UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 29 gennaio 2020

Mercoledì 29 gennaio 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
29 gennaio 2020

L'Unione Sarda


 
 

1 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 29 gennaio 2020 / REGIONE - Pagina 7

L’INIZIATIVA
Un progetto da un miliardo e mezzo di euro per ristrutturare ventisei alloggiamenti in tutta Italia

“CASERME VERDI” APERTE ALLA CITTADINANZA
L’esercito rinnova i siti cagliaritani al Poetto (Monfenera, Mereu, Villasanta) e quello di Teulada

Le caserme del futuro saranno ecocompatibili e apriranno alcuni spazi, in particolare le strutture sportive e gli asili, agli esterni. È questa, in estrema sintesi, la filosofia di “Caserme verdi”, il progetto dell'Esercito illustrato nel corso di un convegno organizzato dal comandate regionale, generale Francesco Olla, nel palazzo La Vallée di Cagliari, alla presenza del capo di stato maggiore dell'Esercito Salvatore Farina.

LA SARDEGNA. Un progetto da un miliardo e mezzo di euro che riguarderà ventisei caserme in tutta Italia. Due le strutture coinvolte nell'Isola: la caserma Pisano e il poligono di Teulada e il complesso formato dalla Mereu, dalla Villasanta e dalla Monfenera a Cagliari. Una decisione, quella di ristrutturare le caserme, legata alla contingenza: quasi tutte sono nate un centinaio d'anni fa quando le esigenze erano differenti. E quando c'erano da ospitare ogni anno migliaia di militari di leva. La situazione è cambiata e, ormai, le caserme risultano obsolete. Grandi spazi poco utilizzati, eccessivo dispendio energetico: la ristrutturazione diventa un'esigenza. E nasce proprio da questo il progetto “Caserme verdi”, fortemente voluto da Farina.

LA STRATEGIA. Il generale, introducendo la conferenza, ha spiegato la filosofia. «Intendiamo liberarci», ha detto, «di un centinaio di piccole caserme che potranno essere così restituite alle comunità». Le altre, invece, dovranno essere necessariamente ristrutturate. All'insegna dell'ecosostenibilità e del risparmio. «Se, per esempio», ha proseguito Farina, «all'interno di una caserma c'è un poligono al coperto non ci sarà più bisogno di spostarsi di quaranta chilometri per fare le esercitazioni. E quei territori non avranno più bisogno di bonifiche e potranno essere restituiti alle comunità».

LE BONIFICHE. L'annuncio di future dismissioni di aree militari? Musica per chi, nell'Isola, protesta per la presenza di troppe servitù. Ma le dismissioni riguarderanno soltanto piccoli spazi che verranno sostituiti dalle strutture presenti nelle caserme ristrutturate. Invece, i grandi spazi, quelli che servono per le esercitazioni con grandi schieramenti di truppe, manterranno le stellette.

LA FILOSOFIA. Ma che cosa significa “Caserme verdi”? Gli spazi verranno ripensati alla luce delle nuove esigenze dei militari che lavorano al loro interno, alla qualità della vita. Non a caso, nei progetti sardi, è stata coinvolta l'Università di Cagliari (alla conferenza ha preso parte anche la rettrice Maria Del Zompo), oltre all'Ordine degli architetti e a quello degli ingegneri. Dovranno pensare a caserme nelle quali l'energia elettrica sarà fornita dai panelli solari. Al fatto che, ormai, nelle famiglia lavorano entrambi i genitori e, quindi, sono necessari asili per i bambini. Ai quali, puntualizzano i vertici dell'Esercito, potranno accedere anche i cittadini. Ed è proprio la fruibilità da parte della popolazione l'altro punto di forza di “Caserme verdi”: a usare gli impianti sportivi all'interno (nelle caserme del Poetto potrebbe, per esempio, essere realizzata anche una piscina) non saranno soltanto i militari ma anche i residenti della città che ospita la caserma.

Marcello Cocco

 

 

 

La Nuova Sardegna



 

2 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 29 gennaio 2020 / PRIMA PAGINA
Studio dell’Ateneo di Sassari
ACQUA DEL RUBINETTO: I SARDI NON SI FIDANO

Vetro, plastica o borraccia. Va bene tutto tranne il rubinetto. I sardi non si fidano dell’acqua “pubblica” che utilizzano. A metterlo nero su bianco è arrivato uno studio dell’Università di Sassari.   Bua a pagina 9

SARDEGNA - Pagina 9

Dallo studio di un team di ricercatori sassaresi emerge una estrema diffidenza
E le centinaia di ordinanze, poco chiare e incomplete, complicano il quadro

BERE ACQUA DAL RUBINETTO?
NO DEI SARDI: È RISCHIOSO

di Giovanni Bua
SASSARI Bere l'acqua che sgorga dai rubinetti? Troppo rischioso. Indipendentemente dal fatto che siano attive o meno ordinanze di non potabilità, che sono generiche, confuse, e di fatto assolutamente inutili. È una bocciatura senza appello quella che i sardi riservano al loro sistema idrico, al suo gestore Abbanoa, alle aziende sanitarie che controllano la qualità dell'acqua, agli enti locali che emanano le centinaia di ordinanze che ne limitano il consumo. Nessuno di loro sa come comunicare in maniera completa, puntuale ed esaustiva. E questo aumenta a dismisura la percezione del rischio da parte dei cittadini. Che, nel dubbio, l'acqua di rubinetto si guardano bene dal consumare.A metterlo nero su bianco lo studio di Marco Dettori , Antonio Azara, Erika Loria, Andrea Piana, Maria Dolores Masia, Alessandra Palmieri, Andrea Cossu e Paolo Castiglia, ricercatori delle facoltà di Medicina e Architettura dell'università di Sassari, che hanno pubblicato sull'International Journal Enviromental Research and Public ealth un articolo dal titolo "Diffidenza della popolazione sulla sicurezza dell'acqua potabile. Analisi di indignazione della comunità, previsione e gestione".
Per realizzarlo i ricercatori hanno usato il software "outrage prediction & management", nato negli anni '90 per mano di una società di consulenza australiana e basato sulle teorie del sociologo statunitense Peter Sandman legate all'importanza della percezione del rischio. Software che, in estrema sintesi, crea uno scenario di riferimento e verifica come un campione selezionato e rappresentativo giudica una serie di situazioni legate al tema in esame (sono più di 200) arrivando a misurare in maniera ponderata quale sia la percezione di rischio in una scala determinata. I ricercatori hanno innanzitutto "calato" il software nella realtà isolana: la Sardegna è infatti la regione con un più alto numero di bacini artificiali destinati alla produzione di acqua potabile in Italia, e questo causa un importante calo della qualità dell'acqua prodotta, un aumento considerevole delle ordinanze di non potabilità, e un consumo pro capite di acqua in bottiglia che non ha eguali nel resto della nazione.La scarsa qualità, le proprietà organolettiche in declino e le frequenti interruzioni dell'approvvigionamento, ripetute nel corso degli anni, hanno dunque influenzato profondamente la percezione che i sardi hanno dell'acqua che sgorga dai rubinetti, con la popolazione che è altamente sospettosa e scoraggiata su un eventuale consumo.
Ricostruito il "contesto di partenza" il team ha poi caricato tutte le ordinanze pubblicate nei siti web istituzionali dal 2000 al 2015, complessivamente 417. E analizzato il livello di completezza delle informazioni contenute in tali ordinanze. Ed è emerso che nel 53,2% dei casi le ordinanze riportavano solo il parametro fuori norma senza nessuna altra indicazione su eventuali rischi per la salute. E il 40,5% addirittura segnalava solo generici problemi.
Infine, attivando il questionario su come una serie di azioni venivano percepite dal campione, calcolato il livello di percezione del rischio della comunità. Il risultato è stato ben oltre la soglia massima "tollerabile", con i ricercatori che, registrato il dato, si sono spinti oltre, modificando alcuni "parametri" (comportamenti) e verificando che con queste modifiche la percezione del rischio tornava sotto il livelli di guardia. A essere vincente è stato il cambio sostanziale delle strategie di comunicazione, che dovrebbero essere particolarmente incentrate sul ripristino della "reputazione" delle autorità e della percezione che il pubblico ha nei suoi confronti. Il consiglio è di dotarsi di linee guida per la corretta gestione della comunicazione del rischio, basata su conoscenze consolidate e sulle migliori pratiche disponibili. è fondamentale che i messaggi siano chiari, competi ed efficaci. E che viaggino su canali in cui siano facilmente reperibili.
Bene insomma rimettere in piedi la rete idrica, ma meglio prima di tutto imparare a "comunicare" risultati e problemi. Per riconquistare la fiducia dei sardi, e farli di nuovo avvicinare al consumo della loro amata, odiata, agognata acqua.

Questionario e social

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