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DaD alle scuole superiori, una fotografia con luci e ombre

Resi noti i risultati della ricerca realizzata dalla Fondazione Agnelli in collaborazione con il Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell'Università di Cagliari e con il CRENoS. La pandemia non ha indotto alcun significativo cambiamento di metodo, Adriana Di Liberto (CRENoS - UniCa): "La formazione dei docenti è stata svolta soprattutto per migliorare le competenze nell’uso delle piattaforme informatiche, molto meno per sviluppare competenze relative alle metodologie didattiche. Si rischia di aumentare le già troppo ampie disuguaglianze educative del nostro Paese". TUTTI I DATI. RASSEGNA STAMPA con il SERVIZIO DEL TGR RAI SARDEGNA
10 luglio 2021
La Didattica a Distanza in una foto-simbolo realizzata da Beatrice Perri, studentessa di Scienze della produzione multimediale

La sinergia del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali diretto da Rinaldo Brau, il CRENoS diretto da Anna Maria Pinna e la Fondazione Agnelli ha prodotto un'analisi molto accurata della situazione delle scuole superiori italiane in pandemia

Sergio Nuvoli

Cagliari, 10 luglio 2021 - «Dopo il lungo lockdown della primavera 2020, ancora per tutto l’anno scolastico 2020-21 la Didattica a distanza è stata la principale risposta del sistema educativo italiano ai problemi creati dall’evoluzione della pandemia e dalle misure di sicurezza sanitaria, in particolare, per la scuola secondaria di II grado. In attesa di sapere se e quanto gli apprendimenti ne abbiano sofferto, la ricerca che presentiamo oggi ci dice, fra le tante informazioni, che nella pratica quotidiana della Didattica a Distanza non c’è stato alcun significativo cambiamento metodologico e organizzativo rispetto a prima della pandemia. Quasi tutte le scuole superiori italiane hanno riproposto online e in sincrono la tradizionale didattica basata su lezione frontale, compiti a casa e verifiche, senza un ripensamento dei tempi, delle attività e degli strumenti, che tenesse conto della differenza di fare scuola in classe o a distanza. E senza un vero sforzo di sperimentare strategie per valorizzare di più autonomia e protagonismo dei ragazzi. Ciò forse può in parte spiegare perché gli studenti rivelino la loro fatica a seguire le lezioni in DaD, a tenere alte motivazione e attenzione, a interagire positivamente con professori e compagni, difficoltà tipiche dell’apprendimento da remoto».

Così Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, ha fornito una prima sintesi dei risultati della ricerca La DaD nell’anno scolastico 2020-21: una fotografia. Il punto di vista di studenti, docenti e dirigenti, realizzata insieme al Centro Studi Crenos e al Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Cagliari e resa pubblica oggi. La rilevazione ha riguardato un campione rappresentativo di 123 scuole secondarie di II grado, statali e paritarie, in tutta Italia. In ogni istituto sono stati proposti questionari a studenti (del III e V anno), docenti e dirigenti scolastici, raccogliendo complessivamente le risposte di 105 dirigenti scolastici, 3.905 docenti, 11.154 studenti.

Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli
Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli
Guarda il servizio di Rossella Romano andato in onda nell'edizione delle 14 del 12 luglio 2021 del TGR RAI Sardegna condotto in studio da Elisabetta Atzeni

Adriana Di Liberto: "La formazione è stata effettuata perlopiù con risorse interne, con il probabile risultato che si sia operato in modo più efficace laddove le condizioni di partenza erano già migliori che altrove"

Degna di nota è anche la dissonanza fra docenti e dirigenti scolastici a proposito delle competenze in possesso dei primi per svolgere le attività di didattica a distanza. Mentre l’85% dei docenti dichiara di avere competenze più che sufficienti o del tutto adeguate per le esigenze didattiche richieste dalla DaD, i dirigenti scolastici sembrano porre l’accento assai più sui bisogni formativi dei propri professori ancora da colmare.

«Da questo punto di vista – sottolinea Adriana Di Liberto (ricercatrice Crenos, docente ordinario di Politica economica all'Università di Cagliari) - l'indagine rivela che la formazione dei docenti è stata svolta soprattutto per migliorare le competenze nell’uso delle piattaforme informatiche, ma molto meno per sviluppare competenze relative alle metodologie didattiche e di valutazione specifiche per un contesto DaD. Inoltre, la formazione è stata effettuata perlopiù con risorse interne, con il probabile risultato che si sia operato in modo più efficace laddove le condizioni di partenza erano già migliori che altrove. Vi è quindi il rischio che anche il modo in cui è stata impostata e gestita l’organizzazione della DaD nelle scuole superiori Italiane possa influire negativamente sulle già troppo ampie disuguaglianze educative del nostro Paese».

Il 91% degli studenti dichiara di avere trascorso tra le 5 e le 6 ore al giorno collegato in video per attività in sincrono, dato confermato da un’analoga percentuale di dirigenti scolastici, secondo i quali il monte ore non è cambiato o ha visto eventualmente una riduzione proporzionale in tutte le materie. Secondo i DS, solo l’8% delle scuole ha operato una ristrutturazione significativa del quadro orario, con maggiore spazio alle materie fondamentali o caratterizzanti dell’indirizzo.

Adriana Di Liberto, ricercatrice CRENoS e docente di Politica economica al Dipartimento di Scienze economiche e aziendali
Adriana Di Liberto, ricercatrice CRENoS e docente di Politica economica al Dipartimento di Scienze economiche e aziendali

Se 1 studente su 4 ha trovato più agevole interagire con i docenti in DaD che in presenza, il resto degli studenti ritiene che comunicazioni e interazioni siano peggiorate. La maggior parte degli studenti denuncia un maggiore senso di affaticamento

Se il quadro orario non è cambiato, lo stesso può dirsi per l’impianto didattico tradizionale, che è stato riproposto in DaD. Per 9 studenti su 10, lezioni in video, verifiche e compiti a casa sono state le uniche attività proposte da tutti i docenti, senza particolare differenza tra le materie. Solo in 1 caso su 3 sono state proposte anche attività di ricerca che gli studenti potevano svolgere in autonomia e/o in gruppo, mentre in meno di 1 caso su 5 sono state sperimentate le più innovative piattaforme digitali che propongono giochi didattici, app ed esercizi interattivi per personalizzare i percorsi di apprendimento.

Docenti e DS confermano l’assoluta prevalenza della video-lezione e il generale quadro di scarsa innovazione didattica. Anche quando la DaD non era proponibile come alternativa a specifiche attività didattiche, come nel caso dei laboratori tecnico-pratici per i quali le indicazioni ministeriali consentivano l’offerta in presenza, più di 2 docenti su 3 si sono astenuti dal proporla, non per timore dell’opposizione di studenti e genitori, ma per una propria valutazione di opportunità dato il rischio pandemico.

Non stupisce perciò che anche le relazioni con docenti e compagni in DaD non sempre siano state facili, mentre la fatica di seguire le lezioni si faceva sentire. Se 1 studente su 4 ha trovato più agevole interagire con i docenti in DaD che in presenza, il resto degli studenti ritiene che comunicazioni e interazioni siano peggiorate. La maggior parte degli studenti denuncia un maggiore senso di affaticamento (65%) dopo una giornata di scuola in DaD e una maggiore difficoltà a mantenere l'attenzione (73%).  Anche in questo caso, i docenti confermano le opinioni degli studenti, affermando che la DaD ha causato peggioramenti in molte dimensioni rilevanti della relazione didattica: a soffrirne di più sono state attenzione, motivazione e coinvolgimento degli studenti. Gli studenti dichiarano di avere affrontato verifiche e interrogazioni in DaD con minore ansia rispetto a quelle in presenza e con un rendimento migliore, ma ciò forse dipende anche dal fatto che in DaD farsi suggerire o copiare è relativamente più facile, come riporta il 70% di loro.

Sembra, dunque, che siano gli stessi studenti a pensare che la DaD abbia penalizzato in particolare chi tra loro aveva già fragilità dal punto di vista scolastico

Ma una cosa sono i voti, altra gli apprendimenti. E la ricerca lo conferma con un dato che deve fare riflettere, soprattutto nella prospettiva di ciò che la scuola italiana dovrà impegnarsi a fare per recuperare quanto gli studenti hanno perduto in questi due anni. Se da un lato, infatti, 2 studenti su 3 affermano che i loro voti non sono cambiati rispetto a quelli che avrebbero ricevuto in presenza, dall’altro, alla domanda se in DaD hanno imparato di più o di meno, solo il 57% in media risponde di avere imparato all'incirca quanto avrebbe fatto a scuola. Questa percentuale cala ancora di più (46%) per gli studenti che non hanno grande fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità di apprendimento (bassa percezione di autoefficacia). Sembra, dunque, che siano gli stessi studenti a pensare che la DaD abbia penalizzato in particolare chi tra loro aveva già fragilità dal punto di vista scolastico.

Sull’aumento della dispersione scolastica come possibile effetto di medio-lungo periodo della DaD, docenti e DS convergono nel valutarne diversamente il rischio per la propria scuola o per il sistema scolastico nel suo complesso. Infatti, la previsione che l’abbandono cresca nella propria scuola è presente in meno di un terzo delle risposte, mentre la percentuale cresce moltissimo (52% per i docenti, addirittura 68% per i DS) quando riguarda il sistema scolastico italiano. Solo nel caso degli istituti professionali, si pensa che il rischio di abbandono scolastico nella propria scuola sia simile a quanto potrebbe avvenire nel resto del Paese.

Didattica a distanza, un'immagine simbolo
Didattica a distanza, un'immagine simbolo

RASSEGNA STAMPA

LA NUOVA SARDEGNA del 12 luglio 2021

Sardegna - pagina 16

I punti deboli delle lezioni online in uno studio di Fondazione Agnelli, Crenos e università di Cagliari

Il mondo scolastico boccia la Dad
 

di Salvatore Santoni. SASSARI. La pandemia non ha comportato alcun significativo cambiamento di metodo e organizzazione. E la didattica a distanza è stata soltanto una brutta copia delle lezioni in classe. Con la differenza che gli studenti hanno fanno fatica a interagire in remoto con docenti e compagni.È questa la fotografia poco incoraggiante scattata dalla Fondazione Agnelli, insieme all'università di Cagliari e al Crenos, in un recente report sull'anno scolastico appena concluso. Una prima sintesi dei risultati della ricerca è stata fornita da Andrea Gavosto, il direttore della fondazione: «Quasi tutte le scuole superiori italiane - spiega - hanno riproposto online e in sincrono la tradizionale didattica basata su lezione frontale, compiti a casa e verifiche, senza un ripensamento dei tempi, delle attività e degli strumenti, che tenesse conto della differenza di fare scuola in classe o a distanza. E senza un vero sforzo di sperimentare strategie per valorizzare di più autonomia e protagonismo dei ragazzi». La ricerca ha messo insieme il punto di vista di studenti, docenti e dirigenti, ed è stata realizzata insieme al centro studi Crenos e al dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell'ateneo cagliaritano. La rilevazione ha riguardato un campione rappresentativo di 123 scuole secondarie di secondo grado, statali e paritarie, in tutta Italia. In ogni istituto sono stati proposti questionari a studenti (del terzo e quinto anno), docenti e dirigenti scolastici, raccogliendo complessivamente le risposte di 105 dirigenti scolastici, 3.905 docenti, 11.154 studenti.Degna di nota è la dissonanza fra docenti e dirigenti scolastici a proposito delle competenze in possesso dei primi per svolgere le attività di didattica a distanza. «L'indagine rivela che - sottolinea Adriana Di Liberto, ricercatrice Crenos e docente all'università di Cagliari - la formazione dei docenti è stata svolta soprattutto per migliorare le competenze nell'uso delle piattaforme informatiche, ma molto meno per sviluppare competenze relative alle metodologie didattiche e di valutazione specifiche per un contesto Dad».Il 91% degli studenti dichiara di avere trascorso tra le 5 e le 6 ore al giorno collegato in video per attività in sincrono, dato confermato da un'analoga percentuale di dirigenti scolastici, secondo i quali il monte ore non è cambiato o ha visto eventualmente una riduzione proporzionale in tutte le materie.Se il quadro orario non è cambiato, lo stesso può dirsi per l'impianto didattico tradizionale, che è stato riproposto in Dad. Per 9 studenti su 10, lezioni in video, verifiche e compiti a casa sono state le uniche attività proposte da tutti i docenti, senza particolare differenza tra le materie. Se 1 studente su 4 ha trovato più agevole interagire con i docenti in Dad che in presenza, il resto degli studenti ritiene che comunicazioni e interazioni siano peggiorate. La maggior parte degli studenti denuncia un maggiore senso di affaticamento (65%) dopo una giornata di scuola in Dad e una maggiore difficoltà a mantenere l'attenzione (73%). Anche in questo caso, i docenti confermano le opinioni degli studenti.

L'articolo su La Nuova Sardegna del 12 luglio 2021 a pagina 16
L'articolo su La Nuova Sardegna del 12 luglio 2021 a pagina 16

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