Sabato 27 gennaio 2018

27 gennaio 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di sabato 27 gennaio 2018 / Cronaca Regionale (Pagina 13 - Edizione CA)
AGENAS
Ecco il piano per trovare le sofferenze nella sanità
È stato presentato ieri a Sassari il Programma Nazionale Esiti dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Il documento è stato ufficializzato davanti all'assessore alla Sanità, Luigi Arru, ai direttori delle Aziende sanitarie e ospedaliero-universitarie, dirigenti e funzionari dell'assessorato e addetti ai lavori. «Si tratta di dati - ha detto l'assessore - precedenti la riforma della Rete ospedaliera e la riorganizzazione delle Asl. Il nostro sistema ospedaliero si presenta, quindi, ancora frammentato e gli esiti degli interventi sanitari non sono ovunque positivi. Possiamo essere soddisfatti per la risposta sulla frattura del collo del femore, per esempio, mentre registriamo un ricorso ancora troppo alto ai parti cesarei. Il programma è uno strumento che ci aiuta a capire dove si continua a non dare risposte efficaci e, quindi, a cambiare». Si lavora sui dati forniti dai sistemi informatici delle Regioni e delle Aziende e prende in considerazione 19 indicatori per 8 aree (cardiocircolatoria, nervosa, respiratoria, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare) delle strutture ospedaliere pubbliche e private, la popolazione di riferimento, il monitoraggio dei volumi di attività, i tempi di attesa, la mortalità ai trenta giorni, gli esiti. (l. m.)

 

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 27 gennaio 2018 / Provincia Sulcis (Pagina 32 - Edizione CA)
IGLESIAS. Nuovi progetti
Cartellino giallo? «Lavoriamo per il Geoparco»
Il Parco geominerario sembra essere indifferente al cartellino giallo dell'Unesco e risponde con “un piano di lavoro” da un milione 633 mila euro per progetti e interventi che utilizzeranno anche 15 lavoratori ex Ati Ifras. Gli interventi (illustrati ieri durante una conferenza stampa a Iglesias) riguardano dieci Comuni dell'Isola. A Iglesias, oltre la manutenzione di Villa Pertusola, si completeranno i musei nella scuola mineraria.
A Buggerru si interverrà al Museo della Miniera, a Fluminimaggiore si sistemerà la pavimentazione esterna a Su Zufuru. Per Nuxis c'è uno studio su Sa Marchesa, a Villamassargia il ripristino degli impianti idrici ed elettrici nel villaggio di Orbai. A Carbonia (a Serbariu), Sant'Antioco (area costiera) si interverrà sulla cartellonistica. Altre azioni sono previste per Lula, Masullas, Montevecchio, Pau, Villasalto.
Il cartellino giallo per i vertici del Consorzio non è un'ammonizione: «Non è una partita di calcio - chiarisce il direttore Ciro Pignatelli - il Parco esiste perché ha una sua storia: lavoriamo perché sia rappresentata».
Novità anche per il futuro Consiglio direttivo: sarebbero risolte le questioni delle nomine incompatibili e, a breve, dovrebbe arrivare il decreto pure per il presidente. «L'importante è lavorare, creare unitarietà anche con le aree più periferiche», spiega il sindaco di Iglesias Emilio Gariazzo, che, come presidente della Comunità del Parco ha realizzato la non facile azione diplomatica di rimettere in sesto l'assemblea che raggruppa 87 Comuni, Province e Università.
Miriam Cappa

 

 

3 - L’UNIONE SARDA di sabato 27 gennaio 2018 / Economia (Pagina 17 - Edizione CA)
CONTRIBUTI UE. Paci annuncia un'iniziativa che favorirà l'accesso delle imprese ai fondi diretti
SCATTA LA CACCIA AL TESORO EUROPEO
Premi regionali per chi presenta a Bruxelles progetti meritevoli
Giochi una bella partita, ricevi applausi ma non porti a casa il risultato: capita al Benevento in serie A, ma anche a tante imprese sarde nel campionato, molto speciale, dei fondi Ue. Un torneo, per restare nella metafora, che mette in palio miliardi di euro per chi presenta i progetti migliori. Ma spesso anche i progetti validi non vengono finanziati, perché i soldi non bastano: la novità, annunciata ieri, è che la Regione darà una mano ai meritevoli sfortunati. «Stiamo studiando un meccanismo di premialità - ha detto l'assessore alla Programmazione Raffaele Paci - per le piccole e medie aziende che hanno partecipato ai bandi europei ottenendo buone valutazioni, ma non sono state finanziate per mancanza di risorse».
I DUE BINARI I fondi in questione sono quelli gestiti direttamente dalla Commissione europea, senza passare attraverso i programmi operativi delle varie regioni.
Di solito, quando si parla di risorse Ue, si pensa ai fondi strutturali - sviluppo regionale, sociale e altri - riservati alle regioni meno sviluppate. Paci invece in questo caso, intervenendo a Cagliari al seminario sull'innovazione organizzato da Sardegna Ricerche - ha fatto riferimento all'altro binario, ossia i programmi che realizzano specifiche politiche europee su ricerca, ambiente, cultura e così via. I più noti sono Horizon 2020, Life, Cosme.
Possono concorrere per aggiudicarsi questo tipo di contributi le imprese private, i Comuni e gli enti pubblici, le università, spesso consorziati tra loro. E risulta decisiva la qualità dei progetti, valutata dalla Commissione europea. L'Italia è il secondo Paese nella classifica dei bandi vinti, ma soprattutto grazie all'intraprendenza delle regioni del Nord.
La Sardegna, come tutto il Sud, strappa solo qualche briciola. «In realtà gli ultimi tre anni danno segnali incoraggianti», sottolinea Paci, «con 54 progetti finanziati per un totale di 28 milioni». Nel triennio precedente furono 33, per 9 milioni e 845mila euro. Un po' il problema è l'insufficiente capacità di progettare, un po' è la presenza dei fondi strutturali a impigrire i soggetti pubblici e privati. Ma ci sono anche frequenti casi di progetti idonei, e scartati per limiti di budget. «Oltre ad aiutare le imprese a intercettare i fondi Ue - spiega Paci - interverremo per premiare chi ha ottenuto valutazioni di eccellenza senza aggiudicarsi alcuna somma».
GLI STRUMENTI Una simile premialità, da 10mila euro, è stata già varata dalla Giunta nel campo della ricerca di base, quindi destinata alle università. «Il contributo non può certo pareggiare quello del bando non vinto - ammette l'assessore - ma almeno consente di pagare in futuro una migliore assistenza alla progettazione, per prevalere nei bandi successivi». Trasferito sulle imprese, questo sistema costituirà anche un incentivo a tentare con più convinzione la strada dei finanziamenti a gestione diretta.
La Giunta deve ancora definire le modalità materiali e le risorse utilizzabili per realizzare questa idea: «Lo faremo a breve», promette Paci, «potremmo ispirarci alla Regione Friuli che ha già attivato un meccanismo simile. Come prima cosa completeremo il censimento delle domande fatte negli ultimi anni dalle imprese sarde, e dei relativi esiti».
Giuseppe Meloni

 

4 - L’UNIONE SARDA di sabato 27 gennaio 2018 / Cultura (Pagina 47 - Edizione CA)
Giornata della Memoria
L'intellettuale ebreo Doro Levi, l'archeologo dimenticato 
di Maria Antonietta Mongiu
Per Oscar Wilde aChiunque può fare la storia. Solo un grande uomo può scriverla». Non vi è dubbio che Doro Levi fu grande uomo e autorevole archeologo La sua vita ha l'andamento di un romanzo che riassume il Novecento con tutto il ventaglio di situazioni che da private si allargano a ricomprendere gli eventi epocali del Secolo breve . Quando morì nel 1991 i giornali scrissero che era morto il Nestore dell'archeologia italiana e dunque un re tra più saggi e longevi.
LILLIU E CONTU Lo furono altrettanto i nostri Giovanni Lilliu ed Ercole Contu che con lui ebbero assiduità e familiarità. Il primo collaborò, tra il 1937 e il 1938, a scavi e ricerche e fu da lui spinto, come amava ricordare, «alla pubblicazione del mio primo articolo archeologico, che è un po' come il primo amore». Il secondo, dopo aver frequentato nel 1958 la Scuola archeologica italiana di Atene, che Levi diresse per trenta anni dal 1947, partecipò sotto la sua guida allo scavo del Palazzo minoico di Festòs a Creta.
LE RADICI Doro Levi nacque nel 1898 da una famiglia ebrea della borghesia mercantile in quel melting pot austro-ungarico ormai al tramonto e in quella Trieste dalle mille lingue e culture, abitata da una cospicua comunità ebraica, dove traffici e affari convivevano con le narrazioni e i versi di Umberto Saba e di Italo Svevo e dove approdò nel 1905 James Joyce che, nella vicina Venezia, convinse Ezdra Pound a diventare suo editore. Doro Levi fu irredentista e patriota e partecipò volontario, come molti coetanei, alla prima guerra mondiale; scelta che non lo salvò, vent'anni dopo, dalle leggi razziali. Gli studi antichistici lo portarono nel Mediterraneo orientale perché «tutto nasce in oriente, si consolida in occidente, e ritorna in oriente» come scrisse Baldassare Conticello nella bella autobiografia “Scuola d'archeologo” (L'Erma di Bretscheider, 2005); viaggio a ritroso, sotto le spoglie di Biagio, nei luoghi del suo anno alla Scuola di Atene nel 1956. Vi si staglia la figura di Doro Levi, suo maestro e mentore a cui la persecuzione fascista non aveva tolto verve e battute, intelligenza e capacità di relazione, amore verso la didattica, i giovani, l'archeologia, e la nostra isola.
IN SARDEGNA Per intendere la sua funzione nella ricostruzione della Sardegna antica si possono percorrere, a volo di uccello, i luoghi diventati, grazie a lui, tra gli eminenti dell'archeologia sarda: la necropoli neolitica di Anghelu Ruju ad Alghero, scoperta nel 1904 da Antonio Taramelli; i bronzi nuragici di Bolotona; Serra Orrios a Dorgali; i complessi di Cabu Abbas ad Olbia e di Monte a Telti; i pozzi sacri di Su Trabuccone, Sa testa, Milis a Golfo Aranci; le necropoli punico-romane ad Olbia; l'ipogeo di San Salvatore di Cabras; il ponte romano presso Oristano; l'Anfiteatro e il tempio di via Malta a Cagliari. Si deve a lui l'Antiquarium Arborense perché ottenne che il Comune di Oristano acquistasse la Collezione Pischedda e impedì che la collana in pasta vitrea di Olbia venisse data a Goering.
A CAGLIARI Va da se che la densità storica, tutelata dall'art. 9 della Costituzione, esiste a prescindere da storici e archeologi ma il suo riconoscimento misura lo sguardo sapiente di un popolo e il suo tasso di studio, ricerca, educazione e quindi di autocoscienza. Doro Levi vi contribuì non poco. Era arrivato a Cagliari nel 1935 come docente di Archeologia e Storia dell'arte greca e romana e come Soprintendente alle Opere d'antichità e d'arte della Sardegna. Era un trentenne con una vasta esperienza di studi che abbracciavano tutti i periodi e le geografie dall'Etruria alla Grecia, da Creta a Cipro e al vicino Oriente. Colto e poliglotta con una fitta rete di relazioni internazionali con la cultura cosmopolita che abitò, nella prima metà del Novecento, l'archeologia, la storia dell'arte, l'arte, le ambasciate e le diplomazie dell'Europa e dell'Africa e dell'Asia mediterranee.
LEGGI RAZZIALI Doro Levi mise a disposizione quel solido tessuto persino per la Mostra augustea della romanità, inaugurata a Roma nel settembre del 1937, elogio alla mitopoietica romanocentrica e razzista, anticamera a quelle leggi razziali che, nel settembre del 1938, Mussolini rese pubbliche nella sua Trieste e di cui fu vittima con migliaia di italiani. A Firenze, sua seconda patria, Levi aveva frequentato nella villa I Tatti la cerchia di Bernard Berenson che lo avrebbe agevolato quando, nel dicembre del 1938, dovette lasciare Cagliari per l'America. Fu prestigioso docente a Princeton fino al 1945. L'anno dopo, reintegrato nella cattedra a Cagliari, preferì la tutela del patrimonio contribuendo a salvare l'Anfiteatro che nel 1945 Vincenzo Arangio Ruiz, già docente di Diritto romano in città, aveva da ministro cercato di mettere al sicuro.
FRANCESCO SOLDATI Mentre nel 1947 partiva per la Grecia, all'Università di Cagliari arrivava come docente Ranuccio Bianchi Bandinelli, antico rivale e ormai alleato nella tutela archeologica. Succede ai grandi. In città era rimasto Francesco Soldati, insostituibile collaboratore negli scavi. Giunto con lui dalla Toscana volle essere cagliaritano e patriarca di una famiglia in cui due dei figli ebbero i nomi Doro e Anna, in omaggio a Levi e alla raffinata moglie greca. Ma questa è un'altra storia ancora.

 

5 - L’UNIONE SARDA di sabato 27 gennaio 2018 / Provincia di Cagliari (Pagina 30 - Edizione CA)
VILLAPUTZU. Ritardi del ministero
Polo aerospaziale, i tempi si allungano
Tempi più lunghi del previsto per la realizzazione del grande polo aerospaziale da 28 milioni di euro nel territorio di Villaputzu. Nonostante le rassicurazione del vicepresidente della Regione Raffaele Paci («tutto procede sostanzialmente secondo i tempi ipotizzati») non è ancora stata individuata l'area nella quale dovrebbe sorgere l'infrastruttura tecnologica (per il via ai lavori era stato indicato il mese di dicembre 2017).
Secondo Paci si tratterebbe solo di piccoli ritardi burocratici: «La Regione, Avio, Agenzia spaziale italiana e Dass - ha sottolineato - hanno lavorato intensamente in questi mesi, completando nei tempi previsti l'istruttoria di loro competenza, consegnandola al Ministero per lo sviluppo economico. Siamo dunque in attesa del via libera da parte del Mise, che ci aspettiamo arrivi nelle prossime settimane». Paci ribadisce anche che il progetto «punta sull'attrazione di investimenti, sul rilancio delle zone interne e sulla alta tecnologia in un settore come quello dell'aerospazio che vogliamo continuare a far crescere». L'individuazione del sito (probabilmente nei pressi del Poligono di Capo San Lorenzo) avverrà subito dopo il via libera del Mise. Se tutto procederà regolarmente i lavori cominceranno in estate. Nel polo aerospaziale saranno prodotti scudi termici interni ed esterni in carbon carbon per la famiglia dei lanciatori Vega che dalla Guyana francese portano nello spazio satelliti a uso civile. (g. a.)

 

6 - L’UNIONE SARDA di sabato 27 gennaio 2018 / Provincia di Sassari (Pagina 41 - Edizione CA)
ALGHERO. Università e Comune pensano di seppellire le alghe in fondo al mare
Litorale cancellato dalla posidonia: un progetto
Quattromila metri cubi di posidonia spiaggiata si depositano ogni anno sul litorale di Alghero e, per liberare gli arenili dal fogliame viscido, il Comune accumula i depositi nel sito di stoccaggio temporaneo di San Giovanni, sacrificando così la piccola spiaggia urbana che, in ogni caso, non è balneabile a causa della presenza del canalone.
«Alghero vanta una produzione record di posidonia spiaggiata», fa sapere Vincenzo Pascucci, docente di Sedimentologia all'Università di Sassari. «È un chiaro segnale della buona salute del mare - sottolinea - anche se poi rimane il problema di dover gestire l'enorme quantitativo di materiale». L'idea allo studio dell'Università è di riportare le foglie spiaggiate in mare. «È un progetto sperimentale - spiega Pascucci - e prevede di immergere la posidonia a varie profondità, per non creare un'unica zona di accumulo, e cercare di capire, con un attento monitoraggio, se queste foglie rimangono lì o ritornano sull'arenile. E quanto tempo ci mettono».
L'Amministrazione è a caccia dei finanziamenti necessari, ma nel frattempo vorrebbe almeno tentare un piccolo test. «Vogliamo portare avanti una prima sperimentazione - conferma l'assessore all'Ambiente Raniero Selva - scoprire, cioè se sia possibile affondare la posidonia in mare. Questo, insieme ad altre soluzioni già in atto per contrastare l'erosione delle spiagge, migliorerà la qualità dei nostri litorali». Il trasporto in mare della posidonia interesserà, in ogni caso, le nuove produzioni di fogliame. Perché sarà impossibile smaltire l'infinito cimitero delle alghe che ormai si è creato a San Giovanni nel corso degli anni. «Il sito di stoccaggio potrebbe diventare una sorta di museo a cielo aperto per i bambini delle scuole - suggerisce l'assessore Selva - con una opportuna cartellonistica che spieghi come la posidonia rappresenti una risorsa del nostro mare». (c. fi.)




 

La Nuova Sardegna

 

 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 27 gennaio 2018 / Atlanti - Pagina 6
Oggi ad Armungia si discute della lezione di due grandi autonomisti: Lussu e Channoux
DALLA SARDEGNA AD AOSTA
IDENTITÀ APERTE AL MONDO

di Giacomo Mameli
Si riparla di Emilio Lussu in patria, ad Armungia, il paese dove nel 1890 era nato chi parlava di autonomia e federalismo fra le baionette del Carso. È quasi una rinascita del "Cavaliere dei Rossomori" perché «la politica italiana, compresa quella sarda, ha dimenticato Lussu, le forze del socialismo non parlano più del suo pensiero e della sua azione», dice Gianmario Demuro che con Roberto Louvin (docente all'università della Calabria ed ex presidente del Consiglio e della giunta in Val d'Aosta) ha pubblicato il libro "Emilio Lussu - Émile Chanoux", sottotitolo "La fondazione di un ordinamento federale per le democrazie regionali", editore LeChâteau. Il volume sarà presentato questo pomeriggio nell'auditorium di viale Gramsci in occasione delle celebrazioni per i 70 anni dello statuto sardo. Con gli autori interverranno il sindaco Donatella Dessì, l'assessore alla Cultura Antonio Quartu, lo storico Luciano Marrocu ("Il movimento autonomista nella Sardegna degli anni Venti"), lo studioso Giuseppe Caboni ("Emilio Lussu, dalla lotta al fascismo all'idea federalista"). Il libro, modera Massimiliano Rais, verrà commentato dagli assessori regionali Filippo Spanu e Cristiano Erriu. Demuro ricorda il ruolo di primo piano avuto da Lussu non solo nella strategia autonomistica del Psd'az ma nei primi passi dell'Italia politica dopo la tragedia fascista e l'avvio della democrazia. Ordinario di Diritto costituzionale a Cagliari, assessore regionale alle Riforme, Demuro sottolinea una delle frasi più illuminanti del pensiero di Lussu («noi siamo federalisti, non siamo separatisti») perché «l'idea forte per stare insieme è federarsi» senza coltivare il mito delle "piccole patrie". Con una attenzione particolare alla "democrazia partecipata".TRASFORMAZIONI. Guardando anche le manifestazioni di questi primi giorni del 2018 in Tunisia, Demuro sottolinea alcune idee-forza di Lussu: «In Italia il problema principale dello Stato è questo: far coincidere, con le radicali trasformazioni politiche, le radicali trasformazioni sociali. Queste devono essere simultanee. Senza di ché la democrazia combatte senz'armi e lavora nel vuoto». Una politica che vada - sognava Lussu - di pari passo con la società: perché se questo non avviene la democrazia è zoppa e diventa, come sta avvenendo in molte parti dell'Occidente. È nato il termine "democratura". Ancora Lussu: «Una democrazia che non sia sostenuta in Italia dalla masse popolari sarà una pseudo democrazia: essa conterrà nel suo seno i germi della reazione». Lussu anticipava la società degli anni Duemila, la frantumazione dell'Europa, il ritorno dei nazionalismi come sta avvenendo in Austria e in Ungheria e come rischia si avvenire anche tra le Alpi e il canale di Sicilia? Come leggerebbe Lussu le decisioni assunte da chi oggi può presentarsi al corpo elettorale con lo stemma dei Quattro Mori? Prevedeva lo scollamento politica-società con le elezioni alle quali partecipa molto meno del cinquanta per cento del corpo elettorale? Se torniamo indietro al 1921 leggiamo questa frase di Lussu: «Un movimento federalista ha bisogno di far partecipare alla politica la gran falange rurale che è rimasta estranea e sfruttata», facendola «partecipare con la sua purezza, la sua onestà». E oggi quanti elettori "onesti e puri" non partecipano alla politica? Sono assenti le "falangi rurali" ma anche quelle informatiche. Democrazia e burocrazia. L'Italia è transitata dallo Stato liberale di fine Ottocento, al fascimo e poi alla Repubblica senza alcuna sostanziale preparazione e "conversione" delle classi dirigenti. REGIONI SPECIALI. È illuminante in tal senso un intervento di Lussu in Senato dopo vent'anni dalla creazione della Regione autonoma della Sardegna. Parlando anche delle altre regioni a statuto speciale, Lussu era stato molto netto: «Sarebbe utile che i consiglieri regionali - che in Sicilia si chiamano deputati, secondo lo Statuto - e i consiglieri regionali per le regioni a statuto normale, eventualmente eletti nell'autunno del 1969, o i rappresentanti dei loro partiti, visitassero almeno due cantoni della Svizzera, uno bilingue e uno ad unità etnica, e due provincie dell'Austria federale, tra le più vaste, per conoscervi, in conversazioni approfondite con i massimi loro dirigenti, il reale funzionamento interno, il loro rigore amministrativo, i bilanci, le spese delle assemblee e dei governi, l'assunzione del personale, gli stipendi dei massimi e dei minimi loro rappresentanti e funzionari, i parchi delle autovetture, le preclusioni ad ogni arbitrio e privilegio, ed altre consuetudini e tradizioni preziose. Per cui l'obbiettivo da raggiungere è l'interesse pubblico e non il potere per se stesso». Esiste da noi il "rigore amministrativo"? Sembra una denuncia dello strapotere che le burocrazie hanno sulla stessa politica. Burocrazie che consolidano gli "apparati clientelari" puntando a cementificare "il potere per se stessi". Non è attuale questo dibattito? È mai stata pensata una riforma della burocrazia? La si vuole efficiente o obbediente? Demuro fa notare come funziona in Valle d'Aosta il sistema fiscale, lo stesso governo delle acque, la valorizzazione dell'agricoltura, la legislazione sulla tutela della lingua. EMILE CHANOUX. Sotto il Gennargentu si governa come sotto il Monte Bianco? Lussu da una parte, Émile Chanoux dall'altra. Un federalista che sognava una «linea democratica e non elitaria nella rivendicazione politica dell'autonomia». Aveva scritto la "Carta di Chivasso" per molti un «testo complementare al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli». Fu torturato dai nazi-fascisti nel maggio 1944. Si riparla di Chanoux dove era nato l'uomo - aveva scritto Alessandro Galante Garrone dopo la morte di Lussu nel 1975 - di cui «l'Italia di oggi avrebbe disperatamente bisogno». Gian Mario Demuro sottolinea anche che Lussu e Chanoux «possono dirsi federalisti integrali». Ma «il loro pensiero non è stato completamente vincente all'epoca della Costituente e anche in tempi recenti». Rimarca «la prematura scomparsa di Adriano Olivetti» e anche così è «sfumata negli anni Sessanta l'opportunità di un rilancio e di un'ampia diffusione del pensiero federalista nella politica italiana». Lussu di Armungia e Chanoux da Valsavarenche, sul solco del grande Camillo Bellieni «pensavano alla democrazia da rifondare, alle autonomie da costruire». Due fari spenti. Democrazia e autonomie sono in bilico.

 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 27 gennaio 2018 / Atlanti - Pagina 14
CUORE  Il salvavita
Ecco il defibrillatore intelligente:
da solo può dosare la scarica

di Stefano Ambu
Defibrillatori. Se ne vedono sempre di più. E l'occhio si sta abituando alla loro presenza come ha fatto negli anni scorsi per gli estintori. Ma, per molti, i dispositivi salvavita sono ancora un oggetto misterioso. Se parlano, però, lo sono molto meno. E, in caso di emergenza, le istruzioni vocali possono aiutare ad aiutare chi deve intervenire il più presto possibile, quando i secondi diventano decisivi. E sapere che cosa si deve fare - presto e bene - diventa fondamentale. Defibrillatori "intelligenti", li chiamano così: non usano solo parole, ma anche la "testa": sono in grado di decidere autonomamente quando attivarsi, sulla base dei parametri vitali del paziente. Dai giorni scorsi ancora più sicurezza e tecnologia nei due presidi dell'Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari, il San Giovanni di Dio e il Policlinico di Monserrato. Otto stazioni salvavita sono state montate e già operative. Il defibrillatore (spesso abbreviato con Dae, defibrillatore automatico esterno) è un dispositivo in grado di riconoscere e interrompere tramite l'erogazione di una scarica elettrica aritmie maligne responsabili dell'arresto cardiaco, come ad esempio la fibrillazione ventricolare e la tachicardia ventricolare. Lo strumento funziona tramite l'applicazione di placche adesive sul petto del paziente. Il dispositivo controlla il ritmo cardiaco e, se necessario, si carica e si predispone per la scarica. «Il vantaggio è che - spiega Sergio Pani, anestesista e rianimatore al Policlinico - è che il soccorritore è esentato dalla diagnosi. Nel senso che il defibrillatore, attraverso un algoritmo, valuta da solo se il paziente deve essere defibrillato oppure no. È uno strumento molto sensibile e molto sicuro». Importante sapere intervenire. Ma ci sono le parole chiave che aiutano a fare la cosa giusta: «Shock indicato». Oppure: «Shock non indicato». Informazioni fondamentali che guidano la mano del soccorritore. Quando il defibrillatore è carico fornisce le istruzioni all'utente, ricordando che nessuno deve toccare il paziente e che è necessario premere l'apposito pulsante per erogare la scarica. Il defibrillatore seleziona sempre in modo automatico il livello di energia necessario. L'utente che lo manovra non ha la possibilità di forzare la scarica se il dispositivo segnala che questa non è necessaria. Dopo ciascuna scarica, il defibrillatore si mette in "attesa" e dopo qualche minuto effettua nuovamente l'analisi del ritmo cardiaco, e se necessario emette una nuova scarica. Può essere utilizzato, in assenza di personale medico o infermieristico, anche da semplici operatori o passanti adeguatamente addestrati. In ogni caso, quando si apre la teca contenente lo strumento, scatta un allarme interno che avvisa medici e infermieri in modo da poter tenere sotto controllo il paziente dopo l'azione defibrillante.«Pur in assenza di personale medico o infermieristico - spiega Roberto Solinas, cardiologo del Policlinico, nel video che accompagna la sistemazione delle nuove postazioni - l'operatore adeguatamente addestrato può utilizzare il defibrillatore semiautomatico per garantire l'intervento in caso di arresto cardiocircolatorio o di necessità di sostegno. Opportunamente utilizzato può davvero salvare la vita a chi è in difficoltà». Tecnologia che accorre in aiuto anche nei momenti più drammatici. Non sostituisce il salvataggio umano. Ma la aiuta: in certi momenti la "freddezza" delle macchine può essere fondamentale.

Questionario e social

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