Domenica 19 aprile 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
19 aprile 2020

L'Unione Sarda



 

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 aprile 2020 / PRIMA PAGINA
CARPINELLI
Il rettore dell’Università di Sassari interviene sul clima difficile per la sanità
“Noi in prima linea. C’è chi parla per suoi interessi”  
a pagina 8

PRIMO PIANO - Pagina 8
Intervista. Il rettore Massimo Carpinelli parla delle nomine all’Aou e della corsa per la guida dell’ateneo

«UNIVERSITÀ IN PRIMA LINEA CON MEDICI E SPECIALIZZANDI»
Questa crisi ha dimostrato che la sanità non deve essere solo soggetta a tagli. È una risorsa strategica

Da una parte la ricerca e l'attività nelle cliniche con i malati di coronavirus, dall'altra l'anno accademico da salvaguardare. Davanti le elezioni per il nuovo rettore, in una data ancora «indefinita». Nell'Università di Sassari si vivono giorni intensi. La Regione ha indicato le sue strutture ospedaliere (le Cliniche in viale San Pietro) e i suoi laboratori (Microbiologia) come i riferimenti per l'emergenza Covid per il nord Sardegna. Per il rettore Massimo Carpinelli ci sono stati problemi, ma si sono anche raggiunti risultati importanti. «Con i medici e gli specializzandi l'Università è stata in prima linea. L'Azienda ospedaliero universitaria è la più grande della Sardegna, e questo crea diverse difficoltà, ancora di più in un'emergenza come questa. Quando parlo di Aou, parlo di universitari e ospedalieri. Sono stato il primo fautore di questa integrazione perché ritengo ci siano competenze importantissime da entrambe le parti».

Per questo si è arrabbiato con la Regione quando hanno nominato il direttore Giovanni Maria Soro senza consultarvi?

«In quella occasione penso di aver detto la mia in modo franco. Credo che all'Università sia stata sottratta la responsabilità che deve prendersi nel nominare una figura così importante e mi sono permesso di farlo notare in modo riservato. Detto questo, per senso di responsabilità, sto lavorando e lavorerò con le istituzioni per l'emergenza».

Però cinque direttori di Dipartimento hanno giudicato il suo intervento inopportuno e non condiviso.

«Bisognerebbe chiedere a loro che cosa intendevano. Peraltro, mi risulta che sono prese di posizione personali perché non ho notizia di Consigli di Dipartimento che abbiano sostenuto questa loro ipotesi. Rispetto le opinioni di tutti, ma che cosa volessero fare lo sanno loro».

La Sanità sarda non si è fatta trovare pronta per questa emergenza. Voi ne fate parte.

«Questa crisi ha dimostrato che la Sanità non deve essere solo soggetta a tagli. È una risorsa strategica, dove per chi non ha subito tagli le problematiche sono state minori. E non parlo solo di Sanità di eccellenza come può essere un'azienda come la nostra. Ma parlo di territorio, di piccoli ospedali che sono necessari».

A Sassari doveva nascerne uno nuovo?

«Personalmente l'ho appreso dai giornali. Si parlava almeno di potenziare il nostro ospedale e quindi di poter investire in una struttura molto più grande, ma non so se siano fatti passi avanti».

La stessa risposta, o quasi, data dal sindaco Campus. Come sono i rapporti tra voi? L'Ateneo gli ha anche “prestato” due assessori.

«L'Università chiede, come ogni cittadino, di avere un'amministrazione efficiente. Detto questo, i rapporti sono ottimi a livello istituzionale, al di là della stima personale che ho di lui. Ma quando mi confronto con il sindaco lo faccio da rettore. Certo, uno dei temi che in questa città tutti hanno trascurato è quello della residenzialità studentesca».

Lei è alla scadenza di mandato, dovrebbe fissare la data delle elezioni, ma non lo ha ancora fatto.

«Dal punto di vista formale un Dpcm sospende le procedure elettorali di tutte le cariche in ambito universitario fino alla fine dell'emergenza Covid. Comunque la legge Gelmini prevede che il mandato del rettore decada dopo sei anni, quindi il primo novembre non sarò più a capo dell'Ateneo. Se ci fosse stata la possibilità avrei valutato una seconda mia candidatura, come era un tempo. Sei anni non sono sufficienti».

Come dovrà essere il suo successore?

«Io non avrò ruolo in questa elezione. Quello che posso dire con chiarezza è che ci vogliono figure di alta qualità. Bisogna avere credibilità scientifica, di qualunque settore si tratti, e, mi lasci dire, anche etica. Bisogna confrontarsi a livello internazionale in un regime di sostanziale concorrenza tra Atenei. Le dico una cosa: più che la data, sarà importante che prima delle elezioni si svolga un confronto aperto e completo tra tutti i candidati. Me lo hanno chiesto già diversi».

Cosa ha caratterizzato il suo mandato?

«Prima di tutto l'aver perseguito la qualità a tutti i livelli. Fornire il meglio agli studenti, attraverso la meritocrazia. Non è stato facile, ma le ricordo che i concorsi a Sassari sono gli unici in Italia che avvengono senza membro interno e con la commissione interamente sorteggiata. Poi, i servizi agli studenti. Abbiamo fatto tanto. E lo ha dimostrato anche il fatto che, scattata l'emergenza Covid, in un giorno abbiamo attivato la didattica on line. E non parlo di semplici lezioni sul web, ma di interattività. E per ultimo l'internazionalizzazione, nella ricerca e nella didattica».

Franco Ferrandu






 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 aprile 2020 / PRIMO PIANO Pagina 4

L’emergenza. Mascherine e saluti senza contatto fisico: ecco il nuovo galateo per la Fase 2

«IMPARIAMO A CONVIVERE COL VIRUS»
La docente di Igiene: la distanza è la regola d’oro, così si andrà anche in spiaggia

Sofia Cosentino: “I capisaldi restano sempre: distanza di almeno un metro, evitare strette di mano e abbracci, lavaggio frequente delle mani, indossare la mascherina quando si esce pensandola come una forma di rispetto verso gli altri, dato che serve per proteggere il prossimo da una nostra eventuale positività”

Quello che ci aspetta è una convivenza col virus. Non sarà facile, ma è la condizione per tornare pian piano a una relativa normalità dopo la clausura in casa e il forzato letargo delle imprese. L'avvio della cosiddetta Fase 2, avvisano gli scienziati, potrà avvenire quando il trend dei contagi, dei ricoveri e dei morti comincerà stabilmente a calare, ma intanto l'ultimo decreto del governo ha alleggerito la stretta, quantomeno sull'apertura di alcune attività come librerie e cartolerie. Disposizioni disattese da alcune Regioni, tra queste la Sardegna. «Non ci sono ancora le condizioni per allentare le misure», ha spiegato il presidente Christian Solinas puntualizzando che «l'andamento dei contagi non è ancora né costante né certo». Sicché resta la stretta. Almeno, per quanto riguarda le attività citate, fino al 26 aprile. Poi si vedrà.

L'immunità naturale

«Il punto è che è determinante capire quanto è immunizzata la popolazione - dice Sofia Cosentino, docente di Igiene dell'Università di Cagliari - e non potremo saperlo finchè non facciamo dei test per valutare la presenza degli anticorpi». Questo, avvisa, nella programmazione della Fase 2 «è una delle cose più importanti da sapere perché più la popolazione è immunizzata più resistenza trova il virus quanto tenta di attecchire. Al momento, non essendoci il vaccino possiamo contare solo sull'immunizzazione naturale: insomma, gli anticorpi sono presenti non solo in chi si è ammalato ed è guarito, ma anche in chi magari è stato contagiato senza sapere di esserlo perché non ha avuto sintomi oppure li ha scambiati per quelli di un raffreddore. Vero è che, comunque, di questa immunità non conosciamo l'efficacia né la durata».

Galateo dei luoghi chiusi

In ogni caso, «bisogna ricominciare con gradualità: non si può pensare che dopo due mesi chiusi in casa ci sarà il pieno via libera. Si ricomincerà a uscire nel rispetto delle regole per vedere come evolve la situazione». Dovremo, appunto, abituarci a convivere col virus. Ma quali sono le regole di igiene e di comportamento che ciascuno di noi dovrà oramai considerare il galateo della nostra nuova quotidianità? «I capisaldi restano sempre: distanza di almeno un metro, evitare strette di mano e abbracci, lavaggio frequente delle mani, indossare la mascherina quando si esce pensandola come una forma di rispetto verso gli altri, dato che serve per proteggere il prossimo da una nostra eventuale positività». Precauzioni fondamentali, «soprattutto nei luoghi chiusi». Uffici, negozi, studi professionali che osserveranno le norme sul contingentamento degli ingressi, ma ciascuno deve essere responsabile per sé.

Le regole nei luoghi aperti

E all'aperto? «Gli assembramenti andranno sempre evitati». Nell'ottica di una civile convivenza col virus, sarà igienicamente possibile anche stare in spiaggia? E' vero che gli stabilimenti balneari si stanno organizzando coi pannelli divisori di plexiglas, ma qui il punto è sempre il nostro galateo. «E' chiaro che per un po' possiamo dimenticarci le spiagge affollate. All'aperto il virus ha più difficoltà a diffondersi, ma sarà fondamentale mantenere la distanza. Bisogna pensare che queste droplets, le goccioline di saliva veicolo del virus, non viaggiano tanto perché sono molto pesanti. Però se io sono in uno spazio aperto, senza nessuno vicino, non solo le goccioline non arrivano ad alcuno, ma si possono più facilmente essiccare».

La sabbia sempre dorata

Un fattore che può contribuire al ritorno a una relativa normalità è la possibile stagionalità del virus. «E' un'incognita. Non sappiamo se, come altri virus respiratori, anche Sars Cov2 tende a scomparire con l'avvicinarsi della bella stagione. E' azzardato dirlo, si rischia di dare false speranze non supportate per ora da dati scientifici». In ogni caso, tornando alla spiaggia, il virus può resistere sulla sabbia? «Lo vedo molto improbabile. Tutti gli esperimenti fatti riguardo la resistenza del virus sulle superfici e che hanno visto una sopravvivenza di 4, 24, fino a 72 ore, sono stati eseguiti in ambienti chiusi e condizioni controllate, ad esempio una temperatura di circa 21, 23 gradi. In ogni caso, va detto che resistenza del virus non vuol dire che sia capace di trasmettere la malattia perché serve anche la carica infettante. L'ambiente esterno è un'altra cosa: c'è l'effetto del sole, della ventilazione, dell'essicamento. Quindi vedo molto improbabile che il virus possa sopravvivere anche nella sabbia ma, certamente, bisognerà mantenere le distanze».

Anziani e bambini

Bambini e anziani, dice la professoressa, «sono, secondo me, il problema che rimane sul tavolo: i primi perché saranno difficili da regimentare e gli anziani, soprattutto quelli con certe patologie, perché vanno tutelati più di tutti». Per loro la Fase 2 è più lontana? «Non dico questo, anche perché non è salutare stare sempre chiusi in casa e non si può certo trascinare per molto tempo questa situazione: si rischiano conseguenze che possono essere più gravi di ciò che si vuole prevenire». E dunque? «Riguardo gli anziani bisogna trovare un modo per farli uscire in sicurezza limitando i contatti. Quanto ai bambini, li immagino al parco, i genitori dovranno essere severissimi guardiani per far rispettare distanze e regole».

Piera Serusi







3 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 aprile 2020 / CAGLIARI - Pagina 24

Quelli che ci provano. Nicolò Pecco, 25 anni, lavora al San Raffaele di Milano nel settore dell’oncologia
Tra ingegneria e biomedicina: un futuro nella ricerca

Maria Francesca Chiappe

«Volavo basso». Dice proprio così: aveva la media del sei e quella bastava, studiava lo stretto necessario e poi chissà. Non aveva idea di cosa fare dopo il Pacinotti. Finché, finita la Maturità scientifica, qualcuno gli ha parlato dell'ingegneria biomedica. Si è informato, ha visto che il settore offriva molteplici possibilità di ingresso nel mondo del lavoro e si è deciso. Ha fatto i test: buona la terza, le prime due da dimenticare. Però. Da quel momento ha cambiato passo.

Nicolò Pecco, 25 anni, un cognome originario di Como come il padre, venditore di auto sposato a una commerciante, una sorellina con 10 anni di meno, è un ricercatore dell'ospedale San Raffaele di Milano. «Il campo è vastissimo: in generale l'ingegnere biomedico si occupa di trovare soluzioni innovative ai problemi della Medicina». Per esempio? «Metodi diagnostici e strumentistica. Ora si lavora alle mascherine e alla curva dei contagi del coronavirus». Si spazia insomma dalla bioinformatica alla bioingegneria alla stastica: quando si dice multidisciplinarietà. «Mi sono specializzato in neuroradiologia dove la ricerca si concentra sui tumori cerebrali». Ha un ufficio in ospedale e lavora al computer, senza camice. «Studio le immagini del cervello e le eleaboro per tirare fuori dati come il volume di un tumore». Competenza simile a quella del medico. «Si lavora insieme, con punti di vista diversi ma entrambi indispensabili».

L'impegno

I primi tre anni di università li ha fatti a Cagliari. «In Sardegna non esiste però la possibilità di fare la specialistica in ingegneria biomedica quindi per continuare sono dovuto andare fuori». Le opzioni erano due politecnici del nord Italia: Milano e Torino. «Ho scelto il Piemonte perché costa meno della Lombardia».

Dopo la laurea triennale è andato in Polonia con l'Erasmus, finita la tesi è partito per un tirocinio in Olanda. Non c'era grande scelta, i posti erano quelli. «Ho studiato e sostenuto gli esami in inglese. Non lo parlavo. A scuola ero scarso in tutto, quindi anche nelle lingue straniere, ma sul posto mi sono applicato». Ride e si intuisce che deve averlo fatto con un certo impegno. «Se non hai motivazioni non impari nulla. L'inglese era una necessità, altrimenti stai da solo».

Il contratto

Ha recuperato in fretta. Ed è arrivato il momento della tesi: ha consultato il sito del San Raffaele di Milano e si è imbattuto in una materia, l'oncologia, che ha richiamato la sua attenzione. Ha fatto tutto da solo, senza l'aiuto di nessuno: «Ho scritto una mail, mi hanno convocato per un colloquio, sono andato e mi hanno preso per un tirocinio». Gli davano uno stipendio, intanto studiava per la laurea. «Mi mantenevo da solo, ero finalmente indipendente, non serviva più l'aiuto dei miei genitori, fino ad allora avevo avuto qualche borsa di studio ma poca roba». Concluso il tirocinio e conseguita la laurea magistrale è rimasto a Milano. «Mi hanno proposto di continuare al San Raffaele». Con un lavoro a tempo determinato. «Nel settore della ricerca il contratto è per forza legato al progetto».

Il trauma

In questa fase è concentrato sull'oncologia ma in un futuro neanche tanto lontano potrà spaziare in altri settori. Molti. «Nell'ospedale dove lavoro gli ingegneri biomedici sono pochi». Nei giorni dell'emergenza coronavirus non era a Milano: «Per questioni burocatiche fino ai primi di marzo ho lavorato nel mio ufficio, risolte quelle ho cominciato con lo smart working. Devo dirlo: per chi come me sta tutto il giorno al computer lavorare da casa non è male». Non era dunque lì quando è scoppiato il caos di cui si discute ancora. «Non ho vissuto in prima persona quello che stava accadendo nel capoluogo lombardo». Da remoto la percezione qual è? «Vedo che la situazione sta andando a migliorare, un mese fa è stato traumatico». In ospedale l'attività di ricerca ora è ovviamente marginale. «Siamo in pausa, a parte tutto quello che è legato alla pandemia».

La clausura

Da più di un mese è fuori Milano. «Sono a Torino». A casa di un suo amico. «Il 6 marzo ero lì per un fine settimana, è arrivato il decreto Conte e siccome ero già in telelavoro ho pensato di non rientrare». Ma poco o nulla sa di quel che succede oltre le quattro mura domestiche. «Sono chiuso in casa, come tutti. Esco solo per fare la spesa, sempre con guanti e mascherina, faccio la fila al market e torno. Non saprei dire altro perchè non vado da nessuna parte». Come la stragrande maggioranza dei cittadini italiani. Ligio al dovere. E meno male che c'è spazio: due dei quattro inquilini dell'amico di Torino sono tornati nelle loro città. «Vorrei farlo anch'io». Ma dalla Regione Sardegna gli è arrivato un secco no. «Ho fatto la richiesta, mi hanno risposto che la motivazione non è sufficiente».

Il futuro

Non torna a Cagliari da Natale. «Comincio a sentirne la mancanza». Solitamente rientra ogni quattro settimane. «Diciamo che tre mesi resisto, oltre faccio fatica». Il suo futuro però non lo vede nell'Isola. «Mi piacerebbe perché è la mia terra e perché il nostro ambiente a Milano non c'è, penso soprattutto all'aria pulita. Però sulla penisola le opportunità lavorative sono di più e migliori, ci sono molte aziende private e all'inizio di una carriera come la mia conviene qui».

Come dargli torto? In Sardegna non c'è neppure il corso magistrale di Ingegneria biomedica.

(chiappe@unionesarda.it)







4 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 aprile 2020 / AGENDA - Pagina 25

Via Businco. L’appello all’Ersu

Casa dello studente chiusa dal 27 aprile

Gli ospiti della casa dello studente di via Businco devono lasciare la propria abitazione entro il 27 aprile. Lo stabilisce, come denuncia il Fronte della gioventù comunista, un provvedimento dell'Ersu per quella che viene definita una chiusura temporanea della struttura ritenuta necessaria per «ragioni di contenimento della spesa».

Una situazione improvvisa che rischia di creare non pochi problemi agli studenti che rimarranno senza una sistemazione. «È inaccettabile», prosegue il documento di denuncia del Fronte, «che a causa dei massicci tagli all'istruzione a pagare le spese della crisi siano gli studenti delle classi popolari. Molti saranno costretti a fare ritorno nei propri domicili o a essere trasferiti negli altri studentati universitari, mettendo così a rischio la loro salute, dei loro familiari o di altri studenti».

La richiesta a Ersu, Università e Regione è chiara: «Chiediamo che venga ritirato subito questo provvedimento e che vengano garantiti il diritto alla casa dello studente e alla salute per tutti». Il Fronte della gioventù comunista lancia poi un appello agli studenti dell'Ateneo di Cagliari: «L'idea che la salute e la sicurezza di noi studenti possa continuare ad essere barattata non potrà mai passare. Le tasse che paghiamo non sono forse abbastanza?»

Sullo stesso piano anche i Giovani democratici Sardegna: «Gli studenti che hanno deciso di trascorrere queste settimane di isolamento nella casa dello studente saranno costretti a tornare nei propri domicili o, in alternativa, a traslocare nelle altre due case dello studente che rimarranno aperte. Sollecitiamo un'azione del Consiglio regionale e dell'assessore alla Pubblica Istruzione».







5 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 aprile 2020 / SULCIS IGLESIENTE - Pagina 32
Carbonia. Giuliano Vacca, 25enne di Cortoghiana, si è laureato discutendo la tesi online

IL PARTO SECONDO IL BIOINGEGNERE
Inventa un nuovo strumento didattico che consente simulazioni in 3D

In piena emergenza coronavirus, la sua laurea rappresenta una speranza in tutti i sensi: perché è giunta con una tesi discussa online destinata a diventare una pubblicazione scientifica, perché rappresenta un passo fondamentale nello studio degli istanti cruciali della nascita di un bambino. E perché dimostra, sommato ad altri esempi recenti, che tanti giovani di Carbonia ottengono grandi riscontri nel mondo della scienza.

Gli studi universitari

Giuliano Vacca ha 25 anni e vive a Cortoghiana, frazione di quasi 3.000 abitanti. Il coronavirus non ha spezzato né il suo sogno e neppure ha frenato le capacità di questo neo Bioingegnere (Ateneo di Genova dopo il liceo Gramsci-Amaldi a Carbonia): pochi giorni fa ha concluso i suoi studi discutendo da casa con sistema telematico (l'unico possibile ormai in era Covid-19) una tesi per la gioia sia degli studenti che si si stanno formando in ostetricia e ginecologia, che delle future partorienti. «Non nego una certa emozione sia per il risultato raggiunto anche se questo è un periodo cupo per tutti - confessa Giuliano Vacca - sia per le possibili applicazioni, ma tutto ciò lo considero un punto di partenza di cui devo rendere grazie per il sostegno della mia famiglia e ai miei insegnanti, cominciando dai cinque anni al liceo». Con una passione, confessa, «per l'elettromagnetismo e la robotica», il giovane di Cortoghiana è riuscito a creare un prototipo detto Motion Tracking, cioè un vero e proprio simulatore di parto basato sulle proprietà del campo magnetico.

Il progetto

«Ho iniziato - racconta - facendo delle verifiche sul sistema che rileva la discesa del feto nel canale del parto sino a quando non ho elaborato un prototipo con un interfaccia grafico che permette di vedere con la precisione dei millimetri come il nascituro è posizionato, con sensori magnetici e sensori sulla testa del feto riprodotto tridimensionalmente». In questo modo è nato uno strumento didattico che restituisce livelli di apprendimento molto alti grazie a queste simulazioni da cui conseguono livelli di sicurezza - è ciò che più conta - nella vita reale in sala parto quando si profilano decisioni immediate.

La tesi di laurea

Figlio di Oretto Vacca, 61enne operaio alla Portovesme srl, e di Sandra Fenu, secondo di tre fratelli, Giuliano e il suo relatore sono già ai dettagli per l'imminente pubblicazione (forse nel mese di maggio) della tesi su riviste specializzate. Ma per il neo bioingegnere di Carbonia non è una novità: era già stata pubblicata la tesi triennale con analisi del trattamento dei tumori ossei e anche in quel caso aveva ideato un simulatore per capire come attenuare il male lasciando intatti i tessuti sani. E il debole per la robotica si è rivelato anche quando ha creato dispositivi per la riabilitazione del polso.

Andrea Scano

 

 

 

 

 

La Nuova Sardegna




6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 19 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 2

Il fattore che indica la capacità di contagio nell'isola è sceso a 1. Il lavoro di un giovane analista di Tempio
R0, VALORE CHE PUÒ SEGNARE LA FINE DELL'EMERGENZA

di Roberto Petretto
SASSARI Oltre a quello dei contagi, dei morti, delle persone ricoverate in terapia, c'è un altro grafico da tenere d'occhio: quello che descrive l'evoluzione del "fattore" R0 (erre con zero). E in Sardegna quel grafico è incoraggiante. Si tratta del cosiddetto "numero di riproduzione di base": se l'R0 di una malattia infettiva è 2, significa che in media un singolo malato infetterà due persone. Quanto maggiore è il valore di R0, tanto più elevato è il rischio di diffusione dell'epidemia. Quando questo valore scende sotto 1, l'epidemia può essere contenuta. La Germania, che in queste ore sta riaprendo, ha raggiunto un livello di 0,7. In Sardegna siamo arrivati a 1 secondo un'analisi effettuata da un 25enne di Tempio e un 26enne di San Martino in Pensilis. Luigi Giuseppe Atzeni, data analyst presso Boraso, e Vincenzo Nardelli, dottorando in Statistica all'università di Milano Bicocca, entrambi laureati in Data analytics alla Cattolica di Milano, sono partiti dai dati pubblicati dalla Protezione civile creando un "pannello di controllo" per il monitoraggio dell'epidemia. «Nel giro di pochissimi giorni - spiega Luigi Giuseppe Atzeni - il gruppo si è allargato a figure professionali come professori ordinari e ricercatori di statistica, ricercatori astrofisici, e, grazie a Tombolini & Associati, ricercatori di economia, filosofi e medici. Siamo così riusciti a dare vita a #covstat, che ha come obiettivo elaborare stime attendibili sull'evoluzione del #Covid19, sulla base di dati verificati e di metodologie scientifiche accessibili e verificabili».
Attraverso il sito web CoVstat.it si può accedere quotidianamente a analisi trattate con un linguaggio facilmente comprensibile da tutti. «R0, numero di riproduzione di base, è forse l'indicatore più importante per monitorare l'evoluzione dell'epidemia - spiega il giovane analista -. Indica il numero medio di infezioni prodotte da ciascun individuo infetto. Se l'R0 di una malattia è circa 2, significa che in media un singolo malato infetterà due persone».
Quali fattori fanno scendere il valore del R0? «Sono principalmente tre: minore probabilità di trasmissione, minore durata dell'infettività, minore numero di contatti. I primi due sono possibili solo attraverso l'utilizzo di un vaccino, non disponibile nel breve periodo. Il terzo fattore è l'unico sul quale il governo ha puntato e sul ogni cittadino può agire direttamente rispettando pedissequamente le direttive di distanziamento sociale».
Dall'analisi dei dati emerge un andamento positivo, sia su scala nazionale, ma soprattutto in Sardegna: «La notizia positiva - spiega ancora Atzeni - è che siamo passati da un valore vicino a 4 ad un valore odierno pari a 1. Ciò è stato possibile solo attraverso il rispetto delle misure di contenimento; in caso contrario avremmo avuto una crescita esponenziale dei contagi, con gran parte dell'isola infettata in pochissimo tempo». Su scala nazionale il valore del R0 è di 1,09. «Non è il momento di abbassare la guardia - ammonisce Atzeni -, dobbiamo fare in modo che l'R0 scenda sotto l'1, indicando il superamento del picco o plateau regionale. Per questo è necessario rispettare le restrizioni, come fatto fino ad ora».In Sardegna rimane però l'incognita di un dato condizionato dal numero di tamponi ancora basso: «Le politiche attuate dalle varie regioni riguardo alla somministrazione dei tamponi hanno sicuramente inciso su vari modelli di previsione. Il problema degli asintomatici è ancora un argomento sul quale molti virologi ed epidemiologi stanno cercando di fare chiarezza».

Questionario e social

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