Venerdì 24 aprile 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
24 aprile 2020

L'Unione Sarda

 



 

1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 24 aprile 2020 / PRIMA PAGINA
PINTUS
La studentessa di 22 anni di San Giovanni Suergiu si è laureata in Lingue in videoconferenza da casa. Nella stanza accanto in ascolto i genitori   a pagina 35

SULCIS IGLESIENTE - Pagina 35
S. Giovanni Suergiu. Sofia Pintus, prima laureata online del paese
FESTA IN SALOTTO PER LA NEO-DOTTORESSA

FUTURO SOSPESO. A giugno la studentessa sarebbe dovuta partire a Malta per un tirocinio ma ora è tutto sospeso. Quindi si concentrerà sulla laurea magistrale

Dal salotto di casa, con indosso un impeccabile tailleur, ha discusso la sua tesi di laurea triennale davanti alla commissione d'esame collegata via web dalla Facoltà di Studi umanistici dell'Università di Cagliari. Sofia Pintus, 22 anni, è la prima laureata in videoconferenza di San Giovanni Suergiu. Anche lei, come tanti altri studenti sardi, è riuscita a completare il suo percorso universitario, nonostante l'emergenza da Coronavirus e le rigide restrizioni agli spostamenti.

LA DISCUSSIONE. Emozionata ma con piglio deciso, ieri mattina ha esposto la sua tesi (relatore la professoressa Simona Maria Cocco) su “Le Tic (le tecnologie dell'informazione e della comunicazione) nella didattica dello spagnolo come lingua straniera” del corso in Lingue e culture per la mediazione linguistica indirizzo interculturale. In pratica, nel cuore dell'era digitale, l'uso degli strumenti che la tecnologia mette a disposizione per accrescere e migliorare l'insegnamento in classe (anche a distanza) dello spagnolo. Davanti a lei, in collegamento on line da Cagliari, la commissione presieduta dalla professoressa Antonietta Marra. Nella stanza accanto, in ascolto, i genitori Antonello e Luisa Corda che, armati di cellulare, hanno ripreso il tutto in diretta per il fratello Davide (ad Atene, dove lavora come assistente di volo per una nota compagnia aerea low cost), il nonno Aldo (87 anni) e tutti gli altri parenti che non sono voluti mancare, almeno virtualmente, all'evento.

L'EMOZIONE. «È stato emozionante, diverso da come mi aspettavo, ma emozionante. E poi - dichiara Sofia - sapere di aver tutta la mia famiglia intorno a sostenermi è stato bellissimo». Ora anche per lei, visti gli stravolgimenti della pandemia da Covid-19 nella vita di tutti, il futuro è tutto da scrivere. «A giugno, avendo vinto una borsa di studio del programma Erasmus, - aggiunge - dovevo partire a Malta per un tirocinio. Forse sarà rimandato a fine agosto». Intanto, però, dopo la triennale, all'orizzonte c'è l'obiettivo della laurea magistrale. «A ottobre - assicura - mi iscriverò al corso in Lingue e culture per la comunicazione e la cooperazione internazionale». Nel frattempo, coronavirus o meno, c'è da festeggiare un primo traguardo importante.

Maurizio Locci









2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 24 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 5
Intervista. L’infettivologo Vella
«I TEST NON DARANNO PATENTI D'IMMUNITÀ»

«A cosa serviranno i 40 mila test che la Regione metterà a breve in campo? Forse c'è un po' di confusione perché lo screening non serve per dare patenti di immunità. Si tratta di test rapidi utili a capire quanto ha girato il virus, cioè di indagini epidemiologiche che non hanno però un valore diagnostico».
A chiarire come stanno le cose è Stefano Vella, infettivologo e componente del comitato scientifico della Regione per l'emergenza Covid-19.

Dunque non certificheranno alcuna zona Covid-free?
«L'espressione Covid-free non ha senso. Serviranno per andare a vedere i percorsi del virus, qual è la sua circolazione reale. Come se fossero entrati i ladri in casa: capire come sono entrati e dove sono andati. È importante per sapere cosa fare».

Ma sono test affidabili?
«Fanno parte di quelli validati dal Ministero. Ma essendo test rapidi hanno un valore clinico relativo, se ci sono gli anticorpi li trovano quasi sempre ma, lo ripeto, non possono essere usati per dare patenti di immunità. Anche perché ancora non sappiamo neanche se l'aver sviluppato anticorpi esclude ulteriori contagi e per quanto tempo. Hanno però un vantaggio: è più facile ottenere la collaborazione della popolazione perché basta pungere un dito e non c'è necessità di fare un prelievo di sangue».

Insomma, serviranno soprattutto ad avere una mappa del contagio più accurata?
«Esatto. E ci consentiranno di calibrare meglio le azioni future perché ci daranno indicazioni anche sulle zone dove non ci sono stati casi. Per la Fase 2 è importante capire qual è il valore reale del contagio: a Vo' Euganeo hanno testato tutta la popolazione e la metà degli infettati è risultata asintomatica. E ormai ovunque si è visto che i soggetti entrati in contatto col virus sono molti di più di quelli emersi».

Secondo Paolo Contu, epidemiologo dell'università di Cagliari, nell'Isola i contagi potrebbero essere il quadruplo di quelli ufficiali. Concorda?
«Mi sembra una stima attendibile».

Come distribuirete i test?
«Si andrà per campioni rappresentativi della varie fasce di popolazione, non solo per età. Ad esempio le persone che vivono più in comunità o che stanno a contatto col pubblico».

Non ci sarà anche un criterio territoriale?
«Certo, si coinvolgerà tutta la Regione. Credo però che sia utile prendere dei campioni rappresentativi ma non troppo specifici, andando ad esempio nei centri commerciali che fanno da raccoglitori di un intero territorio».

E ne basteranno 40 mila?
«Il numero è sufficiente perché ci sia una statistica. E comunque presto partiranno anche le indagini seriologiche del Ministero».

Dunque i tamponi sono destinati ad andare in pensione?
«Tutto il contrario, in Sardegna va invece potenziata la capacità di fare i tamponi perché anche in futuro la priorità sarà beccare il virus quando è ancora attivo. E un'altra cosa che abbiamo imparato è che questa infezione si combatte nei territori e non negli ospedali. L'istituzione delle Usca, le unità sanitarie di intervento rapido, serve a questo: spegnere ogni piccolo focolaio con l'isolamento domiciliare e il monitoraggio continuo». (m. le.)







3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 24 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 5
Villaspeciosa. Le dimissioni, poi i sintomi e la conferma
«POSITIVO DOPO IL RICOVERO AL POLICLINICO»

Un uomo di Villaspeciosa è risultato positivo al coronavirus dopo una settimana di ricovero nel reparto di Medicina interna del Policlinico di Monserrato. Dopo un primo tampone in ospedale che aveva dato esito negativo, il paziente era stato dimesso. Lunedì è stato nuovamente sottoposto all'esame. Martedì sera il responso, comunicato dal sindaco Gianluca Melis, al quale il contagiato ha assicurato: «Da febbraio, quando è iniziata l'emergenza Covid-19, ho rispettato rigorosamente le regole. Sono uscito di casa solo per andare in ospedale».
Il ricovero era avvenuto il 3 aprile: dopo qualche giorno, i primi casi accertati al Policlinico.
Nell'ospedale di Monserrato l'uomo riferisce di aver visto «medici che si sono allontanati per rifugiarsi in una stanza di fronte alla mia. Mercoledì 8 siamo stati sottoposti al tampone: venerdì l'esito negativo. La sera sono stato dimesso». Dopo qualche giorno i primi sintomi: «Nausea e perdita del gusto». Poi i contatti con l'Ats che ha disposto un nuovo tampone: «Gli infermieri erano muniti di mascherine ma non di protezioni individuali sufficienti». Martedì il referto comunicato dal sindaco.
«Già da fine febbraio - ha puntualizzato il paziente a Gianluca Melis - ho rispettato la quarantena: se lo avessero fatto tutti quanti ora non saremmo in questa situazione. Sono amareggiato: prima del ricovero ai pazienti viene misurata la temperatura, senza tener conto del fatto che molti potrebbero essere asintomatici. Per fortuna sto bene, ma non dimenticherò mai quei giorni in ospedale: persone con tosse e problemi respiratori, una situazione da inferno». (l. e.)







4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 24 aprile 2020 / OGLIASTRA - Pagina 41
BAUNEI
Due laureati in streaming

Davanti al computer, in video conferenza, con la commissione dei docenti dell'Università di Sassari schierata sullo schermo del pc. Federica Incollu, 23 anni, di Baunei, si è laureata due giorni fa dal salotto di casa, a poca distanza dai familiari, in Mediazione Linguistica e Culturale, come d'obbligo al tempo delle restrizioni anti Coronavirus. La neolaureata Federica Incollu, prima baunese a conseguire il titolo online in un ateneo sardo, segue di alcune settimane il primo laureato baunese in videoconferenza, Samuele Cabras, 23 anni, a differenza della coetanea, dal salotto di casa si è collegato oltremare, con l'Università di Genova, conseguendo in videochiamata la laurea in Scienze Infermieristiche. I due, che hanno rinviato a tempi migliori la tradizionale festa, hanno ricevuto auguri e congratulazioni anche sul profilo facebook del Comune. ( gm. p. )







 

La Nuova Sardegna





 

 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 24 aprile 2020 / Speciale La bussola Salute/Benessere - Pagina 44

L'APP IMMUNI PER RIPARTIRE

Sarà volontaria, ma si calcola che dovrà scaricarla almeno il 60% degli italiani (l'80% degli smartphone) perché contenga l'epidemia seconda ondata

Anche l'Italia, come tanti Paesi al mondo, si sta dotando di un sistema di «contact tracing» che aiuterà a gestire la Fase 2 della ripresa dall'emergenza coronavirus, insieme ad altre misure. L'app si chiama Immuni, è stata scelta dal governo dopo un processo di selezione durato un mese, è volontaria e si basa sul bluetooth. Sarà sperimentata presumibilmente a partire da maggio, in alcune zone del Paese al Nord, al Centro e al Sud per poi essere estesa a tutto il territorio nazionale e diventare lo strumento attraverso il quale l'Italia cercherà di ripartire. L'applicazione è stata realizzata dalla società milanese Bending Spoons, con il contributo del centro Medico Santagostino e della società di marketing Jakala. Quando sarà autorizzata e testata sul territorio (il Parlamento chiede una legge che fissi le nuove regole) si sapranno maggiori caratteristiche tecniche. Al momento, si sa che è basata sulla volontarietà, sull'anonimato e sulla tecnologia bluetooth, così come ha chiesto l'Unione europea a tutti gli Stati membri. In pratica, tramite l'app, ogni smartphone emetterà periodicamente un codice identificativo univoco (cioè un ID) e anonimo che potrà essere captato dagli altri smartphone che utilizzano la stessa app nelle vicinanze, entro qualche metro. Se uno dei proprietari dell'app segnalerà di essere risultato positivo al coronavirus, il sistema consentirà di avvisare le persone con cui è stato in prossimità nei giorni precedenti. In maniera anonima, come prevede la legge europea sulla privacy. In questo modo, le persone avvisate potranno prendere i provvedimenti previsti dalle regole di prevenzione dell'epidemia, a cominciare dall'autoisolamento per i 14 giorni che sono riconosciuti come il periodo entro il quale l'infezione si può manifestare. Oltre al tracciamento, altra componente dell'app è un diario clinico dove ogni utente potrà conservare le informazioni sulle proprie condizioni di salute, con la possibilità di aggiornarlo nel caso di cambiamenti. L'applicazione è stata realizzata con un approccio flessibile, con l'idea che alle funzioni principali se ne possano aggiungere altre in base a diverse esigenze. «Le caratteristiche tecniche definitive dovranno essere decise dal governo, in base alla strategia globale che vorrà mettere in campo», ha spiegato all'ANSA Luca Foresti, Ceo del Centro Medico Santagostino. «Il codice sorgente del sistema sarà aperto, garantirà il rispetto delle libertà dei cittadini previste dalla Costituzione», ha sottolineato la ministra dell'Innovazione Paola Pisano che è stata capofila della task force di 74 esperti che ha portato alla scelta di Immuni. Tra i temi aperti del sistema di tracciamento, ci sono naturalmente la privacy e l'efficacia legata alla diffusione. «I dati anagrafici e sanitari dei cittadini dovranno essere conservati in una infrastruttura pubblica e italiana», ha spiegato il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri. Una lettera aperta degli accademici del Nexa Center for Internet and Society del Politecnico di Torino, ha chiesto invece un «approccio decentralizzato» con i dati conservati localmente sui dispositivi. Riguardo all'utilità, l'Università di Oxford ha spiegato che per essere efficace l'app deve essere utilizzata dal 60% della popolazione, ovvero l'80% degli smartphone del Paese. In pratica bisognerà convincere un italiano su sei a scaricarla. La app di Oxford chiede all'utilizzatore di rispondere a una serie di domande per capire se ha un rischio significativo di essere infetto. In caso affermativo, manda una serie di alert alle persone che sono state a contatto con il soggetto, chiedendo loro di mettersi in autoisolamento. «Ci potrebbero essere persone che ricevono notifiche da falsi warning -spiegano i ricercatori - ma in pochi giorni i benefici dalla soppressione dell'epidemia supererebbero i rischi di stare inutilmente in quarantena». Il sistema di tracciamento che ha visto Google e Apple unire le forze (con sui dovranno armonizzarsi le app di tracciamento di tutti i Paesi) lascerà invece fuori due miliardi di persone nel mondo, i meno abbienti e gli anziani.

Questionario e social

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