Mercoledì 11 marzo 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
11 marzo 2020

L'Unione Sarda

 
 

1 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 11 marzo 2020 / Prima pagina
L’ex rettore
MISTRETTA SERENO “STO A CASA E LEGGO” 
Careddu a pagina 11

Primo piano - Pagina 11
INTERVISTA
L’ex rettore dell’Università di Cagliari Pasquale Mistretta, 87 anni, è ottimista: andrà tutto bene
«AUGURIAMOCI CHE PER SANT'EFISIO TORNI LA NORMALITÀ»

«Un'epidemia è come una palla che corre contro i birilli, possiamo solo provare a schivarla». L'ex rettore dell'Università Pasquale Mistretta gioca la sua partita chiuso nell'appartamento di piazza Deffenu, a Cagliari. A 87 anni è esposto a un duplice pericolo: alto rischio di complicazioni in caso di contagio e possibile esclusione dalle cure nel caso scarseggino i posti letto. «Speriamo di arrivare a settembre per il mio compleanno».

Professore, ha paura?

«Non nel senso stretto. La valutazione che faccio è che questo male prende senza poterlo gestire».

Che significa?

«Ho pensato al film Settimo Sigillo: un cavaliere torna in patria dopo una crociata durante la quale ha superato mille pericoli e trova la morte pronta a portarlo via».

In questo caso il virus.

«Per questo ho pensato alla vecchiaia: uno davanti a tante cose possibili che capitano a questa età - cadere per strada, beccarsi un male repentino oppure uno di quello dai tempi lunghi - diciamo che se la gioca cercando di eluderli fino alla fine. Quando ci sono epidemie come questa non è possibile».

Lei rientra nella categoria più a rischio.

«Si, diciamo che tra un quarantenne e un ottantenne, mi lasciano per strada e l'altro lo recuperano».

Come ci si sente?

«Abbastanza tranquillo, alla mia età uno gli anni li misura a palmi».

È arrabbiato con chi ha sottovalutato l'emergenza?

«No, c'è da dire che in Italia tutti siamo molto disinvolti e superficiali. Ogni cosa, anche la più drammatica, la sottovalutiamo».

I giovani si sentono immuni.

«Anche i giovani devono stare attenti. In Cina ci sono stati molti morti giovani. Una cosa però mi fa quasi un effetto positivo».

Quale?

«Mi pare che in Italia non ci siano contagi tra cinesi o extraeuropei provenienti dall'Africa: dopo che li stiamo perseguitando da sempre forse questa è la legge del contrappasso».

Cagliari come sta reagendo?

«Bene, noi cagliaritani siamo molto “annacquati”. Pensiamo sempre non possa succedere a noi, lasciamo scorrere come l'acqua di Su Siccu. Il cagliaritano è irriverente, il che non guasta, forse è la nostra forza».

Ha mai vissuto una situazione simile?

«No, ma ho vissuto la guerra. Avevo 10 anni e ricordo le discese dal terzo piano, lo sfollamento a Gesturi, il ritorno a Cagliari alla fine del '44. Come ragazzini abbiamo conquistato la libertà. Per gli adulti era terribile, anche peggio di adesso. Danni economici a parte».

Cagliari ha rinunciato al pubblico della Coppa Davis.

«Però l'hanno giocata».

L'America's Cup ci sarà?

«Io penso più a Sant'Efisio. Se questa partita non fosse chiusa, come faremmo a schierarci tutti nel Largo o in via Azuni?»

Pregherà Sant'Efisio?

«Se avrà ancora pazienza nei confronti dei cagliaritani, Sant'Efisio ci farà la grazia. Ma a un certo punto dirà: “Ascolta casteddaio mi seu arrosciu di proteggerti».

Se fosse stato ancora rettore cosa avrebbe fatto?

«Avrei attivato cautele una settimana prima, avevo suggerito alla professoressa Del Zompo di sospendere le lauree».

Oltre alle lezioni.

«Sì, aveva già sospeso la didattica ma non le lauree con le loro trombette, i baci, gli abbracci. Adesso sono vietate. Però c'è da dire che io sono un ignorante in materia, lei rispetto a me è una farmacologa molto esperta, per cui se ha fatto così vuol dire che credeva fosse giusto».

Come ha trascorso le ultime settimane?

«Bene, sono andato a messa venerdì tenendo la distanza di banco».

A cosa ha rinunciato?

«A niente, facevo già una vita ritirata. Non andavo in piscina, in discoteca o al cinema. Abitudini che mi autoescludono dal bombardamento».

Schiva le persone per strada?

«Nessuno. Sto solo attento ai gruppi di giovani che involontariamente potrebbero darmi una spallata e farmi cadere, ma il virus non c'entra».

Mascherina e igienizzante?

«No».

Ha rifiutato qualche stretta di mano?

«No».

Un bacio?

«No, ero a un funerale martedì scorso: baci e abbracci. Come si fa a rifiutare un bacio o un abbraccio durante un funerale? L'unica cosa a quel punto è non farli, infatti ora li hanno vietati».

Come trascorre il tempo a casa?

«Lavoro molto e leggo saggi».

Ha capito subito che la situazione era grave?

«Non mi aspettavo che prendesse questa piega».

Si risolverà?

«Certo».

Quando?

«Credo serviranno circa due mesi».

Un consiglio ai cagliaritani?

«Ai più giovani dico che è un'occasione per stare a casa e leggere, se sanno leggere».

Ai suoi coetanei?

«Stiamocene a casa. Mi dispiace per gli oreri del bar Torino. Perché a casa il tempo non passa mai».
Mariella Careddu






 

2 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 11 marzo 2020 / Prima pagina
L’intervento
LE DOMANDE SCOMODE

di Aldo Berlinguer
Sempre più stringenti le misure adottate dal Governo per fronteggiare il coronavirus e sempre più frequenti gli inviti alla responsabilità, all'unità, al sacrificio. Il premier, parens patriae, parla al Paese con toni amorevoli e rassicuranti. Si sofferma sul senso della vita, delle relazioni umane, della solidarietà. Va quindi in scena la solita commedia dello Stato buono. (...) segue a pagina 23

Commenti - Pagina 23  segue dalla prima
LE DOMANDE SCOMODE
(...) Uno stato caritatevole, che abbraccia i sudditi, piange le vittime, esalta i servitori, i quali diventano inesorabilmente eroi. E così si consuma la litania del day after, del disastro avvenuto. Il momento di stringerci nel dolore e ripartire fiduciosi nel domani.

Ma il domani, questa volta, non è detto che sia migliore. L'emergenza non è finita, anzi, rischia di aggravarsi. Ed i nuovi comandamenti sono lì a dimostrarlo: non uscite, non riunitevi, non abbracciatevi.

Il messaggio è chiaro: non sappiamo combattere il virus, isoliamolo. E con lui chi lo ospita. Si realizza così una singolare coincidenza tra malanno e malato, ambedue colpiti dalla stessa sanzione. La terapia è dunque particolarmente indigesta, soprattutto per l'economia del Paese e per coloro che, non avendo lo stipendio a fine mese, non lo ricevono più. Obiettivo? Proteggere il sistema sanitario, ormai al collasso. Cioè proteggere chi dovrebbe proteggere noi. Anche qui, il gioco delle parti supera la fantasia di Pirandello.

Purtroppo però è tutto vero. Come per i poliziotti, per i pompieri, nelle stragi o nelle calamità, oggi tocca ai medici. Inevitabilmente, il sistema pubblico, impreparato e disorganizzato, espone i propri esercenti a rischi esorbitanti e quando questi soccombono, diventano eroi, da celebrare, commemorare, col participio passato.

Non è tempo di polemiche, dice la politica, serve unità. Così quel tempo non arriva mai. L'italiano, si sa, ha la memoria corta. E poi un nuovo disastro (ricordate il ponte Morandi?) farà dimenticare il precedente. Chiodo scaccia chiodo. E la litania prosegue. Anche alla politica giova la memoria corta. Rischierebbe di dover rispondere a troppe domande. Dov'era infatti quando, ad ogni tornata elettorale, ha promesso a migliaia di amministrativi di occupare gli ospedali, mentre medici ed infermieri si riducevano a vista d'occhio? Quando i giovani laureati, a causa del clientelismo e del nepotismo, migravano all'estero? Quando si costruivano ospedali in ogni quartiere per occupare persone (e riscuotere voti) più che per curare malati? Dov'era quando si tagliavano uomini e mezzi che oggi, in tutta fretta, vanno reperiti?

Ovvio che queste domande si fanno ancor più scomode nel Mezzogiorno. Qui quanti presidenti o assessori regionali hanno rinunciato a utilizzare il sistema sanitario a fini elettorali. Perché, quasi ovunque, si è calibrata l'offerta sanitaria addirittura al di sotto della domanda ordinaria rendendola così strutturalmente inadatta a fronteggiare le emergenze? Cosa accadrà se il virus si diffonde in Sardegna, una volta che il Governo avrà già speso tutto il possibile e concentrato uomini e mezzi al centro-nord?

Sì, domande scomode, che dovrebbero farsi specie in questa occasione, che inattesa non era. La Cina, a gennaio, ha messo in quarantena decine di milioni di persone. Perché la politica italiana (sino ad inizio febbraio) ci ha chiesto di andare tranquillamente a cena nei ristoranti cinesi? Perché non si è reso obbligatorio il mezzo di contrasto più semplice ed economico in assoluto contro il contagio: le mascherine, che ancora oggi neppure si trovano? Perchè lo Stato si è deciso solo ora ad ordinarle, dopo che anche Francia e Germania hanno vietato le esportazioni? Si era accorto il Ministro Bonafede che la distanza di sicurezza nelle carceri non esiste?

La politica non vuole ricordare ma c'era, c'è ancora e non è cambiata. E il Paese? Resta a casa.

ALDO BERLINGUER
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI

 





3 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 11 marzo 2020 / Primo piano Pagina 13

SCIENZA. Il ricercatore Fabio Porru
«Ritornerò in Olanda senza salutare i parenti»

«Sono tornato dieci giorni fa dall'Olanda, dove lavoro come ricercatore medico al dipartimento di sanità pubblica, perché era il primo compleanno di mio nipotino. Il giorno dopo mi sono ammalato e per questo mi sono chiuso in casa in quarantena perché non sapevo cosa avevo. Ho evitato tutta la trafila d'incontri e visite coi parenti e mi è costato tantissimo, ad esempio non ho potuto vedere mia nonna che ha più di 80 anni. Ripartirò venerdì e nonostante non potrò tornare per mesi, ho deciso di non salutare nessuno: solo così posso proteggere chi amo.

Siamo in una fase delicata, non dobbiamo uscire di testa ma seguire le indicazioni che ci sono state date: evitare contatti fisici e lavare spesso le mani. Ognuno lo deve fare non per se stesso ma per il resto della popolazione, le azioni di ciascuno si ripercuotono sugli altri. Anche i giovani sono chiamati a fare la loro parte perché possono contagiare i soggetti più deboli e il nostro sistema sanitario non è in grado di reggere. Con queste misure si chiede responsabilità alla popolazione, rallentare e diluire i casi è fondamentale perché ci saranno altri casi ma avremo i posti letto e il tempo per affrontarli. Ne usciremo ma dobbiamo aiutarci tutti».

 

 

 

 

 

La Nuova Sardegna

 

 


4 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 11 marzo 2020 / Prima pagina
L’ATENEO E IL COVID-19
Una sfida per l’Università

di Massimo Carpinelli
Il nostro paese, e tutto il mondo, vivono un momento di particolare difficoltà a causa del virus COVID-19. Scene anticipate da film ma che non avremmo mai voluto vedere in realtà. Come cittadino seguo con apprensione quello che accade, come Rettore devo pormi il problema di mantenere in funzione un servizio essenziale. 
continua a pagina 3

Primo piano - Pagina 3  segue dalla prima
L'EMERGENZA
UNA SFIDA PER
L'UNIVERSITÀ

di MASSIMO CARPINELLI
Il 4 marzo il governo con un DPCM ha dato, giustamente, chiare limitazioni alle attività didattiche; la sera stessa, tra i primi in Italia, il nostro Ateneo ha recepito il DPCM, definendo le modalità per erogare le attività didattiche e assicurare lo svolgimento degli esami di profitto e di laurea a distanza. A questo ho fatto immediatamente seguire l'attivazione del cosiddetto lavoro agile, per consentire ai nostri dipendenti la possibilità di lavorare da casa. L'Università non chiude, ma deve riorganizzarsi, ridefinire le sue strategie. Devo dire con orgoglio che tutti: personale tecnico, amministrativo e bibliotecario, docenti hanno lavorato permettendo al nostro Ateneo di non fermarsi. Dopo le ulteriori restrizioni del DPCM del 9 marzo, abbiamo emanato un nuovo Decreto Rettorale che disciplina la possibilità di tenere esami e lauree a distanza, utilizzando gli strumenti tecnici più moderni. Devo dire che questa evenienza non ci ha colti impreparati: la didattica a distanza faceva parte della strategia di didattica inclusiva che il nostro ateneo mette in atto per particolari categorie di studenti, come i detenuti o tutti quegli studenti impossibilitati a seguire le lezioni. Non è la didattica che vorremmo, non è la didattica ideale: nessuna tecnologia, a oggi, può sostituire il contatto con il proprio maestro, la forza di una lezione libera svolta insieme ad altri studenti, ma oggi dobbiamo usare quella.
Certo, la didattica a distanza richiede connessioni veloci. In questi giorni abbiamo potuto toccare con mano quanto ancora ci sia da fare nelle infrastrutture di rete. Per troppo tempo nel nostro Paese le chiacchiere e i litigi tattici tra politici hanno tolto energia alla progettualità e alla realizzazione delle infrastrutture, motore di sviluppo e responsabilità prima di uno stato efficiente. L'emergenza sta facendo cambiare abitudini, in un Paese in cui la stretta di mano, l'abbraccio, il bacio anche tra amici fa parte del nostro modo di essere, è difficile diventare improvvisamente asettici.
La scommessa è adattare i nostri comportamenti in uno stato democratico liberale e non totalitario. È facile imporre quarantene e isolamenti negli stati di polizia: noi abbiamo il dovere di riuscire a farlo in uno stato libero e democratico. In questi giorni si vede come la non cultura, la mancanza di rigore scientifico, possono fare danni. Tacciono per fortuna i no-vax, quelli che guardano con sospetto agli scienziati che vogliano migliorare le condizioni di vita della nostra specie e del mondo intero. Tutti, ora, guardano con ansia a quando arriverà il vaccino. Mi auguro che il rispetto e l'attenzione di cui stiamo giustamente circondando gli scienziati in questi giorni non si esaurisca con la fine - speriamo prossima - dell'emergenza. Ci hanno anche detto che il lavoro da casa è preferibile: più produttivo, più adatto alle nostre esigenze: lo capisco. Non viaggerò, eviterò i contatti, lavorerò da casa. Certo, io, come tutti, non vedo l'ora di poter tornare nuovamente a lavorare fianco a fianco con i miei colleghi, trarre ispirazione dai loro sguardi e dai loro gesti e vedere il mio ufficio nuovamente pieno di persone da salutare con una stretta di mano.

Questionario e social

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