UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 20 novembre 2019

Mercoledì 20 novembre 2019

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
20 novembre 2019

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 20 novembre 2019 / PRIMA

L’ANALISI

Il mostro degli appalti
DI BENIAMINO MORO

V enezia non è solo sommersa da un'onda di mare che entra dai canali scavati per il transito delle petroliere e delle grandi navi - scrive Antonio Scurati sul Corriere della Sera -, è sommersa anche da un'onda turistica e, soprattutto, da un'onda di malaffare, di cattiva amministrazione e cattiva coscienza. Nessuno degli amministratori che in questi giorni ha sfilato in stivali di gomma tra le calli di Venezia sommersa può dirsi estraneo al suo saccheggio”.

Il presidente veneto, Luca Zaia, tirandosene fuori, si è chiesto nei giorni scorsi se i 5,5 miliardi di soldi già spesi nel sistema Mose non siano finiti anch'essi sott'acqua, come l'intero sistema di difesa dall'alta marea. Dopo il picco di 1,87 metri di “acqua granda” raggiunti il 12 novembre, le battute dei “sotoporteghi” sul cantiere infinito e mangiasoldi si sprecano: «L'unica cosa che manca al Mose per fermare le acque è l'accento sulla e», è solo una delle ultime riportate dai giornali.

Eppure, Zaia, già vicepresidente della Regione Veneto con Giancarlo Galan, condannato per corruzione a due anni e dieci mesi di reclusione proprio nell'ambito di un processo relativo ai finanziamenti illeciti legati agli appalti Mose, in passato aveva fatto numerose dichiarazioni su come funzionasse bene quel sistema, che per Venezia, diceva, fosse una grande opportunità. Se oggi il Mose, come dice Zaia, è uno scandalo nazionale, la colpa è anche dei politici di questa Regione, che prendevano le bustarelle dal Consorzio Venezia Nuova incaricato della realizzazione del progetto. (...) SEGUE A PAGINA 10

 

POLITICA - Pagina 10  segue dalla prima pagina

Venezia, il Mose e il grande mostro burocratico degli appalti

(...) Fu proprio per porre rimedio allo scandalo che lo Stato decise di commissariare l'opera.

Che cosa non funziona nel sistema Mose? L'allarme era stato dato l'anno scorso dai collaudatori: non funziona il sistema delle cerniere che ancorano le barriere mobili al fondo del mare. «Le cerniere sono l'oggetto in assoluto più importante del Mose», ha sostenuto il docente di impiantistica dell'Università di Padova, Lorenzo Fellin, al processo nell'aprile 2017 per le tangenti sui cassoni, aggiungendo che «se fallisce quello, fallisce il progetto». Ebbene, la scelta di quelle cerniere era stata cambiata in corso d'opera non per motivazioni tecniche, ma politiche, sembrerebbe per favorire proprio un'azienda del Consorzio Venezia Nuova. Ma come, con tutti quei soldi in ballo venivano prima gli interessi di bottega? «Sì» ha risposto senza esitazione il professor Fellin.

Sulla vicenda, la procura della Corte dei Conti ha recentemente aperto un'inchiesta per capire se i materiali utilizzati siano conformi a quelli del progetto e se davvero ci sarà la necessità di cambiarli. Non si tratta di elementi secondari: le cerniere sono infatti il cuore tecnologico delle barriere mobili per la difesa dalle acque alte, perciò «è indispensabile e urgente intervenire per contrastare il deterioramento dei gruppi di aggancio delle paratie», hanno scritto i presidenti delle commissioni di collaudo al Provveditorato alle acque.

Dopo il picco di alta marea del 12 novembre, il sistema Mose è sotto accusa: perché, si chiedono in molti, a partire dal sindaco di Chioggia, il sistema delle paratie non è stato inaugurato anche se solo parzialmente? Forse avrebbe potuto contenere l'ondata di piena, limitando i danni. Tuttavia, i due Commissari incaricati di sovraintendere al Mose, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, non se ne sono assunti la responsabilità e quindi non hanno acconsentito alla prova. Per assumersi la responsabilità di un collaudo in condizioni di emergenza, hanno chiesto che fosse qualcun altro, come il prefetto, a dare l'ordine. Di fatto, nessuno si assume la responsabilità di un collaudo al buio, dalle conseguenze imprevedibili. Perciò si fa strada un dubbio angosciante: e se nessuno si volesse assumere la responsabilità di collaudare un sistema di paratie di cui non c'è la certezza assoluta che possa funzionare? Il problema è ancora più generale: non sarà che sia l'intero sistema degli appalti il mostro burocratico che non funziona e che sia tutto da rivedere?

BENIAMINO MORO

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI

 

 

 

2 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 20 novembre 2019 / REGIONE - Pagina 7

INTERVISTA. Alfonso Damiano

«Il metano serve, l'elettrodotto no»

«Il futuro è tracciato: si va verso un incremento della produzione di energia elettrica prodotta essenzialmente da fonti rinnovabili. Ma il metano è fondamentale per la transizione energetica e per l'equilibrio del sistema mentre l'elettrodotto ai sardi non serve».

Alfonso Damiano, docente al dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell'università di Cagliari, da trent'anni si occupa di rinnovabili e ha contribuito alla stesura del Piano energetico ambientale regionale. Ora prova a fare chiarezza sulla diatriba in corso tra Regione e Governo sulla metanizzazione e sulla dorsale.

Lei da decenni si occupa di energie rinnovabili. Perché sostiene l'importanza del metano?

«Perché le rinnovabili hanno un problema: non sono programmabili».

Che cosa significa?

«Che non possono garantire la stabilità».

Faccia un esempio.

«Se un'industria richiede maggiore potenza per produrre un macchinario, può capitare che sole e vento non siano in grado di garantirla. Insomma, il metano è necessario per evitare i black-out. In questo senso garantisce un fondamentale servizio di sicurezza energetica».

Quindi è imprescindibile?

«Sì, perché ha la funzione fondamentale di garantire lo sviluppo delle rinnovabili. E glielo dice uno che sulle rinnovabili ci lavora, con convinzione, da trent'anni».

Tra l'altro oggi le industrie dell'Isola bruciano carbone e olio combustibile e manca un'alternativa per il futuro immediato.

«Esatto, anche per questo ha un ruolo strategico. Consideri che oggi la Sardegna ha il chilowattora più inquinante d'Italia».

E infatti le industrie chiedono che il metano arrivi in fretta.

«Certo, perché nel prossimo futuro sarà tassata l'anidride carbonica e chi inquinerà sarà fuori mercato. Continuare a produrre con fonti fossili avrà costi ambientali insostenibili, tali che la Sardegna rischia seriamente di essere tagliata fuori».

Però il governo Conte e parte del mondo ambientalista spingono per la realizzazione dell'elettrodotto.

«Premessa: per un'isola l'interconnessione è un obiettivo da perseguire per migliorare la stabilità e quindi la sicurezza del sistema energetico. Ma siamo già interconnessi con due elettrodotti, il Sapei e il Sacoi, che peraltro è in fase di potenziamento. E siccome il nostro obiettivo è aumentare l'autoconsumo e il consumo attraverso le reti smart, la nostra richiesta di energia andrà a calare e i due elettrodotti che abbiamo sono più che sufficienti, quindi un altro non serve».

E perché a suo avviso vogliono realizzarlo?

«Serve al sistema nazionale, non certo alla Sardegna».

E la dorsale?

«Per noi la priorità è avere il metano e spero solo che questa querelle sul tubo tra Regione e Governo non ne faccia ritardare l'arrivo. Se sarà così continueremo ad avere un sistema energetico vecchio e a pagarne un conto salato».

Fabio Manca

 

 

 

3 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 20 novembre 2019 /
CAGLIARI - Pagina 15

MASTER UNIVERSITARIO
Il docente Giorgio Peghin con Antonio Angelillo dirige il master universitario in Architettura del paesaggio.

 

 

 

4 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 20 novembre 2019 / AGENDA - Pagina 19

TECNOLOGIA. 12 dicembre, Ateneo, Aula Baffi

“La Blockchain e altre innovazioni: la tecnologia, gli aspetti giuridici e la transizione verso pubbliche amministrazioni e imprese native digitali”: è il convegno che Flosslab e Università organizzano nell’aula Baffi di Scienze economiche, politiche e giuridiche. Il convegno è dedicato alla memoria del docente Giolio Concas.

 

 

 

5 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 20 novembre 2019 / CULTURA - Pagina 44

GIORNATA MONDIALE: La due giorni sarà ospite alla Fondazione di Sardegna

LA VITA? PRENDIAMOLA CON GRAN FILOSOFIA
A Sassari (domani e venerdì) pensatori e studenti a confronto

A quali miglioramenti fisici, sociali e mentali può portare il progresso tecnologico. Come si può evolvere il rapporto tra uomo e natura. Quali sono le responsabilità nei confronti dell'altro. Sono tra le domande più stuzzicanti che si fanno gli studenti. A questi e altri quesiti cercheranno di rispondere direttamente i docenti di filosofia degli atenei italiani nella Giornata Mondiale della Filosofia che Sassari ospiterà domani nelle sale della Fondazione di Sardegna a Sassari.

UNESCO. Nato nel 2002 grazie all'Unesco, per incoraggiare il pensiero critico e indipendente, l'evento coinvolge da quest'anno direttamente gli studenti. Giuseppe Pintus, il docente universitario che ha organizzato la Giornata, spiega: «Abbiamo cercato tematiche che facessero presa sui ragazzi dei licei: sono attratti dalla tecnologia e dai suoi sviluppi, fanno manifestazioni sull'ambiente, e il tema dell'altro è sempre presente. Abbiamo incontrato i professori, fornito le biografie dei filosofi e quindi svolto un incontro preparatorio coi ragazzi».

LO SPIRITO. In quella che sarà una sorta di Notte dei filosofi gli studenti saranno suddivisi per gli incontri/confronti in tre spazi con tre temi differenti: l'ambiente, la tecnologia, l'alterità. Dopo la presentazione delle 17.30, a partire dalle 18 in ciascuna delle tre sale, in contemporanea, uno studente dell'ultimo anno delle scuole superiori o del primo anno di Università intervisterà un filosofo su argomenti relativi al tema. Seguiranno 15 minuti di domande da parte del pubblico. La stessa formula sarà ripetuta nelle ore successive per un totale di 24 discussioni. «Abbiamo poi coinvolto i ragazzi del liceo artistico che avranno a disposizione una parete esterna di 24 metri dove dipingere con differenti tecniche interpretando i temi e poi un piccolo palco con band che si esibiranno nel corso della giornata anche ragazzi del Conservatorio».

LA SQUADRA. Sala 1 spazio Alterità parleranno Andrea Poma (Università Torino), Carla Bagnoli (Modena-Reggio Emilia), Antonio Delogu (Sassari), Francesco Paolo Ciglia (Chieti-Pescara), Piero Perconti (Messina), Irene Kajon (La Sapienza Roma), Franco Riva (Cattolica Milano), Gaetano Rametta (Padova), Luca Maria Scarantino (Fisp), e Matteo Nucci (scrittore). Sala 2 Ambiente: Francesco Crasta (Università Cagliari), Leonardo Samonà (Palermo), Rossella Bonito Oliva (Orientale Napoli), Paolo Pagani (Venezia), Massimo Dell'Utri (Sassari), Carla Guetti (Miur) e Silvia Chiodi (Cnr). Sala 3 Tecnologia: Giovanni Leghissa (Università Torino), Carla Canullo (Macerata), Franca D'Agostini (Politecnico Torino), Marco Moschini (Perugia), Gaetano Chiurazzi (Torino), Riccardo Pozzo (Verona) e Massimo Adinolfi (Federico II Napoli). La Giornata della Filosofia è organizzata da Fondazione di Sardegna e associazione culturale Inschibboleth, con la partecipazione di Acli, Università di Sassari e Ministero dell'Istruzione e dell'Università.

Giampiero Marras

 

 

La Nuova Sardegna

 

6 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 20 novembre 2019 / SARDEGNA - Pagina 2

L'ex governatore davanti alla Commissione: sempre più necessaria l'alleanza con Corsica e Baleari

PIGLIARU: INSULARITÀ, LA BATTAGLIA SI VINCE IN UE

CAGLIARI Francesco Pigliaru conferma la sua adesione alla battaglia per l'insularità, e lo fa con gli argomenti che ha sempre portato avanti quando era governatore. «La battaglia per l'insularità si vince a Bruxelles con al fianco il governo italiano e costruendo un'alleanza strategica che coinvolga le isole del Mediterraneo, a incominciare dalla Corsica e dalle Baleari». Pigliaru è stato ascoltato ieri mattina dalla Commissione speciale per il riconoscimento dell'insularità, presieduta dal capogruppo dei Riformatori, Michele Cossa. «Non serve reclamare ulteriori stanziamenti - ha spiegato l'ex presidente della Regione -, ciò che serve alla Sardegna è la modifica dei regolamenti comunitari che la penalizzano, per esempio nel settore dei trasporti e dell'energia, e che riguardano, principalmente, i cosiddetti aiuti di Stato. L'isola però non parte da zero perché dallo scorso febbraio il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha nella sua disponibilità la lettera che il sottoscritto, insieme al presidente della Corsica, Simeoni e a quello delle Baleari, Armengol, ha trasmesso ai capi di governo di Italia, Francia e Spagna, per richiedere all'Unione Europea la piena applicazione all'articolo 174 del trattato di funzionamento dell'Ue e consentire così alle regioni insulari di mitigare gli svantaggi che ci derivano dalla discontinuità territoriale». L'ex governatore, sollecitato anche dagli interventi dei consiglieri Nico Mundula, Fdi, Antonello Peru, Cambiamo, Giuseppe Meloni, Pd, e Francesco Agus, Progressisti, ha illustrato le principali azioni condotte nella passata legislatura e ha evidenziato alcuni positivi risultati del Patto per la Sardegna, a suo tempo siglato con l'allora premier Renzi («gli stanziamenti per l'energia con il metano, per la continuità territoriale e la rete ferroviaria, sono ispirati dal concetto di insularità») nonché la necessità di ribadire la richiesta di deroghe al livello europeo nell'applicazione delle stringenti norme in materia di aiuti di Stato. «I documenti dell'Unione Europea - ha concluso Pigliaru - dovrebbero avere sempre una valutazione oggettiva delle conseguenze che producono nelle isole e dobbiamo agire tenendo sempre a mente che i costi dell'insularità si riferiscono sempre a costi di servizi erogati a rete». Il presidente della Commissione speciale, Michele Cossa, dopo aver ringraziato Pigliaru e ribadito la linea di azione del parlamentino per l'insularità («l'obiettivo principale resta il riconoscimento in Costituzione ma dobbiamo incidere su tutte le norme e i regolamenti italiani ed europei per vedere riconosciuti i diritti dei sardi») ha preannunciato l'invito alla partecipazione in audizione anche per gli altri ex presidenti della Giunta e per i parlamentari eletti nell'Isola.

 

 

 


7 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 20 novembre 2019 / CULTURA & SPETTACOLI - Pagina 36

Il docente Mauro Pala: «La sua attualità resta sorprendente»

GRAMSCI NEL MONDO

UN PENSIERO UNIVERSALE
Da venerdì in edicola il sesto volume della collana “Storia di Sardegna” dedicato ad Antonio Gramsci

di GIACOMO MAMELI
C'è una "guida pratica alle interpretazioni di Antonio Gramsci nel mondo". Mauro Pala, 58 anni, professore di Letterature comparate all'università di Cagliari, in cattedra da Tel Aviv a Malta, dagli Stait Uniti (Notre Dame) ad Aarhus (città danese nello Jutland), da Harvard al Trinity College di Dublino, ricorda l'analisi di Michele Filippini che nel 2011 sottolineava "l'accostamento di Barack Obama a Gramsci" negli studi di Bill Ayers e Saul Alinsky. Un articolo rimarcava la "Gramsci revolution in America". Per non dire dell'impatto nel mondo arabo del filosofo nato ad Ales nel 1891 anche dopo l'ultimo convegno al Cairo con Giuseppe Vacca, Patrizia Manduchi, Tahar Labib, Ferial Ghazoul, Nadia Ramsis Farah per non citare altri politologi non solo mediorientali. «Nel mondo arabo - dice Pala - c'è stato un picco di interesse dopo le varie primavere a cominciare da quella tunisina dei gelsomini. Gli studi, sempre approfonditi, si concentrano attorno al concetto di società, intendendo quella classe borghese che non riesce mai ad affermarsi a livello governativo anche con le sue connotazioni islamico-moderate. Tra questi segnalo Gilbert Achcar, un teorico del passaggio democratico attraverso un'ampia alleanza che potrebbe anche includere le forze moderate dei Fratelli Musulmani in Egitto».Su quali concetti si insiste maggiormente sul pensiero gramsciano? «Fra tutti il concetto di egemonia: con un dibattito strettamente legato a quello sullo Stato o sugli Stati nazionali, con l'idea di uno Stato che possa essere rappresentativo anche per la maggioranza della popolazione e non un governo militare o un presidenzialismo che poi si trasforma - come la cronaca recente insegna - in una dittatura. Il pensiero di Gramsci rimane di una attualità tanto universale quanto sorprendente, basti pensare a quanto sta avvenendo oltre Atlantico, in America latina. E anche lì si studia Gramsci, più di prima».Nelle considerazioni generali, Gramsci è considerato più un filosofo o più un comunista? «Da tempo, direi da almeno un decennio ma potrei spingermi ulteriormente indietro, si impone la figura del filosofo a tutto campo. Sempre meno Gramsci viene definito comunista anche perché oggi questo termine - in alcuni settori anche accademici oltre che nell'opinione comune - ha assunto in modo strumentale, direi più partitico che politico, una connotazione negativa. Ciò soprattutto in diversi Paesi dell'Occidente, Italia docet. Se interrogassimo alcuni politici su egemonia, blocco storico, rivoluzione passiva non credo otterremmo risposte congue. In diversi settori la non conoscenza del vero pensiero gramsciano è elevatissima».E nell'America oggi governata da Donald Trump?«In questo caso siamo proprio davanti all'anatema nonostante siano stati compiuti studi seri su Gramsci anche da parte di forze conservatrici statunitensi. In generale si può dire che il Gramsci nordamericano è un pensatore essenziale per le rivendicazioni delle minoranze e per la complessa questione dei diritti civili. Gramsci è studiato in tutti gli atenei, senza alcuna eccezione. Magari in edizioni talora sintetiche, l'autore de "I quaderni del carcere" figura tra i grandi esponenti del pensiero occidentale. Oggi, come ho già detto, è molto studiato nel mondo arabo: alcuni concetti, come quello di intellettuale organico sono entrati a far parte del vocabolario culturale delle classi intellettuali arabe grazie a figure gramsciane arabe come Edward Said».Negli Usa, Gramsci è molto citato da Gayatri Spivak, filosofa di origini bengalesi attiva nel campo degli studi postcoloniali e del femminismo. «La Spivak, che un anno fa ha voluto vedere i luoghi gramsciani in Sardegna, da Ales a Ghilarza fino al Dettori di Cagliari e al quartiere della Marina dove abitava durante gli studi liceali, ha contribuito a saldare le rivendicazioni delle minoranze occidentali con quelle dei Paesi con un passato colonialista a cominciare dall'India. Anche in questo caso Gramsci diventa filosofo globale come tutti i grandi pensatori. Un collettivo di storici autorevoli coordinato da Ranajit Guha di Calcutta ha letteralmente riscritto la storia dell'India moderna. E Guha parte proprio dalla teoria delle classi subalterne per cui Gramsci è ritenuto e riconosciuto come suo maestro. Ruolo fondamentale ha avuto il libro di Giuseppe Fiori, tradotto ovunque».Un "maestro" ritenuto tale in diversi ambienti negli Stati Uniti.«Certamente. Potrei citare al riguardo, usando Michele Filippini, gli studi di John Fonte, socio senior all'Hudson Institute e direttore del Center for American Common Culture. Nel 2000, prima dell'evento spartiacque dell'attentato alle Torri Gemelle, Fonte scrisse due articoli sulla guerra tra culture: una, su una sorte di vendetta titolato Gramsci's revenge, Reconstructing American democrazy e un altro sui paralleli fra Gramsci e Tocqueville. Sosteneva che il progressivismo, dagli anni Sessanta in poi, ha giocato una battaglia di decostruzione dei valori della società americana colpendo soprattutto i diritti individuali e la tradizione culturale dell'Occidente. Si analizza Gramsci, classi subalterne in primis. Di segno diverso la lettura da destra di Robert Chandler che in The Gramsci strategy parla addirittura di infiltrazione gramsciana nei media».Usa, mondo arabo e asiatico. E Gramsci in Europa?«Molto presente. Si parla di gramscismo e molto spesso di hegelo-gramscismo. E non da oggi. Ai tempi della Thatcher i riferimenti a Gramsci erano costanti quando si parlava di populismo autoritario, cultura popolare, intellettuale, ideologia e perfino di razza ed etnicità. Ovviamente la destra conservatrice forzava e forza a proprio uso il pensiero di Gramsci».Davanti a tanta complessità, col tentativo di eliminazione della storia dai programmi scolastici, oggi si pensa di cancellare lo studio della filosofia.«Viviamo un momento culturale semplicemente devastante. Sorge il sospetto che, dopo gli ambiziosi proclami degli accordi di Lisbona e Bologna sugli studi superiori nella Ue, prevalga una sciatta mentalità tecnicistica che vuole solo operatori e non cittadini. Sotto tale aspetto Gramsci, in questi giorni, incontra Adriano Olivetti in un convegno a Losanna. È il ritorno del pensiero umanistico, la proposta del cittadino responsabile, dotato di attività critica, vincente anche a livello aziendale. Gramsci voleva questa società: responsabile, cosciente, appunto».

 

 

 


8 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 20 novembre 2019 / CULTURA & SPETTACOLI - Pagina 38

AL VIA A SASSARI IL FIORENZO SERRA FILM FESTIVAL

Tovoli ritorna sui luoghi di "Banditi a Orgosolo"

SASSARI Entra nel vivo oggi il Fiorenzo Serra Film Festival, concorso internazionale sul cinema etnografico ospitato a Sassari che si concluderà sabato prossimo. La rassegna raccoglie 860 film da tutto il mondo ed è organizzata dal Laboratorio di Antropologia Visuale "Fiorenzo Serra" della Società Umanitaria, in collaborazione con l'università di Sassari.Oggi alla Camera di commercio, in via Roma 74, alle 9,30, incontro-conversazione su "Banditi a Orgosolo: dal grande documentario al grande cinema". Parteciperanno Luciano Tovoli - che del famoso film fu direttore della fotografia - e Antioco Floris, docente di Cinematografia e curatore di un libro appena pubblicato sul capolavoro di De Seta. Nella serata di oggi, dalle 17,30 alle 23,30, al cinema Moderno è prevista invece la proiezione dei primi film in concorso: "Yurt", di Ivan Perinango (Russia, 2018); "Climbing the elixir", di Monica Dovarch (Sardegna, 2019); "Traditional Brazilian family: Katu" di Rodrigo Senna (Brasile, 2019); "La cena delle anime" di Ignazio Figus (Sardegna, 2017); "Lunas bortuladas" di Fabian Volti (Sardegna, 2019); "Sheep hero" di Ton Van Zantvoort (Olanda, 2019); "Refugee di Alexander" di J. Farrel (Macedonia, 2018); "Gli ultimi Margari" di Tino Dell'Erba (Italia, 2010). I lavori sono divisi in due categorie: quella principale, dedicata quest'anno al mondo agropastorale, e la sezione dedicata ad Antonio Simon Mossa - cineasta e fraterno amico di Fiorenzo Serra - che raccoglie film su temi antropologici. I film finalisti sono in tutto 29. L'ingresso alle masterclass e alle proiezioni è gratuito e aperto a tutti fino a esaurimento posti.Luciano Tovoli, che ha firmato come direttore della fotografia "Banditi a Orgosolo", è tornato in questi giorni in Barbagia, 60 anni dopo il film di De Seta che Martin Scorsese ha definito: «un capolavoro assoluto del cinema». Luciano Tovoli ha fatto la storia del grande schermo italiano lavorando con registi del calibro di Antonioni, Scola e Argento, ma ha anche fatto anni di esperienza a Hollywood. Domenica scorsa è arrivato ad Orgosolo, il paese del suo esordio nel cinema. Era il 1960 quando il regista Vittorio De Seta lo chiamò come direttore della fotografia del film, che nel 1961 avrebbe vinto il premio come miglior opera prima alla Mostra di Venezia. Il paese barbaricino ha riservato una calda accoglienza al cineasta, che a 83 anni è voluto tornare nei luoghi del film, un'opera imprescindibile per la conoscenza della Sardegna dell'epoca. «Avevo appena 24 anni ed ero fresco di studi al Centro sperimentale di Cinematografia di Roma», racconta Tovoli agli amici di Orgosolo, dove è giunto accompagnato da Antioco Floris, docente all'università di Cagliari, che quest'anno ha pubblicato il libro dedicato al film. «Un amico mi segnalò al regista siciliano. Mi prese e partimmo per Orgosolo. Io ero incredulo, cosciente di essere giovanissimo, ma ho trovato uno che credeva nei diplomi e mi ha messo alla prova. In paese restammo sette mesi: è stata la mia palestra, da lì partì la mia carriera fortunata». Commovente l'abbraccio tra Tovoli e "Peppeddu", il bambino del film, e con Mario Battasi, che impersonava il carabiniere. «È stato un lavoro durissimo nel Supramonte e con pochi mezzi - confessa il direttore della fotografia che ha firmato anche Suspiria, Dracula e il Mistero di Oberwald - eravamo una troupe di sole quattro persone e navigavamo a vista. Tutte le mattine De Seta, nella porta della mia camera imbucava qualche foglio con scritto il mio lavoro della giornata. Appena arrivato ho fatto il casting con lui per qualche mese: gli attori erano tutti di Orgosolo, dovevamo educarli alla recitazione. Devo dire che siamo stati aiutati e accolti da amici, dopo essere stati terrorizzati prima di partire. "Ma proprio a Orgosolo dovete andare? Avrete solo guai", ci dicevano. E invece dopo pochi giorni salutavamo tutti e ci volevano bene». «Ogni problema che si presentava sul set lo risolvevamo insieme a Luciano - ricorda Mario Battasi, oggi 88enne -. Per loro, che venivano da realtà diverse, immagino sia stato duro lavorare in Supramonte. Spessissimo dormivamo per terra negli ovili e scherzavamo sempre con De Seta: "Ma Vittorio come fa un nobile come te (De Seta vantava il titolo di marchese, ndr) a ridursi in questo stato?". Lui non batteva ciglio, aveva a cuore il film che fu uno spartiacque nella storia di questo paese: da allora è diventato il paese dell'interno più visitato in Sardegna».

 

Questionario e social

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