Lunedì 2 dicembre 2019

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
02 dicembre 2019

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di lunedì 2 dicembre 2019 / Speciale SALUTE - Pagina IV

Prevenzione e terapie sempre più evolute hanno fatto crollare negli ultimi 15 anni il numero di vittime
UN'ISOLA DAL CUORE SANO
La mortalità è la più bassa d’Italia

Si muore di meno, ma non per questo si può stare più tranquilli. Definire la Sardegna come un'Isola felice per gli infarti del miocardio sarebbe forse eccessivo, ma le statistiche regionali sono per certi versi confortanti: i decessi nel corso degli ultimi quindici anni sono progressivamente calati e ben al di sotto delle medie nazionali.

«In realtà in Sardegna la situazione è più che buona, anzi per tanti aspetti ottima avendo la mortalità da infarto più bassa del paese», spiega Giancarlo Molle, cardiologo per l'Azienda ospedaliera di Cagliari. «I tassi di mortalità registrano infatti 58 vittime tra i maschi su 100.000 contro le 70 circa della media nazionale e di 26 contro 34 per le donne. Tuttavia, vi sono grandi criticità: la mortalità è molto scarsa in ospedale, circa il 6%, ma ancora molto elevata, circa il 25%, in sede extraospedaliera. Il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale: tanto prima il paziente viene soccorso dal 118 e curato in ospedale ed in sala di emodinamica, tanto migliore sarà la sua prognosi.

STATISTICHE. «La Sardegna si distingue in termini positivi nel panorama italiano per quel che riguarda l'incidenza di infarto - ribadisce Molle -, i dati più recenti del 2013 ci dimostrano come i tassi di incidenza si siano progressivamente ridotti dal 2003 e così pure i tassi di mortalità da infarto sono stati stimati in calo del 10 % rispetto alla media nazionale. Questi risultati sono il frutto di una maggiore conoscenza da parte della popolazione, del continuo aggiornamento della classe medica, dell'utilizzo di tecniche sempre più perfezionate di terapie come l'angioplastica con stent medicati (retine che tengono aperti i tratti di coronaria, già precedentemente dilatati) e grazie anche all'uso di farmaci che inibiscono il riformarsi di una placca aterosclerotica che ostruisce l'arteria.

LOTTA CONTRO IL TEMPO. L'infarto del miocardio è causato da un'occlusione acuta di una delle arterie che nutrono il cuore e determina un blocco del flusso del sangue in una parte del muscolo cardiaco provocando un danno irreversibile che può condurre in poco tempo alla morte il paziente. «Ecco perché occorre sottolineare il ruolo fondamentale della rete delle emergenze che in Sardegna - dice il medico - come nel resto di Italia, opera tramite il 118. Una struttura che prevede la convergenza delle richieste di aiuto tramite il 118 e l'invio di una squadra di professionisti formati ad hoc per la prima assistenza».

RETE REGIONALE. La Sardegna ha però vaste aree disagiate a causa di carenze di collegamenti e strutture adeguate. «Avere un infarto ad Esterzili ha un rischio molto maggiore che averlo a Sestu. Da dati del ministero della salute, per distanze superiori ai 26 chilometri, il tasso di mortalità da infarto aumenta del 30% e se il tempo di percorrenza dalla abitazione è superiore ai 45 minuti la probabilità aumenta del 20%». La rete della emergenza sarda è organizzata con centri Hub di cardiologia dove le strutture per accogliere gli infartuati sono aperte 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno. «Affrontiamo quotidianamente problematiche legate alla carenza di personale medico e infermieristico che rendono queste strutture non sempre a piena operatività e spesso determinano chiusure parziali o totali. Al di là di ogni polemica, l'investimento nei collegamenti e l'adeguamento del personale sono alla base di un risparmio di vite umane e di gravi invalidità che pesano in modo determinante sulla collettività».

Luca Mascia




 

2 - L’UNIONE SARDA di lunedì 2 dicembre 2019 / Speciale SALUTE - Pagina IV

I CENTRI DI RIFERIMENTO IN SARDEGNA
Una rete capillare salverebbe più vite

Quasi una ventina di centri per far fronte alle patologie cardiologiche: la rete regionale delle strutture specializzate è sparsa omogeneamente nei principali dell'Isola per accogliere nei tempi più brevi possibili le emergenze gravi e ovviare ai collegamenti stradali a volte non facili. A Cagliari sono attivi i reparti degli ospedali Brotzu, Santissima Trinità, San Giovanni di Dio, Marino, Binaghi e del Policlinico di Monserrato. A questi si aggiungono i reparti dedicati a talassemici e pazienti oncologici presenti nelle strutture del Microcitemico e del Businco. Nel Sassarese sono attivi i reparti dell'Ospedale Santissima Annunziata e del Policlinico di Sassari e quelli di Olbia (l'ospedale Giovanni Paolo II) e Tempio Pausania (ospedale Dettori). A Nuoro e Oristano sono attivi rispettivamente il San Francesco e l'ospedale Zonchello e il San Martino, mentre a Carbonia e Iglesias i reparti di cardiologia sono ospitati sia al Sirai che al Santa Barbara. L'offerta periferica è completata infine dai reparti del Nostra Signora della Mercede di Lanusei e del Nostra Signora di Bonaria di San Gavino Monreale . (l. m.)

 

3 - L’UNIONE SARDA di lunedì 2 dicembre 2019 / Speciale SALUTE - Pagina V

Teatro come terapia alternativa
Un progetto all’avanguardia dell’Università di Cagliari per i malati di sclerosi multipla e Alzheimer

Utilizzare le grandi potenzialità del teatro per affrontare malattia, dolore fisico, tristezza, cambiamenti. «La teatroterapia sposa teatro e psicologia, noi usiamo il metodo di Grotowski unito alla Psicologia positiva, crediamo che attraverso gli esercizi si arrivi all'emozione, e quindi al sé».

Stella Conte, docente di Psicologia cognitiva all'Università di Cagliari, ha avviato un progetto (tra i primissimi in Italia) per impiegare la teatroterapia con i pazienti affetti da sclerosi multipla e alzheimer. «Abbiamo una collaborazione con il Centro fisioterapico riabilitativo sardo, lì si svolgeranno i nostri corsi. È dimostrato che la teatroterapia funziona anche come medicina alternativa. Per i malati si tratta di entrare in contatto con il proprio corpo, spesso rifiutato, e di scoprire cosa sono in grado di ottenere da loro stessi, quanto si possa migliorare e star bene nonostante le difficoltà. Il “gioco” del teatro permette di essere consapevoli delle proprie emozioni, in particolare di quelle più buie, che fanno male e accrescono il dolore e la sofferenza. È inoltre un modo per socializzare, per condividere la patologia».

Il metodo teatrale adottato dalla professoressa Conte e dal suo team è quello di Grotowski (il grande regista e intellettuale polacco), una scelta dovuta «alla necessità di utilizzare un lavoro sulle azioni e le emozioni, da un punto di vista psicologico e psicoterapeutico», sottolinea, «tramite il corpo e l'esperienza si può raggiungere una maggiore consapevolezza dei propri “blocchi psichici”».

L'approccio psicologico abbinato è quello della Psicologia Positiva che ha l'obiettivo di aumentare le emozioni positive, coinvolgere i punti di forza della persona e favorire il benessere inteso come “felicità”. «Questo aspetto può favorire il modo in cui percepiamo noi stessi e le altre persone. Il benessere soggettivo è legato - secondo i maggiori studiosi - direttamente all'estroversione, ovvero a quella condizione di socievolezza naturale e piacevole con gli altri. Inoltre, sottolinea che lo stress, l'ansia e le preoccupazioni causano infelicità, quindi potrebbe essere importante cambiare la propria prospettiva nel comportamento quotidiano. Il benessere è anche collegato all'idea di “essere attori” della propria vita».

Dunque, l'attore si accorge che attraverso improvvisazioni ed esercizi fisici, qualcosa in lui comincia ad agire dall'interno ancor prima che si manifesti all'esterno: una sorta di rinvigorimento di alcuni aspetti profondi che sono le “memorie del corpo”. Il teatro Grotowskiano e l'approccio psicologico positivo mirano ad aumentare l'esperienza delle emozioni positive, sviluppare i punti di forza e abilità; trovare e costruire un senso di speranza e di benessere. E se «su persone non malate l'efficacia di questo metodo è straordinaria, crediamo - come spiega tanta letteratura - che possa essere molto efficace anche nei malati di sclerosi e alzheimer».



 

4 - L’UNIONE SARDA di lunedì 2 dicembre 2019 / Speciale SALUTE - Pagina VI

NEONATOLOGIA
Proteggere il seno nell’allattamento

Quali problemi possono sorgere con l'allattamento quando non si è più giovanissime?

Le preoccupazioni riguardo l'allattamento sono molto diffuse (sia nelle giovani donne sia in quelle più adulte), in particolare quelle relative alla qualità e alla quantità del latte prodotto e sono significativamente associate a un aumentato rischio di sospensione dell'allattamento materno stesso. È importante che le mamme siano consapevoli che il latte materno rappresenta la migliore fonte nutritizia del neonato: è infatti personalizzato e modellato fisiologicamente in base alle sue esigenze sin dalle primissime fasi della vita, in modo tale da garantire uno sviluppo adeguato. Una delle cause più frequenti di interruzione dell'allattamento materno è il forte dolore al seno che può essere dovuto ad esempio alle ragadi o ad un ingorgo mammario. In questi casi è fondamentale l'aiuto da parte del personale sanitario esperto che può spiegare alla mamma quale dovrebbe essere l'attacco corretto, che potrà dunque eliminare la sensazione di dolore suscitata dalla suzione del bambino.
 


 

5 - L’UNIONE SARDA di lunedì 2 dicembre 2019 / Speciale SALUTE - Pagina VII

OCULISTICA. Malattie della retina, la cura è la chirurgia
QUEI DISAGI ALLA VISTA DA NON SOTTOVALUTARE

Gli interventi alla retina quali pucker maculare o foro maculare sono sempre consigliabili? Oppure a una certa età possono essere rischiosi?

Le malattie della retina, quali foro maculare o il pucker maculare, sono da considerarsi innanzitutto patologie gravi poiché colpiscono la macula, il cosiddetto centro della visione distinta (il punto più sottile e delicato della retina). Bisogna sottolineare che purtroppo l'unico modo di curare tali malattie è l'intervento chirurgico e con le tecniche chirurgiche moderne possono essere trattabili, tuttavia è sicuramente consigliabile rivolgersi solamente a dei chirurghi esperti che si occupano solo di retina, perché un intervento di questo genere in mani non esperte può portare a gravi conseguenze quali il distacco della retina, sanguinamenti retinici nella macula e traumi iatrogeni irreversibili. È importante sapere che comunque queste malattie hanno di solito, se riconosciute all'insorgenza del problema, una buona prognosi visiva ( il foro maculare si chiude nel primo intervento nel 95% dei casi in mani esperte ) ma la vista può non tornare come prima del danno, soprattutto quando si parla di foro maculare. Di solito i primi sintomi sono la distorsione delle immagini e la popolazione più colpita è sicuramente quella fra la quinta e la settima decade di età ma può interessare anche i più giovani soprattutto dopo traumi o trattamenti laser. Si consiglia di parlare con il proprio oculista se si hanno tali sintomi, che saprà consigliare un buon chirurgo della retina per ogni approfondimento ed eventuale cura.

 

 

 

 

La Nuova Sardegna

1 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 2 dicembre 2019 / CULTURA & SPETTACOLI - Pagina 19
"Sanluri 1409. La battaglia per la libertà della Sardegna" di Franciscu Sedda rievoca lo scontro, per lungo tempo dimenticato, che cambiò le sorti dell'isola

Storia del giorno sanguinoso in cui finì la nazione sardesca
Pubblichiamo uno stralcio dell'intervento di Franciscu Sedda contenuto nel libro "Sanluri 1409. La battaglia per la libertà della Sardegna" (ArkadiaEditore 172 pagine, 18 euro)

di Franciscu Sedda

Non si tratta di fare la storia di una battaglia, ma di situare la battaglia di Sanluri dentro una storia. Una storia più ampia, più ricca, più significativa della battaglia stessa. È lì, in questa storia, che ritroviamo i valori e i sensi di quelle sofferenze, di quei vissuti passati. E al contempo li apriamo ad una reale condivisione popolare: dunque non solo ad un necessario continuo lavoro di ricerca intellettuale ma anche di rammemorazione collettiva, di elaborazione del lutto, di potenziale traduzione in pratica e attualizzazione creativa dei valori custoditi dal passato. In altri termini il tempo della storiografia fondata sulle battaglie è finita ma non è finita la battaglia per la storia: «La storia intellettuale dell'umanità si può considerare una lotta per la memoria. Non a caso la distruzione di una cultura si manifesta come distruzione della memoria, annientamento dei testi, oblio dei nessi». Se vale, e io credo che valga, questa magnifica (e straziante) frase di Jurij M. Lotman, fondatore della semiotica della cultura, è evidente che lottando per una memoria noi lottiamo al contempo per l'esistenza stessa di una cultura, di un collettivo portatore di istanze proprie.Dunque, lottando per la memoria noi lottiamo per una conoscenza storica continuamente ravvivata, per fare delle storie che ereditiamo qualcosa di vivo, per vivere attraverso le storie che indagando nel passato contribuiamo a scrivere. Può sembrare sconveniente, ma bisogna costantemente domandarsi attraverso quali storie viviamo; attraverso quale senso e sensi del passato percepiamo più o meno consapevolmente il presente in cui siamo immersi e il futuro che abbiamo davanti. (...)Il nostro presente ha riportato in auge sa Battalla e con essa un carico di tensioni per la coscienza attuale dei sardi. Da un lato titoli di quotidiani e telegiornali raccontano sempre più spesso la ricorrenza come la battaglia in cui sardi persero l'indipendenza. Dall'altro c'è un'oggettiva difficoltà per i sardi stessi a riconoscersi attraverso l'evento. Ho raccontato molte volte quanto mi capitò durante la rievocazione del 2007. Dopo la timida accoglienza riservata ai figuranti con l'Albero verde, usciti peraltro da una zona del "campo di battaglia" abbastanza nascosta e distante dal pubblico, i figuranti catalano-aragonesi entrano in campo passando sotto le tribune in cui è assiepata la maggior parte delle persone accorse a Sanluri. L'accoglienza è ovviamente molto più calorosa. Ma ciò che veramente manda in crisi le persone a me vicine, schierate nella zona laterale della rievocazione, è che oltre alla bandiera con i Pali catalani l'esercito catalano-aragonese sventola i Quattro mori. Ma non aveva detto il gracchiante altoparlante che "noi", i sardi, siamo gli altri? Scatta una confabulazione collettiva, da cui ovviamente mi astengo dall'intervenire. Alla fine una signora rinfrancata, e desiderosa di condividere il sollievo, mi dice: «Sa cosa è successo?», rispondo ovviamente di no e lei prosegue: «È che i sardi non ne potevano più degli oristanesi, di quelli di Arborea, e per liberarsene sono passati con gli altri!». Avrei voluto dire, in modo accalorato, alla signora che non era affatto così e che lo dicevo a ragion veduta. Ma in fondo che colpa ne aveva la signora? La giustificazione trovata al volo da lei e parte degli astanti per risolvere la "dissonanza cognitiva" di quanto stavano vivendo non era forse figlia di quella sconfitta che lì veniva messa in scena? Non era forse l'esito del depositarsi nel senso comune dell'interpretazione della storia post-sconfitta, quella data oltre 500 anni prima da Giovanni Fara e poi da tante altre autorevoli figure con lui e dopo di lui?Bisogna dunque prendere sul serio questi dubbi, queste confusioni, queste dissonanze - «Perché i sardi, perché quelli che mi dicono essere i sardi, hanno un albero verde come bandiera? Perché gli avversari sventolano, oltre ai pali catalani, i quattro mori? Non dovrei parteggiare per questi ultimi dunque?» - e anche a questo vorrebbe servire questo libro.Resta tuttavia il fatto che i traumi della memoria e della coscienza non si curano in un giorno. Sempre che si riesca a curarli. O non prevalga la paura di mettersi in discussione. In ogni caso è probabile che se nella coscienza futura dei sardi la storia del medioevo, e in particolare quella del suo lungo epilogo, troverà un posto in parte lo si dovrà anche alla forza evocativa, in più sensi contraddittoria, sprigionata dalla battaglia di Sanluri. È altrettanto probabile tuttavia che una volta che la battaglia avrà agito come testa d'ariete, a ritornare al centro della memoria saranno non soltanto altre battaglie, come quella vincente di Sant'Anna, quanto piuttosto ciò che porta a sintesi e simbolo il meglio di quella tensione dei sardi alla libertà, all'unità, all'esistenza.

Questionario e social

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