ateneo cagliaritano. Davide Teodoro Levi era un triestino nato nel 1898, sbarcò a Cagliari nel ’35, nominato professore straordinario di archeologia e storia dell’arte antica nella Facoltà di Lettere e Filosofia. Ricoprì in quegli anni anche l’incarico di soprintendente ad interim nella Soprintendenza alle opere d’arte e di antichità della Sardegna; si occupò inoltre di numerosi scavi, tra i quali quelli nell’anfiteatro romano di Cagliari e nella necropoli punica di Olbia. Alberto Pincherle era di Milano, classe 1894. Giunse a Cagliari nell’ottobre del ’37 dopo aver vinto il concorso per professore straordinario di Storia delle religioni alla Facoltà di Lettere e Filosofia; insegnò Storia del cristianesimo, tra i suoi ambiti di ricerca il Nuovo Testamento e i secoli IV e V con particolare interesse verso la figura di Sant’Agostino e l’epoca della Riforma. Camillo Viterbo era nato a Trieste nel 1900, il 16 dicembre del ’36 fu nominato professore ordinario di Diritto commerciale alla Facoltà di Giurisprudenza, in seguito ricevette l’incarico di Storia politica coloniale e di Diritto industriale. Indirizzò i suoi studi in particolare sui temi legati al contratto di assicurazione.
Tutti e tre furono sospesi e allontanati dall’insegnamento dall’allora rettore dell’università di Cagliari Giuseppe Brotzu, in ottemperanza alla disposizione emanata dal Ministero dell’educazione che obbligava gli atenei ad espellere immediatamente i professori ebrei. Vennero poi reintegrati nel gennaio del ’44, in seguito all’abrogazione delle leggi razziali da parte del governo del Sud presieduto da Badoglio. Solo Pincherle rientrò nell’ateneo cagliaritano per poi trasferirsi nel ’48 all’università di Roma. Andò nella capitale anche Levi, alla Direzione generale antichità e belle arti della Pubblica istruzione. Viterbo invece si trasferì in Argentina, a Buenos Aires. Già nel 2018 l’allora rettrice Maria Del Zompo chiese ufficialmente scusa alle famiglie dei tre docenti "per l’applicazione di quella fredda e burocratica norma". Quest'anno, in occasione della Giornata della Memoria, la targa e la mostra.
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