Giovedì 21 maggio 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
21 maggio 2020

L'Unione Sarda


 

1 - L’UNIONE SARDA di giovedì 21 maggio 2020 / COMMENTI - Pagina 16

L’INTERVENTO
Quello Statuto 50 anni dopo

È nato 50 anni fa. All'anagrafe: legge 300/1970, ma tutti lo chiamano Statuto dei lavoratori. È nato di maggio, in un paese tormentato ma pieno di speranza, con le piazze ancora gremite da operai e studenti, con il loro sogno di egualitarismo.

Con quella legge si realizzava, per la prima volta, il programma dell'art. 3 della Costituzione, che vuole “l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese”. Quella legge ha segnato, per i lavoratori, lo spartiacque tra la preistoria e la storia. A distanza di mezzo secolo, non è ancora del tutto scomparsa la generazione che ha vissuto la sottomissione a un potere datoriale quasi illimitato.
Quella legge è stata avversata e combattuta, sin da subito, dagli ambienti più reazionari del Paese, che attribuivano allo Statuto tutti i mali della nostra economia, la scarsa competitività, l'assenteismo. E invece, con l'applicazione di quelle norme, il Paese ha prosperato, ha attraversato fasi di miracolo economico, ha superato le crisi ricorrenti.
Ha subito qualche modifica, il suo articolo 18, la stabilità reale del posto di lavoro è stato mutilato, sette anni fa. Ma non son questi i particolari che contano. Il significato profondo di quella legge sta nelle sue enunciazioni di principio: la tutela della libertà e della dignità dei lavoratori e la libertà sindacale.
Quei principi costituiscono, ancora oggi, il caposaldo di una società libera e democratica. Ma non sempre vengono rispettati. Il mondo del lavoro è sempre più diviso. Da una parte, quanti beneficiano delle garanzie sancite dallo Statuto dei lavoratori; dall'altra parte, masse di nuovi sfruttati, un nuovo proletariato post-industriale composto da braccianti, runners, falsi autonomi, irregolari, immigrati, giovani, donne che, oggi come allora, son costretti, per sopravvivere, al ricatto di chi li sfrutta, con bassi salari, privandoli di ogni diritto, a volte con la violenza.
Il tema della dignità della persona, in questo contesto è attuale. In piena emergenza sanitaria, già abbiamo la certezza che, nel mondo del lavoro, non tutto potrà ritornare come prima. Tutti già parlano delle possibili trasformazioni di quelle probabili, di quelle possibili. Viene esaltato il lavoro intelligente, la dilatazione degli orari, il telelavoro, la flessibilità, pensando soprattutto alle esigenze dell'economia e delle imprese. Poco si discute su come queste modifiche influiranno sulla qualità della vita, sulla compatibilità con le esigenze familiare, sull'entità di un salario che, secondo la nostra Costituzione, dovrebbe sempre garantire al lavoratore e alla sua famiglia una vita “libera e dignitosa”.
Eccole quelle due parole che ritornano, proprio come nell'art. 1 di una legge che è pietra angolare dell'ordinamento democratico. Perché non vi può essere democrazia compiuta sinché a tutti i lavoratori, non solo ai cosiddetti garantiti, non verranno assicurate la libertà e la dignità e non sarà corrisposto un salario sufficiente.
La sfida del dopo Covid, non è quella di inventare nuovi modelli di organizzazione del lavoro, nuove formule retributive, nuove flessibilità, sarebbe facile, molte hanno già un nome. La sfida vera, quella su cui si misura la fedeltà alla Costituzione democratica è far sì che i nuovi strumenti, le nuove tecniche, le future retribuzioni, siano rispettose della libertà e della dignità del lavoratore, di tutti i lavoratori, indipendentemente, sesso, dall'età, dalla razza, dalla nazionalità.

GIANNI LOY
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI






 

2 - L’UNIONE SARDA di giovedì 21 maggio 2020 / CAGLIARI - Pagina 19

La novità. Successo su WhatsApp
Oltre duemila messaggi in una settimana: il Policlinico è social

Qualcuno, nel cuore della notte, chiede come poter far avere cellulare e pigiama al parente ricoverato, altri domandano come comportarsi per essere sottoposti al tampone. C'è anche chi racconta di avere i sintomi del Coronavirus, ma la parola più usata è “grazie”, rivolta a medici e infermieri che negli ultimi tempi in tanti hanno riscoperto eroi.

LA MEDIA
L'esperimento social dell'Azienda ospedaliero-universitaria è decisamente riuscito, perché al numero WhatsApp - attivato lunedì - in sette giorni sono arrivati quasi duemila e quattrocento messaggi; 2.398 per la precisione, che in media fanno 342 al giorno.

OSPEDALE SOCIAL
“Se hai una domanda o un dubbio scrivici al 338-7194434”, si legge nella pagina Facebook dell'Azienda sanitaria. E stando alla musichetta pressoché continua che avvisa dell'arrivo dei nuovi messaggi, sembra che i cagliaritani ne abbiano tanti. «È un'iniziativa nata grazie alla volontà della direzione, con l'obiettivo di stare vicini ai pazienti e in generale alla cittadinanza fornendo tutto l'aiuto possibile, soprattutto in un periodo come questo dove le certezze sono poche», spiega Fabrizio Meloni, responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne dell'Aou. È lui a coordinare il nuovo servizio a disposizione degli utenti. «Ma dietro c'è un grande lavoro di squadra, perché io e altri tre colleghi facciamo da tramite e inoltriamo tutte le richieste che riceviamo ai primari dei vari reparti per fornire risposte dettagliate». E le risposte arrivano sempre, quasi in tempo reale. Anche se non sempre le domande sono pertinenti.

LE RICHIESTE
Il trenta per cento riguarda il coronavirus. «Molti ci chiedono informazioni sulle pratiche di distanziamento e se è ancora obbligatorio usare guanti e mascherine», racconta Meloni. «Ma una delle domande più frequenti è come fare e a chi rivolgersi per fare il tampone». Tra questi c'è anche un uomo di Bergamo, «temeva di essere entrato in contatto con qualche positivo e di essersi ammalato, per cui voleva venire in ospedale per il test». Cosa ovviamente impossibile. Venti minuti dopo mezzogiorno un nuovo beep: «Buongiorno, ho difficoltà respiratorie, cosa devo fare»? Non è il solo, «in questi casi invitiamo gli utenti a rivolgersi al proprio medico o al 118».

NEO MAMME
Con i reparti ancora chiusi alle visite spesso l'esigenza è far arrivare al parente ricoverato effetti personali, ma ci sono anche le neo mamme che ringraziano perché tutto è stato perfetto, anche senza i compagni o mariti a fianco. E tanti altri grazie, rivolti al personale sanitario in trincea. Come sempre. Ma ora medici e infermieri sono diventati eroi. Si aggiungono le richieste di chiarimenti sui vari decreti e informazioni sulle visite ordinarie ovviamente rimandate.

Sara Marci






 

3 - L’UNIONE SARDA di giovedì 21 maggio 2020 / SASSARI E ALGHERO - Pagina 36

Sassari. Per sette anni modalità illegittime. Il buco di 1,8 milioni di euro una grana per il nuovo rettore
UNIVERSITÀ, IL PASTICCIO BRUTTO DEL BILANCIO
Salario accessorio errato, 500 dipendenti amministrativi devono restituire i soldi

Per il momento il nuovo rettore non c'è. A dire il vero non c'è neanche la data delle elezioni, visto che Carpinelli, in scadenza il 31 ottobre, gioca a fare Quinto Fabio Massimo, il temporeggiatore. Ma sul tavolo del nuovo rettore (chiunque esso sarà tra i cinque in lizza) c'è già una patata bollente. Per sette anni, dal 2010 al 2017, le modalità di individuazione dei fondi per il salario accessorio sono state irregolari. Nel bilancio si è creato un buco di 1,8 milioni che dovranno essere restituiti dai lavoratori.

IL FONDO SALARIO ACCESSORIO
È quella parte della retribuzione utilizzata per pagare straordinari, indennità di responsabilità, progressioni di categoria del personale amministrativo, più di cinquecento dipendenti, dell'Ateneo. Saranno loro a pagare i danni della macroscopica svista, secondo il decreto legislativo 165/2001, sotto forma di tagli alle erogazioni future del salario accessorio. In soldoni, per anni saranno azzerate le progressioni economiche, gli straordinari, le retribuzioni di responsabilità e il welfare aziendale.

LA DOMANDA
Come è possibile che il Collegio dei revisori dei conti abbia certificato per sette anni i fondi costituiti irregolarmente dai vertici dell'Ateneo? L'operazione è di competenza dell'Area del personale, la cui coordinatrice è Maria Laura Cucci, diventata poi dirigente nel giugno 2017 saltando dalla graduatoria dell'Area bilancio, dove era al terzo posto, a quella, appunto, del personale. Un fatto che scatena l'ira dei sindacati con la solita scia di esposti e denunce. Anche contro Franco Filigheddu.

IL CONSIGLIERE
Chi è costui? Uno dei fedelissimi di Carpinelli che siede in consiglio di amministrazione. Vi era entrato con una votazione nella quale si era piazzato secondo ex aequo con Antonfranco Temussi, mentre la prima era risultata Grazia Toccu. Ma il Senato accademico, al quale spetta la designazione, non sceglie la più votata ma proprio Filigheddu. Una volta in cda il neo consigliere vota per due volte lo scorrimento della graduatoria per diventare funzionario di cui egli stesso fa parte, scalando così le posizioni. Salvo poi astenersi dal voto col quale il cda delibera la promozione di tutti gli idonei dell'elenco. E così Filigheddu diventa funzionario. Le denunce alla Procura determinano l'avvio di un'inchiesta di cui però non si conoscono sviluppi.

ESPLODE IL CASO
Ma torniamo al salario accessorio. La catena di errori si interrompe nel 2019 quando i revisori scoprono l'impiccio. Il collegio è in carica dal 2016, tranne il presidente, in sella dal 2013, Tommaso Cottone, magistrato della Corte dei Conti. Che però è in pensione dal 2016. In pratica, da allora non aveva più i requisiti per svolgere l'incarico perché la legge 240/2010 prevede che il presidente del collegio dei revisori nelle università sia un magistrato della Corte dei Conti o un avvocato dello Stato.

LA VERIFICA
Il direttore generale, Cristiano Nicoletti, per uscire dall'impasse affida a una ditta esterna il compito di verificare. La procedura non è però lineare: viene affidato un appalto, senza gara, alla Pubbliformez di Catania (tra i cui docenti figura Giuseppe Cananzi, dirigente dell'Ufficio monitoraggio della contrattazione integrativa del ministero delle Finanze, delegato al controllo, quindi, del salario accessorio dell'università) per un «incarico di supporto formativo». Una funzionaria del Mef in pensione, Maria Teresa Caltagirone (che tra l'altro non potrebbe, in quanto pensionata, svolgere consulenze ma attività di formazione sì), spulcia le carte, quantifica la cifra che ha fatto sballare i conti e a marzo di quest'anno conclude: dal 2010 al 2017 nel fondo sono confluiti illegittimamente (o erroneamente, se si preferisce) 1,8 milioni. Il buco è diventato una voragine.

LA DERIVA
È uno dei tanti esempi del caos in cui è piombata l'Università, dove la didattica ha lasciato spazio agli intrighi di potere, ai sospetti, ai veleni. Volano denunce come rondini a primavera. Anche il dg Nicoletti è nel mirino dei sindacati per una presunta incompatibilità col ruolo di consigliere di amministrazione di Cineca , ente che gestisce la banca dati delle università. Cineca è partecipato dagli stessi atenei e viene utilizzato per procedere a forniture senza gare. Le denunce e i ricorsi all'Anticorruzione dei sindacati contro Nicoletti non sortiscono effetto. Ma quando il dg si rivolge all'Anticorruzione, in quattro e quattr'otto ottiene la risposta: nessuna incompatibilità perché Cineca è un ente di diritto privato ma deve essere considerato pubblico, il dg può restare al suo posto.

ALLERGIA AL VOTO
Infine, Carpinelli sembra aver fatto scuola. I direttori dei dieci dipartimenti, anch'essi in scadenza il 31 ottobre, non hanno ancora convocato le elezioni. E così il deficit di democrazia nell'Ateneo turritano si fa ancora più vistoso.

Ivan Paone

 

 

 

 

 

 

La Nuova Sardegna

 


 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 21 maggio 2020 / LETTERE E COMMENTI - Pagina 39

GIUSTO RIPARTIRE
MA IL VIRUS NON È SCONFITTO

di Giacomo Oggiano
Università di Sassari


La voglia di normalità rischia di compromettere due mesi di sacrifici. La scienza ci suggerisce di non rinunciare alla prudenza

Da noi, come nel resto dell'Occidente, l'atteggiamento iniziale nei confronti della pandemia si è manifestato con posizioni improntate a scetticismo noncurante, complottismo - merce sempre richiesta nei blog specializzati - e tendenze, spesso interessate, a minimizzare il fenomeno. Solo dopo, di fronte alla crescita esponenziale di decessi e contagi, è sembrato che la paura avesse portato consiglio alla gente comune e, di conseguenza, anche a quella parte della politica che si limita rincorrerne e assecondarne gli umori per realizzare consenso. Proprio la paura - ma agli ottimisti piace pensare sia stato il senso civico - questa volta, invece di attivare istinti viscerali, sembrava avesse fatto il miracolo di far accettare, e rispettare, alla quasi totalità degli italiani regole di comportamento razionali che implicano rinunce a tante libertà quotidiane. E, cosa rara, è sembrato che persino la scienza avesse conquistato autorevolezza, non solo tra il pubblico, ma anche tra gli operatori della società dello spettacolo (social e Tv fra tutti). La scienza accettata per quello che è, col suo metodo sperimentale che non prevede verità e certezze ma formulazione di ipotesi da sottoporre a verifica in un confronto continuo tra ricercatori. Scienza dal metodo bizzarro, di cui non solo la gente comune, ma soprattutto la nostra intellighenzia - che non si è mai liberata del vulnus antiscientifico crociano - normalmente diffida ma in queste occasioni può tornare utile, guarirci e, in prospettiva, trovare un vaccino. Così la scienza è stata cooptata dalla politica come prima consigliera, anche se, beninteso, le decisioni spettano alla politica. Lo ripete sempre anche il Presidente del Consiglio e crediamo sia giusto così.Non è durato molto, alle prime avvisaglie di allentamento della pandemia e dopo quasi due mesi di "quarantena" è tutto cambiato. La voglia di normalità e le preoccupazioni di alcune categorie penalizzate dalle misure di contenimento premono per un quasi immediato ritorno allo status quo ante. E' giustificabile la preoccupazione di chi da due mesi ha le attività economiche bloccate e di chi ha paura di non ritrovare il lavoro interrotto, comprensibile (anche se non condivisibile) chi in questo disagio vede un occasione per realizzare consenso, del tutto ingiustificabile chi, dopo lo sbandamento in favore del dubbio metodico della scienza ritorna a reclamare certezza, fede e unicità degli enunciati, ai politici come agli scienziati, altrimenti si levino di torno. Colpisce la presa di posizione di molti legulei improvvisati che vedono minacciate libertà sancite dalla Costituzione. Non sembra che le libertà di espressione, politica, di culto, di stampa, di insegnamento e ricerca siano venute meno in questo periodo. Soprattutto non è venuta meno la libertà di culto, che non può essere ridotta alla sola liturgia dell'assembramento in un tempio, soprattutto in tempi di assemblee telematiche. Il 15 per cento dei contagi è stato diffuso da partecipanti a riunioni e ritiri spirituali di natura religiosa. Possiamo caldeggiare la libertà di culto ma questa deve fermarsi di fronte a chi: agnostico, ateo, o non religioso reclama il diritto alla salute e al rispetto reciproco; anche se non ha chiese, moschee o sinagoghe dove andare ad esprimere le proprie convinzioni e i molti dubbi, e minacciata vede la sola libertà di un buon caffè seduto al bar con gli amici.

Questionario e social

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