Domenica 29 marzo 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
30 marzo 2020

L'Unione Sarda



 

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 29 marzo 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 17

POLICLINICO
Le nuove regole: una zona rossa per i casi sospetti

«Stiamo vivendo un momento molto critico: questo reparto è sempre stato aperto a tutti, a quasiasi ora. Oggi stiamo andando contro i nostri principi per salvaguardare e proteggere pazienti e operatori». Anna Maria Paoletti è la direttrice di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico dell'Aou. «Ci rendiamo conto che lo stato d'animo non sia roseo per le partorienti ma sappiano che tutti, le ostetriche in particolare, lavorano con passione e cercheranno di colmare questo distacco dai familiari».

Le mamme positive al Covid-19, o nei casi sospetti di febbre, devono invece presentarsi al Santissima Trinità: diversamente il Policlinico sarebbe costretto ad attivare l'Unità di crisi e seguire il percorso “Zona Rossa”, comunque predisposto. Per gli altri parti basta seguire le regole: in ospedale entra solo la partoriente, le mamme vengono prese in carico dal personale, fino alle dimissioni, in genere dopo 48 ore. «La gestione del reparto è molto cambiata», spiega la dirigente, «prima il padre poteva stare anche 24 ore in ospedale e i corridoi erano sempre pieni di gente: credo che il coronavirus ci ha insegnato a essere più prudenti». (c. ra.)






 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 29 marzo 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 17
L’EMERGENZA. Padri in attesa a casa

NEO MAMME SOLE IN SALA PARTO
Il bambino si presenta su WhatsApp

Ha già due giorni Adalberto, stesso nome del trisnonno, quando suo padre lo abbraccia per la prima volta. È venuto al mondo all'alba del 24 marzo, cinque minuti prima delle quattro. Papà Francesco non ha potuto sentire il suo primo vagito, ma è come se fosse stato lì (e non a casa), a stringere la mano di Roberta, mamma-coraggio ai tempi del coronavirus, tra le prime a cui è toccato affrontare il parto in solitudine. È il 26 quando tutti e tre si stringono forte, sull'uscio del Policlinico dove questo fagottino di due chili e 9 ha visto la luce, attorniato da tanti visi coperti dalle mascherine. È un momento di gioia quello delle dimissioni, tanto più in questi giorni: si cancellano le preoccupazioni che, inevitabilmente, a causa del virus, accompagnano le ultime settimane di gravidanza. «Ma non era paura», assicura Roberta Chessa, biologa cagliaritana di 36 anni. «Più che spaventata ero dispiaciuta perché il padre non avrebbe potuto assistere alla nascita come avevamo programmato».

Il distacco

È quasi l'una del mattino quando, davanti all'ingresso dell'ospedale di Monserrato, si interrompono i contatti di Roberta col mondo esterno e il compagno. «Ci siamo salutati nel parcheggio» e col pancione che pesa sempre di più la futura mamma si avvia, con due valigette in mano, a seguire il percorso anti-virus, dal pre-triage alla sala parto del blocco Q, terzo piano, sotto la guida degli operatori sanitari. Cosa sia successo da lì in poi può raccontarlo, istante per istante, solo chi ha partorito. «Appena entrata sono stata sottoposta ai controlli, non ho febbre, è tutto ok», premette Roberta. «Spero ancora di poter fare il parto in acqua, autorizzato nelle visite precedenti. Indosso il reggiseno del costume mentre l'infermiera inizia a riempire la vasca». Ma le contrazioni aumentano, Roberta è già in travaglio, non c'è tempo per partorire in quel modo. È già sul letto, in preda ai dolori, urla, «non pensavo di urlare così tanto». Fino «alle 3.55, l'ora di nascita di mio figlio». Flashback di un parto ai tempi del coronavirus: ogni minuto, ogni sequenza è impressa nella mente, tutti vogliono conoscere i dettagli e lei è l'unica che può raccontarli, rivivendo ogni momento come fosse ora.

In sala

«Ma sono stati tutti meravigliosi», dice la neomamma, «l'ostetrica, Federica Murgia, mi ha molto incoraggiato, io gridavo che non ce l'avrei fatta, lei mi diceva di stare tranquilla». Un'équipe «eccezionale», professionalmente preparata a dare conforto alle partorienti, soprattutto in questo periodo. Esaudito anche il desiderio di Roberta di conservare le cellule staminali. «Cosa mi ha fatto più forza? Nonna Rina, che non c'è più dal '99: l'ho sentita accanto a me durante tutto il travaglio». Scivolano altre immagini: Adalberto sulla mia pancia, il ritorno in camera alle 7.30, la prima videochiamata a papà Francesco. «Che emozione: stanotte però - confessa Roberta il giorno prima delle dimissioni - chiederò di farlo dormire al nido, vorrei riposarmi un po'», anche perché tra una poppata e l'altra la stanchezza comincia a farsi sentire. La mattina seguente Adalberto è già nell'ovetto dell'auto di papà diretto a casa. «È vero che partoriamo senza chi avremmo voluto vicino, senza visite dei familiari, senza che i nonni possano vedere il nipotino: ma se tutto va bene in due giorni vieni dimessa. E chi in questi giorni dovrà venire in ospedale per partorire non deve aver paura, noi mamme abbiamo una forza di cui non siamo consapevoli e qui siamo assistite con professionalità e sensibilità».

Foto su whatsapp

Il 24 è un giorno fortunato, tra fiocchi azzurri e rosa. In sala si succedono altri parti. Dopo Adalberto, è Samuele a veder la luce alle 6 del mattino per la felicità di mamma Enza. Un po' più tardi, alle 12.44, è il turno di una femminuccia, Amelia. Per mamma Emanuela, insegnante di 38 anni, è la prima figlia. «Alla fine è andato tutto bene», sospira ora accanto al compagno Andrea, che non vedeva dal giorno del ricovero, domenica 22. «Ho provato tutte le privazioni di questo periodo: le visite, oggi vietate, allietano le ore del ricovero soprattutto. Ma tant'è: tra mamme ci si aiuta tantissimo e nel reparto sono molto disponibili». Ad avvisare papà Andrea, con foto su whatsapp, sono stati gli stessi infermieri. «Non c'è stato bisogno di chiedere niente, sono stati gentilissimi e si sono proposti loro stessi, compreso l'ostetrico». Adalberto, Samuele, Amelia e, ultimo nato del 24 marzo, Tommaso (di mamma Stefania): tante piccole speranze di vita che si accendono in un momento in cui l'Italia intera conta i morti. Alle nonne un piccolo messaggio di conforto: volevate rendervi utili ma vi rifarete. I genitori, c'è da scommetterci, vi lasceranno spesso e volentieri il vostro caro nipotino.

Carla Raggio

 





3 - L’UNIONE SARDA di domenica 29 marzo 2020 / CAGLIARI - Pagina 30

QUELLI CHE CI PROVANO. Anna Filigheddu, laurea in medicina, è reduce da un’esperienza come volontaria in Kenya

LA NEO DOTTORESSA PRONTA AD AIUTARE I MEDICI ANTI COVID-19
In attesa dei tirocini è partita come volontaria in un ospedale del Cottolengo di Torino, in Kenya, dove ha vissuto la prima emergenza legata al coronavirus. Da lì si è trasferita a Madrid dove la sorella infettivologa ha sensibilizzato i suoi colleghi affinché adottassero precauzioni quando la situazione era ancora sottovalutata

Maria Francesca Chiappe

È pronta a dare una mano. Codici bianchi, pre triage, assistenza al medico, disinfezione ambientale, trait d'union fra pazienti e familiari. Non ha fatto i tirocini dunque non è ancora abilitata ma ha una laurea in Medicina (110 e lode, menzione e abbraccio accademico): in questa fase di emergenza potrebbe essere utile in ospedale. E come lei tanti altri. «Ma per qualche giorno ancora sono in quarantena».

Anna Filigheddu, 27 anni, è rientrata dalla Spagna dove vive la sorella maggiore: «Sto in casa con i miei genitori che hanno 67 anni e non volevo metterli a rischio». Così ha aspettato che le preparassero una sistemazione alternativa e soltanto allora ha preso un aereo da Madrid, la settimana scorsa. «In teoria dovrei iniziare i tirocini il 7 aprile». In pratica chissà.

La missione

Tutto è slittato perché ha deciso di fare la volontaria dopo aver discusso una tesi sugli effetti dei medicinali oncologici sul cuore delle pazienti malate di tumore al seno. «Sono partita per il Kenya, in una missione del Cottolengo di Torino all'ospedale di Chaaria». Dove è stata raggiunta da due suoi colleghi di Cagliari. «Abbiamo lavorato col personale del posto, non sono medici - lì c'è grande carenza - ma figure intermedie con gli infermieri». Ed è stato il battesimo sul campo. «Esperienza forte: ho imparato tantissimo, soprattutto mi sono messa alla prova. Ho scoperto come reagisco davanti a difficoltà ed emergenze. In Africa i mezzi sono limitati, ti devi adattare».

La pausa

Le hanno dato vitto e alloggio («dormivo in ospedale»), per il resto era volontariato puro. «La professione del medico è totalizzante e una volta che si comincia il tempo per se stessi è poco, così dopo la laurea mi sono presa qualche». Ed è andata in Africa per dedicarsi ai meno fortunati. Complimenti. Del resto, sta realizzando il suo sogno. «In verità all'inizio avrei voluto fare Veterinaria perché mi piacciono gli animali, ho quattro gatti». Ma poi, complice la televisione, ha cambiato idea. «Ero alle Elementari e su Italia Uno trasmettevano un programma dal titolo “Esplorando il corpo umano”». Lo guardava prima di andare a scuola e, in replica, anche al pomeriggio. «E poi mia sorella (undici anni più grande) è infettivologa e uno dei miei due fratelli è medico interno». Insomma, l'aria che si respirava era quella. Eppure nelle materie scientifiche non è mai stata fortissima. «Ho fatto il Classico e i voti migliori li avevo in Lettere, non ero brava neanche in Educazione fisica: ho fatto tanti sport ma diciamo che non ero portata».

L'America

Aveva un obiettivo: rendersi utile al prossimo. «Mi sono iscritta in Medicina e mi è piaciuto moltissimo. Il corso di studi è performante anche se si fa molta teoria e poca pratica rispetto al resto d'Europa. Recuperiamo dopo, ed è la nostra forza». Al quinto anno è andata negli Stati Uniti per un programma di scambio, il Globus placement al Presbyterian hospital della Columbus university. «E lì si vede la differenza tra studenti americani e italiani». In che senso? «Noi siamo più preparati dal punto di vista teorico: loro fanno quattro anni di corso (i primi due di College sono su materie generiche), noi sei. Però gli americani al terzo anno cominciano con la pratica, fanno interventi come secondo operatore». Gli italiani invece vanno in sala operatoria e guardano. «Per me è stato così anche in America, in mancanza di un'assicurazione da centinaia di migliaia di dollari». Ha fatto un tirocinio di osservazione. «Vedevo come lavorano i medici». Però gli studi cagliaritani sono serviti, e anche molto. «Il preside di Medicina, Andrea Figus, che ha lavorato a lungo in Inghilterra, sta svecchiando il sistema».

Il virus

Dopo la laurea è partita per il Kenya. «Ero lì quando si è cominciato a parlare di coronavirus, non c'era emergenza ma stavano già pensando di chiudere le frontiere con la Cina e i controlli erano serrati». Però non faceva paura, non ancora. «Tutti noi lo avevamo sottovalutato, non ne avevamo capito la portata. La sera a cena leggevamo le notizie dalla Cina e ci sembrava così lontana». Quando la pandemia è esplosa in Italia Anna Filigheddu era a Madrid dalla sorella Maria Teresa. «E siccome è infettivologa aveva valutato appieno la situazione e subito preso sul serio la questione. Mentre in Italia tutto peggiorava la Spagna prendeva ancora sotto gamba l'allarme, lei invece sensibilizzava i suoi colleghi affinché adottassero precauzioni. Raccontava in ospedale cosa si faceva in Italia. Le hanno dato ascolto, per fortuna». In pochissimo tempo anche la Spagna ha dovuto capire. «Ora lei sta curando i malati, ci sentiamo quotidianamente».

La disponibilità

Tornata a Cagliari vive in un piccolo appartamento di Castello: isolamento fiduciario. «C'è una bottega di quartiere che fa consegne a domicilio». Tra pochi giorni potrà uscire e si metterà a disposizione per dare una mano dove ce ne sarà bisogno. «Qui la situazione non è come in Lombardia dove hanno chiamato perfino gli studenti del sesto anno di Medicina. Ma noi neolaureati potremmo fare qualcosa in ospedale».

Finita l'emergenza inizierà i tirocini e poi penserà alla scuola di specializzazione. «Il mio sogno è Cardiologia». A Cagliari, anche se non le dispiacerebbe un'esperienza all'estero. Per poi tornare. «Ho la mia città nel cuore».

(chiappe@unionesarda.it)

 



 

 

La Nuova Sardegna




 


4 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 29 marzo 2020 / SASSARI - Pagina 16
Lettera alla Regione del rettore che chiedeva di scegliere un medico, preferibilmente interno
COMMISSARIO AOU, CARPINELLI CONTESTA LA NOMINA

SASSARI Una lettera del rettore Massimo Carpinelli, arrivata venerdì sera sul tavolo del governatore Solinas e dell'assessore alla Sanità Nieddu, in cui contesta formalmente il cambio al vertice nell'Aou sassarese e l'affidamento dell'azienda ospedaliero universitaria a un commissario che, denuncia il rettore, non avrebbe i requisiti che l'università aveva messo da giorni sul tavolo definendoli irrinunciabili. Deflagra un'altra bomba sulla sanità cittadina, già sotto la massima pressione possibile per la gestione dell'emergenza Covid e dei focolai ospedalieri. La nomina del commissario Giovanni Maria Soro non ha infatti fatto saltare i nervi solo al sindaco di Sassari, che ieri ha attaccato frontalmente Solinas, ma anche al rettore Carpinelli. Che, essendo l'Aou un'azienda ospedaliero universitaria, rivendica il diritto ad avere voce in capitolo. Il dialogo con la Regione sul tema è da mesi ridotto all'osso, e un primo tentativo di nomina da parte della Regione era già stato rimandato nei mesi scorsi al mittente, ma nell'ultimo carteggio con la Regione Carpinelli era stato chiaro: per la guida dell'Aou era stato chiesto un medico, in possesso delle competenze necessarie per gestire l'emergenza, possibilmente interno all'azienda, in modo da essere immediatamente operativo. Tra le ipotesi, quella di dare poteri commissariali allo stesso Orrù (come richiesto anche dal sindaco) o comunque vagliare una serie di curricula. L'importante era che la nomina non fosse politica ma "tecnica". Motivazioni per il rettore sarebbero state ignorate dalla Regione, che invece ha tirato dritto. E ha nominato Soro, la cui professionalità nel settore sanitario è indiscutibile, ma che per Carpinelli non risponde a quanto richiesto. Le motivazioni della Regione: l'urgenza con cui fare la nomina. Nella lettera il rettore lamenterebbe che dall'interlocuzione siano trascorsi giorni, e poi ci sarebbe il fatto che lo stesso Soro dovrà fare 14 giorni di quarantena prima di essere pienamente operativo. Abbastanza, insomma, per convincere Carpinelli a protocollare la lettera, in cui esprime tutta la sua preoccupazione per una scelta che considera fondamentalmente sbagliata, che cambia le carte in tavola dentro l'Aou nel momento di maggiore pressione possibile. E Carpinelli si sarebbe riservato di presentare formale ricorso. (g.bua)



 


5 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 29 marzo 2020 / SASSARI - Pagina 16
«Spagnoli festaioli
giusto sospendere il loro Erasmus»

«Come sindaco non potevo mandarli via, e nemmeno il rettore poteva farlo. Ma poteva sospendere il loro Erasmus, e mi sembra la giusta punizione. Esemplare, che dà ben conto della gravità di un gesto nei confronti della città e dell'università. E ripaga la strafottenza con cui i ragazzi hanno risposto alle persone che gli dicevano di smetterla e alle forze dell'ordine intervenute». Non perdona gli spagnoli festaioli il sindaco Campus, e nemmeno chi ha preso le difese dei sedici studenti, ragazze e ragazzi da 21 a 26 anni, scoperti giorni fa a Sassari a far festa sul tetto di un palazzo in via Matteotti. «Il professor Marinò del dipartimento di Economia ha stigmatizzato l'operato del rettore, dicendo che era completamente incomprensibile la scelta di cacciare gli Erasmus. Dispiace che un direttore di dipartimento non abbia capito il concetto dell'esempio, del rispetto, che non abbia capito che se noi, in un momento drammatico come questo, non siamo rigidi non c'è speranza. La punizione è adeguata al comportamento».



 


6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 29 marzo 2020 / SASSARI - Pagina 17
Aou, supporto psicologico per i sanitari
SASSARI Saranno disponibili via mail e per telefono, ma potranno essere raggiunti anche attraverso videochiamata su Skype o Whatsapp per offrire un aiuto ai colleghi, per fornire informazioni sulle reazioni e sulla gestione dello stress. Sono gli psicologi e gli psichiatri dell'Aou di Sassari che hanno attivato una serie di servizi a supporto dei loro colleghi impegnati nell'emergenza Covid-19. Al Santissima Annunziata è attiva la struttura di Psicologia ospedaliera e benessere organizzativo, mail per un primo contatto: segreteria.poe.ssa@aousassari.it. L'unità operativa Psichiatrica dell'Aou di Sassari, inoltre, ha attivato un ambulatorio di assistenza psichiatrica per l'emergenza Covid-19, è attivo dalle 8,30 alle 18. Numeri: 079 2644640 - 079 228350, mail clinica.psichiatrica@aousassari.it su Skype: Psichiatria Covid 19.

 


7 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 29 marzo 2020 / TEMPIO - Pagina 34
Videoconferenza Bortigiadas-Torino per la tesi: «Ma verrà l'ora della festa»
LA LAUREA DA CASA: «IO FELICE E TRISTE»

di Sebastiano Depperu
BORTIGIADAS La laurea è un traguardo importante per molte persone. Sabrina Alias, il 16 marzo, si è laureata a Bortigiadas. Sì, da casa sua in videoconferenza con l'Università degli studi di Torino. La giovane, classe, 1993, come tante altre in Italia (ma non solo) ha discusso la sua tesi magistrale in Direzione d'imprese, marketing e strategia, uno dei corsi di laurea magistrali del dipartimento di Management dell'Università di Torino, con a fianco i genitori e la sorella. In videochiamata hanno assistito anche il fidanzato e qualche amico. «Sono stata una delle prime studentesse a provare questa nuova modalità - racconta Sabrina Alias - la nostra università è stata una delle prime ad adottare la videoconferenza per le discussioni. Le date erano già state fissate da tempo e hanno cercato di organizzarsi al meglio pur di non farci subire ritardi, e di questo bisogna ringraziarli». Diventare dottoressa a casa propria è, sicuramente, "diverso". «Non posso negare - aggiunge - che sia stato strano: chiunque intraprenda un percorso di studi universitario immagina sempre come sarà la fine, la conclusione di tanto impegno. Ho sempre pensato alla fine del percorso magistrale con una grande festa con amici e parenti, come degna conclusione di anni di sacrifici, di studio. Invece, è stata una laurea senza corona d'alloro, senza fiori, senza confetti, senza spumante. Per fortuna, la tecnologia ha aiutato e gli amici più intimi hanno assistito a loro volta in videochiamata. La sensazione che ho provato è stata un misto di felicità e tristezza al tempo stesso. L'emozione è sicuramente stata tanta anche a casa. I tempi ci hanno messo di fronte a questa sfida ulteriore per poter concludere gli studi, ma alla fine pochi altri potranno dire di essersi laureati comodamente seduti in poltrona. Per ora la cosa giusta da fare era (ed è) quella stare a casa, sicuramente non mi perdo d'animo e quindi aspettiamo la fine di questo periodo per poter festeggiare questo traguardo come merita!». Da casa sua, in videoconferenza con i relatori a Torino, Sabrina Alias ha discusso la tesi dal titolo "Innovation network: un nuovo strumento di innovazione per le PMI". L'idea è nata durante la sua esperienza alla School of Entrepreneurship and Innovation di CDI-Italia e Fondazione Agnelli.




 


8 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 29 marzo 2020 / SPORT Pagina 42
CUSI E CUS
Lo sport universitario si ferma
slittano i campionati nazionali

TORINO È stata rinviata a data da destinarsi, a causa del perdurare dell'emergenza coronavirus, la 74ª edizione dei Campionati Nazionali Universitari, nella loro sessione primaverile, che si sarebbe dovuta svolgere a Torino dal 22 al 31 maggio 2020. La decisione è stata presa dal Cusi (Centro Universitario Sportivo Italiano), rappresentato dal presidente Antonio Dima, e dal Centro Universitario Sportivo torinese, ente organizzatore. «È una scelta inevitabile vista la situazione drammatica che si sta affrontando in Italia e nel mondo intero - dice D'Elicio, del -Cus Torino - . Lo sport universitario non può che rispettare e condividere le decisioni prese dalle istituzioni, vista l'eccezionalità dei fatti e l'importanza delle responsabilità individuali. Questo evento avrebbe portato nella nostra città oltre 4.000 partecipanti da tutta Italia, tra atleti, tecnici e dirigenti accompagnatori, impegnati in 21 discipline differenti. Continuo ad essere convinto che lo sport sarà uno dei fattori di rinascita dopo questo orribile momento».

 

Questionario e social

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