L'edizione 2021 del Rapporto è stata coordinata da Gianfranco Atzeni, docente di Economia politica all'Università di Sassari e ricercatore CRENoS, che questa mattina ha presentato l'analisi condotta
Sergio Nuvoli
Cagliari, 18 giugno 2021 - E’ stato presentato oggi nell’Aula A della Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche, in Via Sant'Ignazio n.76, Cagliari il 28mo Rapporto sull’Economia della Sardegna che il CRENoS redige ogni anno per analizzare le tendenze economiche recenti e fornire alcune analisi della congiuntura economica. L'edizione 2021 del Rapporto è stata coordinata da Gianfranco Atzeni, docente di Economia politica all'Università di Sassari e ricercatore CRENoS, che questa mattina ha presentato l'analisi condotta.
“Il CRENoS è un esempio virtuoso di collaborazione tra gli atenei di Cagliari e Sassari – ha evidenziato Francesco Mola, Rettore dell’Ateneo cagliaritano - È un momento difficile, quella che stiamo attraversando non è una crisi classica: ho molto apprezzato l’equilibrio che traspare nel Rapporto redatto quest’anno. Ognuno deve fare la sua parte per la ripresa, pensando non solo a se stesso, ma anche agli altri. Se lavoriamo come solisti, le stecche le sentiranno le nuove generazioni, perchè rimarranno nel tempo. Fare la nostra parte significa anche fare autocritica, rispetto al passato: qualche errore è stato fatto. Il Rapporto CRENoS ci dice dove dobbiamo spingere: sta a noi gestire le opportunità che avremo”.
Gavino Mariotti, Rettore dell'Università di Sassari, ha aggiunto che "occorre collocare le università all'interno dei processi di progettazione per lo sviluppo del territorio. L'auspicio che faccio è quello di fare un passo in avanti per portare i nostri atenei nelle istituzioni, provare a fornire delle soluzioni e promuovere idee di sviluppo".
La crisi economica europea innescata dalla malattia ha messo in evidenza le debolezze delle economie fragili come di quelle forti, dando impulso a una nuova coesione nel disegno delle politiche economiche dell’Unione. In alcune economie fragilità come le disparità di genere e tra generazioni, le differenze territoriali nella dotazione di infrastrutture digitali e di competenze del capitale umano sono emerse con maggiore chiarezza.
"Essere qui oggi è un segnale di speranza per l'università e per la Sardegna - ha sottolineato Anna Maria Pinna, neodirettrice del CRENoS - Abbiamo fiducia nella campagna di vaccinazione. Però in un mondo globalizzato c'è bisogno di una politica internazionale che si interessi al benessere e alla salute di tutte le aree del mondo".
Il Rapporto sull’economia dell’Isola raccoglie ed elabora i dati di medio periodo che tracciano le linee tendenziali in atto prima della crisi. Partendo da questi dati è possibile cercare di comprendere in che modo la Sardegna sia attrezzata per sfruttare le opportunità offerte dalle nuove politiche del PNRR quali siano i suoi punti di forza e soprattutto quali le debolezze.
Colpiti durante una piccola ripresa
"Senza la pandemia avremmo accolto positivamente la crescita del PIL sardo del 2019 (+1,4%) in cima alla classifica delle regioni italiane - ha detto il prof. Atzeni - Tuttavia, la crescita media del periodo 2015-2019 è solo dello 0,3% e il PIL sardo è il 64% di quello medio europeo, collocando l’Isola al 147° posto su 240 regioni in Europa. L’esercizio di calcolo dell’impatto macroeconomico della diffusione del COVID-19 in Sardegna mostra che le ricadute sul PIL potrebbero essere più pesanti di quelle registrate a livello nazionale (-8,9% nel 2020 per l’Italia secondo le prime stime Istat). Forte diminuzione dell’export nel 2020 (-40,6%) principalmente causato dal settore petrolifero (-48%), mentre la media degli altri settori si attesta su un -4,7%".
Il settore turistico è stato quello maggiormente colpito in Sardegna, con una riduzione degli arrivi e delle presenze di circa il 58%. La sua fragilità non è dipesa solo dalle misure di confinamento casalingo, ma anche e non secondariamente durante la ripresa delle attività, dall’elevato numero di lavoratori impiegati in compiti di prossimità, cioè che non permettono sufficiente distanziamento sociale.
La disuguaglianza cresce
Nel mercato del lavoro osserviamo nel 2020 riduzioni significative del tasso di attività e del tasso di occupazione. Come spesso accade nei periodi di crisi, gli effetti negativi non si distribuiscono in modo uguale per genere, livelli di istruzione e tipologia di contratti di lavoro. A essere maggiormente colpite sono le donne, gli individui con titoli di studio medio-bassi e i lavoratori con contratti a tempo determinato. La ridotta occupazione delle donne con titolo inferiore al diploma è responsabile da sola di quasi la metà della diminuzione complessiva dell’occupazione in Sardegna.
Sanità: in Italia nessuna regione raggiungeva nel periodo pre-pandemia performance soddisfacenti riguardo alla somministrazione del vaccino antinfluenzale, con la Sardegna tra le regioni di coda
Oggi, con il senno di poi, capiamo anche la diversa capacità di risposta dei sistemi sanitari regionali all’emergenza COVID-19. Ad esempio, in Italia nessuna regione raggiungeva nel periodo pre-pandemia performance soddisfacenti riguardo alla somministrazione del vaccino antinfluenzale, con la Sardegna tra le regioni di coda. La mortalità nel 2020, superiore a quella media degli anni precedenti, è solo per un terzo dovuta al COVID-19, mentre per circa due terzi è costituita da decessi per altre cause. L’extra-mortalità può avere molteplici spiegazioni, incluso il fatto che una parte dei decessi della pandemia non siano stati correttamente contabilizzati, ma anche che i servizi diagnostici e di primo soccorso per tutti gli altri pazienti non siano stati all’altezza degli standard precedenti, accrescendo le morti per altre patologie.
Ripresa: come si può pensare di uscire dalla crisi?
"Quali sono gli ingredienti per recuperare il divario con le aree più sviluppate? - ha aggiunto Atzeni - Le analisi economiche, le esperienze di altre aree, le raccomandazioni della UE indicano alcuni elementi chiave come ad esempio la capacità di formare e soprattutto attrarre capitale umano, con elevate abilità nelle tecnologie digitali, nella valutazione di investimenti e nella redazione e gestione di progetti; la capacità di diffondere e promuovere l’adozione di tecnologie a risparmio di risorse, tra cui quelle energetiche; la piena consapevolezza del valore dell’ambiente naturale che fornisce servizi a tutte le attività economiche e pertanto non può essere consumato".
Al termine della presentazione, un panel di imprenditori ed esponenti istituzionali ha discusso i dati emersi dall'analisi condotta dai ricercatori.
RASSEGNA STAMPA
LA NUOVA SARDEGNA del 21 gugno 2021
Sardegna - pagina 2
Durante la pandemia i casi consumati all'interno delle famiglie sono aumentati
Le chiamate al numero d'emergenza sono passate in un anno da 149 a 320
Donne sarde più decise a denunciare le violenze
CAGLIARI. È stata una pandemia nella pandemia. La violenza domestica è aumentata fino a raddoppiare nei numeri assoluti dal 25 marzo al 17 maggio, le settimane del lockdown. La convivenza forzata ha messo ancora più in evidenza quanto donne e bambini possano essere a rischio quando vivono a stretto contatto con un marito, o un padre, manesco e aggressivo. Il Crenos, centro di ricerche delle università di Cagliari e Sassari, ha dedicato un capitolo del suo consueto report sullo «stato della Sardegna», proprio al fenomeno della violenza domestica. Se nel 2019 le chiamate al «1522», il numero d'emergenza, erano state 149, nel periodo del lockdown sono più che raddoppiate fino a superare la soglia dei 320 casi. I numeri in Italia sono ancora più spaventosi: da 6.956 a 15.280 richieste d'aiuto. È evidente, però, che questi numeri ufficiali tengano conto solo delle telefonate al «1522», non purtroppo del sommerso. Sommerso che, non è difficile da immaginare, potrebbe avere - anzi, lo ha di sicuro - una dimensione molto più consistente. Territori a confronto. I ricercatori del Crenos hanno analizzato anche l'andamento delle chiamate al «1522» provincia per provincia, per poi metterle a confronto con quelle effettuate nel 2019. Nei mesi tra marzo e giugno 2020, nel Sulcis l'aumento è stato del 75 per cento. Ancora: negli altri territori le richieste sono più che raddoppiate. In provincia di Cagliari, ad esempio, è stato registrato addirittura un valore più alto rispetto alla media nazionale, con 27,8 chiamate ogni 100mila abitanti, contro il 16,3. La statistica comprende anche il cosiddetto primo approccio da parte delle vittime: sono quelle che ancora non hanno deciso se e come liberarsi dalla catena di violenze. Sempre secondo la ricerca Crenos, durante il periodo delle restrizioni a casa, la quota del «primo approccio» è passata dal 68 per cento, è una media calcolata sugli ultimi anni, all'83. È un'altra conferma di come il fenomeno sia sempre in aumento, come lo è purtroppo anche quello dei femminicidi.Più determinate. Rispetto alle altre Regioni, pero le donne sarde sono da sempre più decise nel denunciare le aggressioni. A confermarlo è questo raffronto: nonostante il 35 per cento delle donne italiane vittime di violenza da parte del partner, o dell'ex, consideri l'episodio subito un reato, poi soltanto il 12 per cento ha denunciato l'autore delle violenze. In Sardegna, invece, la consapevolezza immediata dell'essere rimasta vittima di un reato sale al 47 per cento e molto più della metà ha poi denunciato. Queste differenze - si legge nel dossier - emergono anche rispetto al numero di donne che si sono rivolte, sempre nel 2020, ai Centri antiviolenza e al Telefono rosa dopo essere state aggredite: il 7 per cento in Sardegna contro una media nazionale di quasi quattro punti in meno. Il passaggio decisivo. «Sebbene - scrive il Crenos- il lockdown abbia rappresentato un evento eccezionale, l'incremento delle chiamate al numero 1522 evidenzia la diffusione del fenomeno e la necessità per le vittime di essere aiutate». Come? Ancora dal dossier: «L'istituzione del Reddito di libertà, con la Sardegna prima regione a realizzarlo, è stato un primo e importante passo, ma serve anche una rete capillare di servizi che diminuisca il costo economico e psicologico dell'uscita della donna dal luogo in cui è vittima di violenze». Per concludere con un appello: «Abbattere le barriere culturali, come lo sono gli stereotipi che giustificano la predominanza fisica, psicologica e sessuale dell'uomo rispetto alla donna, è imprescindibile per estirpare la violenza». (ua)
L'UNIONE SARDA del 19 giugno 2021
Prima pagina
Il virus dell'economia
Nel 2019 la Sardegna era stata la Regione italiana a crescere di più. Il Covid-19 è stata una mazzata, tra le più pesanti del Paese: il Pil sardo è crollato dell'11%. Turismo e commercio tra i settori produttivi più colpiti.
Fr. Melis
L'UNIONE SARDA del 19 giugno 2021
Primo Piano - pagina 6
Crenos. Può salvarci soltanto il Recovery fund
La ripresa economica frenata nell'Isola dalla pandemia Covid
L'emergenza sanitaria mette in ginocchio la Sardegna che si stava rialzando: nel 2019 era la prima regione italiana per crescita, nonostante la distanza con il resto d'Europa fosse evidente, ma ora l'Isola perde ulteriori posizioni. È quanto emerge dall'ultimo rapporto sull'economia della Sardegna presentato ieri dal Crenos, il Centro di ricerche economiche Nord e Sud. Evidenzia un crollo del Pil dell'11% e i settori più colpiti sembrano essere il turismo, il commercio e i servizi per le imprese. I temi in evidenza «I dati elaborati sono del 2019 – ha spiegato Gianfranco Atzeni, docente di Economia politica all'Università di Sassari e ricercatore Crenos – quindi non si tiene conto della pandemia. Per il 2020 parliamo di stime sul Pil da considerare con molta cautela: lo scorso anno abbiamo registrato un crollo delle esportazioni legato al petrolio, ma anche numeri importanti per la disoccupazione femminile con un basso titolo di studio e in una fascia d'età compresa tra i 50 e 60 anni. Al contrario, diminuisce la disoccupazione giovanile». I numeri del Pil La crescita del Pil nell'Isola nel 2019 è stata dell'1,4%, ma quella media del quadriennio 2015-2019 è solo dello 0,3% e il Pil sardo è il 64% di quello medio europeo: la Sardegna è dunque al posto 147 su 240 regioni in Europa. Il turismo è stato il settore maggiormente colpito, con una riduzione degli arrivi e delle presenze di circa il 58%: la sua fragilità non è dipesa solo dalle misure di confinamento casalingo, ma anche (e non secondariamente, durante la ripresa delle attività) dall'elevato numero di lavoratori impiegati in compiti di prossimità, che cioè non permettono sufficiente distanziamento sociale. «Dobbiamo sperare nel Recovery fund, per dare una boccata d'ossigeno all'Isola – afferma Anna Maria Pinna, neo direttrice del Crenos –, per noi sarebbe un'occasione unica, visto che l'Europa ha deciso di dare all'Italia 200 dei 750 miliardi» ed è necessario capire subito come e dove investirli. «Manca una cabina di regia, siamo di fronte a un silenzio assordante. La Sardegna deve puntare sulla modernizzazione e la capacità di attrarre conoscenze e innovazione, ma è importante dare una svolta alle infrastrutture: più immateriali che materiali». Le due Università Alla presentazione del report c'erano anche i rettori delle Università di Cagliari e di Sassari, che hanno riconosciuto quanto la collaborazione tra i due atenei sardi sia stata virtuosa e proficua. «È un momento difficile, non siamo davanti a una classica crisi - evidenzia Francesco Mola, a capo dell'Università cagliaritana - ho gradito molto l'equilibrio che compare nel Rapporto presentato quest'anno. Ciascuno deve fare la propria parte: se lavoriamo da soli, a risentirne saranno le nuove generazioni. Fare la nostra parte significa anche essere capaci di autocritica e non possiamo nascondere che, rispetto al passato, qualche errore è stato fatto. Il Rapporto Crenos ci dice dove dobbiamo spingere, ora sta a noi essere in grado di gestire le opportunità che avremo». Per Gavino Mariotti, rettore dell'Università di Sassari, «le università devono essere incluse nei processi di progettazione per lo sviluppo del territorio. L'auspicio che faccio è quello di fare un grande passo in avanti affinché si riesca a portare i nostri atenei nelle istituzioni, ma dobbiamo provare a fornire soluzioni e promuovere idee di sviluppo».
Francesca Melis
LA NUOVA SARDEGNA del 19 giugno 2021
Economia Sardegna - pagina 15
Il Pil crolla: meno 11,5 per cento. Il mercato del lavoro perde 27mila occupati
Nella morsa del virus
il Covid affossa la crescita
di Umberto Aime
CAGLIARI. Il pugile Sardegna stava per rialzarsi, all'inizio del 2020, poi sul ring è comparso un avversario inaspettato e cinico, la pandemia, ed è ricaduto in ginocchio. Ma non vuole certo gettare la spugna, anche s'è consapevole che l'anno in corso sarà persino peggio del precedente, unonfra i più disastrosi, lockdown compreso, dal Secondo dopoguerra in poi. Però per non finire al tappeto, ha bisogno che sul Recovery fund, la sospirata salvezza, dal «silenzio assordante di questi mesi si passi alle idee, ai progetti da realizzare». È stato proprio con questo sguardo proiettato verso il futuro, un'occasione storica da non sprecare, che il Crenos ha aperto il suo 28esimo rapporto sull'economia e non solo della Sardegna. La direttrice del centro di ricerche delle due università, Sassari e Cagliari, è stata chiarissima: «Tutti siamo chiamati a un impegno straordinario, per perseguire in fretta impegni condivisi. Dobbiamo farlo se vogliamo, come lo vogliamo, rialzare la testa», ha detto Anna Maria Pinna. È da questa sfida economica, culturale, sociale ma anche politica che «dobbiamo ripartire, per poi vincerla e ritornare competitivi».Effetti devastanti. È stato Gianfranco Atzeni, coordinatore della ricerca, a confermare quanto si sapeva da tempo: «Il Covid ha investito la Sardegna nel suo momento migliore, quello in cui era evidente che vivesse una leggera crescita. Invece la pandemia s'è avventata e poi accanita». Il risultato è stato quasi scontato: un tonfo. Con il prodotto interno lordo che potrebbe andare sotto addirittura dell'11,5 per cento da un anno all'altro. Serve uno scatto d'orgoglio, o altrimenti la Sardegna continuerà a essere inchiodata nella parte bassa della classifica europea, quella dei poveri: 178esima fra 240 regioni, con il 69 per cento della ricchezza media dichiarata dal Vecchio Continente, ovvero 20mila euro l'anno per i sardi contro gli oltre 28mila degli altri. Lo shock c'è stato, facendo emergere alcune storiche fragilità, sono troppe le micro imprese e continua a essere enorme il divario sociale e territoriale, per poi farne emergere anche alcune nuove. Non inaspettate, per la verità: enormi buchi neri nelle infrastrutture, nel rete del welfare, nei servizi e nella pubblica amministrazione. Un disastro, ma ora «rimbocchiamoci le maniche», ha ribadito ill Crenos. Contraccolpi pesanti. Innanzitutto sono stati sul mondo del lavoro, con 27mila occupati in meno e le donne costrette pagare il prezzo più alto: quattro su dieci sono a non hanno trovato più reddito o stipendio. Altri numeri: dai 15 anni in su sono inattivi 193mila sardi e in 120mila sono entrati nella fascia grigia degli «scoraggiati». La contrazione è stata generale e ha finito per annullare una crescita degli occupati che andava avanti da sei anni. È quasi scontato scrivere che quelli «meno tutelati» sono stati i bersagli più facili, con un calo, ad esempio, del 27 per cento fra i contratti a tempo determinato e infatti il fenomeno del precariato è diventato un incubo quotidiano. Ma anche le imprese sono state ridimensionate in tutto e per tutto: è calata la produzione per colpa dei mesi di chiusura totale. Sono crollati al minimo storico gli investimenti, con la Sardegna relegata agli ultimi posti della classifica nazionale. È stata violenta la botta subita dal turismo e ha fatto traballare il resto, sempre nel 2020: meno 57 per cento negli arrivi, meno 58 nelle presenze, con una diserzione quasi totale da parte degli ospiti stranieri. «La frenata economica è stata brusca, travolgente, ma ora ci sono le condizioni per una risalita, qualcosa di buono c'è già stato. È sulla ciambella di salvataggio, il Recovery, che dobbiamo puntare e soprattutto crederci», hanno sottolineato dai banchi del Crenos.Tutti disorientati. I sardi non si sono ancora ripresi. La crescita anagrafica non c'è stata, con solo 8.588 nascite, nuovo valore minimo dal Secondo dopoguerra, mentre di contro e purtroppo, anche causa Covid, il tasso di mortalità è salito del 10 per cento. Con questo inevitabile risultato, la Sardegna continua a svuotarsi: ogni 100 giovani ci sono 222 residenti della fascia più anziana della popolazione, ben 62 in più nel decennio. Come se non bastasse, continua a essere altissima la dispersione scolastica, il 18 per cento, ed è molto basso il numero di laureati: 21 ogni cento, contro una media europea intorno al 40. C'è stata una migliore qualità nella sanità, però la spesa è aumentata, ma più per necessità che per altri motivi. La pubblica amministrazione ha ridotto i servizi e in particolare quelli per l'infanzia. Ma ci sarà pure un dato positivo? Sì, quello sulla raccolta differenziata dei rifiuti: la Sardegna è seconda fra le regioni, con un'eccezionale 80 per cento. È o no una magra consolazione? Lo è, in attesa dell'auspicata rinascita da una montagna di ceneri.
L'UNIONE SARDA del 17 giugno 2021
Primo piano - pagina 8
L'intervista. Domani a Cagliari il Rapporto Crenos
«L'agroalimentare tiene ma la pandemia ha fermato la ripresa»
Proprio nel momento in cui si stava registrando una ripresa, la pandemia ha investito anche la Sardegna facendola indietreggiare e aumentando le differenze tra alcuni settori e categorie. Per esempio, si sono acuite le differenze di genere sul fronte economico. Sono alcuni dei contenuti che emergono dal 28° Rapporto Crenos che sarà presentato domani alle 10.30 nell'Aula A della Facoltà di Scienze economiche, giuridiche e politiche dell'Università di Cagliari in via Sant'Ignazio 76 (per partecipare in presenza è necessario registrarsi entro le 17 di oggi al link sul sito dell'ateneo oppure lo si potrà seguire su Facebook e Youtube). Il Centro di ricerche economiche nord-sud analizza le tendenze dell'economia sarda alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi e indica anche le prospettive per il futuro, in particolare in vista delle nuove politiche da proporre nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. A illustrare il rapporto Crenos (il centro ora è diretto da Anna Maria Pinna) sarà il docente di Economia politica dell'Università di Sassari Gianfranco Atzeni, che poi lascerà spazio a un dibattito con imprenditori e docenti. Professor Atzeni, cosa emerge in generale nel rapporto 2021 rispetto agli anni pre-Covid? «Lo stop alle attività produttive giunge in Sardegna dopo un 2019 di timida ripresa in cui l'Isola è prima per crescita tra le regioni italiane. Tuttavia, il dato positivo si colloca in un quinquennio in cui la crescita media è circa zero. Sarà interessante scoprire domani la posizione dell'Isola nella classifica per Pil delle regioni Ue». Quali i settori maggiormente colpiti dalla pandemia? «Turismo, servizi alle imprese, commercio e industria sono i settori più colpiti. Nel rapporto facciamo una prima stima della dimensione della recessione nel 2020 e, come vedremo nella presentazione, i dati sono poco incoraggianti». Le differenze di genere e di conoscenza si sono acuite? «Esatto, questo è secondo noi il tema su cui approfondire la discussione. La pandemia, come si sa, ha fatto emergere, non solo in Sardegna ma in tutte le regioni europee, alcune fragilità. Nel rapporto approfondiamo il tema della relazione tra la diffusione dei contratti di lavoro a tempo determinato e il rischio di entrare in condizioni di povertà, mostrando che per alcune fasce di età e categorie questo rischio aumenta, mentre per altri diminuisce. La pandemia ha fatto emergere rischi più forti, in particolare per le donne con bassa istruzione». Anche nell'Isola, tra piccoli centri e città, si acuiscono le differenze? «Sfatiamo il mito che piccolo e agile è meglio. Non stiamo parlando di Zola che si muove in area di rigore, ma di imprese che devono navigare in un mare in tempesta. L'Istat propone un indice di rischio territoriale che tiene conto della dimensione delle imprese, di quante sono impegnate in settori ad alta intensità di conoscenza e di quelle colpite da chiusure (per esempio il settore alloggio e ristorazione). Mostreremo in quali punti della regione il sistema economico sardo è più fragile e indicheremo quale tipo di idea di sviluppo espone a rischi più alti». Dal 2020 è venuto meno il traino del turismo, quali settori ne risentono di più? «Le prime stime mostrano che il settore più colpito dopo il turismo è quello dei servizi di supporto alle imprese. L'agroalimentare sembra tenere e così anche il lattiero-caseario, che regge bene nel 2020 dopo un buon 2019». Su cosa puntare per far ripartire l'Isola e quali proposte inserire nel Piano di rilancio e resilienza? «Come vedremo nel rapporto dedichiamo un intero capitolo ai fattori di competitività, cioè gli ingredienti principali che favoriscono lo sviluppo delle attività. Ci sono dati, per esempio su istruzione e formazione, ancora poco incoraggianti. Il punto non sono tanto le proposte per il Pnrr, ma la capacità del sistema di realizzarle: per questo domani diremo quali sono i requisiti su cui la Sardegna deve puntare per sperare nella ripartenza».
Giuseppe Deiana
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