Venerdì 20 marzo 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
20 marzo 2020

L'Unione Sarda




 

1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 2

L’EMERGENZA
Allarme sempre più concentrato nei presìdi sanitari
CONTAGI, SI VA VERSO IL PICCO: IERI 72 CASI, ORA SONO OLTRE 200
Infezioni cresciute del 57%: mai così tanto in 24 ore

Settantadue nuovi casi in un giorno. La Sardegna raggiunge quota 206 positivi e registra il numero più alto di contagi in 24 ore dall'inizio dell'epidemia, con un incremento superiore al 57% rispetto a mercoledì. Significa che verosimilmente si va verso il picco, previsto in un giorno “x” tra questa e la prossima settimana.

TROPPI SANITARI POSITIVI. E se può confortare, almeno sul piano squisitamente statistico, la percentuale di letalità - ferma appena sotto l'1 per cento - a preoccupare è il numero abnorme di casi registrati tra medici, infermieri e operatori socio sanitari: sono la metà dei contagiati. Il dato conferma che negli ospedali e negli ambulatori si continua ad operare «in condizioni di massima insicurezza», per usare le parole di Raimondo Ibba, Antonio Sulis e Maria Giobbe, presidenti degli ordini dei medici di Cagliari, Oristano e Nuoro. Un problema anche per tutti i pazienti ricoverati - ieri per il Coronavirus erano 52, di cui 9 in terapia intensiva - per i quali il rischio di letalità aumenta esponenzialmente: il sassarese Antonio Branca, una delle due vittime sarde (l'altra è il cagliaritano Carlo Tivinio) ha contratto il virus nel reparto di Cardiologia del Santissima Annunziata. Ed è un problema anche per la funzionalità dei reparti dove si registrano le infezioni, che sono proprio quelli in prima linea nell'emergenza: devono chiudere per qualche giorno per essere sanificati e ma soprattutto continuano a perdere personale, tra infetti e isolamento. Non sarebbe questo il momento.

OSPEDALI IN EMERGENZA. Anche perché chi resta deve supplire alle carenze non solo dal punto clinico e della sicurezza ma ora, su disposizione dell'assessorato regionale alla Sanità, devono perfino misurare la febbre e fare l'anamnesi ai visitatori dei degenti e poi verificare che si lavino correttamente le mani. Tutti, salvo qualche eccezione, continuano a lavorare con spirito eroico ma crescono il malcontento e la frustrazione per la carenza di dispositivi di protezione individuale.

Nei più grandi ospedali sardi, dal Brotzu di Cagliari al San Francesco di Nuoro, dal Santissima Annunziata di Sassari al Giovanni Paolo II di Olbia, i contagi si susseguono e ieri se ne sono registrati altri due nella Rianimazione del nosocomio gallurese dove i casi hanno toccato quota 15. Tra i nuovi positivi di ieri ci sono altri due dipendenti della sede cagliaritana dell'Ats, dove mercoledì si era registrato il primo caso.

L'ATTACCO. La gravità è tale che si susseguono le denunce di medici e infermieri e la procura di Sassari ha aperto un'inchiesta contro ignoti. Altre denunce sono in arrivo. Gli ordini dei medici di Cagliari, Oristano e Nuoro continuano ad accusare il sistema regionale: «Non è in atto alcuna iniziativa concreta sulla individuazione dei portatori asintomatici, non è stata data alcuna indicazione comportamentale specifica alle strutture sanitarie.

I NUMERI. Nell'Isola sono stati eseguiti 1.334 test, 152 sono le persone in isolamento domiciliare. Sul territorio sono stati rilevati complessivamente 41 casi accertati Covid-19 nella Città Metropolitana di Cagliari (+9 rispetto all'ultimo aggiornamento), 7 (+2) nel Sud Sardegna, 3 a Oristano, 21 (+1) a Nuoro e 134 (+60) a Sassari.

Fabio Manca







2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 4

L’EMERGENZA
Il racconto di un’infermiera del Santissima Trinità di Cagliari: “Turni massacranti e docce di varechina”
«QUI È L'APOCALISSE HO VISTO CARLO MORIRE»

«Abbiamo le mani che sanguinano e le piaghe sul viso, ma non ci fermiamo». Un altro turno infinito sta per iniziare nel reparto Malattie Infettive del Santissima Trinità di Cagliari. Laura (il nome è di fantasia per non incorrere nelle sanzioni disciplinari) fa l'infermiera da più di vent'anni e si prepara all'ennesima serata in trincea. «Se le persone vedessero quel che vediamo noi starebbero a casa».

Ha paura?

«Prima no, ma ora inizio ad averne».

Quanto durano i turni?

«Minimo dodici ore».

Quanto guadagna?

«Tra i 1.500 e i 1.600 euro al mese».

Da quanto lavora agli Infettivi?

«Vent'anni».

Ha mai visto una situazione simile?

«Ho lavorato in altri reparti prima, ma una realtà così apocalittica non c'è stata neppure ai tempi dell'Hiv».

Quali protezioni usate?

«Ne usiamo sempre meno, questo è il punto critico. Avevamo scorte grazie all'emergenza ebola di qualche anno fa, ma alcuni materiali sono in scadenza».

Fate economia?

«Si, stiamo finendo tutto. Prima avevamo cappucci e cuffie integrali che coprivano anche il collo. Ora non più. Quello che possiamo fare usciti da una stanza e inondarci di varechina».

Quanti siete per turno?

«Dipende. Lavoriamo fianco a fianco con i colleghi di Rianimazione e anche loro devono usare le protezioni adeguate, a volte per assistere un paziente dobbiamo essere in nove: ne va della vita».

Quanto impiega a vestirsi?

«Io che sono formata cinque minuti».

Qual è la procedura?

«Nel primo spogliatoio lascio i miei indumenti, infilo la prima divisa e gli zoccoli di spostamento. A questo proposito vorrei dire una cosa».

Prego.

«Non abbiamo divise di scorta, non stiamo ricevendo il carico dalla lavanderia e così quando arriviamo non sappiamo se avremo una divisa o no. Detto questo, la vestizione procede».

Come?

«Nella zona gialla ci ricambiamo: guanti, doppi guanti, cuffia quando c'è e la tuta che ormai tutti siete abituati a vedere, mascherina e occhiali».

All'uscita?

«Quando finiamo con un paziente ci svestiamo e se abbiamo il dubbio di esserci contaminati irroriamo la pelle con la varechina».

Le mani sanguinano?

«Sì e abbiamo anche le piaghe in faccia per gli occhiali».

Cosa succede se dovete andare in bagno?

«Evitiamo. Beviamo pochissimo, dentro la tuta si suda parecchio e quindi la pipì viene prodotta meno, e poi la teniamo. Se ti scappa rischi di deconcentrarti e non ce lo possiamo permettere».

Quante pause per turno?

«Poche, è difficile fermarsi anche per mangiare. Vorrei ringraziare i ristoratori che ci mandano la cena: per noi è vita».

Cosa consiglia ai colleghi più giovani?

«Di non farsi vincere dalla paura e non avere fretta perché fa commettere errori».

I malati cosa dicono?

«Ci adorano».

Hanno paura?

«Sì, hanno bisogno di rassicurazioni e noi gliele diamo pur nell'incertezza di quel che accadrà. Cerchiamo di essere credibili, ma qualcuno ci legge la verità negli occhi».

Sentono la mancanza dei parenti?

«Sì, avere un contatto li aiuterebbe ma non è possibile, per ora hanno solo noi».

Cosa vi chiedono i familiari?

«Ci telefonano, vogliono sapere come stanno i loro cari, se sono spaventati e vogliono rassicurarli che loro a casa stanno bene».

Lettere o foto?

«Questo no, non mi è capitato».

Messaggi da comunicare?

«Una donna mi ha chiesto di far sapere una cosa al marito, ho riscritto quelle righe mille volte per paura di sbagliare».

Il momento più duro?

«Quando è morto Carlo, il paziente 1. Purtroppo ero lì quando se n'è andato e c'ero anche al suo arrivo. Abbiamo parlato, l'ho visto vigile e orientato, mi ha raccontato del suo bimbo, di sua moglie. Ha lottato fino alla fine».

Com'è cambiata la sua vita?

«Leggo la preoccupazione negli occhi dei miei familiari. Anche in casa dobbiamo tenere le distanze».

Come?

«Niente più baci e abbracci, mi si stringe il cuore ma non possiamo rischiare».

Ha fatto il tampone?

«Sì, è negativo».

Cosa dice a chi non rispetta le restrizioni?

«Quando rientro dopo un turno di lavoro e li vedo correre e passeggiare, l'istinto sarebbe di abbassare il finestrino e dirgliene quattro».

Invece?

«Non si può, ma se vedessero quel che vediamo noi capirebbero che questo non è un gioco».

Mariella Careddu


 





3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 6

IL MONITO. Berlino richiama i riservisti. Contagiato anche Alberto di Monaco
L'ONU: AGIRE O LE VITTIME SARANNO MILIONI

Se non si agirà in tempo, il coronavirus «ucciderà milioni di persone». È l'Onu a lanciare l'allarme su una crisi sanitaria senza precedenti nei suoi 75 anni di storia che porterà, avverte il segretario generale Antonio Guterres, a una recessione globale di «dimensioni record».

Nel mondo si contano già oltre 9.300 vittime, con l'Italia che con 3.405 morti in tre settimane ha superato la Cina per decessi. Ormai è l'Europa l'epicentro della pandemia: centomila i casi confermati finora, e il virus contagia anche leader come il principe Alberto di Monaco o il negoziatore Ue per la Brexit Michel Barnier.

In Spagna i contagi hanno raggiunto i 17 mila - ma secondo gli esperti sarebbero decine di migliaia - e il numero dei morti è cresciuto del 30% in 24 ore, superando quota 760: a Madrid, la città più colpita, si conta ormai un morto ogni 16 minuti e le imprese funebri cremano 24 ore su 24. Il nemico invisibile avanza anche in Germania, dove saranno richiamati i riservisti dell'esercito. I casi sono quasi 14 mila e le vittime 44: una percentuale di morti più bassa che nel resto d'Europa, dovuta secondo gli esperti all'alto numero di giovani contagiati e alla mancanza di test post-mortem.

E se in Italia si pensa già a ulteriori restrizioni, il presidente francese Emmanuel Macron tuona contro i suoi concittadini che hanno preso le disposizioni «troppo alla leggera». Con quasi 11 mila casi e 370 morti, il governo stringe altre maglie: le spiagge del Mediterraneo sono ormai off limits e, come in Spagna, si pensa a requisire gli hotel per proteggere i senzatetto.

Di fronte a misure più soft - scuole chiuse ma esercizi aperti - è invece soddisfatto dell'«enorme sforzo» dei suoi connazionali il premier britannico Boris Johnson, fiducioso di poter «sloggiare il virus in 12 settimane». Mentre l'ultranovantenne regina, tornata per precauzione in isolamento nel castello di Windsor, fa appello alla «capacità di unirsi» del popolo britannico. Il governo, di fronte a 3.269 casi accertati e 144 morti, ha comunque presentato un pacchetto di misure d'emergenza che include la possibilità di arrestare chi si sottrae alla quarantena.

Anche gli Usa hanno superato quota 10 mila casi con un'impennata nelle ultime 24 ore, mentre il presidente Donald Trump continua ad accusare la Cina e a sciorinare messaggi rassicuranti .

Resta invece un mistero la reale diffusione del virus in Russia, che al momento dichiara solo 200 casi. In giornata il centro russo di emergenza aveva annunciato la morte della prima paziente affetta da Covid-19, una 79enne. Qualche ora dopo la smentita di Mosca.







4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 13

SASSARI
Party in terrazza, studenti Erasmus denunciati

Stavano festeggiando un compleanno a Sassari tra brindisi, cori, risate e abbracci, totalmente disinteressati di divieti, prescrizioni e precauzioni.

La festa si stava svolgendo sul tetto terrazzato di una palazzina alla quale si accede da via Matteotti, ma che si affaccia sulla centralissima via Turati. La baldoria, dunque, è passata tutt'altro che inosservata.

Decine di residenti, affacciati ai balconi, hanno chiamato il 113. Sul posto sono arrivate le pattuglie della polizia e i vigili urbani. Hanno bloccato il traffico, tra l'incredulità delle persone, per consentire il volo di un drone che ha ripreso il party abusivo in terrazza e ha permesso agli uomini della polizia locale, coordinati dal comandante Gianni Serra, di identificare i partecipanti. Studenti universitari, per lo più stranieri, prevalentemente spagnoli. La loro posizione è al vaglio degli investigatori, ma rischiano guai seri. Sempre meglio del linciaggio cui hanno rischiato di essere sottoposti a opera degli abitanti del quartiere, che all'arrivo delle forze dell'ordine hanno protestato.






5 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 18

INTERVISTA
Lo storico Giangiacomo Ortu vede molti punti di contatto, anche positivi, con il tempo della guerra

«IL VIRUS METTE A NUDO LE FRAGILITÀ DELLA SOCIETÀ»

Giangiacomo Ortu guarda con gli occhi dello storico questo stravolgimento delle abitudini, provocato dal coronavirus, e questo tempo sospeso che riporta alla mente altri periodi bui come gli anni tra il 1940 e il 1945, durante la guerra mondiale. Ortu insegna Storia Moderna all'Università di Cagliari ed è stato direttore dell'Istituto sardo per la storia della Resistenza e dell'Autonomia. Oggi intravede somiglianze tra quel conflitto e il ciclone virus soprattutto per l'atteggiamento delle persone e le reazioni di fronte a fatti così sconvolgenti.

«L'analogia è fondata. La guerra - spiega - non portava solo morti e feriti, anche in seno alla propria famiglia, ma determinava un clima di angosciosa sospensione, che incombeva nel presente e si proiettava nel futuro. Il ricordo dei razionamenti alimentari è rimasto a lungo nella memoria collettiva».

La gente trova momenti di evasione: ieri alla radio le note di “Tuli-tuli-pan” del Trio Lescano e al cinema “La cena delle beffe” con Clara Calamai e il primo seno nudo, oggi si canta nei balconi e nei social si trova la forza di ridere…

«Sono gli anticorpi morali e mentali di cui noi italiani per fortuna disponiamo in abbondanza».

La seconda guerra mondiale in Sardegna. Cosa è successo?

«Non molto, in verità, poiché non ci fu il temuto sbarco anglo-americano e, dopo l'8 settembre, la ritirata dalla Sardegna della novantesima divisione tedesca, cui si aggiungeva la divisione italiana Nembo, formata da paracadutisti, non fu contrastata dal generale Antonio Basso. L'unica resistenza ai tedeschi, coraggiosa ma resa debole dal disordine dei comandi, si verificò a La Maddalena. Alcuni storici rendono lode al generale Basso per aver risparmiato altre sofferenze all'Isola, ma c'è chi, come Emilio Lussu, gli imputa un comportamento militare disonorevole».

Sono di nuovo d'attualità termini come quarantena e isolamento. Hanno sempre descritto terribili epidemie. È un salto indietro nel tempo?

«È l'impressione che abbiamo soprattutto noi storici, ed è davvero straniante. L'ultima epidemia in Sardegna fu di vaiolo, nel 1829, e devastò soprattutto Sassari, con ottomila morti. Le epidemie del passato colpivano le popolazioni in modo rapido e brutale ed erano localizzate. Non causavano particolari traumi psicologici: erano eventi naturali o punizioni divine, che si subivano con disarmata rassegnazione».

È stata richiamata la spagnola che ebbe effetti devastanti dopo la prima guerra mondiale.

«In questo caso l'analogia è più forte, perché quello della spagnola fu pure un virus influenzale e afflisse tutto il mondo tra il 1918 e il 1920, provocando 50 milioni di morti. Ma si può sperare che il coronavirus non faccia altrettanto perché le risorse di scienza e medicina sono oggi enormemente superiori».

Rispetto a quelle del passato quali sono i caratteri più rilevanti di questa “pestilenza”?

«È una domanda cui è difficile rispondere. È necessario prima capire l'origine di questo virus. La mia impressione è che metta allo scoperto la fragilità delle basi della nostra civiltà, costruita sulla devastazione della natura, comprensiva anche del corpo dell'uomo».

L'Italia è rinata dopo la seconda guerra mondiale, una rigenerazione profonda. Accadrà così anche alla fine della pandemia?

«Possiamo soltanto sperarlo. Dobbiamo però guardare oltre l'Italia, a tutto il mondo, che dovrà ripensare il proprio modello di sviluppo economico e i propri stili di vita».

Tanti proprietari di seconde case sono arrivati nell'Isola dal nord Italia alla ricerca di un ambiente più protetto. Un fatto senza precedenti nella storia.

«Sì, ma anche un fatto di opportunismo, se non colpevole, perché a nessuno può essere chiesto di non aver paura, certo incauto. Il Governo avrebbe dovuto essere più previdente».

La Sardegna sarà più forte alla fine di questa vicenda?

«Lo spero, ma questo avverrà solo attraverso una maggiore sintonia morale con il resto del Paese, e anche con l'Europa, nonostante gli egoismi economici e l'incoerenza politica che le sue élites di potere hanno manifestato in questo drammatico frangente. Ma il si salvi chi può non può giovare a nessuno».

Gli storici di domani come racconteranno questa peste degli anni Duemila?

«Io sono uno storico oggi, e se lo fossi anche domani ricondurrei questo evento a un quadro di civiltà difettosa in un punto essenziale: la mancanza di rispetto per la natura “viva”, cui stiamo arrecando offese senza fine».

Massimiliano Rais







5 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Cagliari - Pagina 25

POETTO
Rinviato l’avvio dei lavori di bonifica della spiaggia. L’assesore: “Stiamo risolvendo i problemi logistici”

IL VIRUS BLOCCA LA RIMOZIONE DELLE CANNE
L’emergenza Covid-19 rallenta l’arrivo in città della società di Santa Teresa vincitrice dell’appalto

Spariranno dal Poetto, quando non si sa. L'avvio dei lavori di bonifica dalle canne fissato per lunedì scorso è stato rinviato a data da destinarsi a causa dell'epidemia da Coronavirus e ora l'emergenza sanitaria rischia di prolungare di parecchie settimane la presenza degli arbusti sull'intera spiaggia da Marina Piccola alla Bussola, lungo i cinque chilometri del litorale cagliaritano.

LA GARA. L'appalto era stato aggiudicato alla società cooperativa Octopus di Santa Teresa il 27 febbraio con un ribasso del 5 per cento sull'importo a base d'asta di 117mila euro, ma il calendario degli interventi è di fatto saltato. L'impresa e gli operai (una decina quelli che dovranno spostarsi a Cagliari dal nord-Sardegna) stanno lavorando per rimodulare il quadro logistico e recuperare i giorni persi. «Si stanno cercando soluzioni alternative nel rispetto delle regole imposte dall'epidemia anche per gli spostamenti legati ad attività lavorative. Credo che tra queste difficoltà ci sia anche quella legata alla permanenza in città del personale che prima avrebbe dovuto trovare ospitalità in un unico alloggio mentre ora, per evitare gli assembramenti, dovrà essere distribuito in diversi domicili», spiega l'assessore all'Ambiente, Alessandro Guarracino.

IL TAPPETO. Più alloggi per gli operai, insomma, e disbrigo delle pratiche nel pieno rispetto delle regole imposte dal Covid-19 prima di mettere mano ai rastrelli per ripulire la spiaggia dalle tonnellate di canne rovesciate sulla battigia. Fu allora che le mareggiate di gennaio intercettarono nelle acque del Golfo degli Angeli l'enorme quantità di legni galleggiati trascinati in mare dall'onda di piena che investì i fiumi della costa sud-orientale nella seconda metà dello scorso dicembre.

IL MONITORAGGIO. Per la rimozione non resta dunque che attendere. Guarracino è fiducioso che il progetto vada presto in porto e che le squadre della Octopus possano cominciare e completare la delicata operazione di bonifica. «I lavori, anche per l'estrema fragilità del compendio sabbioso del Poetto - ricorda l'assessore Guarracino - saranno seguiti passo dopo passo dal geologo del Comune, Paolo Di Paola, tra l'altro esperto di litorali. Un compito per il quale sarà affiancato dal Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell'Ateneo e in particolare dal professor Sandro Demuro». Sarà il docente universitario di Morfodinamica e conservazione dei litorali, grazie all'accordo Comune-Università, a monitorare dall'inizio alla fine della bonifica l'andamento degli interventi e le condizioni della spiaggia.

LE ANALISI. Intanto, dopo i risultati del piano di caratterizzazione (nessun inquinante è stato riscontrato tra le canne) affidato alla Sgs Italia spa, società lombarda ma già operante in Sardegna con un'unità operativa a Macchiareddu, è stata anche stabilita la destinazione del materiale. Le canne saranno trasferite alla centrale di compostaggio del Tecnocasic.

Andrea Piras






6 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Cagliari - Pagina 25

Università. Da lunedì coinvolte anche altre facoltà
SCIENZE E BIOLOGIA, LE LEZIONI SONO ONLINE

Gli studenti in corso delle facoltà di Scienze e Biologia hanno cominciato mercoledì a seguire le lezioni online mentre i docenti le impartiscono. Lunedì sarà il turno di quelli di Scienze economiche, giudiriche e politiche e di Ingegneria e Architettura. E, a seguire, potranno usufruirne anche gli iscritti in Medicina e in Scienze umanistiche: gli universitari. Con il sistema a regime tutti gli insegnamenti saranno coinvolti in questo sistema.

In questi giorni tutti gli studenti in corso vengono informati delle modalità di accesso al sistema e vengono fornite loro le credenziali per poter fruire degli insegnamenti organizzati secondo il calendario previsto in piattaforma. Ogni studente può seguire la lezione da qualsiasi dispositivo (desktop, tablet o smartphone) e con qualsiasi sistema operativo e può interagire con il docente durante l'erogazione della lezione nella virtual classroom.

L'Università ha acquisito licenze e tecnologie atte a coprire tutti gli 81 corsi di laurea mettendo a disposizione singole profilazioni e materiali didattici di ognuno dei 1.620 insegnamenti. Per gli esami si stanno valutando, con gli altri atenei italiani, modalità telematiche che non lascino dubbi sul valore legale degli esiti conseguiti. Per le lauree sono in fase di attivazione modalità di svolgimento per via telematica.






7 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 marzo 2020 / Nuoro - Pagina 37

POSADA
Primo laureato telematico

Si chiama Andrea Dalu, ha 24 anni ed è di Posada il primo laureato in Sardegna ai tempi del coronavirus. Il neo dottore ieri mattina ha conseguito la laurea magistrale in “Politiche pubbliche e governance” con la votazione di 110 discutendo la sua tesi davanti allo schermo del pc con la commissione collegata in viodeoconferenza.

“Gli incendi boschivi in Sardegna: analisi di due sistemi locali di lavoro” è il titolo della tesi che aveva l'obiettivo di indagare il legame tra gli incendi boschivi e la criminalità organizzata nei territori di San Teodoro e Siniscola, in particolare in relazione alle assunzioni e all'apertura dei pascoli. «La solennità della cerimonia non mi è mancata - ha dichiarato Andrea Dalu - tutto sommato ero preparato».

Il neo dottore, ringraziando i docenti e il rettore, ha dedicato la laurea ai genitori. (f. le.)



 

La Nuova Sardegna




 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 20 marzo 2020 / Prima pagina
Oggi all’università di Sassari
LA SOLENNITÀ DELLE LAUREE VIA SKYPE
Cerimonia per 13 studenti: “Saremo eleganti e faremo festa”

Per 13 studenti dell’Università di Sassari oggi è il giorno della laurea. Via skype.
Primi nell’Isola e tra i primi in Italia ai tempi del Coronavirus. Tra di loro 4 maghrebini che prenderanno la magistrale grazie al progetto Formed. “Saremo eleganti – spiega Marco, 22 anni, laurea triennale in Scienza naturali – anche se siamo chiusi in casa. E faremo festa”.   Bua a pagina 13

Sassari - Pagina 13
UNIVERSITÀ >> DIDATTICA ON LINE
Andrea racconta la sua avventura, saranno in 13 dal dipartimento di Chimica e Farmacia e discuteranno la tesi via Skype
«OGGI MI LAUREO DAL SALOTTO DI CASA MIA»

di Giovanni Bua

SASSARI Marco questa mattina si sveglierà presto, con un bel po' di nervosismo addosso. Probabilmente salterà la colazione, e farà una lunga doccia, ripetendo ossessivamente la sua tesi sull'acquacoltura. Poi si metterà la sua camicia e la sua giacca migliore. E finalmente parlerà alla commissione di laurea, dal salotto di casa sua.

È uno dei 13 studenti che questo pomeriggio si laureeranno, primi nell'Isola e tra i primi in Italia, ai tempi del Coronavirus. Via skype chiaramente. «Ma è da giorni che i nostri professori ci gasano - racconta il 22enne, che chiuderà oggi la sua triennale in Scienze Naturali - che ci dicono che dobbiamo rispettare la sacralità del momento, la sua importanza. Che dobbiamo metterci eleganti, anche se siamo chiusi in casa. E fare festa. Perché è un giorno di festa». Marco, che di cognome fa Cherchi e, tra le altre cose, è rappresentante degli studenti del suo dipartimento, è tra quelli fortunati: «Sono a Sassari, con la mia famiglia e mio fratello - spiega - con cui, una volta messi a letto i miei, faremo un po' di baldoria. E sto organizzando una mega chat di gruppo con gli amici al computer, per farli partecipare». Ma, anche per chi è "bloccato" lontano da amici e parenti, l'università di è messa in moto. «Un po' tremo a pensare a tutti i problemi di linea che potrebbero sorgere - scherza Simonetta Bagella, presidente del corso di laurea in Scienze Naturali e del corso Magistrale in gestione dell'Ambiente e del Territorio del dipartimento di Chimica e Farmacia -. Ma abbiamo deciso di fare le cose per bene. E permetteremo, oltre ai laureandi, di collegarsi anche a un ristretto gruppo di parenti. I cinque ragazzi e ragazze che stanno concludendo il loro percorso triennale di Scienze Naturali, e gli otto che prenderanno la magistrale in gestione dell'Ambiente e del Territorio, hanno faticato come matti. Discuteranno tesi che riguardano cambiamenti climatici, tutela di specie come i ricci di mare o il pinna nobilis, saranno i futuri manager dell'ambiente. Meritano di essere celebrati con tutti i crismi. E spero che, alla proclamazione, riempiano la loro casa di coriandoli come fanno, facendoci tanto arrabbiare, con la nostra piazza».

Per quattro di loro poi il collegamento con i parenti sarà particolarmente importante ed emozionante, si tratta degli studenti maghrebini che prenderanno la magistrale grazie al progetto Formed. «Una di loro - spiega Bagella - è sola in casa. Si collegherà la sua famiglia. E ci saremo anche noi a tenerle un po' di compagnia e a renderle onore».

Una bella festa insomma, celebrata nell'aula magna da una commissione presente fisicamente. Rinforzata dalla delegata alla didattica dell'Ateneo Rossella Filigheddu e dal rettore Massimo Carpinelli. «Ci sarò - spiega Carpinelli - per dare ancora più forza a un evento di grande valenza simbolica. Perché non solo l'università di Sassari non si ferma, e di fatto non si è mai fermata, ma è il luogo dove si continua ad andare avanti, a preparare il nostro futuro. La didattica a distanza faceva già parte della strategia di didattica inclusiva che il nostro ateneo stava mettendo in atto per particolari categorie di studenti, come i detenuti o tutti quegli studenti impossibilitati a seguire le lezioni. Gli strumenti erano già pronti ma non pensavamo di doverli usare su questa scala e così a lungo. Non è la didattica che vorremmo, non è la didattica ideale: nessuna tecnologia, a oggi, può sostituire il contatto con il proprio maestro, la forza di una lezione libera svolta insieme ad altri studenti, ma oggi dobbiamo usare quella. E allo stesso modo siamo pronti a portare a termine i percorsi di studio dei nostri ragazzi. Che abbracciamo, per ora solo virtualmente, e che per noi, come sempre, sono fonte di infinito orgoglio e continua ispirazione».

Questionario e social

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