Lunedì 20 aprile 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
20 aprile 2020

L'Unione Sarda


 

1 - L’UNIONE SARDA di lunedì 20 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 15
L’emergenza. Quale futuro per i nostri 300 centri d’arte dopo la pandemia

COME FARE IMPRESA CON LA CULTURA  PERCHÉ I MUSEI SONO UNA RISORSA
Ogni anno in Sardegna vengono staccati 1 milione e 700mila biglietti

Entrando in un museo, una mostra, un sito archeologico, talvolta siamo rimasti senza fiato. Oggi, questi spazi “chiusi” della memoria, sono loro a rimanere senza fiato!!

Tuttavia, più che scrivere i cahiers de doléances dei musei, l'occasione di questo odierno e inedito “quadro d'insieme” potrebbe essere utile per aggiornare la nostra consapevolezza sui musei.

I NUMERI NELL'ISOLA. Partiamo da alcuni dati, in Sardegna sono oltre 300 i centri che erogano un servizio di tipo museale, intendendo per questo musei, siti archeologici, edifici monumentali e altro di musealizzato, con spazi all'aperto o al chiuso che offrono servizi di assistenza alla fruizione, mostre e altro. Il numero di questi centri è in continuo aggiornamento, segno di una sensibilità propria della nostra Isola che si posiziona nell'offerta con una media percentuale vicina e talvolta superiore a quella nazionale. L'offerta aumenta con i festival letterari, cinematografici, teatrali e musicali, le mostre nelle gallerie, per i quali la nostra spesa pro-capite è sopra la media nazionale.

I dati attestano che in ogni centro “musealizzato” della Sardegna sono occupati, in media, tra 6 e 15 addetti, oltre l'indotto naturalmente; un risultato molto interessante.

In questi centri museali ogni anno vengono staccati circa 1 milione e 700 mila biglietti, di cui il 70 per cento a pagamento, con il 25 per cento concentrato nei musei statali; un dato con margini di miglioramento.

DA CAGLIARI A CAPRERA. Il pubblico oscilla tra i 100 mila ingressi e le poche centinaia di visitatori nei musei dei piccoli centri. Il museo di Garibaldi e il Compendio di Caprera, Su Nuraxi di Barumini, il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, i musei di Castelsardo svettano su altri, seppure questo tipo di classifiche non rispecchia interamente il reale andamento.

I musei trainanti nei numeri restano certamente di grande rilevanza, ma è la rete fisica territoriale dei contesti musealizzati che fa la vera differenza e potrà farla ancora di più per il futuro se ragionassimo adesso, a “bocce ferme”.

GLI INTROITI. Per avere un quadro puntuale e capire come i centri musealizzati sono strategicamente utili alla vita, non solo sociale e culturale ma altresì economica, vediamo un esempio semplificativo: su 100 euro che un gruppo di visitatori spende per recarsi ad un museo o visitare una mostra, solo 5 euro in media entrano nelle casse dei musei, il resto si distribuisce tra carburanti, ristoranti, bar, farmacie, alimentari, edicole, artigianato, negozi, tabaccherie, meccanici; 95 euro su 100 vanno ad altri protagonisti ed operatori economici del territorio o dell'area vasta interessata dalla mostra o dalle attività del museo. Solo questo dato dovrebbe far riflettere sull'importanza delle attività museali nello sviluppo economico dei piccoli centri e dei territori non costieri.

LA BUROCRAZIA. Da questo dato dovremmo ripartire per mettere mano al sistema museale della Sardegna, aggiornando la normativa regionale al mondo reale, dove al momento un numero elevato di musei locali continua la sua attività con contratti in proroga e senza nessuna prospettiva. La normativa regionale 14/2006 ricalcava echi, già allora lontani, di un possibile “fare impresa” nei beni culturali, un pensiero affossato nella “macchina delle circolari”.

Il sistema museale regionale opera con normative vecchie più di trent'anni, dove alcuni degli operatori sono andati in pensione e altri potrebbero non arrivarci.

Bene, anzi male e cosa fare? Partiamo intanto dalla necessità di una moratoria contrattuale e proviamo a riscrivere le regole partendo da quanto si osserva nella realtà, e non già da quanto normato, perché abbiamo visto che, almeno per la gestione, non funziona. Seppure non mancano esempi di best pratice, come la Fondazione Barumini, la piccola rete dei musei ecclesiastici, quello della Provincia di Nuoro, il museo privato dello Spazio Ilisso, lo scenario che si prospetta non è tra i migliori.

Proviamo pertanto a capire poche cose chiare, ad esempio che il settore museale, oltre ad essere un diritto costituzionalmente sancito deve ricevere dalla società intera il riconoscimento e la quantificazione per il ruolo strategico sociale che svolge.

TRA PUBBLICO E PRIVATO. Una seconda cosa potrebbe essere quella di prevedere una sorta di spartiacque tra i musei di un sistema regionale istituzionale, che potrebbe funzionare sul modello di quello statale, a cui si affiancherebbe la rete dei musei locali e privati, partecipi alla stregua di quelli pubblici, alla crescita culturale come a quella del PIL.

Per questi ultimi musei, identitari di un territorio, dovrebbero valere tutti i parametri, fiscali, economici e di sostegno reale dell'impresa e che già intervengono per altri settori come la socialità, l'artigianato, il turismo, l'editoria, consentendo investimenti e coperture di credito a medio e lungo termine.

Un costo con ricadute sul Pubblico, ma che potrebbe meglio configurarsi come un “ristoro” in percentuale sui novantacinque euro che i musei “procurano” al mercato e alla società.

Un'ultima cosa ma non ultima, la rete digitale dei contenuti online, che oggi i musei affrontano per l'emergenza, ma che dovrà obbligatoriamente passare dall'artigianalità improvvisata ad un investimento strutturale e serio.

Molte delle cose dette spettano all'indirizzo politico, finanziario e fiscale, altre sono più semplici e immediate, basterebbe in modo solidale che i cittadini e gli operatori, comunicassero, con orgoglio: «Abbiamo un museo, visitatelo».

Roberto Concas, museologo







2 - L’UNIONE SARDA di lunedì 20 aprile 2020 / CAGLIARI - Pagina 18

Via Businco. La polemica
CONTRORDINE ERSU: «NESSUN TRASLOCO PER GLI UNIVERSITARI»

«Un grosso equivoco che chiariremo nelle prossime ore», così il presidente dell'Ersu Michele Camoglio annulla il maxi trasloco disposto qualche giorno fa da un suo dirigente. Con lo stop imposto dal coronavirus molti ragazzi sono tornati in famiglia e le presenze negli alloggi dell'Ersu si sono ridotte tanto da convincere qualcuno a riunire i pochi rimasti in un'unica sede e chiudere la casa di via Businco entro il 27 aprile. Gli studenti cagliaritani -proprio quando il governo ordina a tutti di restare a casa -avrebbero dovuto fare le valigie. Un modo per risparmiare sulle spese che ha fatto infuriare i ragazzi.

La rettifica

In una nota il presidente Camoglio promette che nessuno sarà sfrattato. «L'ente è del tutto consapevole che a nessuno studente può essere consentito di effettuare spostamenti in deroga al decreto del presidente del Consiglio. Nessuno studente verrà obbligato a lasciare l'alloggio neanche quando le restrizioni saranno superate. Tutto ciò a prescindere dagli eventuali risparmi che una simile iniziativa potrebbe arrecare all'ente nello stesso interesse degli studenti. Su diritti e salute non si può e non si deve risparmiare. Nelle prossime ore il cda chiarirà più precisamente questo grosso equivoco».

L'intervento

A sollecitare una presa di posizione del presidente Camoglio ieri è stato il consigliere regionale Massimo Zedda che alla notizia del trasloco è rimasto di stucco. «Ho ricevuto tante segnalazioni dagli studenti e mi è sembrato assurdo chiedere loro di fare un trasloco e far rientrare i fuorisede per svuotare gli alloggi proprio durante l'emergenza sanitaria in corso. La rettrice e il cda dell'ente, che ho contattato, non ne erano a conoscenza. Per fortuna la ragione ha prevalso e la decisione degli uffici è stata bloccata tempestivamente».







3 - L’UNIONE SARDA di lunedì 20 aprile 2020 / Speciale SALUTE - Pagina VI
Gli esperti rispondono

REUMATOLOGIA. Artrite reumatoide, guarire è possibile

L'Artrite reumatoide è curabile?
Risponde ALBERTO CAULI, 54 anni, professore e direttore Reumatologia Policlinico Duilio Casula Aou Cagliari

L'artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica che può interessare tutte le articolazioni (ad esempio quelle delle mani e piedi, ginocchia, caviglie e spalle) ma avere anche un coinvolgimento di altri organi come il polmone e il cardio-vascolare. Può esordire in età giovanile, adulta o senile e interessa entrambi i sessi. I sintomi iniziali sono rappresentati dal gonfiore, dolore e difficoltà nella funzione articolare. La malattia è causata da una eccessiva reazione del sistema immunitario dovuta a una predisposizione genetica e a stimoli esterni, anche infezioni, con conseguente processo infiammatorio persistente e danno alle articolazioni e altri organi. Per questo motivo le terapie attuali mirano a frenare l'esuberanza del sistema immunitario attraverso farmaci immunosoppressori o modulanti. All'esordio dei primi sintomi è importante eseguire una consulenza reumatologica e iniziare la terapia che, grazie ai progressi della medicina, consente oggi alla grande maggioranza dei pazienti un pieno controllo dei sintomi e un'ottima qualità di vita.








4 - L’UNIONE SARDA di lunedì 20 aprile 2020 / Speciale SALUTE - Pagina VII
Gli esperti rispondono

CARDIOLOGIA. Stress, luoghi chiusi e qualità della vita scarsa: l'isolamento in casa è dannoso per i cardiopatici

La clausura forzata può essere dannosa alla salute dei cardiopatici?
Risponde GIANCARLO MOLLE, 59 anni, cardiologo, dirigente nell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Cagliari

È risaputo che lo stress psichico, la coercizione in luoghi chiusi, la limitazione delle libertà, il brusco cambio della qualità della vita, l'angoscia per un futuro preoccupante, la depressione, il turbamento per il male oscuro e invisibile aumentano la produzione degli ormoni dello “stress”: l'adrenalina e la noradrenalina che incrementano il lavoro cardiaco provocando tachicardia e aumento della pressione arteriosa.

A livello cardiocircolatorio questa situazione determina un aumento dei cosiddetti “eventi maggiori”: ictus cerebrale e infarto miocardico ma anche di fenomeni minori come angina pectoris e Tia ( attacco ischemico transitorio cerebrale) e crisi di tachicardia di vario tipo.

Nel tempo del coronavirus la paura del contagio, il rischio di un ricovero in ambiente malsano allontanano la gran massa dei pazienti. Molti di questi fenomeni clinici, quindi, si gestiscono nel rassicurante ambiente familiare, posticipando l'accesso in Pronto Soccorso e l'intervento medico specialistico ma aumentando enormemente il rischio di complicanze anche mortali. I pazienti devono sapere che malgrado qualche intoppo si sono approntati nei luoghi di cura dei percorsi di assoluta sicurezza per l'accesso alle patologie classiche e che se non si vogliono correre rischi ben superiori a quelli del coronavirus vale la pena accedere mediante la rete del 118 alle strutture deputate alla terapia degli eventi neurologici e cardiovascolari.

 

 

 

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