Giovedì 23 gennaio 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
23 gennaio 2020

L'Unione Sarda


 
 

1 - L'UNIONE SARDA di giovedì 23 gennaio 2020 / PRIMA PAGINA
L’ANALISI
Quel debito che ci affossa

di Beniamino Moro
In un recente articolo sul supplemento economico del Corriere della Sera, Francesco Daveri ironizza sul fatto che regolarmente, negli ultimi dieci anni, «a commento di una finanziaria o di un decreto correttivo approvati per un soffio, ognuno dei ministri dell'economia della Repubblica tira sempre un sospiro di sollievo e parla di conti pubblici finalmente messi in sicurezza. Intanto, mentre i conti pubblici dell'Italia venivano ripetutamente messi in sicurezza, il debito pubblico proseguiva la sua corsa. Tanto che a fine ottobre 2019 il contatore del debito della Banca d'Italia ha raggiunto quota 2.447 miliardi: 300 miliardi in più di cinque anni prima (nel 2014), 650 miliardi in più che nel 2009, 950 in più che nel 2004. Dal 2004 ad oggi, quindici anni di instabilità politica hanno prodotto nove ministri dell'economia e una stabile regolarità: in Italia il debito pubblico aumenta mediamente di 50 miliardi l'anno».

Il vizietto di finanziare in deficit una parte rilevante della maggiore spesa pubblica costituisce un'abitudine della politica italiana, cominciata ben prima dell'entrata nell'euro. Esso risale infatti agli anni '80 del secolo scorso, quando il rapporto deficit/Pil è oscillato ogni anno tra il 10 e il 12%. Di conseguenza, il rapporto debito/Pil è più che raddoppiato in un quindicennio, passando dal 57% del 1980 al 122% del 1994. È quella l'origine dell'enorme palla al piede del debito dell'economia italiana, di cui la politica, nonostante le annuali manovre correttive, non è ancora riuscita a liberarsi in via definitiva. (...) SEGUE A PAGINA 4
 

REGIONE - Pagina 4  segue dalla prima
Così l’Italia non è mai uscita dalla crisi del 2009

IL DEBITO PUBBLICO CHE AFFOSSA L'ECONOMIA

(...) Storicamente, la crescita del rapporto debito/Pil fu interrotta solo dopo la crisi finanziaria del 1992, tamponata dal governo Amato con una manovra pari all'8% del Pil (circa 160 miliardi di oggi) e la conseguente decisione di aderire all'Unione monetaria europea (Ume). Questa, con l'imposizione del vincolo del 3% al deficit annuale (il famoso vincolo esterno da rispettare), venne vista allora come provvidenziale per evitare che il Paese andasse in bancarotta e come impegno futuro di perseguire una rigorosa disciplina di bilancio. Impegno che il Paese è riuscito a rispettare sino a quando non è scoppiata la crisi finanziaria americana del 2007-2009, cui è seguita in Europa la crisi dei debiti sovrani dal 2010 al 2014, da cui il nostro Paese di fatto non è ancora definitivamente uscito.

In Italia, infatti, il rapporto debito/Pil è diminuito dal 122% del 1994 al 103% del 2007, per poi riprendere a salire sino al 135,7% dell'anno scorso.

Di per sé l'aumento del debito non sarebbe una grossa minaccia alla vera messa in sicurezza dei conti pubblici, se anche il Pil aumentasse tendenzialmente nel medio-lungo periodo almeno nella stessa proporzione. Purtroppo, non è così per l'Italia, che ha smesso di crescere adeguatamente dalla seconda metà degli anni '90. Gli economisti si chiedono quale ne sia la causa, ma in realtà esiste un insieme di concause che vanno dalla caduta degli investimenti, pubblici e privati, all'inefficienza e agli sprechi della pubblica amministrazione, alla corruzione della politica, sino alla stessa esistenza di un debito pubblico molto elevato che assorbe troppe risorse per il pagamento degli interessi, distraendole da altre finalità più produttive.

A quest'ultimo riguardo, basta fare un confronto con la Spagna, che i suoi conti li ha davvero messi in sicurezza. Nel 2019, la Spagna, che ha un debito pubblico pari al 98% del Pil, ha pagato interessi per il servizio del debito pari a 25 miliardi, mentre l'Italia, con un debito al 135% del Pil, ne ha pagato 58. La differenza di 33 miliardi dipende dalla maggiore consistenza assoluta del nostro debito, ma anche dal fatto che lo spread spagnolo, che sino al 2015 è sempre rimasto appaiato a quello italiano, più recentemente viaggia con oltre cento punti di scarto (165 punti per i Btp e 67 punti per i Bonos). E 100 punti di spread in più per il nostro debito costano su base annua circa 6 miliardi di maggiori interessi, totalmente improduttivi per lo sviluppo.

BENIAMINO MORO
DOCENTE DI ECONOMIA POLITICA UNIVERSITÀ DI CAGLIARI





 
2 - L'UNIONE SARDA di giovedì 23 gennaio 2020 / SASSARI E ALGHERO - Pagina 36
SASSARI. Il caso “Rientro dei cervelli” oggi davanti al Gup
Università, sei ricercatori sotto accusa

Il presunto scandalo della legge “Rientro dei cervelli” approda oggi davanti al Gup del Tribunale di Sassari. Una storiaccia, stando alla ricostruzione del pm Giovanni Porcheddu, che ha chiesto il rinvio a giudizio per sei ricercatori che hanno usufruito (indebitamente secondo il pubblico ministero) dei fondi regionali, stanziati per favorire il rientro nell'Isola di docenti e ricercatori sardi che avessero “maturato importanti esperienze professionali all'estero”. Ebbene, secondo la Procura di Sassari, sei ricercatori hanno ottenuto i contratti triennali “presentando domanda contenente dichiarazioni mendaci e comunque ingannevoli per dissimulare la mancanza del requisito dello stabile impegno all'estero in attività di ricerca”. Il reato contestato è quello di truffa aggravata.
SOTTO ACCUSA. La richiesta di rinvio a giudizio riguarda i ricercatori Giampaolo Piga, Gian Felice Giaccu, Tania Carta e Paola Cadeddu, accusati di avere ottenuto indebitamente il contratto triennale e di avere ricevuto fondi regionali ciascuno per importi vicini ai 200mila euro. Marco Bosincu e Sonia Sanchez Fernandez sono invece accusati di avere presentato le domande con i presunti falsi requisiti, senza riuscire, però, ad ottenere il contratto triennale. I sei sono difesi dagli avvocati Bastianino Ventura, Enrico Cossu, Silvio Piras, Giampaolo Loy, Sebastiano Chironi e Marco Palmieri. I presunti danneggiati sono la Regione una decina di candidati esclusi. Le indagini sono state condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Sassari. Stando alla ricostruzione degli investigatori delle Fiamme Gialle, i ricercatori denunciati avrebbero presentato documentazione che attestava i rapporti di lavoro stabili con atenei stranieri (Boston, Barcellona, Parigi, tra gli altri) mentre, in realtà, negli stessi periodi dell'attività all'estero, lavoravano in Italia. L'inchiesta nasce dall'Ufficio Prevenzione della corruzione della Regione. Nel 2016 i pagamenti dell'ultima tranche vennero bloccati e tutte le procedure sottoposte a verifica. Gli indagati respingono tutte le contestazioni e ritengono di essere loro le vere vittime di questa vicenda. «Certo - dice il penalista Marco Palmieri, difensore di Tania Carta - la mia assistita ha seguito puntualmente tutte le prescrizioni del bando. Ha lavorato all'estero e se sarà necessario porteremo davanti ai giudici i docenti delle università straniere per testimoniare che le attività di ricerca all'estero ci sono state. I danni provocati da questa vicenda alla mia assistita sono pesantissimi».
UNA STRANA STORIA. Inizialmente le indagini delle Fiamme Gialle sono state condotte a tutto campo. I militari hanno verificato anche l'operato delle commissione esaminatrice. Si sono occupati del caso due pm, alla fine il pubblico ministero Giovanni Porcheddu ha formalizzato le accuse contro i ricercatori che hanno vinto il concorso e contro due candidati che hanno presentato le domande senza superare la selezione. Tra questi ultimi c'è Sonia Sanchez Fernandez. Si tratta della ricercatrice che, nella primissima fase della vicenda, si riteneva vittima delle presunte anomalie del concorso e che ora si ritrova indagata. Il rettore dell'Università di Sassari, Massimo Carpinelli, ha presentato una querela a tutela dell'ateneo turritano, la cui immagine, secondo Carpinelli, è stata danneggiata dal contenuto degli esposti (e di alcuni articoli comparsi sui quotidiani) riguardanti la vicenda dei contratti del bando regionale. ( a. b. )


 

La Nuova Sardegna


 

 

 


3 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 23 gennaio 2020 / Sardegna - Pagina 5
Il direttore Contu: «Un regolamento prevede le visite ai degenti, siamo i primi»
L'AOU DI SASSARI: DA NOI CANI E GATTI SONO BENVENUTI

di Antonello Palmas
SASSARI Cani e gatti, a terminate condizioni, possono già andare a visitare i loro amici umani ricoverati e rendere la loro permanenza in una stanza d'ospedale meno triste. È già possibile nelle strutture dell'Aou di Sassari, al Santissima Annunziata e nelle cliniche di San Pietro. Lo sottolinea il direttore del presidio ospedaliero dell'Aou di Sassari Bruno Contu dopo aver appreso della petizione per consentire l'ingresso dei quattrozampe in corsia lanciata sulla piattaforma web Change.org dall'avvocato Salvatore Cappai. «L'ospedale di Sassari è "amico" degli animali da compagnia - afferma Contu - Siamo stati, probabilmente il primo ospedale sardo a regolamentare il loro accesso nei reparti di degenza e anche di cani guida per non vedenti. Una scelta che ci consente di andare incontro alle esigenze dell'utenza, in particolare dei degenti, che durante il loro ricovero possono trovare anche giovamento dalla vicinanza del loro cane o gatto». Una possibilità evidentemente molto poco conosciuta, eppure presente nel regolamento approvato nel maggio 2018 e consultabile sul sito web dell'azienda ospedaliera universitaria nelle sezione atti e regolamenti.L'Aou chiarisce che il regolamento si applica a tutte le strutture aziendali, ma restano escluse quelle che per evidenti motivi legati alle condizioni cliniche del paziente non possono consentire l'accesso di animali: ad esempio le terapie intensive, anche quella neonatale, la chirurgia d'urgenza, la traumatologia d'urgenza, il centro dialisi, il centro ustioni, le sale mensa. È vero che all'ingresso è affisso un divieto di accesso agli animali, ma è accompagnato dalla didascalia "Consentite eccezioni ai sensi del regolamento aziendale».Un regolamento, quello dell'Aou di Sassari, che rappresenta un modello per la sanità sarda, anche se le restrizioni potrebbero renderlo difficilmente applicabile a quelle famiglie che vogliono far incontrare un paziente con il suo amico a quattro zampe. Se alcune condizioni dono facilmente rispettabili, come la presentazione di una domanda, la certificazione sullo stato di salute dell'animale non antecedente a 15 giorni prima e dei libretti con le vaccinazioni (a tutela del ricoverato che fa richiesta e di quello che condivide con lui la stanza, dice Contu) più problematico sembra presentare un'assicurazione per danni a terzi da parte dell'animale, non troppo diffusa.Il presidente dell'Ordine dei medici di Sassari, Nicola Addis, vede con favore la possibilità che l'ingresso di cani e gatti sia esteso a tutte le strutture ospedaliere: «Secondo me è fattibile e non va esclusa a priori - afferma - naturalmente rispettando determinati paletti. Chiaro che non è praticabile in modo diffuso, ma le regole vanno stabilite reparto per reparto, caso per caso. È stata già dimostrata, ad esempio, la validità della pet therapy sia al di fuori che dentro gli ospedali che la rendono possibile, come aiuto al paziente, a conferma del ruolo che un animale è in grado di svolgere a scopo terapeutico». Se a livello politico si decidesse che tutti gli ospedali devono attrezzarsi in tal senso, la sanità sarda sarebbe pronta? «Più che un problema pratico, credo che si tratti di vincere delle remore mentali sulla questione - risponde Addis - che in realtà non è mai stata presa in considerazione per davvero dalla maggior parte degli addetti ai lavori. Occorre invece riflettere seriamente sul fatto che la presenza di un animale domestico amico può essere di grande aiuto per il suo proprietario. Sono a conoscenza di parecchi casi di persone che, oltre che per la loro condizione legata alla malattia, soffrono in maniera forte per la separazione dal loro animale, specie se parliamo di anziani per i quali quel cane o quel gatto è l'unica compagnia della loro esistenza, il loro unico affetto». Addis si spinge persino oltre: «Non dimentichiamoci che rendere normale l'ingresso in corsia può essere utile, perché no?, all'animale stesso. Anch'esso soffre per la lontananza dal suo amico»

 

 


4 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 23 gennaio 2020 / Agenda - Pagina 20
TACCUINO
Sassari ieri oggi e domani

Oggi giovedì 23 gennaio, alle ore 17, nell'Aula I del Dipartimento di Storia, Scienze dell'Uomo e della Formazione, in via Zanfarino 62, si terrà la presentazione del numero di gennaio della rivista "Sassari ieri oggi domani". Presenti all'incontro saranno, oltre alla redazione, gli artisti Piero Marras, Gianni Casagrande e Soleandro. Possibilità di dibattito con il pubblico presente .

 

 


5 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 23 gennaio 2020 / Agenda - Pagina 20
Università di Sassari
L’Università di Sassari ha pubblicato due bandi per la ricerca per 10 contratti di lavoro autonomo per tutor di orientamento (https://www.uniss.it/bandi/procedura-comparativa-pubblica-titoli-e-colloquio-il-conferim ento-di-n10-contratti-di-lavoro-autonomo-tutor-di-orientamento-nellambito-del-progetto) e 3 contratti lavoro autonomo per “Supporto allo staff tecnico-organizzativo”, “Esperto di grafica e comunicazione” ed “Esperto di Counseling” (https://www.uniss.it/bandi/procedura-comparativa-pubblica-titoli-e-colloquio-il-conferimento-di-n-3-contratti-di-lavoro-autonomo-nel lambito-del-progetto-unisco-20-por-fse-2014). I bandi scadono il 31 gennaio alle 12.

 

 


6 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 23 gennaio 2020 / Lettere e commenti - Pagina 34

L’intervento
PARITÀ DI GENERE ANCORA LONTANA: AMADEUS DOCET

di Carla Bassu, Università di Sassari

Si è dibattuto tanto, e molto ancora si sta discutendo, in ordine alla sortita del presentatore di Sanremo che, nell'introdurre la carrellata di figure femminili che lo affiancheranno nella manifestazione ne ha ripetutamente enfatizzato le caratteristiche fisiche (tutte belle, molto belle, bellissime). Vorrei lasciare da parte il risalto assegnato alla capacità di stare un passo indietro al proprio compagno (per quanto celebre e talentuoso), intesa come indicatore del valore di una donna, addirittura tanto importante da legittimare un incarico, per quanto subalterno, in quello che è a detta di tutti il più importante evento nazional-popolare italiano. Dopotutto ognuno ha i suoi gusti e Amadeus ha espresso i suoi che (per fortuna, dico io) non sono condivisi da tutti ma purtroppo (sempre secondo me) trovano ancora ampio e diffuso apprezzamento. Il problema principale, a mio parere, sta altrove e precisamente nella persistente, inesorabile proposta di un modello unico di donna (bella, molto bella, bellissima) che in quanto rispondente a requisiti di bellezza (peraltro banali e stereotipati, basti solo badare all'omologazione delle chiome delle co-conduttrici) è ammesso alla ribalta televisiva.
Attenzione, con questo non intendo affatto sminuire il valore di ognuna delle donne che calcherà il palco di Sanremo insieme con Amadeus, ciascuna di queste ha senz'altro talenti individuali e sono ottime professioniste nei rispettivi settori, ma quello che mi turba è che non sono questi gli elementi messi in luce come base della scelta. Il mio problema, insomma, va oltre la conferenza stampa di presentazione di Sanremo e riguarda il messaggio indiretto che ricevono le bambine e i bambini, spettatrici e spettatori del festival ma non solo. Cosa deve pensare una ragazzina di fronte all'osservazione costante di un solo prototipo di donna cui corrisponde una varietà di esempi maschili? Perché, insomma, i professionisti in tv sono alti, bassi, magri, cicciottelli, belli, meno belli, riccioluti o stempiati mentre le professioniste, anche le più competenti, sono in larghissima parte accomunate da un aspetto fisico conforme al genere stereotipato magra o sinuosa, lineamenti delicati, capelli lunghi?
Il messaggio che si evince è che un uomo per lavorare in Tv deve essere bravo e non necessariamente bello mentre una donna deve essere intanto bella e poi magari, in più, anche brava. È difficile che una bravissima che non rientra nello standard di bellezza televisiva riesca a emergere e quando lo fa deve subire una pioggia di commenti avvilenti sul proprio aspetto fisico. Tutti abbiamo bisogno di modelli cui ispirarci, soprattutto nelle fasi delicate dell'infanzia e dell'adolescenza. È evidente che il bombardamento di modelli standardizzati fin dalla più tenera età ha conseguenze sul parametro di ispirazione a un ideale. Ai bambini vengono presentati dai media modelli vari di uomo e un tipo di donna. Anche nei cartoni animati fino a poco tempo fa i personaggi declinati in diverse personalità erano maschi mentre le femmine, sempre residuali, rispondevano a uno schema preciso, basti pensare ai puffi: il saggio, il secchione, il cuoco, il forzuto e una sola puffetta, bionda e dolce. Ma gli esempi analoghi sono tantissimi e vengono riproposti anche in alcuni dei cartoon più recenti (per chi ha figli piccoli: la squadra dei paw patrol è composta quasi interamente dai maschi, con l'eccezione della cagnolina rigorosamente vestita di rosa). Questo riduce oggettivamente lo spazio ispirazionale delle bambine e influenza indirettamente anche quello dei maschi.
Naturalmente i modelli si acquisiscono in primo luogo a casa, a scuola e nella comunità che ci circonda e qui, fortunatamente, non mancano gli esempi molteplici di donne di valore, affermate in campi diversi (sebbene con le note difficoltà) e belle in modo vario e non standardizzato. In questo senso la tv, e la vicenda Sanremo lo dimostra, è lontana dalla vita quotidiana ma esercita una linea di influenza contraria alla promozione di una società paritaria, che rende giustizia alle donne.

Questionario e social

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