Domenica 2 febbraio 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
02 febbraio 2020

L'Unione Sarda


 
 

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 2 febbraio 2020 / ECONOMIA - Pagina 18

UNIVERSITÀ

Ricercatori in campo per le imprese

Il mondo delle aziende private può essere un approdo adatto ai dottori di ricerca, che hanno acquisito competenze nella ricerca industriale, innovazione tecnologica e internazionalizzazione.

Per mercoledì prossimo la scuola di dottorato dell'università di Sassari ha organizzato l'evento intitolato “I dottori di ricerca e le aziende private” proprio per illustrare le opportunità che nascono dalla collaborazione tra i corsi di dottorato e le aziende. L'appuntamento è dalle 9.30 alle 13.30 nell'Aula Magna dell'Ateneo, in piazza Università.

L'evento, patrocinato da Confindustria Centro Nord Sardegna, si aprirà con i saluti del rettore Massimo Carpinelli e proseguirà con una presentazione sui dottorati e il sistema produttivo a cura di Antonello Cannas, direttore della scuola di dottorato. L'intervento principale è affidato all'esperta Lucia Salto della direzione ricerca dell'università di Torino. Seguirà il discorso di Gualtiero Cortellini che racconterà l'esperienza di “Find your doc” (Consorzio per il trasferimento tecnologico, Milano).

 

 

 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 2 febbraio 2020 / CAGLIARI - Pagina 21

QUELLI CHE CI PROVANO
Fabio Porru, 28 anni, prima della laurea è stato assunto come ricercatore in Olanda

IL GIOVANE MEDICO PUNTA AL DOTTORATO NEL CUORE DELL'EUROPA

Maria Francesca Chiappe
chiappe@unionesarda.it

Laurea in medicina, Fabio Porru da studente ha partecipato a sette progetti di scambio all’estero grazie ai quali è stato assunto dal Dipartimento di sanità pubblica a Rotterdam dove lavora a stretto contatto con l’ateneo cagliaritano

Il professore quasi lo supplicava: finisci gli esami. Ma lui niente: cercava bandi e borse, inviava curriculum, condivideva notizie sui social. Aveva voglia di studiare, questo sì, però non voleva perdere l'opportunità di imparare. E pazienza se la laurea in Medicina arriverà con due anni di ritardo. «Nel frattempo ho lavorato a sette progetti di scambio all'estero». Che hanno prodotto un risultato immediato: «Sono stato assunto». In Olanda, con uno stipendio che gli permette di fare ricerca e puntare al suo obiettivo: «Il dottorato».

Fabio Porru ha 28 anni e un futuro nel cuore dell'Europa. «Mi interessa la psichiatria. Dopo un primo progetto Erasmus al quarto anno di Medicina sono stato a Stoccolma e Cracovia». Poche settimane. «Tutto in inglese, ho studiato il polacco giusto per riuscire a muovermi». Quindi si è spostato a Rotterdam. «Avevo il desiderio di tornare in Svezia e mi sarebbe piaciuta anche la Germania ma non ce l'ho fatta. E comunque anche nella città olandese sono leader mondiali».

TUTTO DA SOLO. D'accordo, ma come si fa? «Pura intraprendenza». Non è per tutti, allora. «Al contrario: con l'Erasmus si impara a muoversi. Sapevo che c'erano borse di studio e ho mandato curriculum con una lettera motivazionale per un tirocinio». Della serie: mi chiamo Fabio e studio Medicina. «Proprio così. Mi hanno preso a Rotterdam ma avevo la possibilità di andare in Polonia, Portogallo o Spagna». Neanche il tempo di arrivare in Olanda e gli è stato subito assegnato un progetto. Un altro mondo: «In Italia gli studenti non fanno ricerca se non per la tesi di laurea». Lì, invece. «Mi hanno detto: vediamo cosa sai fare, se sei bravo comparirai fra gli autori, se sarai molto bravo firmerai come primo autore ». Indovinate com'è andata? «Primo autore». Quindi: molto bravo.

CAGLIARI. «Erano entusiasti: ho lavorato sull'impatto dei sintomi depressivi sulla capacità degli adulti di stare sul mercato del lavoro». Ma siccome ha radici solide a Cagliari ha presentato un progetto di ricerca sulla salute mentale anche per il dipartimento di Medicina del lavoro del suo ateneo. «Due docenti hanno dato l'ok». Il motivo c'è ed è semplice: «Sono problemi diffusi ma poco trattati. Ho assistito a tante difficoltà guardandomi attorno, di più, l'ho proprio sperimentato, per questo ho voluto lavorare sulla salute degli studenti universitari». E ha pure giocato la carta del gemellaggio: «Ho proposto di coinvolgere l'università di Rotterdam». Detto, fatto. «Tutto su mia iniziativa». Senza laurea. «Sì». Ma con tanti progetti in fase di realizzazione.

L'OLANDA. «Sono stato a Groningen per tirocini clinici in Cardiochirurgia e Cardiologia», obbligatori in vista della tesi. «Tre mesi, d'estate. Lavoravo fino alle 3 del pomeriggio e siccome mi avanzava tempo e non volevo sprecarlo andavo in giro per i vari dipartimenti». Ha conosciuto una docente che lo ha coinvolto in una ricerca sulla salute mentale dei giovani lavoratori. «Ho dato una mano a un progetto già avviato». Quando si dice il caso: quella prof conosceva l'insegnante di Rotterdam, ed è cominciata una nuova collaborazione. «Il collante ero io». L'idea era di trasformare quel lavoro nella sua tesi di laurea «ma qualcosa è andato storto, in senso positivo». Ossimoro presto spiegato: «Il mio professore voleva che mi laureassi ma io vedevo che c'erano tante chances in Europa e volevo imparare». Insomma: ha vinto una borsa di studio ed è tornato a Rotterdam.

LA SVOLTA. Era il maggio 2018. Da allora vive lì. «Un ritorno: la prima volta mi avevano chiesto di completare 500 questionari in tre mesi, in trenta giorni ne ho fatto ottomila». Una macchina da guerra. «Mi era mosso attraverso i social nei vari gruppi studenteschi di diversi atenei. Questa volta avrei dovuto raccogliere altri dati, sarei dovuto restare due mesi». Invece è ancora lì. Riassunto: il progetto di uno studente è diventato un dottorato di ricerca. Ma siccome vivere all'estero costa e le borse di studio non bastano, per continuare serviva qualcosa di più. Che è arrivato, al momento giusto: «Sono stato assunto dal dipartimento di Sanità pubblica». Da studente. «Proprio così». In Olanda è normale per i giovani del posto ma è difficile che uno straniero conquisti un regolare contratto di lavoro prima della laurea. Chapeau. I tempi erano maturi per finire la tesi, volare a Cagliari, diventare medico e non fermarsi: «Ho un approccio multidisciplinare, sto lavorando anche ad altro». Con una certezza: «Non lascio la mia città natale». No. E perché? «Sono cresciuto in quella università che mi ha dato l'opportunità di fare tante cose con docenti che hanno creduto in me e mi hanno dato supporto».

IL FUTURO. Sì, ma come si concilia l'Olanda con la Sardegna? «Da qui voglio sostenere Cagliari, lo sto già facendo con la tesi di uno studente, anche perché mi piace l'insegnamento. Lavoro a distanza per la mia università, per farla crescere insieme a me. Ora che sono giovane e non ho legami mi piace andare in giro, sto crescendo, sto costruendo uno spazio mio e mi piacerebbe tornare a Cagliari». Più chiaro di così. «Sarebbe stato più semplice tagliare i ponti con la mia città perché avrei avuto un solo capo, un solo punto di riferimento, meno complicazioni, più tempo».

Invece sta fisicamente lì ma con la testa qui. Per favore: nessuno parli di cervello in fuga.




 

3 - L’UNIONE SARDA di domenica 2 febbraio 2020 / CAGLIARI - Pagina 22

UNIVERSITÀ. La magistratura sospende un progetto di ricerca scientifica
APPELLO DEL SENATO ACCADEMICO PER GLI ESPERIMENTI SUGLI ANIMALI

«Non fermate la sperimentazione sugli animali nella ricerca scientifica». L'appello arriva dal senato accademico e dal Consiglio di amministrazione dell'Università. Hanno approvato un documento che si riferisce al progetto “Light-up” di Marco Tamietto e Luca Bonini, docenti degli Atenei di Torino e Parma, sospeso in via cautelare dal Consiglio di Stato il 23 gennaio.

È un importante progetto di ricerca internazionale per curare una particolare forma di cecità che si intendeva studiare su sei macachi, ai quali sarebbe stata procurata una micro zona d'ombra in un occhio, secondo il protocollo scientifico previsto per questo tipo di studio.

«L'auspicio», si legge nell'appello firmato dagli organi collegiali dell'Ateneo, «è che la libertà di ricerca pubblica sia riaffermata nel pieno rispetto dei principi etici e delle normative in vigore». Chiedono «che le istituzioni sostengano la scienza senza ulteriori restrizioni e divieti e confidiamo sulla saggezza, conoscenza e consapevolezza del Consiglio di Stato affinché il nostro Paese non venga relegato ai margini della ricerca in Bio-medicina per la scoperta di nuove cure nel campo dei tumori, delle malattie neurodegenerative, e in tanti altri campi».

La rettrice, Maria Del Zompo, spiega che «c'è l'esigenza di far presente alla società civile che la ricerca sull'animale si basa sempre su principi etici e di assoluto rispetto del suo benessere e dall'assoluta necessità di proseguire la sperimentazione animale per molte malattie rare, degenerative, tumorali, come consentito attualmente in tutti i Paesi europei e nordamericani e su larga scala a livello internazionale».





 

4 - L’UNIONE SARDA di domenica 2 febbraio 2020 / CULTURA - Pagina 49

LA POLEMICA. Un intervento del professor Maurizio Virdis sull’argomento

«Il latino figlio del sardo? Un infantile, risarcitorio falso »
“Già le fasulle carte d’Arborea accreditavano un passato epico”

Il latino deriva dal sardo? Una teoria solitaria e contestata. Sul tema ospitiamo un interessante intervento di Maurizio Virdis, docente di Lingua sarda alla facoltà di Studi Umanistici dell'Università di Cagliari.

A partire dal 1845, per diversi anni, vennero fatte circolare in Sardegna delle carte, dei documenti pretesamente antichi e provenienti dall'Arborea, che volevano attestare un glorioso passato storico per la Sardegna, epico ed eroico, a partire dall'alto medioevo; ed anche per la sua cultura, soprattutto letteraria: la stessa letteratura italiana avrebbe avuto radici in Sardegna. Si trattava di falsi che trovarono credito e credulità fra molti intellettuali sardi. Ma anche italiani ed europei. Molti caddero nell'inganno ordito dai falsari, finché nel 1870 l'Accademia delle Scienze di Berlino, presieduta da Theodor Mommsen confutò irrefutabilmente le menzognere pretese dei falsari.

IN PASSATO. Le ragioni di questa operazione furono molteplici: il lucro, certo; ma pure il gusto di farsi beffe di supponenti studiosi o di ingenui intellettuali che si sentivano frustrati nel sapersi appartenenti a una comunità, quella sarda, poco o nulla considerata, quando pure non disprezzata; e vi erano poi motivi politici: si era alla vigilia della cosiddetta perfetta fusione e del movimento risorgimentale italiano: andava quindi indossato l'abito buono

Certo: «Ogni antichità, ogni principio delle cose è solo un'invenzione favolosa», dice Paul Valery: è il mito che riempie il vuoto di ciò che non conosciamo, ma che aneliamo scoprire.

MITIZZAZIONE. Un tale atteggiamento volto alla mitizzazione è insito praticamente in ogni cultura. Ma dalla ineludibile necessità del mito si può cadere nella malattia del mito. A livello individuale, una tale malattia può nascere da una carenza infantile che, come ben ci spiegava Nereide Rudas, spinge a cercare la radice di ciò che si vorrebbe essere in un passato remoto e nebuloso ma gratificante, così che si inventa un romanzo familiare, per risarcirsi di una realtà dalla quale ci si sente frustrati. Ma questa tendenza soggettiva può agire anche a livello collettivo, come pure ci indicava Nereide Rudas: a livello di un ethnos, di una nazione.

FALSARI E MITOFILI. Così il fenomeno dei falsi d'Arborea, si ripropone anche oggi. Ma con una fondamentale differenza: i falsari dell'Ottocento erano ben consapevoli di spacciare una menzogna; a differenza di costoro, i mitofili di oggi inventano delle favole credendovi essi stessi per primi; inventano un passato che compensi la delusione di una realtà ostica da digerire. Passati i tempi della mitizzazione letteraria, la compensazione mitizzante la si va cercando nella lingua: ma non nella lingua quale essa è, ma in una sua pretesa ancestralità, perché dalla lingua si vorrebbe risalire alla radice dell'ethnos-nazione. Si va pertanto a sostenere che la lingua sarda attuale non è l'evoluzione del latino portato in Sardegna dai Romani, ma è una lingua di tutt'altra radice. E allora si va a spaziare per tutto il Mediterraneo o per l'Oriente più o meno prossimo alla ricerca di tale radice; oppure si ribaltano le genealogie storico naturali invertendo la madre con la figlia, che dunque partorisce la madre; si stravolgono o si ignorano la tipologia, le strutture e le leggi stesse della evoluzione delle lingue, bypassando secoli di linguistica scientifica, severa e paziente.

LINGUISTICA. Né va dimenticato che per la linguistica, e in specie per quella romanza, è da sempre arduo ricostruire la storia e la facies linguistica dei tempi preistorici, quasi sempre non documentati; gli studi scientifici sulle lingue preromane, dopo un'epoca di accesa passione, si sono diradati, perché il terreno di una tale ricerca è infido, e facilmente si cade nelle sabbie mobili. Oggi più che inseguire somiglianze, spesso illusorie, fra parole, è più proficuo per la scienza ponderare le costanti evolutive; analizzare tipologie e strutture fonetiche, o dati morfologici, quali i fenomeni di prefissazione e suffissazione; e sempre con tutta la prudenza da usare in un terreno così insidioso.

ROMANZO FAMILIARE. Ma per tanti il richiamo mitizzante e infantile pare insopprimibile; la costruzione del romanzo familiare , o qui, meglio, etnico, è un richiamo irresistibile: cosicché si va a cercare a tutti i costi la distanza, l'alterità che ci fa diversi, e quindi originali.

E così si confonde l'identità con la differenziazione assoluta, quando invece essa, l'identità, va ricercata nella reale concretezza della storia, anche se spesso grigia, banale o amara.

Perché i padri e le madri li si ama pur se non sono eroi.

Maurizio Virdis


 

Questionario e social

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