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Economia, ecco cosa ci ha insegnato la crisi

Dalla presentazione del Rapporto CRENoS gli spunti per la ripresa. Emergono alcuni insegnamenti: la dimensione piccola delle imprese espone a maggiori rischi, ma anche una elevata specializzazione produttiva aumenta il rischio. Va poi tenuta in considerazione l’importanza dei servizi pubblici, non solo sanitari. C’è, infine, un disallineamento delle competenze. “Tutto ciò è risaputo, ma non sempre chi disegna le politiche economiche sembra esserne consapevole”, ha avvertito Gianfranco Atzeni, docente di Economia politica dell’Università di Sassari e coordinatore del Rapporto 2022. RASSEGNA STAMPA
28 maggio 2022
Anna Maria Pinna e Gianfranco Atzeni, direttrice CRENoS e coordinatore del Rapporto 2022

Il Rettore Mola: "Il problema più serio è quello posto sul capitale umano. Nei periodi di crisi aumenta il divario di genere, specie il gap di salario. La pandemia ha mostrato quanto è importante avere un sistema pubblico forte, soprattutto sulla sanità"

Sergio Nuvoli

Cagliari, 26 maggio 2022 - La crisi sanitaria e la crisi economica hanno prodotto uno shock inatteso e per questo con effetti acuti, ma ora con la fine dei vincoli imposti al funzionamento normale del mercato si registra un orizzonte reso cupo dal conflitto in Ucraina. E’ lo scenario descritto durante la presentazione del Rapporto CRENoS, questa mattina all’Università di Cagliari.

“Quello di quest’anno – ha detto Francesco Mola, Rettore dell’ateneo del capoluogo sardo - è un rapporto che racconta la transizione. Spopolamento e denatalità sono problemi molto gravi indicati nell’analisi del CRENoS. Ma il problema più serio è quello posto sul capitale umano. Nei periodi di crisi aumenta il divario di genere, specie il gap di salario. La lezione della pandemia ha mostrato quanto è importante avere un sistema pubblico forte, soprattutto sulla sanità. Non c’è soltanto la rinuncia alle cure, ma anche la migrazione sanitaria verso le regioni del Nord. Le sfide sono tante: anche il capitale umano che noi formiamo rischia di andarsene”.

La direttrice del CRENoS Anna Maria Pinna ha evidenziato la stretta collaborazione che si realizza nel Centro che vede i ricercatori dei due atenei sardi lavorare insieme, mentre Giorgio Garau, docente dell’Università di Sassari, ha portato i saluti del Rettore dell’Università di Sassari Gavino Mariotti, e a suo nome ha sottolineato l’importanza dell’annuale appuntamento con il Rapporto CRENoS per l’accuratezza delle analisi in esso contenute.

L'intervento del Rettore Francesco Mola
L'intervento del Rettore Francesco Mola
Guarda il servizio di Rossella Romano per il TGR RAI Sardegna con l'intervista alla direttrice del CRENoS Anna Maria Pinna

Gli ha fatto eco il Direttore Generale della Fondazione di Sardegna, Carlo Mannoni: “Si tratta di un’analisi molto importante. Lo scenario attuale continua ad essere complesso, il ritorno alla normalità presenta dinamiche diverse da quelle che ci si aspettava. Si tratta di capire le specificità della Sardegna: lo spopolamento, o meglio lo spostamento della popolazione verso le città, è un fenomeno mondiale. C’è poi il tema della distribuzione del rischio a livello planetario: in questo la Sardegna può avere molte opportunità. Il PNRR presenta lo scenario classico dell’ottimismo della volontà perché non riusciamo neppure a completare le opere in via ordinaria. Continueremo purtroppo ad avere velocità diverse anche sul PNRR”.

Lo scenario descritto dagli analisti del CRENoS produce aspettative al ribasso: il rallentamento della crescita della produzione industriale mondiale (+5%), come nella seconda metà del 2020, la crescita dell’indice dei prezzi al consumo delle economie avanzate oltre il 6%, e la crescita del PIL attesa per l’Italia del 2,3% nel 2022 e 1,7% nel 2023.

“C’è un dato evidente – hanno dichiarato gli analisti del CRENoS, coordinati quest’anno da Gianfranco Atzeni, docente di Economia politica all’Università di Sassari, che ha presentato il Rapporto – la repentina trasmissione degli shock tra le economie mondiali, che dimostra che è presto per dichiarare che la globalizzazione è un fenomeno superato”.

Carlo Mannoni, Direttore Generale della Fondazione di Sardegna, è intervenuto alla presentazione di questa mattina
Carlo Mannoni, Direttore Generale della Fondazione di Sardegna, è intervenuto alla presentazione di questa mattina

La Sardegna è la regione, dopo le provincie autonome di Trento e Bolzano, con la più elevata specializzazione relativa nel turismo, e la seconda, a pari merito con la Sicilia, per specializzazione nel commercio e la ristorazione

Il suggerimento emerso è di usare le indicazioni fornite dalla pandemia sulle fragilità e sulle potenzialità della nostra società e della nostra economia per capire i cambiamenti e intraprendere le azioni necessarie per adattarvisi. Il cambiamento climatico impone ora politiche per fronteggiare gli effetti (es. sulla siccità), cambiano le politiche legate al consumo e alla produzione di energia. C’è poi una domanda legata alle opportunità di investimento offerte dal PNRR: sapremo metterle a frutto?

Dal biennio appena trascorso emergono alcuni insegnamenti: la dimensione piccola delle imprese espone a maggiori rischi, ma anche una elevata specializzazione produttiva aumenta il rischio. Va poi tenuta in considerazione l’importanza dei servizi pubblici, non solo sanitari. C’è, infine, un disallineamento delle competenze. “Tutto ciò è risaputo, ma non sempre chi disegna le politiche economiche sembra esserne consapevole”, ha avvertito il professor Atzeni.

Le crisi non colpiscono i settori allo stesso modo: maggiore è il rischio quanto maggiore è la specializzazione su pochi settori. La Sardegna è la regione, dopo le provincie autonome di Trento e Bolzano, con la più elevata specializzazione relativa nel turismo, e la seconda, a pari merito con la Sicilia, per specializzazione nel commercio e la ristorazione. In Sardegna si tratta di settori caratterizzati in molti casi da piccole o microimprese: ciò spiega gli effetti molto acuti della crisi e la dinamica osservata nella ripresa del mercato del lavoro.

La slide con il team che ha realizzato il Rapporto CRENoS 2022 sull'economia della Sardegna
La slide con il team che ha realizzato il Rapporto CRENoS 2022 sull'economia della Sardegna

“La pandemia ci ha ricordato, qualora ce ne fosse bisogno, quanto sia importante disporre di servizi pubblici efficienti in un momento di crisi e per adattarsi ai cambiamenti”, ha sottolineato Gianfranco Atzeni

Nel 2021 si registra un incremento dei flussi turistici rispetto al 2020: gli arrivi aumentano del 67% e le presenze del 68% (provincia di Sassari +76% delle presenze), con una ripresa trainata dagli stranieri (+140% degli arrivi italiani +42% degli arrivi). Dal PNRR arriveranno 6,68mld dal PNRR per il turismo. L’obiettivo deve essere innalzare la capacità competitiva delle imprese e promuovere un’offerta turistica basata su sostenibilità ambientale, innovazione e digitalizzazione dei servizi.

“La pandemia ci ha ricordato, qualora ce ne fosse bisogno, quanto sia importante disporre di servizi pubblici efficienti in un momento di crisi e per adattarsi ai cambiamenti”, ha sottolineato il docente dell’Università di Sassari.

Quindi alcuni spunti: i volumi relativi alle prestazioni specialistiche ambulatoriali e alle visite di controllo si sono ridotti in tutte le regioni e si registra una riduzione nell’utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto in tutta Italia. in Sardegna cresce il livello di soddisfazione nei confronti di questi ultimi, mentre la diffusione dei servizi per la prima infanzia a livello comunale è in arretramento: la Sardegna risulta la penultima regione dopo la Calabria in termini di copertura comunale. Preoccupa l’aumento delle rinunce alle prestazioni sanitarie.

“Per sfruttare le risorse del PNRR occorrono capacità di progettazione e imprenditoriali, visione e livelli di istruzione adeguati – ha dettagliato Atzeni - L’inadeguatezza del capitale umano dipende da vari fattori: l’adeguatezza della formazione degli individui, le inefficienze nel mercato del lavoro e la capacità delle imprese di assorbire il lavoro qualificato, condizionata dal cambiamento tecnologico e dalla velocità con cui le attività produttive sono in grado di cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, in particolare quelle digitali”.

Gianfranco Atzeni ha coordinato il Rapporto CRENoS per il secondo anno consecutivo
Gianfranco Atzeni ha coordinato il Rapporto CRENoS per il secondo anno consecutivo

Due le criticità emerse sul PNRR: la grande numerosità di interventi e le non grandi infrastrutture, che comportano la necessità di figure professionali con adeguate competenze dedicate ai progetti.

Il numero dei laureati, in Italia, come in Sardegna risulta ancora lontano dalla media europea, mentre Il 12% dei giovani ha abbandonato gli studi in Sardegna, anche se il dato è in miglioramento rispetto al 2019 (17,8%). Il 19,3% dei giovani sardi tra i 15 e 24 anni non segue attività formative nè lavora: siamo al 181esimo posto su 199 regioni europee.

Le risorse del PNRR arrivano attraverso progetti che devono essere predisposti e attuati da Regioni, Comuni, altri enti locali e partenariati pubblico-privati. Due le criticità emerse: la grande numerosità di interventi e le non grandi infrastrutture, che comportano la necessità di figure professionali con adeguate competenze dedicate ai progetti. E’ poi prevista l’assunzione di figure professionali dedicate. Si registra però la parcellizzazione a livello comunale delle responsabilità attuative: serve maggiore coordinamento delle singole iniziative. C’è infine una parziale sovrapposizione tra obiettivi dei fondi strutturali 2021-27 e PNRR.

Un'immagine dei lavori di questa mattina
Un'immagine dei lavori di questa mattina

RASSEGNA STAMPA

L'UNIONE SARDA del 28 maggio 2022

Economia - pagina 15

Report. Troppe fragilità irrisolte contraddicono i primi segnali positivi dopo due anni di pandemia

Sardegna, ripresa al rallentatore

Messo a dura prova dalla pandemia e dalle incertezze dello scenario economico, legate alla guerra in Ucraina, il tessuto produttivo regionale ha comunque dimostrato di saper reagire. Lo scorso anno c'è stato anche un cambio di rotta per le esportazioni, che hanno prodotto un valore di 5,5 miliardi di euro (+63,4% rispetto all'anno precedente). L'Isola continua, però, a fare i conti con lo spopolamento, la denatalità e con un problema legato al capitale umano, fattori che rischiano di riflettersi sul tessuto socio-economico. È questo, in sintesi, ciò che emerge dal 29esimo Rapporto sull'economia della Sardegna, redatto dal Crenos e illustrato ieri a Cagliari. Lo scenario
Gianfranco Atzeni è il curatore. Parte dalla premessa che la pandemia «è costata all'Isola 3 miliardi di euro», ma poi aggiunge che «la ripresa del mercato del lavoro è legata molto alla struttura produttiva specializzata in pochi settori e con contratti di breve periodo e stagionali. Recuperano posizione quelli che nel 2020 avevano perso il posto, come donne a bassa scolarità, che hanno ripreso a lavorare nel 2021, mentre ha più difficoltà chi ha un'elevata scolarità». Di sicuro i segnali sull'occupazione sono positivi: circa un terzo dei 30mila occupati persi nel 2020 è stato recuperato. Diminuiscono gli inattivi, essendoci il 46,6% in più di persone che va alla ricerca del lavoro. In prevalenza il mercato del lavoro sardo è fatto (al 90%) di contratti stagionali (turismo). Settore produttivo
Nel 2021 le imprese erano 145.025, quasi 900 in più rispetto al 2020. Rispetto alle altre regioni, la Sardegna ha una maggiore densità di attività produttive: 91,5 ogni mille abitanti. Nel 96% dei casi si tratta di micro imprese, con 2,9 addetti ciascuna (quasi il 62% del totale). I deficit È ancora forte il divario sul capitale umano, come si evince nel 2020 rispetto al resto d'Europa: i giovani laureati sardi sono solo il 25,1%. Francesco Mola, rettore dell'Università di Cagliari, ha evidenziato che «nei periodi di crisi aumenta il divario di genere, specie il gap di salario. La lezione della pandemia ha mostrato quanto è importante avere un sistema pubblico forte, soprattutto sulla sanità. Non c'è soltanto la rinuncia alle cure, ma anche la migrazione sanitaria verso le regioni del Nord». Con la pandemia il sistema economico della Sardegna ha mostrato le fragilità, soprattutto nella ricettività turistica e nel commercio. Anche la ricchezza separa l'Isola dal resto d'Europa: il Pil per abitante (dato 2020), pari al 68% della media Ue, la posiziona al 182esimo posto nella classifica composta da 242 regioni dell'Unione europea. Sfida Pnrr Le aspettative sono legate alle risorse del Pnrr, ma c'è il rischio che non si riesca a spenderle. «La crisi - ha sottolineato Anna Maria Pinna, direttrice del Crenos - ci sta insegnando che abbiamo una realtà produttiva che presenta criticità che devono essere affrontate con le politiche pubbliche. Visto che abbiamo a disposizione il Pnrr, il Piano più importante dal secondo dopoguerra a oggi, questa è l'occasione per farlo. Al momento, però, mancano una visione strategica e una cabina di regia regionale».

Eleonora Bullegas

L'articolo su L'Unione Sarda del 28 maggio 2022 a pagina 15
L'articolo su L'Unione Sarda del 28 maggio 2022 a pagina 15

LA NUOVA SARDEGNA del 28 maggio 2022

Sardegna - pagina 2

L'analisi dal 2020 al 2021: il Pil ridotto di 3 miliardi ma ci sono segnali di ripresa

Dalla mazzata del Covid alla riscossa grazie al Pnrr
 

di Umberto Aime. CAGLIARI. La Sardegna dalla pandemia è uscita peggio di altre regioni d'Italia e soprattutto europee. Era già fragile, malconcia, addirittura zeppa di buchi neri, e proprio quando stava per rialzarsi, è arrivata la mazzata. Sono stati anni terribili, è scritto nelle prime pagine del 29esimo rapporto sull'economia regionale, firmato, come sempre, dal Crenos, il centro di ricerche interuniversitario fra Cagliari e Sassari. Stavolta il viaggio statistico e non solo dei ricercatori ha messo assieme, analizzato, dati che vanno dal 2020 al 2021, quelli del tunnel. Però non è neanche il momento di piangersi addosso, o peggio ancora, commettere l'errore grossolano dell'albatros, che quando atterra non guarda avanti, ma indietro e finisce per schiantarsi. È stata questa la metafora usata dal team guidato da Anna Maria e coordinato da Gianfranco Atzeni, per sostenere: «Comincia a esserci qualche significativo segnale di ripresa, anche nel mondo del lavoro, con oltre 10mila posti recuperati sui 30mila che avevamo perso. Poi, all'orizzonte, abbiamo una grande occasione da sfruttare: sono i miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Però, sia chiaro, dovremo essere perfetti, anche se le premesse sono tutt'altro che buone, nel proporre progetti, nel saper costruire una cabina di regia che gestisca bandi e appalti, nell'evitare sprechi e doppioni, fino a rendere positivo, reale e diffuso il risultato finale. Che può essere solo uno: ridurre lo storico divario nelle infrastrutture, ritornare a investire sulle persone e risalire la china tutti insieme». Lo hanno sollecitato, uno dopo l'altro, il rettore dell'università di Cagliari, Francesco Mola, Giorgio Garau, in rappresentanza dell'ateneo di Sassari, poi gli imprenditori Mario Mariani, Giulia Mura, Stefano Meloni e Walter Secci, che si sono alternati sul podio. Lo ha ribadito anche Carlo Mannoni, direttore della Fondazione di Sardegna: «Evitiamoci l'ennesima incompiuta».L'analisi. Al di là dell'incancellabile dramma sanitario e sociale vissutonel 2020, il Covid ha inferto un colpo senza precedenti alla Sardegna, che ha visto svanire 3 miliardi abbondanti della propria forza di produzione. Ora il suo Prodotto interno lordo è appena sopra quota 30miliardi. Hanno fatto peggio solo altre due regioni Toscana e Veneto, ma con una differenza non di poco conto. Da quelle parti il tessuto socio-economico era molto più robusto e lì, alla fine, gli effetti collaterali sono stati meno devastanti. In Sardegna, invece, l'impatto ha messo in ginocchio un «territorio già fragile». Tant'è che ogni sardo ha finito per perdere oltre mille euro l'anno in capacità d'acquisto, scivolando ancora più in fondo nella classifica nazionale e in quella europea. La Sardegna post pandemia è finita al 182esimo posto su 242 regioni censite, con un Pil per abitante intorno ai 18.852. Di fatto, a causa dello shock, è aumentato il distacco dall'Italia del Centro-Nord, sono 12mila euro in meno, e dalla media dei 27 Paesi dell'Unione, intorno ai 10mila. Di conseguenza, anche i consumi sono andati a picco.I dati. In Sardegna il calo demografico è diventato una piaga. Nel 2020 è stato raggiunto il nuovo minimo storico dei nati: 8.262. Ogni 100 giovani sotto i 15 anni ci sono 231 ultrasessantenni. I residenti sono sempre meno, appena sopra il milione e mezzo, fra aumento del tasso di mortalità, emigrazione e mancata immigrazione. Lo spopolamento oramai non pare condannare all'oblio solo i piccoli Comuni. Le imprese continuano a essere piccolissime, quasi mai superano i tre dipendenti, e sono troppo concentrate su settori dallo scarso valore aggiunto. Di contro, però, c'è stato un rimbalzo nell'occupazione, anche se trainata soprattutto da contratti stagionali, ma gli inattivi continuano a essere il 53 per cento della popolazione oltre i 15 anni, anche se esiste un potenziale forza lavoro intorno alle 120mila unità. Però, va aggiunto, che le opportunità offerte sono soprattutto per chi non ha titoli di studio universitari. Il peso dell'amministrazione pubblica sul Pil viaggia sopra l'82 per cento, è una quota esagerata, e i privati investono poco o nulla nella ricerca. Causa Covid, la spesa sanitaria è arrivata a un passo dai 3,5 miliardi, ma allo stesso tempo 15 sardi su 100 hanno rinunciato alle cure per mancanza di soldi ed è questo un dato spaventoso rispetto alla media nazionale del 9. La Sardegna è un'eccellenza nella raccolta differenziata dei rifiuti, ma ha il numero più basso di asili nido in Italia e utilizza poco i servizi di trasporto pubblico, perché non sono efficienti. La conclusione è stata: «Causa pandemia, il divario col resto dell'Europa è aumentato. S'è aperto, però uno spiraglio, il Pnrr, facciamolo diventare un portone».

L'articolo su La Nuova Sardegna del 28 maggio 2022 a pagina 2
L'articolo su La Nuova Sardegna del 28 maggio 2022 a pagina 2

Laureato solo il 25 per cento di chi ha 30-34 anni. L'addio agli studi è troppo alto

Serve il capitale umano per ripartire
 

CAGLIARI. La richiesta di più capitale umano arriva dappertutto. C'è chi cerca quello meno qualificato e sostiene di ricevere in riposta più rifiuti che firme sui contratti di lavoro. Ma soprattutto, anche in vista del Pnrr, la Sardegna avrebbe bisogno di poter contare su risorse umane qualificate. Invece, in maniera clamorosa, come del resto l'Italia, ha fallito l'obiettivo che l'era stato imposto dall'Europa: entro il 2020 il 40 per cento dei giovani fra 30 e 34 anni dovrà essere laureato. Niente da fare, la percentuale è sì cresciuta, ma senza andare oltre il 25,1 per cento. Un fallimento, in buona sostanza: è inchiodata alla 210ma posizione su 231 regioni europee. Ad aver fatto peggio, in Italia, sono state solo Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Sempre nelle stesse classifiche, è da brivido anche la percentuale di scienziati e ingegneri, considerato da sempre l'indice dell'alta professionalità nel mondo del lavoro, con quattro punti risicati in rapporto alla popolazione attiva, mentre l'Europa può vantarne quasi il doppio. «Gli ultimi due anni - scrive il Crenos - hanno confermato quanto sia importante per un territorio disporre di capitale umano adeguato nei periodi di crisi, ma soprattutto per uscire dal pantano». Poi, nel comma successivo, «sottolineiamo, invece, che i livelli d'istruzione adeguati saranno indispensabili per sfruttare i finanziamenti messi in campo dal Pnrr, ma la Sardegna oggi non ha queste professionalità». Anzi, ha una delle percentuali più alte di abbandono degli studi nella fascia 18-24 anni: è intorno ai 12 punti, 130esima regione in Europa su 174. Anche se rispetto al 2019 il valore s'è ridimensionato, era intorno al 18. Comunque sull'istruzione il lavoro da fare è ancora lungo. Sopratutto fra i giovani maschi, che sono in notevole ritardo rispetto alle ragazze per quanto riguarda il percorso di studi. Così come servirebbe un maggior impegno dello Stato, della Regione e dei Comuni, per ridurre il numero dei giovani, sempre nella fascia 15-24 anni, non più inseriti in un percorso scolastico e formativo. Sono i Neet e la Sardegna, con il suo 19,3 per cento, è fra le peggiori d'Europa: 181esimo posto su 199 regioni . (ua)

La notizia su La Nuova Sardegna del 28 maggio 2022 a pagina 2
La notizia su La Nuova Sardegna del 28 maggio 2022 a pagina 2

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