Ogni sforzo deve essere fatto perché il forte shock di offerta di breve periodo non produca uno shock di domanda con effetti più duraturi sul sistema economico
Sergio Nuvoli
Cagliari, 20 giugno 2020 - "Dobbiamo metterci tutti al lavoro intorno ad una visione strategica per la Sardegna: l'unica risorsa scarsa è il tempo. Dobbiamo metterci tutti a lavorare con le sensibilità che sono emerse anche oggi in questo confronto, che è stato davvero molto partecipato. A si biri sanusu, arrivederci a tutti". Così Emanuela Marrocu ha concluso ieri i lavori della presentazione del 27mo Rapporto CRENoS che dirige.
Con un PIL pari al 70% della media europea la Sardegna conferma la sua appartenenza alle regioni più povere d’Europa. Il sistema produttivo è costituito fondamentalmente da microimprese e fatica a innescare un processo virtuoso di accumulazione di capitale. Gli investimenti in capitale umano e innovazione tecnologica sono ancora troppo bassi. A questo si aggiunge l’evoluzione fortemente negativa degli indicatori demografici, Insularità e perifericità, denatalità e spopolamento delle aree interne, bassa densità della popolazione e scarsa domanda locale sono altri elementi negativi che hanno sinora rallentato lo sviluppo economico della Sardegna e delineano un quadro strutturale molto critico.
Sono le prime evidenze emerse dal racconto del Rapporto sull'economia della Sardegna, come ogni anno fornito da uno dei pochi centri accademici dell'Isola capace di mettere insieme ricercatori dei due atenei della nostra regione. Dati e numeri che - come ogni anno - alimentano l'attesa di giornalisti e osservatori e che ancora una volta hanno restituito la fotografia più autorevole sullo stato di salute del nostro sistema socio-economico.
"Su questa situazione si abbatte una crisi globale inattesa e improvvisa che non ha precedenti - si legge nel Rapporto - È difficile fornire stime quantitative accurate sull’impatto complessivo, perché dipenderà molto dalla durata della pandemia e dalla prontezza ed efficacia delle politiche pubbliche (europee, nazionali e regionali) di sostegno. Ogni sforzo deve essere fatto perché questo forte shock di offerta di breve periodo non produca uno shock di domanda con effetti più duraturi sul sistema economico, in particolare in economie deboli quali la Sardegna. Ciò significa che le autorità pubbliche devono accollarsi la riduzione dei redditi provocata dalla pandemia al fine di garantire la continuità dell’occupazione ed evitare così di innescare una pericolosa e duratura spirale recessiva".
Il Rapporto 2020 è stato presentato ieri pomeriggio - in una insolita veste all'interno di un webinar - da Bianca Biagi e Barbara Dettori, rispettivamente dell'Università di Sassari e Cagliari, con un intervento di Giacomo Del Chiappa (UniSS), e i saluti di Emanuela Marrocu, direttrice CRENoS, e Carlo Mannoni, Direttore generale Fondazione di Sardegna. Ha fatto seguito un dibattito a più voci coordinato da Raffaele Paci, docente di Economia Politica di UniCa. "Lo shock di offerta non deve trasformarsi in uno shock di domanda - ha spiegato il docente - perchè si protrarrebbe per tanti anni, sarebbe analogo alla precedente crisi finanziaria. Sono tanti gli interventi istituzionali messi in campo ai vari livelli, per complessivi 220 miliardi spettanti teoricamente all'Italia".
Bisogna certamente rafforzare le infrastrutture fisiche, ma si deve investire soprattutto sul miglioramento del capitale umano, sociale e ambientale e sulla qualità delle nostre istituzioni
Allo stesso tempo questa crisi globale ha evidenziato la necessità e urgenza di adottare stili di vita più attenti ai temi della sostenibilità ambientale e della salvaguardia della salute. In questa ottica alcuni degli elementi che in genere hanno svolto un ruolo negativo per la Sardegna si possono trasformare in opportunità. Pensiamo al ruolo positivo che l’insularità e la bassa densità possono giocare rispetto ad una possibile ripresa in sicurezza dei flussi turistici.
Uscire dalla crisi è possibile anche per una regione strutturalmente debole come la Sardegna. Ma per riuscirci è necessario mettersi alla guida di un cambiamento epocale. Bisogna certamente rafforzare le infrastrutture fisiche, ma si deve investire soprattutto sul miglioramento del capitale umano, sociale e ambientale e sulla qualità delle nostre istituzioni. La crisi si supera solo se riusciamo a condividere visione strategica, competenze, innovazione, coesione.
Mario Macis, docente Johns Hopkins University: "Leader e sistemi più disposti ad ascoltare gli scienziati e che parlano con i cittadini senza aspettare troppo possono fare la differenza"
Mario Macis, docente Johns Hopkins University, ha spiegato che "le caratteristiche dei sistemi sanitari sembrano non avere una correlazione diretta con la risposta alla pandemia da COVID. Non vuol dire che non importa essere preparati all'emergenza, ma credo significhi che servono altri parametri: leader e sistemi più disposti ad ascoltare gli scienziati e che parlano con i cittadini senza aspettare troppo possono fare la differenza".
Mariano Porcu, direttore del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, ha invece raccontato come un gruppo di statistici ha deciso di spiegare i dati della pandemia. "L'emergenza sociale e quella educativa, insieme a quella istituzionale - ha detto - sono certamente sfide da affrontare. Bisogna sempre diffidare delle previsioni: come diceva un grande statistico, tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni di questi sono utili".
Gli effetti sul turismo della crisi sanitaria sono stati invece approfonditi nell'intervento di Giacomo Del Chiappa, docente dell'Università di Sassari: "La Sardegna nell'immaginario collettivo esce ancora in modo positivo, pur con le limitazioni che deve scontare: l'accessibilità, problema endemico ma ora ancora più percepito dai turisti stranieri, e il disordine con cui fino a poche ore fa sapevamo o non sapevamo di saper usufruire dei servizi di trasporto aereo. Quello che farà la differenza da qui in avanti è un cambio importante nella comunicazione e nella COVID-strategy: è venuto il tempo di entrare in empatia con la domanda turistica che continua a vivere in modo più sereno e gradirebbe non sentire più parole generatrici di ansia, per rendere piacevole quello che potrebbe esserlo davvero. Suggerisco un deciso cambio di tono nella comunicazione. Serenità al posto di sicurezza, meno plexiglass e più contesti ricettivi ampi che garantiscono intimità, relax e la possibilità di non esporsi all'interazione con altre persone non per paura ma per piacere: cambiare il registro della comunicazione accelera la ripresa del mercato turistico".
Bianca Biagi (UniSS): "Perchè la qualità della vita in Sardegna sia un asset di attrazione servono servizi pubblici e reti infrastrutturali efficienti"
"Nello scenario più pessimistico da noi ipotizzato - ha spiegato Barbara Dettori - con la diminuzione della domanda esterna e in linea con le previsioni della Banca d'Italia, l'impatto sul PIL della Sardegna è maggiore, arrivando fino al 12%. In questo caso lo shock sarebbe meno forte rispetto a quello sul PIL nazionale, dipendendo dal settore pubblico che - siccome diffuso e forte in Sardegna - farebbe da paracadute sociale, attenuando gli effetti dello shock. Due scenari comunque da ipotizzare con grande cautela: non conosciamo ancora bene la capacità adattiva delle imprese e delle famiglie sarde e non consideriamo il correttivo delle molte politiche pubbliche ai vari livelli. Vedremo quando saranno davvero operative l'impatto effettivo sul PIL".
"L'impatto sul PIL sardo della crisi sanitaria - nell'altro degli scenari ipotizzati - è invece più alto del 10% - ha proseguito la ricercatrice - in ragione dello shock economico, con il settore terziario più colpito. Anche il comparto agricolo perderebbe quasi 8 punti percentuale, risentendo del crollo della domanda specie nel settore della ristorazione".
"Rafforzare le politiche di genere è la scelta giusta, specie per quello che la pandemia ha generato - L'ha detto Bianca Biagi - Sul turismo la bassa densità può essere una carta da giocare, ma a patto che si rafforzi il sistema sanitario". La qualità della vita e dell'ambiente può richiamare in Sardegna, per parecchi mesi grazie allo smart working, nuovi residenti. "Ma perché sia un asset vero di attrazione - ha avvertito la docente - serviranno servizi pubblici e reti infrastrutturali efficienti, non solo digitali ma anche di trasporto".
"Se intendiamo puntare sul settore dell'agricoltura, sostenibilità e innovazione sono fondamentali - ha raccomandato - Nella Pubblica Amministrazione, i rischi di inefficienza in Sardegna sono più alti che altrove. La crisi pandemica ha protetto in qualche modo dall'emergenza sanitaria, proprio perché la PA è molto presente. Bisognerà aumentare l'innovazione specie sulle smart strategie indicate dall'Unione europea".
RASSEGNA STAMPA
L’UNIONE SARDA di sabato 20 giugno 2020
Pagina 6 - Primo Piano
Covid, l'Isola rischia un crollo da 4 miliardi
Marrocu (Crenos): “Le misure di Ue, Governo e Regione potrebbero cambiare le prospettive”
Presentato il 27° rapporto del Crenos: la Sardegna resta tra le regioni più povere dell'Unione europea
Il numero dei disoccupati era altissimo - quasi 102mila persone - ma quello degli occupati era cresciuto di 8mila unità, il Pil era aumentato del 2,4%, l'incremento dei consumi aveva sfiorato il 2,5% e il turismo registrava un piccolo segno più (1,6%.).
Ma avevano il 70% del Pil dell'Unione europea, uno studente su quattro lasciava la scuola, quasi sempre per entrare nel mondo dei nullafacenti (21,4%), le imprese soffrivano di nanismo (il 96% aveva meno di 10 addetti), ed erano sottocapitalizzate, la spesa sanitaria toccava i 3,3 miliardi.
Isola debilitata
La pandemia ha trovato l'Isola così, debilitata ma in ripresa. Anzi, dopo oltre dieci anni l'economia era quasi tornata ai livelli pre crisi, come ha spiegato Emanuela Marrocu, direttrice del Crenos, il Centro ricerche economiche nord sud che ieri ha presentato il suo 27° rapporto sull'economia della Sardegna. Ora rischia un crollo del Pil sino al 12%, che significa 4,1 miliardi in meno nel circuito economico.
In coda tra le regioni Ue
Uno dei dati-chiave è quello del Pil, che conferma l'appartenenza dell'Isola al gruppo delle regioni più povere d'Europa. La Sardegna è al 177° posto su 241 regioni e questo conferma che è incapace di stare al passo con la crescita dell'Ue «e si allontana dalle regioni più dinamiche dal punto di vista economico», rileva il rapporto. Per avere un raffronto, nell'Isola il Prodotto interno loro per abitante è di 21.012 euro, più alto rispetto al Mezzogiorno (18.986) ma lontano da quello del Centro-Nord (34.497).
Quadro strutturale critico
Il sistema produttivo è costituito da 143.122 imprese ma è frammentato: gli addetti delle microimprese sono il 63% del totale (la media italiana, già elevata, è del 45%) e il 96% delle aziende ha mano di 10 addetti. Per questo, rilevano gli economisti del Crenos, «si fatica a innescare un processo virtuoso di accumulazione di capitale. Anche perché gli investimenti in capitale umano e innovazione tecnologica sono ancora troppo bassi. A questo si aggiunge l'evoluzione negativa degli indicatori demografici, insularità e perifericità, denatalità e spopolamento delle aree interne, bassa densità della popolazione e scarsa domanda locale sono altri elementi negativi che hanno sinora rallentato lo sviluppo economico della Sardegna e delineano un quadro strutturale molto critico».
L'occupazione
Del resto l'Isola ha una base produttiva molto bassa: il 59% della popolazione over 15 è inattiva (753.748 cittadini) o disoccupata (101.863). Ma è alta anche la percentuale dei Neet, coloro che non studiano, non lavorano, non frequentano corsi di formazione professionale. Del resto l'abbandono scolastico resta sopra il 23%, tra i più alti d'Italia, mentre è tra le più basse d'Europa la percentuale di laureati, pur salita al 21,5% dal 17,4% del 2014).
Che cosa accadrà?
«Considerando uno scenario moderato in cui al lockdown si aggiunge una riduzione della domanda esterna del 9,2% e una riduzione ulteriore della domanda del settore turistico del 30%, l'impatto del Covid sul Pil regionale sarebbe pari a meno 10,5%», rileva Marrocu. Ma c'è anche uno scenario severo: «Se la domanda esterna calasse del 13,1% e la domanda turistica del 50%, il Pil potrebbe crollare dell'11,9%.
Ma gli scenari potrebbero cambiare grazie alle misure europee del Mes e del Recovery fund, al Decreto rilancio del Governo o al disegno di legge 162, attualmente in discussione in Consiglio regionale. «Se tutte queste azioni saranno operative ed efficaci, gli effetti negativi del Covid sull'economia potrebbero essere più contenuti e garantire un forte recupero nel 2021».
Fabio Manca
L’UNIONE SARDA di sabato 20 giugno 2020
Pagina 6 - Primo Piano
«Ora un cambiamento epocale»
Cuccurese (Abi): le risorse grande opportunità
«Le nostre istituzioni non sono all'altezza delle necessità, dei bisogni e delle richieste dei nostri cittadini». Alessandra Zedda, vice presidente della Giunta regionale e assessora al Lavoro fa il mea culpa intervenendo al dibattito seguito alla presentazione del rapporto Crenos sull'economia sarda e spronando tutte le parti in causa a fare quadrato.
Illustrando il rapporto intitolato “Le prospettive dell'economia in Sardegna dopo la pandemia”, anche i curatori Emanuela Marrocu, direttrice del Crenos, Carlo Mannoni, direttore generale della Fondazione di Sardegna, Bianca Biagi e Barbara Dettori delle Università di Sassari e Cagliari, hanno evidenziato che nell'Isola «serve un cambiamento epocale fondato su capitale umano, sociale e ambientale e qualità delle istituzioni».
Nei loro interventi Giacomo Del Chiappa, Mariano Porcu e Mario Macis delle Università di Sassari e Cagliari e della John Hopkins University hanno sottolineato la necessità che «ci si accolli la riduzione dei redditi e si garantisca occupazione per non innescare una spirale recessiva duratura» mentre evocano stili di vita coerenti con sostenibilità ambientale e salvaguardia della salute, trasformando in opportunità elementi negativi come l'insularità.
Per Giuseppe Cuccurese, presidente di Abi Sardegna, «spesso ci sono le idee e non le risorse, stavolta ci sono le risorse e dobbiamo cogliere questa grande opportunità»
«Stiamo parlando di risorse che saranno messe a disposizione, ma il fattore tempo è fondamentale e non si sa quando atterreranno nella vita concreta», ha sottolineato il presidente di Confindustria Sardegna, Maurizio De Pascale. «Questi mesi di crisi sanitaria ci ricordano la centralità del lavoro e del capitale umano, di servizi pubblici assicurati a tutti, dalla sanità ai trasporti sino all'istruzione, speriamo che niente torni come era prima e questa esperienza serve per modificare quei nodi strategici fondamentali», sottolinea Romina Mura, deputata del Pd.
«Non c'è un problema di risorse, ma di capacità tecnica e politica di investire per toccare i nervi scoperti del sistema economico, individuando un modello strategico che ci consenta di utilizzare il Covid 19 come un'opportunità», chiosa il presidente dell'Anci isolana, Emiliano Deiana.
LA NUOVA SARDEGNA di sabato 20 giugno 2020
Pagina 4 – Primo piano
RAPPORTO CRENOS
Il Covid come un ciclone
Isola di nuovo in ginocchio
La pandemia è scoppiata quando l'economia mostrava i primi segnali di ripresa
Le stime: calo del Pil tra 10 e 12%. La ricetta: servono subito enormi investimenti
di Umberto Aime
CAGLIARI La pandemia è stata una sciagura economica. La mazzata è arrivata, all'improvviso, gettando di nuovo nella disperazione chi si era appena risollevato dalla grande crisi del 2008. Dodici anni di risalita, lenta e faticosa, spazzati via in soli tre mesi, quelli marchiati a fuoco dal coronavirus. «È come se un ciclone si fosse abbattuto su un villaggio in ricostruzione», scrive il Crenos nel 27esimo rapporto sullo stato dell'economia. Di solito gli analisti delle due università, Cagliari e Sassari, mettono a confronto gli ultimi anni. Lo shock Covid, invece, li ha obbligati a interpretare quanto potrebbe accadere in un futuro molto prossimo.
Come saremo. Stando a una prima stima, alla fine del 2020, la ricchezza della Sardegna potrebbe finire in picchiata. Fra effetti negativi, durante e all'indomani della lunga quarantena, produzione stagnante e consumi azzerati, il Prodotto interno lordo dovrebbe scivolare da 34,5 miliardi a 30,9, nell'ipotesi migliore, con un calo superiore ai 10 punti in percentuale. Ma se lo scenario fosse ancora più fosco - ed è possibile che lo sia - la perdita secca sarebbe di 4 miliardi e il Pil si attesterebbe appena sopra la soglia dei 30 miliardi. Peggio di un terremoto. Anche se Emanuela Marrocu, direttrice di Crenos, avverte: «Queste previsioni vanno lette con cautela. L'incertezza continua a essere alta. Quanto durerà la pandemia? Ci saranno altre ondate in autunno? Oppure quale impatto avranno gli interventi anticrisi annunciati dall'Europa, dal Governo e dalla Regione su famiglie e imprese: immediati o ritardati? Non lo sappiamo. Oggi possiamo solo ipotizzare, o meglio sperare, che fra un anno avremo metabolizzato, almeno in parte, questo stato di profondo malessere». Per accelerare l'auspicata risurrezione, secondo Raffaele Paci, fra i fondatori di Crenos ed ex assessore alla programmazione nella giunta Pigliaru, l'importante è che «la Sardegna non cada in depressione, ma reagisca». Come? «Prima di tutto, dobbiamo rendere attrattivo un fatto incontestabile: siamo stati solo sfiorati dalla pandemia. Poi serviranno enormi, immediati, investimenti per far crescere il capitale umano e la tecnologia. Soprattutto sarà indispensabile poter contare su una grande, ripeto grande, qualità istituzionale». Sarebbe quindi un delitto non provare a scrollarsi di dosso l'ultima pesante crisi.
Com'eravamo. Quando è arrivato il ciclone coronavirus, i sardi erano impegnati a risalire la classifica europea delle regioni, dove oggi sono relegati al 177esimo posto su 241 e dopo essere stati retrocessi dalla categoria «territorio in transizione» a quella di «ritardo nello sviluppo». I segnali di risveglio erano questi: l'aumento di 2,4 punti del Prodotto interno lordo, con una crescita più veloce rispetto alla media del Mezzogiorno. Poi un reddito pro capite più consistente, intorno ai 21mila euro, superiore a quello del Sud, anche se sempre molto lontano dai valori del Nord e dell'Europa, con uno scarto di oltre 10mila euro. Ancora: l'aumento percettibile del tasso di occupazione, 8mila assunzioni in più, soprattutto fra le donne e grazie ai contratti a tempo determinato. Di conseguenza, anche un discreto calo della disoccupazione, nonostante la sacca di quella giovanile, intorno al 45 per cento. Altri indicatori positivi erano anche l'impennata dei consumi, più 2,3 per cento su base annua, e il picco degli investimenti, 2,4. E lo scatto in avanti del valore aggiunto prodotto dalle imprese, nonostante il forte calo dell'edilizia, la storica frammentazione del tessuto imprenditoriale e una contrazione dell'export. Poi a marzo, purtroppo, è esploso il coronavirus, che ha ricacciato indietro la Sardegna.
LA NUOVA SARDEGNA di sabato 20 giugno 2020
Il sommerso frena lo sviluppo turistico
Ritardi nel welfare: prima infanzia trascurata. Istruzione: pochi i laureati
CAGLIARI Il rapporto Crenos li mette in fila, uno dopo l'altro. Sono i difetti, quelli storici, che rendono complicato e pesante il cammino della Sardegna verso lo sviluppo. Nel turismo, per esempio, quello di non essere mai riuscita a smascherare i viaggiatori fantasma. Sono almeno un milione, e finora sono sfuggiti sempre a qualsiasi censimento. Impedendo tra l'altro alle statistiche di andare oltre, negli arrivi, alla soglia dei 3,3 milioni. Oppure, sempre nel turismo, essere prigioniera di una stagione fin troppo concentrata tra giugno e settembre, con un coefficiente sempre basso nel saper riempire gli alberghi: appena il 38 per cento del potenziale. La lista delle cose che non vanno è ancora lunga. È ancora molto alta la percentuale dell'abbandono scolastico, 23 per cento, e bassa quella dei laureati nell'età 30-34 anni, sono appena 2 ogni 10. Oppure che dopo i 15 anni e oltre in 115mila sono scoraggiati e neanche cercano più un lavoro. Sempre sullo stesso tema: non sono certo eccezionali gli investimenti pubblici e privati nella ricerca, anche se è palpabile il fermento delle start-up, le aziende legate all'innovazione fondate dai giovani laureati. È una contraddizione? Lo è. Come può essere letto allo stesso modo anche l'aumento della spesa sanitaria, in un anno è passata da 3,22 a 3,28 miliardi, ma senza che in parallelo siano cresciuti gli standard dei livelli essenziali di assistenza, ancora distanti anni luce da quelli del Nord e alla media nazionale. Anche il welfare, nonostante una spesa pro capite fra le più alte in Italia, non è sufficiente. Stando ai dati del 27esimo rapporto Crenos, la Sardegna è al penultimo posto per numero di Comuni che garantiscono servizi socio-educativi destinati alla prima infanzia: solo 104 su 377. Con in più due retroscena molto significativi: sono stati censiti 212 anziani ogni 100 giovani, il doppio, e nel 2018 le nascite non hanno superati i 10mila "fiocchi", con un saldo demografico negativo se messo a confronto con il numero dei morti, 16.277. Sono questi numeri a confermare che lo spopolamento continua a essere un grande e irrisolto problema sociale. Per poi ritornare all'analisi del tessuto economico: su 143mila imprese, con il commercio e l'agricoltura in testa alla classifica, il 96 per cento hanno meno di 10 dipendenti, confermando una parcellizzazione che continua a essere un freno per lo sviluppo. Subito dopo c'è anche un altro dato negativo: solo il 16,7 per cento di lavoratori e studenti utilizza i mezzi pubblici: sarà forse perché la qualità di autobus e treni non è dei migliori? È molto probabile.
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