Sabato 21 marzo 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
21 marzo 2020

L'Unione Sarda




 

1 - L’UNIONE SARDA di sabato 21 marzo 2020 / Prima pagina

L’INTERVENTO

Caccia al vaccino

di Gian Luigi Gessa
Scrivere questo articolo mi fa tornare indietro nel tempo quando militavo con Bernardo Loddo, il grande virologo, alla ricerca di un vaccino contro la poliomielite. Bernardo aveva costruito in laboratorio il primo virus al mondo “tossicodipendente”, un virus che aveva bisogno di guanidina per moltiplicarsi. Decidemmo di utilizzare il virus “guanidinodipendente” per vaccinare delle scimmie (allora non era proibito e non esistevano gli animalisti). (...) segue a pagina 13

Primo piano - Pagina 13  Segue dalla prima pagina
L’EMERGENZA
L’intervento del farmacologo

Caccia al vaccino “a la carte” con test su topi e uomini volontari

 (...) La rilettura di quel lavoro, pubblicato su Science, mi riempie di una struggente nostalgia: riporta i nomi dei nostri maestri: Ferrari, il mio, Brotzu, quello di Bernardo. Allora quel lavoro aveva solo interesse scientifico poiché il vaccino di Sabin aveva sradicato la poliomielite dalla faccia della terra. Il virus della poliomielite assieme a quello del carbonchio sono oggi custoditi, come il sangue di un santo in un'ampolla, in un congelatore per futuri esperimenti scientifici o bellici. Allora, non c'era la fretta angosciosa per la scoperta di un vaccino contro il coronavirus. La vaccinazione tradizionale contro un virus consiste nell'inoculare nel soggetto da vaccinare, il virus morto, quello attenuato o le proteine del virus senza l'acido nucleico (RNA). Questi antigeni (le proteine del virus) suscitano nel sistema immunitario del vaccinando, una risposta anticorpale contro tutte le proteine del virus selvaggio. Questa strategia che ha una storia gloriosa contro i virus conosciuti e stabili, ma è costosa, lenta e imprevedibile nei risultati, è stata rivoluzionata dalle conoscenze attuali di biologia molecolare. Anziché inoculare tutte le proteine del virus preparate in laboratorio, si somministra quel segmento di RNA del virus che codifica selettivamente la proteina che il virus utilizza, come chiave di ingresso, per penetrare nella cellula ospite. La proteina prodotta dall'RNA virale non è tossica per la cellula ma, rilasciata nel sangue, suscita da parte del sistema immunitario la produzione di anticorpi contro di essa. Questi anticorpi riconosceranno la stessa proteina presente nel virus maligno e la inattiveranno, togliendo al virus la chiave per entrare nella cellula e distruggerla. Il virus, senza dimora, sarà divorato dai macrociti e il paziente sarà vaccinato con il vaccino che egli stesso ha costruito. Se questa strategia avrà successo sarà la guida per costruire nel futuro vaccini “a la carte”, per quei virus, come l'influenza, che cambiano vestito (le proteine capsidiche) ad ogni stagione e quei virus terribili che irrompono come uno tsunami in una comunità non vaccinata. Il vaccino servirà anche per quei virus che continueranno a circolare dopo l'epidemia. Infine, la strategia potrà essere una guida per costruire altri vaccini.

Con buona pace dei movimenti No Vax, è iniziata, in Cina, negli Stati Uniti e in Europa, la gara a chi arriverà prima di un anno alla scoperta del vaccino contro il coronavirus. I cinesi ne hanno per primi decodificato la sequenza genetica e l'hanno condivisa con altri scienziati nel mondo. Diverse industrie e università americane, sovvenzionate dal governo con milioni di dollari, sono impegnate in questa impresa. Ci sono segnali che il traguardo non sia lontano: le grandi industrie che lavorano con i soldi dello Stato americano, chiedono di essere protette da cause civili di risarcimento per eventuali incidenti nella sperimentazione, inoltre chiedono l'esclusiva ed un prezzo adeguato del vaccino prodotto, per il bene dell'umanità.

Come in guerra, nella corsa per il vaccino, i ricercatori disattendono il principio etico di non sperimentare sull'uomo prima di averlo fatto sugli animali. I difensori dell'etica hanno ottenuto un compromesso: la sperimentazione sarà fatta in parallelo su topi transgenici e uomini volontari. La volontaria Jennifer Haller è comparsa su tutti i giornali, proclamando: «Testo il vaccino per il bene di tutti».

Nella storia dei vaccini ai volontari umani, i carcerati, si prometteva la libertà se fossero sopravvissuti all'esperimento. Nel maggio del 1796 Jenner iniettò il materiale purulento del “vaiolo della vacca” ad un bambino di otto anni che rimase immune al vaiolo umano per la vaccinazione sperimentata.

A Cagliari, Giuseppe Brotzu non esitò a somministrare la sua muffa contenente la cefalosporina ad un bambino malato di tifo, che altrimenti sarebbe morto.

Robert Gallo è scettico sulla ricerca del vaccino RNA, «il mio punto di vista è che bisogna parlare di vaccino e fare previsioni su quanto potrà essere utilizzato su larga scala solo una volta che se n'è dimostrata l'efficacia almeno sulle scimmie. Le ipotesi si potranno fare quando si avrà un candidato che si dimostra promettente. Il resto sono solo parole perché abbiamo molti esempi di vaccini che passando ai test sull'uomo, hanno fallito».

Poiché anche i Nobel possono fallire mi auguro che anche il fallito Premio Nobel Robert Gallo possa avere torto!

Gian Luigi Gessa

 






2 - L’UNIONE SARDA di sabato 21 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 2
L’EMERGENZA

Rivolta degli infermieri. La Uil: reclutiamo dal privato

I CONTAGIATI SARDI SONO 293, ALLARME DEGLI OPERATORI SANITARI
In un giorno 87 positivi in più, moltissimi i medici

I numeri continuano a salire, sono un incubo. L'ultimo bollettino quotidiano sui positivi al Coronavirus registra 87 casi in più, quasi tutti a Sassari, la maggior parte sanitari. C'è un allarme medici e infermieri che fa sempre più paura. Senza armi sufficienti per difendersi, contagiati a centinaia, troppo pochi per far fronte a questa tragedia immane, arrabbiati con la Regione, gli operatori sanitari sardi chiedono tamponi per tutti, dispositivi di protezione individuale, contratti e condizioni di lavoro dignitosi.

IL REPORT

Sono 293 i casi di positività al Covid-19 accertati in Sardegna dall'inizio dell'emergenza. In un giorno, 87 in più (42,2%), giovedì erano 206. Sul territorio, 43 sono nella Città Metropolitana di Cagliari (+2), 8 nel Sud Sardegna (+1), 4 a Oristano (+1), 22 a Nuoro (+1) e 216 a Sassari (+82). In totale sono stati fatti 1.912 test. I pazienti ricoverati in ospedale sono 71, di cui 15 in terapia intensiva, mentre 217 persone sono in isolamento domiciliare. Due i decessi.

IL RECLUTAMENTO

Al Piano straordinario delle assunzioni stanno rispondendo in pochi. «Il problema non riguarda tanto i medici - ma stiamo richiamando anche i rianimatori/anestesisti pensionati - quanto gli infermieri, che non stanno rispondendo all'appello», dice l'assessore alla Sanità Mario Nieddu. La risposta arriva dal sindacato Nursind e dal gruppo Infermieri sardi (tremila adesioni su Facebook). «Non svendiamoci per sei mesi di lavoro», dicono i promotori della protesta, «la Regione, per affrontare questa emergenza, ha stabilito che l'assunzione del personale venga fatta con contratto di lavoro autonomo (collaborazione o partita Iva, non dipendenza pubblica statale) o contratto a tempo determinato di sei mesi, che si estinguerà alla fine dell'emergenza. Chiediamo ai colleghi disoccupati, per quanto possa sembrare eticamente immorale, di rifiutare categoricamente una proposta del genere».

I PROGRESSISTI

«È urgente rimuovere gli ostacoli che non hanno finora permesso l'assunzione del personale sanitario necessario», intervengono i Progressisti. «In Consiglio regionale abbiamo approvato una norma che doveva consentire la chiamata degli idonei dalle graduatorie concorsuali ancora valide. Nuovo personale abile, pronto per dare una mano negli ospedali. È inaccettabile però che sia stato prospettato un contratto di lavoro autonomo di pochi mesi. Non possono quindi sorprendere le rinunce, ancora di più se in molte strutture ospedaliere si continua a lavorare senza le opportune protezioni, come segnalato da tutti i sindacati dei lavoratori e dagli ordini professionali».

LA PROPOSTA

La Uil Fpl, con i segretari regionale e dell'Area Vasta Fulvia Murru e Guido Sarritzu, propongono il reclutamento dalle strutture private accreditate. «Dato che diverse aziende e cooperative sono costrette a ridurre drasticamente l'attività e a collocare il personale in ferie o cassa integrazione, riteniamo utile che queste professionalità possano essere a disposizione della sanità pubblica, su base volontaria e garantendo tutte le tutele assicurative e la retribuzione previste dal contratto, per coadiuvare da subito gli operatori del pubblico in questa drammatica emergenza».

Cristina Cossu




 

 

3 - L’UNIONE SARDA di sabato 21 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 3
L’EMERGENZA
Presto operativi anche il Mater Olbia e le cliniche sassaresi

Is Mirrionis come un ospedale di guerra, al via nell'Isola la rete dei presìdi Covid-19

Ieri il Santissima Trinità era un cantiere. Serviva un muro per chiudere una porta del reparto di Rianimazione, un varco che altrimenti può rivelarsi un'autostrada per il virus ora che la terapia intensiva per i pazienti colpiti da questo accidente non si farà più nel padiglione di Malattie infettive e viene dunque trasferita qui (dove oltretutto i posti letto sono nove). Una decisione maturata dopo il contagio di un medico nell'area che doveva essere il bunker per la cura dei malati e che invece, hanno ammesso i vertici dell'Ats, «ha mostrato alcuni limiti operativi».

Il piano di emergenza

S'inaugura dunque il nuovo corso del presidio di Cagliari che da lunedì sarà ufficialmente e operativamente ospedale Covid-19, destinato cioè ai pazienti risultati positivi al test del tampone e che magari devono essere assistiti anche per altre patologie respiratorie, cardiache, ginecologiche eccetera. Oltre al Santissima Trinità, nella rete regionale degli ospedali di guerra ci sono il San Francesco di Nuoro e i presidi dell'azienda ospedaliera universitaria di Sassari (individuati in prima battuta). Ieri il presidente Christian Solinas ha annunciato che anche due strutture private, il Mater Olbia e il Policlinico Sassarese, diventeranno centri di riferimento per la cura dei malati. «I tempi per l'allestimento - ha detto - saranno rapidissimi, lavoreremo giorno e notte».

La mappa dei padiglioni

Di sicuro si comincia al Santissima Trinità di Cagliari dove oggi i degenti Covid-19 sono quindici, di cui sei intubati. Qui da giorni i ricoveri no-Covid (in tempi di pandemia l'umanità aggredita dal virus si divide così) sono sospesi e i pazienti dirottati in altri ospedali, non solo della città. Il fatto che l'ospedale sia strutturato in padiglioni è l'ideale per affrontare al meglio quello che sta accadendo. Intanto, l'area destinata alla cura dei contagiati è quella del padiglione M, ovvero Malattie infettive e Pneumologia, più Medicina e Geriatria. Qui vengono curati i pazienti risultati positivi al test. Pazienti che, se non hanno insufficienza respiratoria, verranno curati nel padiglione di Malattie infettive e Pneumologia dove ci sono le camere a pressione negativa, un sistema di filtraggio dell'aria che in sostanza impedisce a virus e batteri di uscire. Se invece i pazienti presentano sintomi gravi ed è necessario procedere con la terapia intensiva vengono trasferiti in Rianimazione dove, appunto, è stato deciso di trattare i casi più seri. Medicina e Geriatria dovrebbero invece accogliere i pazienti cosiddetti post-acuti, quelli che hanno superato la fase più dura della malattia.

Percorso sporco-pulito

Ma un ospedale destinato a curare i pazienti contagiati, e a contenere dunque per la propria parte il diffondersi dell'epidemia, deve garantire assistenza anche a coloro che - pur essendo colpiti dal virus - hanno necessità delle cure del cardiologo, dell'urologo, del ginecologo, o magari sono donne con le doglie. Intanto va detto che tutta l'attività chirurgica dei pazienti Covid, compresi i parti cesarei, verrà fatta nel blocco operatorio del padiglione C, al piano terra di Urologia; mentre i letti dei degenti che hanno subito un'operazione sono al secondo piano. Tutto l'ospedale è stato rivoluzionato con i percorsi sporco-pulito (in modo da evitare contaminazioni), con corridoi e ascensori suddivisi rigorosamente, spazi riservati, aree off limits. Persino la documentazione, come le cartelle cliniche che ancora viaggiano impacchettate in faldoni, deve essere trasportata dentro un contenitore che scongiura possibili contaminazioni. Riorganizzato come un ospedale di guerra, il Santissima Trinità garantirà comunque gli interventi chirurgici d'urgenza anche di casi noCovid, visto che restano libere - e fuori dal circuito di gestione del contagio - le sale operatorie di Ginecologia, Ortopedia e Chirurgia.

I degenti trasferiti

La riorganizzazione della rete Covid-19, prevista ovviamente nel piano di crisi davanti all'avanzare del virus, è prima di tutto necessaria per contenere l'epidemia dentro gli ospedali. Fermo restando che la gravissima penuria di dispositivi di protezione del personale (a cominciare dalle mascherine) è senz'altro una delle cause delle infezioni in corsia, nei giorni scorsi l'Ats ha vietato le visite dei familiari dei pazienti e avviato il piano di dimissioni e trasferimenti dei degenti in altre strutture. In Sardegna la rete degli ospedali Covid-19 si sta pian piano definendo. Il Santissima Trinità è pronto: c'è ancora qualche porta da murare, qualche varco da chiudere. Ci fossero tute, calzari, occhiali e mascherine col filtro per i soldati in trincea, sarebbe perfetto.

Piera Serusi

 

 

4 - L’UNIONE SARDA di sabato 21 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 4
L’EMERGENZA
Enzo Tramontano, virologo all’Università di Cagliari: il mare è una difesa

«Mascherine per tutti? Sarebbe opportuno: non proteggono ma evitano di contagiare»

Non ci difendono dal contagio ma evitano di contagiare. Se le mascherine verdi, quelle senza filtro, fossero obbligatorie, probabilmente nessuno farebbe da ponte al coronavirus. «Non sono tanto uno strumento di difesa per chi è sano, quanto di riduzione della diffusione del virus per chi è malato. Considerato che anche gli asintomatici sembrano essere contagiosi, potrebbe essere utile che tutti le usino».

Docente di Microbiologia e virologia al dipartimento di Scienze della vita e dell'ambiente all'Università di Cagliari, Enzo Tramontano, 53 anni, guida un'équipe coinvolta a livello internazionale nella caccia a un anti virus efficace. È il progetto “Exscalate4CoV”, finanziato con 3 milioni di euro dall'Unione Europea. «Testiamo i farmaci già approvati, cerchiamo di capire come agiscono e come il coronavirus reagisce». La Sardegna ha compiuto un passo «giusto» dal «punto di vista sanitario» con la chiusura di porti e aeroporti. Il mare in questo caso «è un vantaggio». Certo è «impossibile» sapere quanto durerà l'emergenza, e mentre si cerca un vaccino è necessario «seguire le misure» imposte dal governo.

Noi intanto possiamo dare una mano con la mascherina. E i guanti?

«Meglio lavarsi le mani».

Acqua e sapone o amuchina?

«Acqua e sapone sono più che sufficienti».

Lavare indumenti e scarpe?

«Se si ritiene possano essere contagiati».

È utile non correre e non passeggiare?

«Uscire non vuol dire contagiarsi. Ma in questo momento è più opportuno stare a casa. La distanza di almeno un metro abbassa la percentuale del contagio in modo significativo».

Non ho i sintomi ma ho il virus: come faccio a scoprirlo?

«Non lo scopre. Serve un tampone».

Ci si può confondere coi sintomi di allergia o influenza?

«Sì, inizialmente sono simili. Febbre, mal di gola. Ma questo virus può andare al tratto respiratorio inferiore. Una differenza molto significativa».

I vaccini contro l'influenza proteggono dal virus?

«No. Questo è un virus nuovo. Quindi siamo tutti esposti».

Il caldo sarà di aiuto?

«Non tutti i coronavirus reagiscono allo stesso modo. Al momento è un'incognita».

Il virus è pericoloso solo per gli anziani?

«Chi ha un sistema immunitario meno efficace è più a rischio. Col nemico alle porte ci si difende meglio se le mura sono spesse. Vale anche per chi ha una patologia in corso e anziano non è».

Si muore per la malattia o con la malattia?

«Per entrambi i motivi».

Ci si può riammalare?

«Non credo, mi risulta ci sia una memoria immunitaria. Penso sarà alla base dello sviluppo di un vaccino. Ma è tutto in evoluzione».

Quanto sopravvive il virus sulle superfici?

«Ci sono studi che mostrano una sua certa resistenza. Le maniglie per esempio sono molto toccate e vanno pulite».

Passata l'emergenza, il virus potrebbe tornare da Paesi nei quali non sono state imposte restrizioni simili alle nostre?

«Certo. La speranza sono un farmaco e il vaccino. Col farmaco il virus circola ancora, come accade con l'Hiv, ma le persone possono sopravvivere. Il vaccino potrebbe portare alla sua eradicazione».

A che punto è la ricerca?

«Procede. Ci sono cure efficaci per altre patologie che potrebbero esserlo anche in questo caso. È una speranza, ma cerchiamo anche farmaci più specifici».

Quando arriverà il vaccino?

«Impossibile prevederlo. Almeno un anno».

Quanto durerà l'emergenza?

«Non c'è risposta oggi. Sembra che le misure in Cina siano state efficaci e l'Italia mi pare stia reagendo in modo adeguato».

La Sardegna, un'isola, può ritenersi più protetta?

«Penso proprio di sì, se riusciremo a limitare il contagio ora. Sono stati bloccati gli accessi e c'è il mare, una difesa. La chiusura di porti e aeroporti e l'obbligo della quarantena sono state iniziative corrette dal punto di vista sanitario. Poi l'aspetto economico è diverso».

Perché apparentemente il virus colpisce più al nord che altrove?

«È da vedere se sarà così. Sono tanti i fattori da considerare: temperatura, umidità, movimenti delle persone. Le polveri sottili? È un'ipotesi interessante ma non so quanto possano essere importanti».

Perché in Sardegna ci sono tanti contagiati tra medici e infermieri?

«Perché sono le persone più a contatto con i malati in situazioni di urgenza. Secondo un recente studio pubblicato su Science da colleghi americani e inglesi, è un virus che si trasmette facilmente. Anche attraverso persone asintomatiche».

Andrea Manunza






 

5 - L’UNIONE SARDA di sabato 21 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 17
L’EMERGENZA
Oristano. Eleonora Camba, 27 anni
TESI DI LAUREA DISCUSSA VIA SKYPE: «È ANDATA BENE, MI DISPIACE PER I MIEI»

«La proclamo dottor…». Silenzio, connessione Internet saltata. Qualche secondo di ansia davanti al pc, poi il collegamento riparte ed Eleonora Camba è la prima laureata oristanese in videoconferenza. Stretta di mano virtuale con la presidente della commissione, sorrisi davanti al monitor e poi brindisi con i genitori su Skype: così, in piena emergenza Coronavirus, si taglia il traguardo accademico. Due giorni fa, Eleonora Camba, 27 anni si è laureata in «Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale» all'Università di Padova con un bel 110 e lode in collegamento dalle Marche.

IL RACCONTO

«Non avevo immaginato così questa giornata, anzi fino all'ultimo pensavo che sarebbe stato meglio rinviare la discussione della tesi ma adesso sono comunque felice e soddisfatta», racconta al telefono dalla casa del fidanzato Lorenzo. È qui, in un paese in provincia di Macerata, che la giovane oristanese si stava preparando per il grande giorno. «In realtà quando Padova è stata dichiarata zona rossa io ero là per definire alcuni dettagli della tesi - ricorda - in quel momento mi sono sentita in trappola, ero sola, lontana dalla mia famiglia e dagli amici». L'angoscia si stava facendo asfissiante in una città che a poco a poco si trasformava, poi però la studentessa riesce a raggiungere almeno il fidanzato nelle Marche. Ma sono giorni particolari, anche i preparativi non sono come quelli di qualsiasi altra laurea. «Non ho fatto nemmeno in tempo a comprare un vestito nuovo - dice - hanno chiuso tutto da un giorno all'altro». Ma poco importa, mercoledì alle 13 nella stanza davanti allo schermo del computer portatile era impeccabile. Completo nero e camicia colorata, abito elegante per il fidanzato e la suocera che ovviamente erano a debita distanza di sicurezza. Poi la discussione in un clima un po' surreale tra collegamenti a link e piattaforme.

LA DISCUSSIONE

«È andato tutto bene - racconta - vedevo a turno i volti dei professori che mi parlavano, qualcuno non l'ho nemmeno visto in faccia». Qualche domanda, complessivamente una discussione di una decina di minuti poi la proclamazione. «Solo in quel momento per qualche secondo è andata via la linea - ricorda - si sentivano le voci dei docenti un po' preoccupati poi si è risolto tutto. La presidente ha avvicinato la mano alla web cam come se volesse stringere la mia». Momenti unici che resteranno nella mente della neo laureata così come la videochiamata con i genitori che hanno dovuto rinunciare ad assistere a uno dei momenti più significativi della vita della loro figlia. «Il fatto che mamma e papà non potessero essere con me è stato difficile - racconta Eleonora - mi è dispiaciuto soprattutto per loro però avremo modo di festeggiare non appena potrò tornare a casa in Sardegna. Per adesso abbiamo stappato una bottiglia in collegamento Skype».

Valeria Pinna







 

La Nuova Sardegna






 

6 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 21 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 2

Il senatore si è rivolto al ministro Speranza e chiede l'intervento della Regione
LICHERI: SUBITO UN COMMISSARIO ALL'AOU

SASSARI Un commissario speciale per l'Aou di Sassari. La richiesta del senatore Ettore Licheri, presidente della Commissione Affari europei del Senato, è sulla scrivania del ministro della Salute, Roberto Speranza: «Ho segnalato la situazione di grave pericolo che stanno correndo i miei concittadini dopo le tante infezioni "ospedaliere" all'interno delle strutture sanitarie della provincia. Sassari rischia di diventare una gigantesca Codogno - continua Licheri - e sia chiaro che il problema dell'insufficienza di dispositivi medici non ha niente a che vedere con la genesi delle infezioni ospedaliere che non dipendono dalla dimensione dell'epidemia ma dalla mancata applicazione dei protocolli di condotta che, se predisposti, mettono al riparo l'ambiente ospedaliero da qualunque fenomeno esterno». In città, però, non è andata così: «A Sassari l'ospedale è diventato il posto meno sicuro della città perché quei protocolli evidentemente non c'erano o si sono dimostrati insufficienti. E tutto ciò ha una ragione molto semplice: la Aou è priva di due indispensabili figure apicali come quella del direttore generale e del direttore amministrativo. Le loro funzioni vengono svolte, per la sola gestione ordinaria dell'Azienda, da un direttore sanitario e dal responsabile dell'area personale, che agiscono nei limiti di "facenti funzioni"». La diffusione del virus non ha però atteso la nomina di nuovi responsabili: «Davanti alla più grave crisi sanitaria del secolo, la Aou di Sassari si presenta senza una guida, non c'è una visione unica e organizzata dell'emergenza. Sono saltati tutti i più elementari protocolli sanitari e tutti hanno visto con quanta approssimazione siano state gestite le emergenze di questi ultimi giorni sottolinea Ettore Licheri -. La sanità sassarese vacilla pericolosamente e si regge solo grazie allo straordinario senso di abnegazione che stanno dimostrando i suoi operatori sanitari. Ma un rimedio c'è e possiamo adottarlo rapidamente. Ed è per questo che faccio un appello accorato alle autorità regionali, lontano da qualunque polemica politica, perché venga subito nominato un Commissario speciale ad acta che colmi questo vuoto direttivo e che predisponga un network organizzato, razionalizzando e coordinando tra loro le risorse rimaste a sua disposizione».





 


7 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 21 marzo 2020 / Sassari - Pagina 14

Ieri le lauree via Skype. Marco: comunque un'emozione. Giovanni: dopo la discussione vino e dolci con genitori e fidanzata
CORIANDOLI IN CASA PER I 13 DOTTORI ON LINE

di Nadia Cossu
SASSARI Abito scuro, camicia bianca e cravatta, padre e fratello seduti sul divano alle sue spalle, palloncini rossi in giro per la casa, la corona d'alloro pronta all'uso, così come il vassoio per il brindisi post proclamazione, computer acceso e commissione schierata, presieduta dal rettore Massimo Carpinelli. Alle 15 si parte.

«L'emozione c'era eccome, soprattutto all'inizio. Poi quando ho cominciato a discutere mi sono tranquillizzato ed è andata molto bene». Marco Cherchi è uno dei tredici studenti dell'Università di Sassari che ieri pomeriggio si sono laureati via Skype. L'ateneo turritano, in un momento di grande difficoltà, ha permesso ai suoi studenti di non rinviare questa tappa importante della vita. Già giovedì scorso un altro studente, Andrea Dalu, ha avuto modo di sperimentare la laurea specialistica "on line" in Scienze politiche, relatrice la docente Antonietta Mazzette e correlatore il collega Daniele Pulino. «È andato tutto benissimo - racconta Marco, che ieri ha conseguito la triennale in Scienze Naturali con una tesi sulla sostenibilità dell'acquacoltura - Ogni candidato veniva chiamato per nome dal rettore, la discussione è durata all'incirca dieci minuti, un quarto d'ora, poi i docenti si sono riuniti e alla fine c'è stato il momento della proclamazione». Laurea a distanza, in solitaria, ma comunque degnamente festeggiata: «Mio padre ha sparato i coriandoli in aria per casa, abbiamo fatto un brindisi con lui e con mio fratello e abbiamo mangiato qualche dolcetto». E il futuro? «Vorrei iscrivermi alla magistrale di Bioecologia marina a Cagliari oppure Biologia marina nella penisola».
«Si è creata la giusta atmosfera - commenta soddisfatta per l'ottima riuscita della sessione, Simonetta Bagella, presidente del corso di laurea in Scienze Naturali e del corso magistrale in gestione dell'Ambiente e del Territorio del dipartimento di Chimica e Farmacia - Ma naturalmente era una situazione surreale, è stato molto triste vedere l'aula magna vuota e devo ammettere che ci sono mancati il trambusto e quell'andirivieni che invece tanto ci infastidivano nelle sessioni "tradizionali". Però è andata molto bene, in questo periodo abbiamo sempre cercato di mantenere viva l'adrenalina dei ragazzi, con riunioni preliminari, prove. È stato tutto molto formale e la presenza del rettore, che ha fatto le proclamazioni, ha contribuito a rendere questa giornata ugualmente indimenticabile per i ragazzi». In commissione, oltre a Carpinelli e alla Bagella, anche Rossella Filigheddu, delegata alla didattica dell'Ateneo, e (in collegamento via Skype) i docenti Giulia Ceccherelli e Marco Casu. Giovanni Maria Solinas, di Buddusò, ieri ha invece conseguito la laurea magistrale in Gestione dell'ambiente e del territorio con una tesi sul monitoraggio delle acque di balneazione in Sardegna. «Ho fatto anche una diretta streaming su YouTube e quindi mentre discutevo arrivavano commenti di incoraggiamento, è stato tutto molto bello». Giovanni lavora già per una società privata che ha vinto l'appalto con l'Arpas per il controllo delle acque del mare del Nord Sardegna. «Mi hanno rinnovato il contratto, non vedo l'ora di ricominciare quando tutto sarà passato». Anche per lui festeggiamenti in famiglia: «Io, i miei genitori, la mia fidanzata, vino rosso e dolci fatti in casa».





 


8 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 21 marzo 2020 / Sassari - Pagina 16
Via Turati >> Individuati con il drone dalla Polizia Locale

FESTA SUL TETTO, DENUNCIATI IN 16
Nei guai un gruppo di studenti spagnoli. Fermato un runner che correva in via Carlo Felice

di Luca Fiori
SASSARI Incuranti delle oltre 4000 vittime (627 solo ieri) che l'Italia ha già dovuto contare dall'inizio dell'emergenza e - forse ignari del fatto che anche nel loro paese i morti hanno già superato quota 1000 - giovedì sera un gruppo di studenti spagnoli del progetto Erasmus ha deciso, in barba alle disposizioni del governo ma soprattutto al buon senso civico, di organizzare una festa su una terrazza con ben 16 invitati.Un party alcolico iniziato nel tardo pomeriggio, che naturalmente non è sfuggito ai residenti della zona di via Turati, che da qualche giorno avevano notato che il gruppo di studenti aveva trasformato l'idea di cantare dal balcone - adottata un po' in tutta Italia - in un appuntamento a base di alcolici e musica a tutto volume. La festa però questa volta è finita con una denuncia di massa e l'indignazione di tutto il vicinato. Sono stati gli agenti della polizia locale, dopo aver ricevuto diverse segnalazioni, a individuare il gruppo di irresponsabili sulla terrazza di una palazzina che si trova all'angolo tra via Matteotti e via Turati. Gli agenti, coordinati dal comandante Gianni Serra, si sono precipitati in via Turati, hanno bloccato il traffico, tra l'incredulità dei pochi passanti, per consentire il volo di un drone che ha ripreso il party abusivo in terrazza e ha permesso di identificare i partecipanti. Si tratta di sedici ragazzi spagnoli, di età compresa tra i 20 e i 25 anni. A tutti è stato contestato di aver violato l'articolo 650 del codice penale e di essersi totalmente disinteressati delle restrizioni fissate dal Governo per tutelare la salute dei cittadini.Quando il drone ha sorvolato le loro teste gli agenti hanno immortalato brindisi, risate, musica a tutto volume e cori per quella che sembrava una festa di compleanno. Oltre a infrangere le norme straordinarie di contenimento del contagio, i ragazzi hanno messo in pericolo l'incolumità propria e altrui: molti di loro erano seduti infatti sul cornicione e lì poggiavano anche bottiglie di vetro e piatti. Uno di loro era già noto alle forze dell'ordine per gli atti di vandalismo commessi qualche mese fa.La denuncia e la pessima figura fatta con gli altri inquilini del palazzo e con i residenti della zona non sembra però averli intimoriti. Un paio di loro ieri mattina hanno postato sui profili Instagram la notizia apparsa sul sito della Nuova Sardegna e con sfida hanno scritto in spagnolo: «Si, somos nosostros, que pasa? -, Si siamo noi, e quindi?», dimostrando di non aver capito la gravità del loro gesto sconsiderato. In tutto sono 145 le verifiche compiute due giorni fa dalla polizia locale in città. I 26 pubblici esercizi controllati sono risultati in regola. Il più incauto è stato un runner che, in divisa da corridore, è passato davanti al comando di via Carlo Felice: fermato e denunciato, ha detto di non sapere delle nuove norme. Un altro uomo è stato fermato nel centro storico: alla richiesta degli agenti di fornire documenti e autocertificazione, è fuggito. Raggiunto poco dopo, è stato fermato e denunciato.




 


9 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 21 marzo 2020 / Nuoro - Pagina 26
La sperimentazione è cominciata lunedì scorso: ad aprile la prima sessione

ALL'UNIVERSITÀ ARRIVANO LEZIONI ED ESAMI ONLINE
Studenti collegati da tutta l'isola. I docenti: «Portiamo avanti il programma»

di Luca Urgu
NUORO Ore 17 in punto: la docente Maria Cristina Carta dei corsi di Tutela dei diritti umani e Diritto internazionale chiama da Sassari e una quarantina di studenti rispondono all'appello. Fisicamente si trovano nelle loro abitazioni di residenza: Nuoro, Ollolai, Dorgali, Oliena, Ozieri, Samugheo, Nule, Galtellì e tanti altri centri ancora di tutta l'Isola, ma per due ore saranno online, concentrati a seguire slide e spiegazioni della professoressa. Anche l'Università di Nuoro si difende dal virus ma non indietreggia. La cattedra dell'insegnante e i banchi degli studenti sono diventati per necessità virtuali ma la voce della docente, i suoi consigli arrivano con voce ferma e chiara ugualmente ai destinatari seppure con una modalità atipica ma efficace. Due mondi che si potrebbero definire così vicini e così lontani. Ma uniti grazie alla tecnologia per centrare il comune obiettivo: studiare portando avanti il programma, dare gli esami e perché no, anche laurearsi. Il tutto a distanza. L'Università di Nuoro, con la sua popolazione di circa 800 studenti, si organizza ai tempi del coronavirus con le lezioni online in videoconferenza. Una modalità già abbondantemente sperimentata in passato con una sostanziale differenza, prima gli studenti stavano tutti all'interno di un'aula a seguire gli insegnamenti del docente da un altro ateneo, questa volta lo spauracchio del contagio costringe tutti a stare casa. Però basta essere armarsi di buona volontà, di un pc, avere una linea internet per collegarsi alla piattaforma utilizzata (Microsoft team) e stare così al passo con il programma. «Abbiamo iniziato lunedì e tutto sta procedendo nel migliore dei modi. È un modo efficace per confrontarci e portare avanti il programma - spiega la docente prima di iniziare la sua lezione sul Consiglio d'Europa - nel sistema inserisco anche il materiale del corso che è possibile scaricare e poi siamo a disposizione per qualsiasi chiarimento». Gli studenti si sono subito adattati alla nuova modalità, d'altronde in questi tempi difficili è una questione di necessità e un modo stimolante per rompere l'isolamento. «È sicuramente un'esperienza nuova rispetto alle lezioni che viviamo a diretto contatto con il docente all'università, ma in questa fase critica è comunque un grande aiuto», dice Letizia Usai, una studentessa collegata dalla sua abitazione di Sassari. Non solo lezioni, ma tra una decina di giorni anche gli esami saranno online. «Ci stiamo preparando e ai primi di aprile esamineremo secondo questa modalità i primi studenti. Sono sicura che andrà bene e con le dovute garanzie di affidabilità», rimarca Maria Cristina Carta. Per il Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Giampaolo Demuro l'azione dell'Ateneo e delle sue risorse umane e materiali ha delle chiare responsabilità. «Stiamo cercando in ogni modo di ridurre al minimo i disagi per gli studenti», dice il professore che rassicura sullo svolgimento delle lezioni e degli esami che non subiranno alcuna interruzione.
L'evoluzione di una macchina complessa che in queste ore difficili sta modulando il suo approccio nella didattica è seguita da vicino dal commissario dell'università nuorese Fabrizio Mureddu. «Apprezziamo lo sforzo dei docenti e ci impegniamo, cessata l'emergenza, a sostenere attività supplementari quali corsi estivi, lezioni di approfondimento e quant'altro possa essere utile per colmare il disagio».

Questionario e social

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