Il team di ricerca che coinvolge più enti ha scattato un’istantanea delle prime varianti virali presenti nel centro Sardegna durante le fasi iniziali della prima ondata del 2020
Sergio Nuvoli
Cagliari, 17 febbraio 2021 - Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Microbiology, nato dalla collaborazione tra l’Università di Cagliari e il Laboratorio Covid dell'Ospedale San Francesco di Nuoro, condotto principalmente da Giovanna Piras (dirigente biologo dell’Ospedale San Francesco a Nuoro) e Nicole Grandi (ricercatrice al Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente nell’ateneo cagliaritano) e coordinato da Enzo Tramontano (docente di microbiologia e virologia all’Università di Cagliari), scatta un’istantanea delle prime varianti virali presenti nel centro Sardegna durante le fasi iniziali della prima ondata del 2020. “Monitorare l’emergere ed il diffondersi delle varianti genetiche di SARS-CoV-2 – spiega Tramontano - è essenziale per conoscere come il virus si evolve, anche rispetto alle misure vaccinali in atto”.
In particolare, emerge come la variante D164G della proteina spike, che ha una aumentata infettività ed è poi diventata dominante in Italia e nel mondo, fosse circolante nel territorio insulare fin dalle prime settimane della pandemia
Nonostante l’isolamento geografico e il tempestivo blocco degli spostamenti, la ricerca evidenzia una significativa diversità genomica, inaspettata in base al basso numero di casi inizialmente presenti in Sardegna. In particolare, emerge come la variante D164G della proteina spike, che ha una aumentata infettività ed è poi diventata dominante in Italia e nel mondo, fosse circolante nel territorio insulare fin dalle prime settimane della pandemia. Una situazione analoga è riportata per la variante P4715L del gene della polimerasi, che sembra aumentare il tasso di mutazione virale ed essere responsabile di mancato riconoscimento da parte degli anticorpi. Degne di nota anche una serie di mutazioni inedite, non presenti negli isolati virali italiani noti e scarsamente riportate anche a livello globale, delle quali si sta valutando l’impatto.
Lo studio proseguirà nel più ampio progetto collaborativo di ricerca, supportato da Sardegna Ricerche, che vede coinvolti anche l’Università di Sassari, una seconda unità dell’Università di Cagliari ed il CRS4
Nel complesso, la diversità genomica evidenziata dallo studio indica che in Sardegna all’inizio del 2020 non si è avuto un solo “paziente zero”, ma una serie di “pazienti zero”, che in numerosi casi hanno “importato” il virus nell’Isola a seguito di rientri dal Nord Italia o da altre aree Europee. In particolare, lo studio certifica come nelle primissime fasi della epidemia, diversi “pazienti zero” abbiano contratto l’infezione partecipando a convegni, come peraltro osservato anche negli Stati Uniti. In Sardegna, tuttavia, tali convegni hanno coinvolto personale sanitario, favorendo così la diffusione dell’epidemia negli ospedali dell’Isola.
Lo studio proseguirà nel più ampio progetto collaborativo di ricerca, supportato da Sardegna Ricerche, che vede coinvolti anche l’Università di Sassari, una seconda unità dell’Università di Cagliari ed il CRS4, e che mira ad un costante monitoraggio delle varianti di SARS-CoV-2 circolanti in Sardegna.
RASSEGNA STAMPA
ANSA del 17 febbraio 2021
Covid: studio, in Sardegna varianti e diversi pazienti zero
Ricerca Università di Cagliari e ospedale San Francesco di Nuoro
17 Febbraio , 12:28
(ANSA) - CAGLIARI, 17 FEB - All'inizio del 2020 in Sardegna non si è avuto un solo "paziente zero", ma una serie di "pazienti zero". Che, in molti casi, hanno "importato" il virus nell'isola appena rientrati dal Nord Italia o dal resto dell'Europa. In particolare, nelle primissime fasi della epidemia, diversi "pazienti zero" hanno contratto l'infezione partecipando a convegni, come peraltro osservato anche negli Stati Uniti. In Sardegna questi convegni hanno coinvolto personale sanitario, favorendo così la diffusione dell'epidemia negli ospedali. È uno dei punti chiave dello studio pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Microbiology, nato dalla collaborazione tra l'Università di Cagliari e il Laboratorio Covid dell'Ospedale San Francesco di Nuoro, condotto principalmente da Giovanna Piras (dirigente biologo dell'Ospedale San Francesco a Nuoro) e Nicole Grandi (ricercatrice al Dipartimento di Scienze della Vita e dell'ambiente dell'ateneo cagliaritano) e coordinato da Enzo Tramontano (docente di microbiologia e virologia all'Università di Cagliari). "Monitorare l'emergere ed il diffondersi delle varianti genetiche di SARS-CoV-2 - spiega Tramontano - è essenziale per conoscere come il virus si evolve, anche rispetto alle misure vaccinali in atto". Lo studio proseguirà nel più ampio progetto di ricerca, supportato da Sardegna Ricerche, che vede coinvolti anche l'Università di Sassari, una seconda unità dell'Università di Cagliari ed il CRS4, e che mira ad un costante monitoraggio delle varianti di SARS-CoV-2 circolanti in Sardegna. Nonostante l'isolamento geografico e il tempestivo blocco degli spostamenti, la ricerca evidenzia una significativa diversità genomica, inaspettata in base al basso numero di casi inizialmente presenti in Sardegna. In particolare, emerge come la variante D164G della proteina spike, che ha una aumentata infettività ed è poi diventata dominante in Italia e nel mondo, fosse circolante nel territorio insulare fin dalle prime settimane della pandemia. Una situazione analoga è riportata per la variante P4715L del gene della polimerasi, che sembra aumentare il tasso di mutazione virale ed essere responsabile di mancato riconoscimento da parte degli anticorpi. Degne di nota anche una serie di mutazioni inedite, non presenti negli isolati virali italiani noti e scarsamente riportate anche a livello globale, delle quali si sta valutando l'impatto. (ANSA).
L'UNIONE SARDA del 17 febbraio 2021
Primo piano - pagina 3
Lo studio dell'Ateneo di Cagliari con Nuoro
«Virus, nell'Isola 14 mutazioni»
Non c'è stato solo un paziente zero in Sardegna, ma ben più d'uno. Tutte persone che un anno fa, nelle fasi iniziali della pandemia, hanno importato nell'Isola il virus Sars Cov-2 circolato poi con una sorprendente diversità del genoma, cioè in versioni diverse, tra varianti e mutazioni i cui effetti sono ancora allo studio. E adesso che in Italia e in tutto il Vecchio Continente è scattato l'allarme per la variante inglese, occorre prendere lezioni dalla Storia: quel che è accaduto all'esordio della prima ondata nell'Isola ci spiega bene come si comporta il minuscolo essere che ci ha sconvolto l'esistenza.
Il caso Sardegna
Tutto scritto nello studio pubblicato sulla rivista scientifica “Frontiers in Microbiology”, frutto della collaborazione tra l'Università di Cagliari e il laboratorio Covid dell'ospedale San Francesco di Nuoro. Un lavoro di sequenziamento e di indagine filogenetica su campioni raccolti in provincia di Nuoro (isola nell'Isola) che fotografa le prime varianti del virus presenti in Sardegna tra marzo e aprile 2020. Diverse varianti, e 14 mutazioni su tredici genomi virali esaminati, che diventano ancor più sorprendenti (e allarmanti) non solo in rapporto all'iniziale basso numero di casi positivi, ma anche perché la nostra regione è un territorio geograficamente chiuso dove, oltretutto, era stato fatto subito il blocco dei collegamenti aerei e navali.
Le variabili mai viste
Lo studio - parte iniziale del progetto supportato da Sardegna Ricerche, che vede coinvolti l'Aou di Sassari e Cagliari e il Crs4, per il monitoraggio delle varianti di Sars Cov-2 - certifica che nelle prime settimane della pandemia era presente nell'Isola la variante D164G della proteina Spike, con infettività aumentata rispetto al virus di Wuhan, via via diventata la più diffusa nel mondo. C'era anche un'altra variante, la P4715L del gene della polimerasi che, hanno spiegato i ricercatori, «sembra aumentare il tasso di mutazione virale ed essere responsabile di mancato riconoscimento da parte degli anticorpi». Sono state identificate poi altre 14 mutazioni. Quali effetti hanno sul virus? «Lo dobbiamo stabilire: non sono mutazioni riportate in Italia, e sono state viste con una bassa frequenza all'estero - spiega Nicole Grandi, ricercatrice di virologia molecolare dell'Università di Cagliari -. Ma, se le varianti citate sono poco indicative perché a livello europeo sono diventate prevalenti, è molto interessante studiare le tante mutazioni osservate perché ci danno una misura maggiore della variabilità trovata in Sardegna».
La strada del virus
Assieme alla biologa Giovanna Piras (e a tutto il gruppo dei laboratori Covid ed Ematologia dell'ospedale San Francesco di Nuoro), Nicole Grandi fa parte dell'équipe coordinata dal professor Enzo Tramontano che ha lavorato a questo studio. Da Nuoro, dove i campioni sono stati raccolti e sequenziati per intero, il materiale è stato inviato a Cagliari dove sono state fatte le analisi bioinformatiche, un'indagine sul percorso intrapreso dal virus per arrivare a quel paziente. «Il virus riscontrato sui nostri pazienti - dice Giovanna Piras - arrivava dal Nord Italia e dal resto d'Europa. C'era un filo rosso: i pazienti zero si erano infettati in situazioni di alta socialità: convegni, fiere, congressi medici. È successo a Nuoro, a Cagliari e a Sassari». Al San Francesco di Nuoro in questi giorni si stanno analizzando, alla ricerca di eventuali varianti, una cinquantina di tamponi positivi venuti fuori dallo screening di massa. «Abbiamo un osservatorio privilegiato», sottolinea la biologa.
In rete con l'Iss
Finora in Sardegna la variante inglese non è stata rilevata (ma si ripete il 19 febbraio) come verificato dall'indagine nazionale dell'Istituto superiore di Sanità che - con i laboratori delle Aou di Cagliari e Sassari - coinvolge anche Nuoro. Il virologo Giuseppe Mameli, responsabile del laboratorio Covid, ha coordinato l'équipe che, prima in Sardegna, ha mappato l'intero genoma del coronavirus sardo. Qui a Nuoro, tra il laboratorio Covid e quello di Ematologia dove ci sono strumentazioni d'avanguardia, si è avanti su questo fronte. «Al momento - spiega Mameli - in Sardegna siamo gli unici a poter fare il sequenziamento dell'intero genoma virale, una cosa fondamentale per intercettare le varianti». I laboratori delle Aou di Cagliari e Sassari, dal canto loro, si stanno attrezzando; Cagliari, ha annunciato il responsabile Ferdinando Coghe, con un sequenziatore a media-alta processività. La sorveglianza sulle mutazioni, dice il virologo di Nuoro, «assieme al vaccino è l'arma per combattere il virus». È quel che dice anche Enzo Tramontano, docente di virologia e microbiologia dell'Ateneo di Cagliari: «Più il virus ha la possibilità di circolare e più ha tempo per replicarsi e mutare. Proprio per questo adesso il rischio è che le misure di contenimento adottate finora possano non bastare».
Piera Serusi
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