Venerdì 17 aprile 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
17 aprile 2020

L'Unione Sarda



 

1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 17 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 4

L’EMERGENZA. Giovanni Sotgiu, docente di Statistica medica: azzeramento dei contagi forse a luglio

«RIPARTIRE ORA CON REGOLE E SANZIONI»

Professore, come va letto l'andamento dell'epidemia oggi in Sardegna?

«Siamo in una fase di ascesa e, se l'andamento rimarrà lo stesso, a partire da metà maggio la curva comincerà potenzialmente ad appiattirsi, anche riguardo al numero delle morti, per arrivare a luglio...».

Significa che a luglio saremo ancora tutti chiusi in casa?

«Spero proprio di no, anche perché la Sardegna sopravvive grazie al periodo estivo. Spero ci siano le condizioni per poter elaborare una strategia di riapertura che sia graduale e che tenga conto dei rischi, ma che permetta di ripartire. In questa fase bisogna dare un messaggio positivo che non sottostimi il problema ma gli dia l'adeguato peso».

Lei è d'accordo sull'avvio di una graduale riapertura?

«L'ultimo decreto del governo ha già previsto qualcosa».

Ma la Sardegna ha confermato la stretta, ad esempio sulle librerie...

«Il presidente Solinas avrà deciso sulla base dei consigli del comitato scientifico e non conoscendo queste raccomandazioni non mi permetto di giudicarle».

Ma tante regioni, sulla base delle indicazioni del governo, hanno cominciato.

«Mi sembra giusto. In questa fase si può trovare una soluzione misurata sui rischi epidemiologici della malattia che possa però salvaguardare il sistema economico».

Giovanni Sotgiu, 47 anni, una specializzazione in malattie infettive, insegna Statistica medica all'Università di Sassari. E' l'uomo giusto, dunque, per aiutarci a leggere i numeri dell'emergenza Covid-19 che ogni giorno vengono comunicati dalla protezione civile nazionale e regionale. Uno scienziato pedagogista, lo si può definire, non solo perché ha ideato quello che viene chiamato "Modello Trinità" di comunicazione diretta con i cittadini, ma anche perché - con i colleghi dell'Università Statale di Milano - ha creato Predict Covid-19, un sito interattivo che, regione per regione, mostra l'andamento dell'epidemia e, sulla base dei dati reali, fa una predizione nel tempo. «Il modello è valso per la Lombardia e le altre regioni italiane. L'abbiamo applicato anche alla Spagna e alla Germania».

In Sardegna qual è la situazione?

«Stiamo avendo un incremento del numero dei casi, così come dei decessi, principalmente legato al fatto che nel momento in cui, come le altre Regioni, abbiamo applicato le misure di confinamento domiciliare, il virus era già diffuso. Se ne è ridotta la circolazione, ma l'infezione non si può azzerare con un interruttore. Vero è, peraltro, che questo genere di evoluzione epidemica si sarebbe potuta attutire se avessimo avuto una solida educazione alla prevenzione...».

In che senso?

«Distanza sociale, lavaggio delle mani, ventilazione degli ambienti sono misure semplici che tutti, a cominciare dagli operatori sanitari, dovremmo adottare ogni anno pure per l'influenza. Invece è successo che la non corretta applicazione delle misure, più il fatto di ritrovarsi le farmacie prive di disinfettanti alcolici, guanti e mascherine, hanno creato un problema anche sul territorio».

Il Modello Trinità cos'è?

«La dimostrazione che anche una corretta comunicazione è utile a modificare in meglio i comportamenti della popolazione. Un'esperienza pubblicata sull'International Journal of Tuberculosis and Lung Disease, e quindi validata dalla comunità scientifica. Grazie a questi incontri per via telematica abbiamo aiutato la gente a dare il giusto peso al problema del Covid che non va sottovalutato ma neanche riempito di caratteristiche che non possiede dal punto di vista scientifico».

Qual è la paura più grande che lei ha colto?

«I camion militari che a Bergamo trasportavano le bare. Un'immagine devastante. Quando dico che la letalità è inferiore al 2%, la gente mi dice: allora perché così tanti morti? E allora spiego come il 2% moltiplicato per 100mila, o centinaia di migliaia di contagiati, significa grossi numeri dal punto di vista assoluto. Dico anche che il virus Sars Cov-2 non è l'Ebola che su 100 infettati 47 li uccide. In questo caso su 100 infettati muoiono 2».

Lei non leggerebbe in televisione il bollettino pomeridiano dei numeri?

«Non mi permetto di criticare. Ma è vero che la popolazione non ha bisogno di messaggi unidirezionali, bensì di spiegazioni, di rassicurazioni da parte degli esperti».

Il messaggio anti-paura che dà lei qual è?

«Primo, positività non significa morte. Secondo, bisogna tutelare i soggetti vulnerabili: ultra65enni e coloro che hanno patologie cardiache, renali, alle vie respiratorie, diabete, i grandi obesi».

C'è un indicatore a cui possiamo prestare attenzione per capire se il contagio sta calando?

«La diminuzione dei malati, cioè dei ricoverati. Sempre tenendo conto del periodo di incubazione della malattia che sta tra i 5 e gli 11 giorni».

Ma in Sardegna non sono numeri piccolissimi?

«E' la fotografia corretta che inquadra la storia naturale di questa infezione: 80 su cento infettati non hanno sintomi; il 10, 15% circa sviluppa una polmonite interstiziale; il 2% va incontro alla morte».

Siamo in una fase di crescita...

«Sì, immagini una curva a S. Dobbiamo valutarne l'andamento che è molto simile a quello della Lombardia e di altre regioni italiane».

Il caldo potrebbe aiutare?

«E' un punto interrogativo. Si vedrà, per ora dobbiamo tenerci prudenti».

Servono più tamponi?

«No, perché non danno garanzie: se io sono negativo oggi, domani posso incontrare un positivo per strada e mi contagio. Dove sta l'utilità?».

E i test sierologici?

«Nel momento in cui l'Istituto Superiore di Sanità e il Consiglio Superiore di Sanità dicono che in questo momento il Ministero non raccomanda alcun genere di test, abbiamo detto tutto».

Lei non critica la decisione del presidente Solinas, però approva l'allentamento fatto dalle altre Regioni...

«Abbiamo tenuto aperti i supermercati, è vero? Penso che regole come distanziamento, mascherine, gel per le mani, le possiamo applicare anche in altri ambiti sociali dove non si creano condizioni di assembramento. Ad esempio nei ristoranti dove può essere rispettata la distanza di un metro tra i commensali».

E se poi le regole vengono disattese?

«Si dirà: ti metto 10mila euro di multa e ti chiudo il locale. Prevedendo sanzioni pesantissime penso che una graduale apertura di alcuni tipi di attività, anche per fare ripartire l'economia, la si possa prospettare».

Ma da subito, professore?

«A mio modo di vedere sì, e lo dico anche da studioso di tubercolosi, malattia ben più contagiosa del Covid».

Piera Serusi




2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 17 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 4
L’esperto, 47 anni, docente di statistica medica all’Università di Sassari
IL MODELLO TRINITÀ, COVID SPIEGATO AI CITTADINI

È nato a Trinità d'Agultu il progetto di educazione sanitaria studiato per contrastare la paura e i pregiudizi ( effetti collaterali del Covid 19) e porta il nome del centro costiero gallurese.
Il Progetto Trinità è stato presentato sulla rivista scientifica internazionale "International Journal of Tuberculosis" dal professore Giovanni Sotgiu. Su iniziativa del Comune, i 2200 residenti sono stati invitati a dialogare in videoconferenza con il docente universitario che ha parlato di coronavirus, portando i suoi interlocutori fuori dal vortice delle fake news e delle informazioni totalmente sbagliate, la base di atteggiamenti discriminatori e di situazione di forte tensione. Il sindaco di Trinità, Giampiero Carta, spiega: «Ci siamo resi conto con l'assessora Laura Suelzu, che era necessario informare correttamente la comunità. Anzi, abbiamo capito, partendo dalla nostra esperienza diretta, che uno dei problemi maggiori delle persone era proprio la corretta informazione. Perché vedevamo persone spaventate e piene di dubbi. Il professor Giovanni Sotgiu ha accolto la nostra richiesta ed è nato questo progetto. Attraverso i social, le persone hanno rivolto le domande più disparate sul Covid. Ad esempio, uso delle mascherine, distanziamento sociale, modalità della diffusione del virus e categorie a rischio. In videoconferenza, tutti hanno avuto la possibilità di ascoltare le risposte del professore e devo dire che questo ha rasserenato la comunità. È l'unico modo per evitare i comportamenti sbagliati e prevenire la caccia all'untore». Trinità ha avuto alcuni casi di positività Covid 19, ma la situazione è sempre stata sotto controllo. Carta conclude: «La tensione ora è dovuta alla necessità di ripartire, bisogna trovare il modo di uscire da questa fase. In sicurezza, certo, ma sapendo che le nostre comunità sono allo stremo».

Andrea Busia

 

 

 

 

3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 17 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 9

POLICLINICO. Il sindacato dei medici Cosmed replica al prorettore Marongiu

«È UN DIRITTO-DOVERE DEI LAVORATORI TUTELARE LA SALUTE COMUNE»
IL CASO. Non si placano le polemiche al Policlinico sui contagi dei giorni scorsi. Dopo la lettera del manager Sorrentino, la replica dei primari di Chirurgia fino alla risposta del prorettore Marongiu: ora arriva la presa di posizione dei medici della Cosmed

Non si ferma la polemica sui contagi al Policlinico di Monserrato. Continua il batti e ribatti negli ambienti sanitari sulle responsabilità che avrebbero aperto la strada ai tamponi positivi nella struttura dell'Azienda ospedaliero-universitaria. Stavolta interviene la Cosmed, Confederazione sindacale medici e dirigenti (a cui aderiscono le sigle della dirigenza medica e sanitaria Anaao-Assomed e Aaroi-Emac), che risponde alla “lettera aperta” del prorettore Francesco Marongiu, direttore del Blocco C del Policlinico: «Il documento firmato dai primari della Chirurgia segue una prima segnalazione in cui si chiedeva all'azienda la possibilità di eseguire gli interventi chirurgici solo dopo l'esecuzione del tampone nasofaringeo, utilizzando i massimi dispositivi di sicurezza disponibili, a tutela del paziente e di chi opera».

Quarta puntata dopo la lettera del direttore generale Giorgio Sorrentino, la risposta dei primari di Chirurgia e la presa di posizione di Marongiu. La Cosmed si rivolge proprio al prorettore: «Affermare che non spetta ai chirurghi fare proposte operative significa non considerare la ratio delle disposizioni normative sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro». I lavoratori «non solo» sono da considerare «come titolari di diritti ma anche quali destinatari di precisi doveri per tutelare il bene comune “salute”, denunciando le situazioni di rischio operativo». Il sindacato si sofferma «sull'inadeguatezza delle misure di prevenzione e protezione fin qui adottate. Problemi già segnalati dai direttori del Dipartimento di chirurgia ben prima dei recenti avvenimenti. Dopo una simile debacle organizzativa speriamo che l'Aou capisca che il titolo di ospedale No-Covid non è da solo sufficiente per immunizzare pazienti e operatori dalle infezioni». Si contesta «la scelta di tenere aperto il bar del Policlinico» e che «a tutt'oggi, in alcuni reparti potenzialmente a rischio, agli operatori venga consegnata solo una mascherina chirurgica a testa al giorno». Eppure, «l'utilizzo dei Dpi (dispositivi di protezione individuale), che per intenderci non sono le mascherine chirurgiche, è un tema centrale in fase di epidemia, in quanto assicura la protezione degli operatori e impedisce che questi ultimi - quando contaminati - possano diventare a loro volta veicolo di propagazione involontaria del virus». Si parla di «incertezza dominante» col richiamo alle parole del professor Marongiu, «il quale ha testualmente riferito che si poteva fare di più, disegnando percorsi rigorosi, una zona filtro per tutti gli operatori, la disponibilità adeguata dei presidi necessari ». La confederazione sanitaria va avanti: «È proprio perché si doveva fare di più che la Cosmed ha indirizzato all'assessore della Sanità alcune proposte su come organizzare un ospedale No-Covid, indicando quali procedure dovessero essere messe in atto, proprio per scongiurare il pericolo che le infezioni si propagassero dentro una struttura ospedaliera».

 

 

4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 17 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 19
PANDEMIA. La manifestazione sarà rinviata al prossimo anno

Il coronavirus “chiude” la rassegna Monumenti Aperti

L'effetto Covid-19 non risparmia la cultura. E uno degli appuntamenti più attesi della primavera è rinviato: Monumenti Aperti si terrà presumibilmente in autunno. La manifestazione, che da oltre vent'anni mette in mostra i tesori delle città e degli angoli più nascosti dell'Isola, è costretta a fermarsi a causa dell'emergenza.

Le prime tappe sarebbero dovute essere a metà aprile, ai primi di maggio erano previsti gli appuntamenti a Cagliari, Sassari e a Oristano ma adesso è tutto sospeso. «L'edizione 2020 di Monumenti Aperti, che si sarebbe dovuta tenere a partire dalla metà di aprile, è rimandata all'autunno con date e modalità da stabilirsi» si legge sulla home page della manifestazione. E Imago Mundi, l'associazione che organizza l'evento su scala nazionale, in questi giorni è al lavoro per cercare di riorganizzare e salvare un evento che ogni anno richiama un numero sempre maggiore di turisti.

Un anno fa a Cagliari nella due giorni ci furono 85mila presenze negli oltre 70 siti culturali aperti, a Oristano oltre 15mila visitatori nonostante il fine settimana segnato dal maltempo.

Il 2020 prometteva bene, il format sarebbe stato quello consolidato che coinvolge migliaia di volontari e gli studenti come guide ma il virus pestifero ha scombinato i piani. «Purtroppo le cronache di queste ultime settimane hanno imposto a tutti un drastico cambio di marcia», scrive sul sito di Monumenti aperti Fabrizio Frongia, presidente di Imago Mundi. Anche le attività didattiche a distanza impongono un inevitabile cambio di programma, insegnanti e alunni avranno necessità di tempo per recuperare e prepararsi alle due giornate di lavoro come guide turistiche.

«Rinviare la manifestazione in autunno potrà consentire di dare nuova spinta al turismo culturale e far rivivere le nostre città dopo questo periodo di isolamento e blocco totale», commenta l'assessore alla Cultura del Comune di Oristano Massimiliano Sanna.

Valeria Pinna




 

5 - L’UNIONE SARDA di venerdì 17 aprile 2020 / ECONOMIA - Pagina 24
L'Isola perderà da 3 a 4,4 miliardi
Il blocco delle attività economiche in Sardegna per l'emergenza del Covid-19 rischia di produrre perdite economiche che, nella migliore delle ipotesi, sfioreranno almeno i 3 miliardi di euro. Se, però, il “lockdown” dovesse essere esteso fino a giugno prossimo, è probabile che il danno possa lievitare ancora di più, raggiungendo quota 4,4 miliardi.

Le conseguenze si rifletterebbero sul Pil regionale che potrebbe calare del 9,6%, rispetto allo scenario base (ovvero, il 2020 senza emergenza sanitaria), o subìre un crollo del 15% nel contesto peggiore, con quattro mesi di chiusura.

L'analisi della Cna

L'analisi del Centro studi della Cna Sardegna prende in considerazione una serie di elementi, connessi a una serie di vulnerabilità strutturali dell'economia dell'Isola, come ad esempio, quelli legati al più alto peso del settore turistico, all'elevata quota di lavoratori precari, a una maggiore esposizione al rischio liquidità per le imprese, a un settore delle costruzioni più vulnerabile e all'altissima quota di export nel settore petrolifero. L'insieme di tali fattori potrebbe scatenare una recessione superiore a quella nazionale, ma anche a quella delle regioni del Sud.

Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale di Cna, invitano «la Giunta regionale a riprogrammare con urgenza le coordinate entro cui collocare lo sforzo per l'uscita dall'emergenza sanitaria e l'avvio della fase due della ripartenza dell'economia. Per far questo occorre mettere in campo tutte le energie e gli sforzi necessari per avviare la ricostruzione economica, attraverso una cabina di regia partecipata dalle istituzioni regionali, locali e dalle forze sociali».

Secondo l'associazione di categoria degli artigiani, la situazione sta precipitando sempre di più. «I dati del Fondo monetario - chiariscono Piras e Porcu - confermano che siamo di fronte ad un evento che, per effetti prodotti, non ha precedenti. La crisi determina la più grave caduta in un solo trimestre della produzione e dell'occupazione a livello mondiale che si sia mai registrata nella storia del capitalismo, inclusi i periodi di guerra».

«Risposte eccezionali»

In quest'ottica, secondo Cna, è necessario predisporre delle risposte eccezionali nelle dimensioni dell'impegno finanziario e modalità inedite e non convenzionali negli strumenti da mettere in campo, per contrastare gli effetti della pandemia. «Occorre guardare alle importanti e nuove opportunità offerte dall'utilizzo dei fondi strutturali europei - specificano Piras e Porcu - sia per quanto attiene alla programmazione in corso ma soprattutto alla prossima 2021-2027, considerato che sono cadute molte delle rigidità e dei vincoli che ne rallentavano la gestione: dal venir meno dell'obbligo del cofinanziamento nazionale, ai vincoli di concentrazione tematica, alla possibilità di trasferire risorse da un programma all'altro».
Eleonora Bullegas

LAVORO. Stop al 27% degli occupati
Tra le maggiori criticità legate alla situazione di emergenza per il Coronavirus, evidenziate nell'analisi della Cna, c'è quella che riguarda la composizione della quota di occupazione sospesa dal decreto del governo nazionale dell'11 marzo scorso e da quello del 25 marzo del Mise.
Anche se in Sardegna la percentuale totale di lavoratori fermati dai decreti è inferiore alla media nazionale (il 27% contro il 33%), tra essi oltre la metà (il 54%, contro il 34% nazionale e il 40% delle regioni del Sud) è formata da dipendenti con contratti a termine o partite iva senza dipendenti, ovvero dalla componente più fragile e più esposta al rischio di perdita del lavoro o di disagio economico. (e.b.)




6 - L’UNIONE SARDA di venerdì 17 aprile 2020 / CAGLIARI - Pagina 27

SANTA GILLA. Impianti dimenticati dalla Regione e saccheggiati ripetutamente dai ladri

QUEI LABORATORI ABBANDONATI DA OLTRE 30 ANNI
Mai decollato a Sa Illetta il polo della ricerca sulla pesca

Gli unici a usufruirne sono stati i ladri. Sono stati loro, negli anni, ad approfittare di quel tesoro a portata di mano e arraffare tutto ciò che potevano. Tutto ciò che poteva essere rivenduto e trasformato in denaro contante. A cominciare dal rame presente nei pannelli elettrici, nelle preziose apparecchiature letteralmente smontate e saccheggiate. Come gli altri impianti distribuiti sui 1.200 metri quadri del caseggiato.

Attese inutili

Dopo i ladri i vandali. Mai i biologi marini sono stati in grado di utilizzare quelle attrezzature costose sistemate lungo le sponde di Santa Gilla, nella piana di Sa Illetta, per rilanciare pesca e acquacoltura della laguna più grande d'Europa. Alla fine neppure i pescatori, che da anni chiedono alla Regione e al Comune di poter sfruttare almeno i caseggiati (compreso l'edificio che fu del Museo della laguna) per condividerli con l'Università e far partire quel progetto rimasto sulla carta per quasi quarant'anni.

L'idea

Schiuditoio delle arselle e laboratori realizzati negli anni Ottanta per volere della Regione dopo la bonifica dello stagno investito dal vibrione del colera restano cattedrali nel deserto, per riprendere la locuzione inventata negli anni Cinquanta-Sessanta per descrivere le immense opere industriali finanziate dallo Stato e mai rese produttive.

A salvarsi dal degrado è stato soltanto lo stabulario dei mitili e delle vongole, rimesso in piedi dal Consorzio ittico Santa Gilla cui la Regione ha affidato la gestione della pesca nella laguna. Un lavoro costato parecchi soldi recuperati dal bilancio del consorzio. Perché qui a Santa Gilla, la Regione, per rilanciare la pesca, di quattrini non ne ha mai investiti.

I protagonisti

«Compresi i fondi spesi in questi mesi per sistemare il nuovo depuratore che tratterà le acque dello stabulario», ricorda Renato Murgia, responsabile dell'assoziazione armatori sardi. «Solo per questo impianto - precisa Walter Rizzardini, vicepresidente del consorzio - abbiamo investito oltre ottantamila euro. I lavori sono ora fermi per via dell'emergenza sanitaria, ma spero possano riprendere al più presto così da poter disporre del depuratore già quest'estate».

Patrimonio in abbandono

Più di milleduecento metri quadri tra il piano terra e il primo piano. La centrale della ricerca applicata ospitata nell'edificio di Sa Illetta non è mai decollata. Le vongole non sono mai uscite dalle vasche della riproduzione. E neppure le microalghe, il loro cibo, sono state mai prodotte in questi impianti. L' industria ittica di Santa Gilla è fallita sul nascere. Nelle porte semidistrutte e spalancate sullo sfacelo delle grandi stanze sono rimasti i cartelli che indicano la destinazione di questi ambienti.

Sala nursey, ovvero la culla delle arselle che, nate nelle vasche, sarebbero poi finite nello stagno per riprodursi e accrescersi. La sala delle ostriche, i laboratori delle microalghe, mangime dei molluschi. Al piano terra i silos, gli schiuditoi, le celle frigo, i compressori. Sono ormai inutili ma erano, allora, apparecchiature sofisticate. Chi ha conosciuto gli anni dell'allestimento racconta di computer, microscopi, lampade alogene. Tutto sparito. “Vietato fare fotografie e riprese”: il cartello penzolante nel caseggiato che per un certo periodo ha ospitato il museo della laguna appare oggi una beffa. Da fotografare c'è ben poco, se non lo sconcio.

I piani

«Ci sono fondi importanti, più di due milioni, destinati al rilancio di questi impianti. Stanziati dalla Regione dovevano passare al Comune. Non sappiamo se questo sia avvenuto», ricorda Rizzardini. Il tesoro di Santa Gilla, almeno per ora, non può essere sfruttato. «Mentre noi ci arrabattiamo per superare l'ennesima crisi, la batosta subita col nubifragio del 2018 che ha ucciso cozze e arselle. Le vongole solo ora stanno iniziando a crescere», racconta Rizzardini. «Di fondi pubblici qui non ne sono mai arrivati. Ancora si aspettano le opere idrauliche indispensabili per garantire la salute e la produttività di questa fragile laguna», conclude Renato Murgia. Andrea Piras

Ombre nere sul progetto di rilancio

L'ultima puntata risale al 2017. L'anno della svolta, così lo intesero i pescatori delle cooperative socie del Consorzio ittico Santa Gilda. Doveva essere il primo passo della grande svolta, l'attesissimo progetto di rilancio del polo della ricerca biologica applicata alla pesca e all'acquacoltura. La Regione aveva recuperato due milioni e mezzo di euro da destinare alla riqualificazione degli stabilimenti. Fondi bloccati. Per spenderli serviva (e serve ancora) un accordo di programma tra la stessa Regione, il Consorzio industriale provinciale di Cagliari, il Comune e il Consorzio ittico Santa Gilla. Il Cacip aveva infatti acquisito anche la proprietà dei caseggiati costruiti tra gli anni Ottanta e Novanta sulle sponde della laguna, a Sa Illetta.

Una svolta? Macché. Il riconoscimento della proprietà, fino ad allora rimbalzata tra Regione e Consorzio industriale, aveva fermato qualsiasi programma di rilancio. Era stato il Cacip a chiedere chiarezza, rivendicandone il possesso. Poi accertato dagli uffici di viale Trento. Il presidente del Cacip Salvatore Mattana si disse assolutamente d'accordo con l'avvio di un progetto di riqualificazione che coinvolgesse gli enti ma anche l'Università di Cagliari e in particolare il Dipartimento di scienze dell'ambiente già impegnato a Santa Gilla. Era il 2017. La firma tra Cacip ed enti locali venne apposta, ma solo per il passaggio di proprietà dei locali. (a. pi.)




 

7 - L’UNIONE SARDA di venerdì 17 aprile 2020 / MEDIO CAMPIDANO - Pagina 34

GONNOSFANADIGA. In Municipio la discussione della tesi in Scienze: è la prima volta

«LA MIA LAUREA NELL'AULA CONSILIARE»
Augusta Tiddia non ha internet a casa e ha chiesto ospitalità al sindaco

Per potersi laureare ha chiesto aiuto al sindaco di Gonnosfanadiga Fausto Orrù: «Non ho la linea Internet a casa, sono poco tecnologica e non ho mai fatto l'abbonamento telefonico per la linea dati, posso discutere la tesi in videoconferenza con l'Università dal Municipio?». Permesso accordato e da ieri Augusta Tiddia, 57 anni, operatrice sanitaria, è dottoressa in Scienze naturali con una tesi sulla flora endemica sarda.

In diretta

Alle 9.30 è iniziato il collegamento. Mentre i docenti si sono collegati dalle loro abitazioni, la laurenda l'ha fatto dall'aula consiliare. Augusta, nel primo gruppo di laureati online dell'Università di Cagliari, era particolarmente emozionata: «Ho aspettato tanto questo momento, mi sono iscritta in Scienze naturali nel 2006, dopo 14 anni pensare di non potermi laureare per mancanza di linea Adsl sarebbe stato devastante, ringrazio il sindaco». Come per ogni studente, anche per Augusta il percorso è fatto di alti e bassi: «Ma è stata un'esperienza bellissima, ho imparato tanto e i primi anni, quando frequentavo la facoltà, li ricordo con grande felicità». Poi sono arrivati anche i momenti tristi e la sua tesi ne porta il ricordo: «È dedicata ai miei genitori, sono venuti a mancare durante il mio percorso di studio ed è per questo che la dedico a loro». Di sicuro Augusta Tiddia non aveva immaginato di laurearsi in Municipio durante una pandemia in Comune ma la prende con ironia: «Non tutti i mali vengono per nuocere, sono molto emotiva e avere la commissione di fronte ed il pubblico di parenti e amici mi avrebbe agitata».

Le reazioni

Il sindaco ha incoronato la laureata mentre i vigili urbani immortalavano il momento, compresi i complimenti della rettrice Maria Del Zompo: «Siamo contenti e grati dell'aiuto dato dai sindaci per sostenere i nostri studenti che possono non avere a casa il miglior collegamento per partecipare alla sessione di laurea. In questo modo i sindaci dimostrano attenzione alla cultura, l'unico strumento per continuare a crescere». Il sindaco Fausto Orrù: «Una laurea è sempre motivo d'orgoglio per una comunità e sono felice di aver potuto aiutare Augusta Tiddia e di averle potuto donare la corona d'alloro. Abbiamo dimostrato che Gonnosfanadiga non si ferma nemmeno durante il coronavirus».

Johanne Cesarano





 

La Nuova Sardegna




8 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 17 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 12
Le frasi del vice ministro della Salute aprono il dibattito nel mondo scientifico

Spunta l'obbligo di vaccino. Sileri: «Bisognerà imporlo»
di Maria Emilia Bonaccorso
ROMA Introdurre un obbligo di vaccinazione contro il coronavirus: un'ipotesi ancora non formalizzata ma che ha provocato, dopo essere stata pronunciata dal vice ministro 5 Stelle Pierpaolo Sileri, reazioni e dibattito. Lo sguardo è rivolto ad un futuro che ci si augura sia il più vicino possibile, per organizzare le chiamate vaccinali e chiudere una delle emergenza sanitarie più gravi della storia. Per il momento si era parlato solo di obblighi per le vaccinazioni infantili ma era stata la proposta del governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, di introdurre la vaccinazione obbligatoria contro l'influenza a riproporre il tema delle immunizzazioni «per legge», dopo la lunga polemica che aveva accompagnato negli scorsi anni l'approvazione in Italia dell'obbligo, contro la quale i novax avevano alzato le barricate. Con il vaccino anti-Covid «sconfiggeremo questo virus. Visti i danni che ha creato il virus, non ho dubbi sul fatto che un vaccino del genere debba essere obbligatorio», ha affermato Sileri durante un'intervista a Radio Cusano Tv Italia. «Una volta che saranno garantite efficacia e sicurezza del vaccino - ha detto - dovremmo avere una copertura tale per non far più contagiare nessuno». Gli esperti in realtà temono che l'arrivo del vaccino provochi un effetto opposto alla fuga, cioè una corsa a ottenere l'immunizzazione contro il virus che sta mettendo in ginocchio il mondo. E si pensa già a come organizzare la «fase 2», con un rafforzamento dei servizi vaccinali per fare fonte alle lunghe file che ci si aspetta quando arriverà il vaccino ma anche per garantire le coperture contro le altre malattie messe a rischio dalle chiusure dei centri in questi mesi di crisi. «Non ci sarà bisogno di introdurre l'obbligo per il vaccino contro il Coronavirus perché la gente ha sperimentato cosa significa avere paura di una malattia», spiega Walter Ricciardi, componente Oms e consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza. Per quello che riguarda invece la futura organizzazione per garantire al meglio la distribuzione del vaccino, quando arriverà, Ricciardi ha spiegato che all'interno del comitato tecnico scientifico si sta valutando, con il sostegno del ministro Speranza, un rafforzamento dei centri vaccinali, per far fronte all'emergenza ma anche per ristabilire un servizio indebolito a causa della crisi che ha «provocato un forte abbassamento delle coperture vaccinali». «Si rischia ora - ha spiegato Ricciardi - di tornare a morire di morbillo». L'esperto non teme invece problemi per quello che riguarda la distribuzione delle dosi nei paesi: «Stiamo sviluppando un meccanismo di grande coordinamento, è una bella sfida». Proprio su questo aspetto si è espresso il ministro Speranza che durante al riunione dei ministri della salute del G7 ha sottolineato l'importanza che i Paesi lavorino insieme alla ricerca per superare al più presto l'emergenza Covid-19. «Una volta trovato il vaccino sarà fondamentale farsi carico di distribuirlo a tutti. Anche a quei Paesi che non hanno la possibilità di garantirlo ai loro cittadini», ha aggiunto. Quando il vaccino contro il Sars Cov-2 arriverà, «il problema dell'obbligatorietà, almeno per qualche tempo, probabilmente non si porrà» ma dovremo invece «superare l'ostacolo legato alla quantità disponibile, ovvero scegliere a chi destinare le dosi, dando la precedenza ad anziani, malati cronici e operatori sanitari. E un ulteriore elemento da valutare è l'esclusione di chi è già immune», ha spiegato Giancarlo Icardi, coordinatore del Gruppo Vaccini della Società Italiana di Igiene. Per Icardi, professore di Igiene all'Università di Genova, il problema è che, «inizialmente non possiamo pensare di vaccinare 30 milioni di persone con 10 milioni dosi».






 

9 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 17 aprile 2020 / SASSARI - Pagina 19

TECNOLOGIA 3D CONTRO L’EPIDEMIA. Da un gruppo di studenti i supporti in materiale bio per mascherine e una simulazione che utilizza Usini come parametro

di Roberto Sanna
SASSARI Una stampante in 3D basta per alleviare la fatica di chi, quotidianamente, è costretto a indossare le mascherine protettive all'interno dei reparti ad alto rischio di contagio coronavirus. È l'idea vincente del Dynamic Range Studio, un gruppo di ricerca e sperimentazione che unisce alcuni studenti dell'hinterland sassarese che si sono messi insieme per lavorare insieme a progetti artistici e tecnologici. Dall'unione delle loro idee sono nati supporti per le mascherine che presto verranno realizzati e distribuiti. Non solo: utilizzando come parametro virtuale il paese di Usini, hanno fatto una simulazione dell'epidemia giungendo alla conclusione che la cosa migliore è quella di stare a casa. Ricerca che, messa sul web (è visionabile sul blog del loro Dyamic Range Studio), ha avuto 12mila visualizzazioni.
I componenti del gruppo di lavoro sono Gabriel Spanu (sviluppo e direzione), 23 anni, di Usini, proveniente dall'Accademia di Belle Arti di Sassari; Giorgio Fausto Canu (sviluppo e direzione) 23 anni, di Ossi, della facoltà di Chimica di Sassari; Gabriele Sini (ricerca e comunicazione), 22 anni, di Usini, laureato in Scienze della comunicazione all'università di Bologna; Luca Masia (supporto e ricerca) 21, di Ossi, della facoltà di Chimica e tecnologie farmaceutiche di Sassari; Simona Andreeva (ricerca e traduzione in inglese e bulgaro) 24 anni, della facoltà di Veterinaria di Sofia e Riccardo Lupinu (promozione) 21 anni, di Usini, della facoltà di Ingegneria informatica di Sassari. Il progetto dei supporti delle mascherine parte da lontano, grazie a una stampante 3D acquistata da Federico Dore, Giorgio Fausto Canu e Gabriel Spanu che hanno cominciato a produrre oggetti personalizzati. Qualche settimana fa «abbiamo deciso di metterci in gioco in questa emergenza utilizzando le nuove tecnologie - racconta Gabriel Spanu - e tra le altre cose siamo stati contattati da alcune persone che lavorano nel reparto di terapia sub-intensiva del Policlinico di Sassari. Ci hanno chiesto di produrre, con la nostra stampante, una protezione che evitasse il logoramento della parte posteriore delle loro orecchie dovuto ai lacci delle mascherine. Siamo riusciti a farlo modificando alcuni file gratuiti presenti su internet e utilizzando come materiale il PLA, un polimero simile alla plastica ma a base biologica (amido di mais), quindi non tossico e biodegradabile». La loro idea adesso è entrare nel entrare nel network Makers Pro sa Sardigna che tramite finanziamenti regionali è già riuscito a produrre una quantità enorme di sussidi per il personale socio-sanitario tramite le stesse stampanti 3D.E poi c'è la ricerca: «Siamo partiti da un articolo sul Washington Post che però proponeva come metodo la non-quarantena disinteressandosi della mortalità e, partendo da una comunità modellata sulla base di quella di Usini, abbiamo utilizzato i dati ufficiali del censimento e le statistiche della mortalità per fasce d'età. I dati utilizzati in partenza nelle simulazioni rispettano quelli comunicati dal ministero della Salute e il risultato è stato che con la scelta del governo Conte soltanto l'8% della popolazione è risultata affetta da coronavirus, contro il 97% del "free for all" e il 66% della quarantena parziale».

 

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