“Ottenere questa immagine è sempre stato il nostro obiettivo sin dall’inizio del progetto e poterla rivelare al mondo oggi ci ripaga di tanti anni di duro lavoro”, afferma Ciriaco Goddi, ricercatore all’Università di Cagliari, associato INAF e INFN
Sergio Nuvoli - ha collaborato Paolo Soletta
Cagliari, 12 maggio 2022 - L’attesissima immagine mostra finalmente l’oggetto massiccio che si cela al centro della nostra galassia. Già in passato gli scienziati avevano scoperto stelle che si muovevano intorno a un corpo invisibile, compatto e molto massiccio al centro della Via Lattea. Quelle osservazioni suggerivano che l’oggetto in questione, chiamato Sagittarius A* (Sgr A*), fosse un buco nero, e l’immagine resa pubblica oggi fornisce la prima prova visiva diretta a sostegno di questa ipotesi.
Questo risultato è il frutto del lavoro di oltre 300 ricercatori e ricercatrici di 80 istituti in tutto il mondo che insieme formano la Collaborazione EHT.
“Ottenere questa immagine è sempre stato il nostro obiettivo sin dall’inizio del progetto e poterla rivelare al mondo oggi ci ripaga di tanti anni di duro lavoro”, afferma Ciriaco Goddi, ricercatore all’Università degli Studi di Cagliari, associato INAF e INFN, che fa parte di questa impresa sin dal 2014, come coordinatore del gruppo europeo di BlackHoleCam, uno dei progetti da cui ha avuto origine la Collaborazione EHT. “La rete EHT è in continua espansione e oggetto di importanti aggiornamenti tecnologici: così potremo avere immagini ancora più impressionanti e addirittura filmati di buchi neri nel prossimo futuro”.
Anche se non possiamo vedere il buco nero stesso, perché non emette luce, il gas che brilla attorno ad esso possiede un aspetto distintivo: una regione centrale scura (chiamata “ombra” del buco nero) circondata da una struttura brillante a forma di anello. La nuova immagine cattura la luce distorta dalla potente gravità del buco nero, che ha una massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole.
Luciano Colombo, Prorettore alla Ricerca: "E’ eccitantissimo essere qui, lo dico da prorettore alla ricerca nominato dal Rettore dell’Università di Cagliari Francesco Mola. Ma anche come fisico: quella di oggi è una festa della fisica fondamentale"
Alla presentazione dell'eccezionale risultato anche Luciano Colombo, Prorettore alla Ricerca dell'Università di Cagliari: "E’ eccitantissimo essere qui, lo dico da prorettore alla ricerca nominato dal Rettore dell’Università di Cagliari Francesco Mola - ha dichiarato durante la conferenza stampa - ma anche come fisico: quella di oggi è una festa della fisica fondamentale. Celebreremo una scoperta fondamentale: sono qui anche con un pizzico di orgoglio per aver fatto parte della commissioneche ha selezionato il dott. Ciriaco Goddi come ricercatore dell’Università di Cagliari".
“Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell'anello siano in accordo con le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein”, commenta Geoffrey Bower, EHT Project Scientist all’Academia Sinica di Taipei, Taiwan e alla University of Hawai?i at M?noa, negli Stati Uniti. I risultati sono descritti in una serie di articoli pubblicati oggi su un numero speciale della rivista The Astrophysical Journal Letters.
“È uno straordinario risultato della cui portata riusciremo a renderci conto davvero solo con il tempo” dice il Ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa. “Complimenti al grande e globale gruppo di lavoro che ha consentito di raggiungerlo e, all’interno di questo, alle scienziate e agli scienziati italiani. Questa scoperta dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti, di come sia importante per l’Italia farne parte investendo, in modo continuo e stabile negli anni, in grandi infrastrutture di ricerca e di dati, per rafforzarle e implementarle sempre di più, e di come si debba fare uno sforzo per preservare queste reti anche in momenti di crisi. Questo risultato ci ricorda anche che non si deve avere sempre fretta di raggiungere in pochissimo tempo un determinato risultato: la ricerca ha i suoi tempi e a questi dobbiamo avere la pazienza di adattarci, consapevoli che ne varrà sempre la pena”.
Il buco nero, che si trova a circa 27 mila anni-luce dalla Terra in direzione della costellazione del Sagittario, appare nel cielo con una dimensione pari a quella che avrebbe una ciambella sulla Luna. Per realizzarne l’immagine, il team ha creato il potente EHT mettendo insieme otto osservatori radio-astronomici in tutto il mondo per creare un unico telescopio virtuale dalle dimensioni del pianeta Terra. EHT ha osservato Sgr A* per diverse notti nell’aprile 2017, raccogliendo dati per molte ore di seguito, in modo simile a quando si effettua un’esposizione lunga con una macchina fotografica.
La scoperta arriva dopo la prima immagine di un buco nero, quello al centro della galassia lontana M87, resa pubblica dalla Collaborazione EHT nel 2019. I due buchi neri appaiono straordinariamente simili
Cruciale per raggiungere questo risultato è stato il contributo di ALMA, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, il più potente radiotelescopio esistente, che dal deserto di Atacama, in Cile, scruta il cosmo in banda radio a lunghezze d’onda millimetriche e submillimetriche. L’Italia partecipa ad ALMA attraverso l’ESO, lo European Southern Observatory, e ospita il nodo italiano del Centro regionale europeo ALMA presso la sede dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Bologna.
La scoperta arriva dopo la prima immagine di un buco nero, quello al centro della galassia lontana M87, resa pubblica dalla Collaborazione EHT nel 2019. I due buchi neri appaiono straordinariamente simili, anche se quello nel cuore della nostra galassia è oltre mille volte più piccolo e meno massiccio rispetto a quello di M87. “Abbiamo due tipi completamente diversi di galassie e due buchi neri con masse molto diverse, ma vicino al bordo di questi buchi neri, l’aspetto è sorprendentemente simile”, dice Sera Markoff, professoressa di astrofisica teorica all’Università di Amsterdam, Paesi Bassi, e Co-Chair del Consiglio Scientifico di EHT. “Questo ci dice che la relatività generale governa questi oggetti da vicino, e qualsiasi differenza vediamo in regioni più lontane deve essere dovuta a differenze nel materiale che circonda i buchi neri”.
“Le osservazioni forniscono ulteriore supporto al fatto che lo spaziotempo nell’intorno dei buchi neri è descritto da soluzioni della relatività generale, indipendentemente dalla loro massa”, commenta Mariafelicia De Laurentis, professoressa di astrofisica presso l’Università Federico II di Napoli e ricercatrice all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Deputy Project Scientist, membro del Consiglio Scientifico e coordinatrice del gruppo di Gravitational Physics di EHT, che ha guidato il paper sui test della gravità. “Gli studi sul centro galattico hanno consentito negli anni di eseguire molti test di verifica della relatività generale, ma il risultato presentato oggi è senza precedenti perché permette molte misure originali sulla gravità e di fare nuova scienza sui buchi neri supermassicci e sul loro ruolo nell’evoluzione dell’Universo: abbiamo aperto le porte di un nuovo straordinario laboratorio”.
Ricercatori e ricercatrici sono entusiasti di avere finalmente le immagini di due buchi neri di dimensioni diverse: un’opportunità per comprenderne le somiglianze e differenze
Ottenere il nuovo risultato è stato molto più difficile rispetto al precedente, anche se Sgr A* è molto più vicino a noi. Il team ha dovuto sviluppare nuovi sofisticati strumenti di analisi dati per tener conto del moto del gas intorno a Sgr A*, che impiega pochi minuti a completare un’orbita attorno a questo buco nero. Il buco nero al centro della galassia M87 è molto più grande e il gas, che si muove alla stessa velocità (prossima a quella della luce) attorno a entrambi i buchi neri, impiega giorni o addirittura settimane per orbitare intorno ad esso: era dunque un target più stabile e quasi tutte le immagini avevano lo stesso aspetto. Non è accaduto lo stesso per Sgr A*. L’immagine del buco nero al centro della nostra galassia è una media delle diverse immagini estratte dal team, svelando finalmente questo oggetto per la prima volta.
“La variabilità è uno degli aspetti critici di Sgr A*: se da un lato rappresenta una grande sfida per la produzione di immagini del centro galattico, dall'altro ci fornisce uno strumento fondamentale per l'indagine dei processi fisici che vi hanno luogo”, commenta Nicola Marchili, ricercatore INAF e secondo autore di uno degli official papers, che ha lavorato all’analisi dei dati sulla variabilità temporale del buco nero. “La variabilità stimata dai dati EHT è molto inferiore a quanto atteso in base alla maggior parte dei modelli teorici correnti e pone quindi vincoli stringenti alle proprietà fisiche del buco nero”, aggiunge Marchili, che lavora presso il Centro regionale europeo ALMA a Bologna insieme alle ricercatrici INAF Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl, anch’esse parte della Collaborazione EHT, all’interno della quale si occupano principalmente della calibrazione dei dati.
Ricercatori e ricercatrici sono entusiasti di avere finalmente le immagini di due buchi neri di dimensioni diverse: un’opportunità per comprenderne le somiglianze e differenze. Hanno anche iniziato a usare i nuovi dati per mettere alla prova la teoria e i modelli che descrivono il comportamento del gas intorno ai buchi neri supermassicci – un processo ancora non del tutto compreso ma ritenuto chiave nella formazione ed evoluzione delle galassie nell’Universo.
Il lavoro di EHT, infatti, non si ferma: lo scorso marzo è stata condotta una nuova campagna di osservazione che include tre nuovi radiotelescopi
“Oltre a sviluppare nuovi strumenti per realizzare l'immagine di Sgr A*, il team ha prodotto milioni di immagini con diverse combinazioni di parametri per i vari algoritmi di imaging, usando grandi infrastrutture di calcolo”, aggiunge Rocco Lico, associato INAF e ricercatore presso l’Instituto de Astrofísica de Andalucía, in Spagna, co-leader di uno dei gruppi che si occupa di analisi dati nell’Imaging working group e Information-technology officer della Collaborazione EHT. “In questo processo, è stata anche compilata una biblioteca senza precedenti di buchi neri simulati da confrontare con le osservazioni”
Il lavoro di EHT, infatti, non si ferma: lo scorso marzo è stata condotta una nuova campagna di osservazione che include tre nuovi radiotelescopi.
RASSEGNA STAMPA
LUNIONE SARDA del 13 maggio 2022
Cultura - pagina 45
Scienza. Dopo anni di duro lavoro, il ruolo della nostra Università
Fotografato il buco nero al centro della Via Lattea
A distanza di tre anni dalla prima ripresa di un buco nero, il consorzio internazionale Event Horizon Telescope (EHT) ha centrato un nuovo, importante risultato, riuscendo per la prima volta a riprendere il grande buco nero al centro della nostra galassia. In questa eccezionale ripresa che ha visto impegnati 8 radiotelescopi e più di 300 ricercatori di 80 istituti di tutto il mondo, c'è un importante contributo di un astrofisico sardo, Ciriaco Goddi dell'Università di Cagliari. «È un'immagine che abbiamo sognato per oltre 20 anni», ha dichiarato con grande entusiasmo Goddi, commentando i risultati presentati in una conferenza a Roma, nella sede centrale dell'Istituto nazionale di Astrofisica. Densa nube Negli anni '50 del secolo scorso, sondando la galassia con i primi radiotelescopi, si iniziò a penetrare la densa nube di polveri che oscura il centro della Via Lattea. Con sorpresa si scoprì la presenza di una potente sorgente radio, che venne battezzata Sagittarius A (SgrA*). Per 70 anni gli astronomi hanno osservato SgrA* usando tutti i mezzi disponibili. Sono stati così raccolti «indizi fortissimi sul fatto che SgrA* fosse un buco nero», ha aggiunto lo scienziato sardo: «Fin dalla fine degli anni ‘90, si scoprirono stelle che si muovono a velocità elevatissime (migliaia di km/s) intorno a SgrA*, un corpo invisibile della massa di 4 milioni di volte il Sole». Alla distanza di circa 27000 anni luce dalla Terra, poteva dunque nascondersi un grande buco nero, ma solo oggi, grazie alle osservazioni di EHT, abbiamo avuto la conferma definitiva sulla vera natura di SgrA*. Cuore della galassia «Da sempre il progetto EHT aveva l'obbiettivo di riprendere il centro della nostra Via Lattea – ha raccontato Goddi – ma a causa delle ridotte dimensioni di questo buco nero, riprenderlo è stato molto complicato». La prima immagine di un buco nero fu ripresa nel 2019 dall'Event Horizon Telescope, puntando il centro della galassia M87. Distante 56 milioni di anni luce dalla Terra, la sua enorme massa di quasi 7 miliardi di volte il Sole, fa sì che il gas, che si muove alla stessa velocità attorno al buco nero, impieghi giorni o addirittura settimane per orbitare intorno a esso, rendendolo "lento" e più facile da osservare. «SgrA* cambia in pochi minuti – ha incalzato l'astrofisico – riprenderlo è come cercare di scattare una foto a un gatto che si morde la coda (SgrA*) rispetto a un gatto che dorme (M87)». Relatività Generale La seconda ripresa di un buco nero appare quindi leggermente sfocata rispetto alla precedente, ma si possono comunque studiare gli effetti della Relatività Generale formulata da Albert Einstein più di cento anni fa. Così Goddi: «Per la prima volta, grazie a EHT, possiamo fare esperimenti più precisi sulla Relatività Generale, osservando i buchi neri proprio a ridosso dell'orizzonte degli eventi, in regioni dove la gravita è la massima possibile». Di SgrA* si conosce con grande precisione la massa, grazie ai periodi orbitali delle stelle lontane che gli girano attorno. «L'ombra del buco nero SgrA*, causata dagli effetti previsti dalla Relatività Generale ha una forma identica a quella prevista dalla teoria di Einstein e con questa seconda foto i buchi neri entrano a far parte dei fatti della scienza in maniera definitiva». Collaborazione L'immagine di SgrA* è frutto di osservazioni fatte nel 2017 da una grande collaborazione internazionale che ha visto impegnati 8 radiotelescopi, sparsi in tutto il mondo. Questo imponente gruppo di lavoro continua le sue osservazioni, aggiungendo nuove antenne e studiando nuovi progetti. «Sogniamo di andare nello spazio - ha proseguito Goddi - mandando fuori dalla Terra antenne che ci permettano di osservare buchi neri più piccoli e lontani». L'immagine di SgrA* è dunque un grande risultato scientifico che ci aiuterà a comprendere meglio l'Universo e gli effetti della Relatività di Einstein, in attesa dei nuovi lavori che verranno pubblicati presto dal team dell'Event Horizon Telescope. Manuel Floris
Reazioni. La gioia di Ciriaco Goddi e del prorettore Colombo
La ministra Messa: «Bravi, straordinari»
«È uno straordinario risultato della cui portata riusciremo a renderci conto davvero solo con il tempo» dice la ministra dell'Università e della Ricerca Maria Cristina Messa. «Complimenti al grande e globale gruppo di lavoro che ha consentito di raggiungerlo e, all'interno di questo, alle scienziate e agli scienziati italiani. Questa scoperta dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti, di come sia importante per l'Italia farne parte investendo, in modo continuo e stabile negli anni, in grandi infrastrutture di ricerca e di dati, per rafforzarle e implementarle sempre di più, e di come si debba fare uno sforzo per preservare queste reti anche in momenti di crisi. Questo risultato ci ricorda anche che non si deve avere sempre fretta di raggiungere in pochissimo tempo un determinato risultato: la ricerca ha i suoi tempi e a questi dobbiamo avere la pazienza di adattarci, consapevoli che ne varrà sempre la pena» «Oggi è una festa della fisica fondamentale», ha dichiarato il prorettore della ricerca dell'università di Cagliari, Luciano Colombo, «dove celebriamo una scoperta veramente importante». «Sono tornato all'università di Cagliari, dopo sedici anni di ricerca all'estero» ha dichiarato l'astrofisico Ciriaco Goddi, ricercatore all'Università di Cagliari, «sono lieto di essere ritornato a casa e di condividere per quanto mi sia possibile il bagaglio di conoscenze e relazioni internazionali che ho acquisito negli anni, sia con i nostri studenti che con i colleghi di Unica». (m. f.)
LA NUOVA SARDEGNA del 13 maggio 2022
Sardegna - pagina 9
La foto scattata da un team internazionale. Tra loro c'è il sardo Ciriaco Goddi
Buco nero nella Via Lattea:
gli scienziati hanno la prova
SASSARI. Era stato appena ipotizzato mezzo secolo fa, nel 2000 ci cominciava a averne una visione più definita, ora è una realtà: è il buco nero che si trova al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Lui si chiama Sagittarius A* e la prova della sua esistenza arriva da una foto che è il frutto del lavoro di team internazionale di scienziati. Tra loro c'è anche un sardo, l'orunese Ciriaco Goddi, dell'Università di Cagliari, Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). La scoperta, pubblicata in 10 articoli in un numero speciale della rivista The Astrophysical Journal Letters, è stata annunciata ieri in una serie di conferenze stampa organizzate in tutto il mondo. Per raggiungere questo risultato storico hanno lavorato più di 300 ricercatori di 80 istituti in tutto il mondo. La foto è stata catturata grazie alla collaborazione internazionale Event Horizon Telescope (Eht) e nella ricerca, durata cinque anni, l'Italia ha giocato un ruolo importante, con Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), Università Federico II di Napoli e Università di Cagliari.Il buco nero non è visibile direttamente perché non emette luce: si vede uno spesso anello di gas brillante, delle dimensioni che avrebbe se fosse intorno alla Luna, che circonda una regione centrale scura chiamata "ombra". L'anello è prodotto dalla luce distorta dalla potente gravità del buco nero, che ha una massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole ed è distante dalla Terra 27.000 anni luce, in direzione della costellazione del Sagittario.«Si parlava di un buco nero al centro della Via Lattea già nel 1974 - dice Ciriaco Goddi -. La prima osservazione era stata fatta dall'osservatorio americano di Green Bank, con 4 radiotelescopi che lavoravano su frequenze radio basse. Avevano visto una sorgente compatta e la spiegazione più plausibile era che si trattasse di un buco nero».Anni dopo, quella sorgente è stata chiamata Sagittarius A*. Negli anni successivi sono state fatte molte altre osservazioni, utilizzando diverse lunghezze d'onda. «Nel 1997 - prosegue Goddi - è stata fatta la prima osservazione con due antenne europee, i cui risultati sono stati pubblicati nel 1998».Per scoprire il buco nero è servito l'aiuto di Einstein: «Osservando le traiettorie delle stelle che gli orbitano attorno, era già stata calcolata molto bene la sua massa - spiega ancora Goddi - e se dall'immagine misuriamo la dimensione dell'ombra, che è grande due volte e mezza l'orizzonte degli eventi, possiamo anche noi calcolare la massa usando la Relatività generale».Che è poi la teoria elaborata da Albert Einstein, che si è dimostrata esatta ancora una volta.«Lo abbiamo sognato per 20 anni. Ottenere questa immagine è stato il nostro obiettivo sin dall'inizio del progetto, concepito nel 2000, e poterla rivelare al mondo oggi ci ripaga di tanti anni di lavoro», ha detto ancora Goddi, che dal 2014 coordina ill gruppo europeo di BlackHoleCam, uno dei progetti da cui ha avuto origine la Collaborazione Eht.
La ministra dell'Università: «Della sua portata capiremo l'importanza col tempo»
Messa: «Risultato straordinario»
La scoperta arriva a tre anni dalla prima foto di un buco nero, quello della galassia M87. Sebbene i due buchi neri sembrino molto simili, quello della Via Lattea è oltre mille volte più piccolo e meno massiccio rispetto a quello di M87. La foto è stata ottenuta grazie a una rete globale di otto radiotelescopi, compreso il più potente del mondo: Alma (Atacama Large illimeter/submillimeter Array), al quale l'Italia partecipa attraverso lo European Southern Observatory (Eso) e ospita il nodo italiano del Centro regionale europeo Alma presso la sede dell'Inaf di Bologna. Nonostante Sagiuttarius A* sia molto più vicino rispetto al primo buco nero immortalato in una foto, ottenerne l'immagine è stato molto più difficile: poiché è più piccolo, il gas gli ruota intorno molto velocemente, impiegando pochi minuti per completare un'orbita intorno al buco nero (contro i giorni di M87). Di conseguenza per ottenere l'immagine è stato necessario fare una media delle numerose immagini ottenute nella campagna di ricerca.SASSARIUn risultato «straordinario», che dimostra quanto la collaborazione internazionale in campo scientifico sia importante e quanto sia importante per l'Italia farne parte: così la ministra dell'Università e la ricerca, Maria Cristina Messa, ha commentato la foto del buco nero al centro della Via Lattea. «È uno straordinario risultato della cui portata - ha detto - riusciremo a renderci conto davvero solo con il tempo».«Complimenti al grande e globale gruppo di lavoro che ha consentito di raggiungerlo e, all'interno di questo, alle scienziate e agli scienziati italiani».«Questa scoperta - ha proseguito la ministra Messa - dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti, di come sia importante per l'Italia farne parte investendo, in modo continuo e stabile negli anni, in grandi infrastrutture di ricerca e di dati, per rafforzarle e implementarle sempre di più, e di come si debba fare uno sforzo per preservare queste reti anche in momenti di crisi». Il ministro ha rilevato inoltre che «questo risultato ci ricorda anche che non si deve avere sempre fretta di raggiungere in pochissimo tempo un determinato risultato: la ricerca ha i suoi tempi e a questi dobbiamo avere la pazienza di adattarci, consapevoli che ne varrà sempre la pena». «È un risultato tanto atteso perché dimostra la correttezza delle previsioni contenute nella teoria della relatività generale di Einstein», ha detto il presidente dell'Inaf, Marco Tavani.Per Mariafelicia De Laurentis, professoressa di astrofisica presso l'Università Federico II di Napoli e ricercatrice all'Istituto nazionale di fisica nucleare «Gli studi sul centro galattico hanno consentito negli anni di eseguire molti test di verifica della relatività generale, ma il risultato presentato oggi è senza precedenti perché permette molte misure originali sulla gravità e di fare nuova scienza sui buchi neri supermassicci e sul loro ruolo nell'evoluzione dell'Universo: abbiamo aperto le porte di un nuovo straordinario laboratorio».Il lavoro di Event Horizon Telescope però non si ferma: lo scorso marzo è stata condotta una nuova campagna di osservazione che include tre nuovi radiotelescopi.
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