Venerdì 26 gennaio 2018

26 gennaio 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Cultura (Pagina 46 - Edizione CA)
Disabili e “Operazione T4”,
primo laboratorio della Shoah

«Vite indegne di essere vissute». È sulla base di questo principio, giustificazione della teoria eugenetica di cui il nazismo si nutriva, che , a partire dal 1939, Hitler avviò il programma di sterminio dei disabili. Battezzato “Operazione T4”, fu il primo laboratorio della Shoah. Consentì la sperimentazione delle camere a gas e dei crematori e assicurò la disponibilità di cavie umane per la ricerca medica. A questo approfondimento nella genesi dell'orrore è dedicato, alla vigilia della Giornata della memoria, il convegno organizzato dall'Università di Cagliari, dall'Istituto sardo per la storia della Resistenza e dall'Associazione culturale italo-tedesca. Appuntamento stasera (dalle 15,30) a Sa Duchessa, nell'Aula magna del Corpo aggiunto. L'iniziativa è aperta a scuole e cittadinanza.
LA LEZIONE DELLA STORIA  Dopo i saluti di Francesco Atzeni, direttore del Dipartimento di Storia e beni culturali, saliranno in cattedra Claudio Natoli, ordinario di Storia contemporanea a Cagliari e Christoph Schminck-Gustavus, professore emerito di Storia del diritto all'Università di Brema. Lo storico dimostrerà come lo sterminio dei disabili (1939-1941), preceduto da campagne di sterilizzazione, sia stato «la prima operazione di omicidio tecnologico di massa attuata direttamente in Germania dal nazismo». Il giurista stenderà il ritratto del giudice Lothar Kreyssig (1898-1986), figura-simbolo di una resistenza al regime.
L'OPERAZIONE T4  La definizione ricorrente di “Operazione eutanasia” non piace a Natoli perché non adeguata a descrivere la fabbrica di morte inaugurata su ordine di Hitler all'indomani dell'occupazione della Polonia. Destinata a restare segreta e concepita al di fuori dalla legge, l'Operazione T4 «era diretta da un ufficio guidato da burocrati della cancelleria del Führer e dal suo medico personale Carl Brandt. Il primo passo fu la schedatura dei disabili ricoverati nelle case di cura. Seguì il loro trasferimento in 5 sedicenti istituti sanitari dove fu sperimentato il sistema delle camera a gas e dei forni crematori».
LA REAZIONE  Furono 80mila le vittime (tra cui 5mila bambini) della prima fase dello sterminio che si concluse grazie alla reazione dell'opinione pubblica: fumo e odore di carne bruciata destarono un diffuso allarme, i parenti iniziarono a chiedere conto della sparizione dei loro cari, così come fecero alcuni magistrati e i rappresentanti delle Chiese protestanti e cattolica. Eclatante - ricorda Natoli nella ricostruzione - l'iniziativa del vescovo di Münster Clemens August von Galen. Il 3 agosto 1941 denunciò dal pulpito e con una lettera pastorale l'assassinio dei disabili. Non fu condannato a morte. «Il regime non poteva permettersi uno scontro con le istituzioni religiose in un momento delicato della guerra. Hitler sarà quindi costretto a smantellare l'apparato centrale dell'Operazione T4, ma lo trasferirà nei campi di sterminio di Belzec, Sobibór, Treblinka e Auschwitz». L'eliminazione dei disabili non s'interruppe, tuttavia. Nella fase successiva (difficile quantificare le vittime, stime non verificabili parlano di 200mila) si individuarono strutture sanitarie disposte a praticare la soppressione con false e normali procedure mediche.
IL GIUDICE RIBELLE  La reazione dell'opinione pubblica e di alcune autorità (il Papa, soprattutto) avrebbe potuto impedire il genocidio degli ebrei? Ne è convinto, assieme a Natoli, anche Christoph Schminck-Gustavus. «Il caso di Lothar Kreyssig è illuminante. Membro della Chiesa confessante e giudice tutelare di alcuni disabili, si accorse della loro deportazione. Fece denuncia per omicidio e si oppose al suo ritiro nonostante la richiesta del Ministero. Non fu deportato in un campo di concentramento, ma licenziato. Ebbe poi una pensione. Nel Dopoguerra non volle tornare in Magistratura, tra colleghi che, iscrivendosi all'albo dei giuristi nazisti, si erano resi complici di Hitler». S'impegnò nella fondazione dell'associazione “Aktion Suhnezeichen”, nata per sostenere la riconciliazione coi paesi (Polonia e Ucraina su tutti), che avevano subito l'aggressione nazista.
Manuela Arca

 

2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Cultura (Pagina 46 - Edizione CA)
Omaggio a Doro Levi, costretto a lasciare Cagliari
La Giornata della Memoria è dedicata al ricordo del grande archeologo Teodoro Levi, che fu professore ordinario nell'Ateneo cagliaritano alla fine degli anni '30, ricoprendo anche l'incarico di Sovrintendente archeologico. A lui si devono, tra gli altri, gli scavi di Angelo Ruju e dell'Anfiteatro di Cagliari. Nel 1938 a causa delle leggi razziali, fu costretto a lasciare la carica e la Sardegna per trasferirsi negli Stati Uniti. La sua figura sarà ricordata domani mattina alle 10 alla Fondazione di Sardegna (via San Salvatore Da Horta 2) da Carlo Salis, direttore dell'Associazione per la Cooperazione Culturale in Sardegna, dalla studiosa Maria Antonietta Mongiu e dallo storico Aldo Accardo. Chiuderà i lavori la relazione del professor Louis Godart sul tema “Doro Levi e la prima civiltà europea”. L'iniziativa è promossa dall'ACCuS in collaborazione con la Fondazione di Sardegna e l'Anpi.
Sempre la Fondazione di Sardegna ospita lo spettacolo “Storia di un uomo magro”, monologo di e con l'attore Paolo Floris, liberamente tratto dal libro “Il Forno e la Sirena” di Giacomo Mameli che racconta Cazzai, prigioniero nel lager di Bergen-Belsen, che riuscì a scampare alla morte per due chili. Lo spettacolo va in scena domani a Sassari, alle 18,30, in via Carlo Alberto 7 e lunedì a Cagliari, sempre alle 18,3, in via San Salvatore Da Horta 2.

 

3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
Per la prima volta la regione non raggiunge i 10mila parti in un anno
NASCITE A PICCO NELL'ISOLA
Persi altri mille bambini

Il calo - fin qui lento ma inarrestabile - ha assunto le proporzioni del crollo: quasi il 10 per cento di nuovi nati in meno nel corso di un anno, la Sardegna non raggiunge neanche la soglia dei 10mila parti. Nel corso del 2017 il contatore si è fermato a 9640 neonati ed è un record negativo. L'età media delle madri sfiora i 33 anni (due in più rispetto al resto d'Italia) e nemmeno l'arrivo degli stranieri serve a invertire la tendenza di un'Isola che non fa figli: «I nati da genitori stranieri sono il 3 o 4 per cento, a differenza di quello che succede in altre regioni dove sono anche un quarto del totale», racconta Gian Benedetto Melis, direttore del reparto di Ostetricia e ginecologia del Policlinico di Monserrato. La clinica dell'azienda mista rimane, nonostante tutto, una piccola fabbrica di bambini: 1711 parti nell'ultimo anno, più di ogni altro «punto nascita».
LE DIFFICOLTÀ Poche gravidanze e un'età media delle madri sempre maggiore hanno costretto gli ospedali a riorganizzarsi: «Abbiamo bisogno di diagnosi prenatali più precise, non basta più uno screening. Sono aumentate due patologie già frequenti in Sardegna, come il diabete gestazionale e la preeclampsia. In entrambi i casi sono le donne più avanti con l'età a soffrirne maggiormente», spiega Melis. Sullo sfondo molto spesso ci sono anche condizioni economiche non proprio fortunate: «A volte si tende a risparmiare sulle visite di controllo, ed è un male perché si può arrivare a una morte del feto».
LE MADRI Non è l'unico aspetto preoccupante: nell'Isola si registra anche un'alta mortalità delle donne durante il parto: «Sono state due nell'ultimo anno, addirittura sette o otto se prendiamo in considerazione gli ultimi cinque. Dovrebbero essere al massimo una ogni 20mila nascite». Invece in Sardegna la media è più alta: circa una ogni 5mila parti, tanto che la Regione ha aderito al sistema di sorveglianza della mortalità materna istituito dall'Istituto Superiore di Sanità.
I COSTI L'aumento dell'età media delle madri ha portato in dote anche un altro effetto collaterale: il numero dei parti cesarei è finito fuori dai rigidi steccati imposti dal Ministero. In teoria gli interventi non dovrebbero superare il 25 per cento delle nascite totali, mentre la media sarda si aggira intorno al 35 per cento. E i costi per il servizio sanitario salgono.
Ma perché si fanno sempre meno figli e spesso in ritardo rispetto alle abitudini di un tempo? Per Melis non c'è dubbio: «Il calo delle nascite, anche se in proporzioni diverse, è una tendenza che si ritrova in tutto il resto d'Italia. Ed è da ricondurre alla disastrosa situazione economica che molte famiglie sono costrette a vivere. Lo dimostra il caso del Sulcis, dove fino a poco tempo fa c'erano due punti nascita, ma uno è stato chiuso perché non si raggiungeva la soglia minima di 500 parti».
LA SOCIOLOGA Per la docente di Psicologia sociale Cristina Cabras la spiegazione è nella «eccessiva precarietà dei giovani. Prima si aveva una professione per tutta la vita, ora questo non è più possibile e si riflette sulle scelte di vita: le famiglie si costruiscono sempre più tardi». E così i figli non arrivano o arrivano a quarant'anni suonati: «I ragazzi di oggi non possono nemmeno desiderare di diventare genitori. Anche perché, secondo la visione di molti, si tratta di un passo che si può fare solo dopo aver raggiunto una certa solidità». Colpa anche dei modelli imposti dalla società: «Il contesto contemporaneo richiede di avere determinati stili di vita e di conseguenza c'è chi rinuncia alla genitorialità. Anche perché spesso, a 35 anni, tanti vivono ancora grazie ai redditi dei familiari». Forse il calo delle nascite è inarrestabile: «Di sicuro», conclude la professoressa dell'università di Cagliari, «non stupisce il fatto che i nuovi nati siano sempre meno. Questo ormai è il nostro destino».
Michele Ruffi

 

4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)
Parteciperà alle celebrazioni per i 70 anni dello Statuto speciale
MATTARELLA TORNERÀ IN SARDEGNA IL 26 FEBBRAIO

A cinque mesi dalla sua ultima visita, il due ottobre scorso, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella tornerà in Sardegna il prossimo 26 febbraio per partecipare, in Consiglio regionale, alle celebrazioni dei 70 anni dello Statuto speciale della Sardegna.
Lo ha annunciato il presidente dell'Assemblea sarda, Gianfranco Ganau, nel suo intervento di saluto ai lavori della tavola rotonda che ha concluso il ciclo di incontri “70 anni di Autonomia speciale della Sardegna”, ospitati nell'Aula consiliare e coordinati dalla docente di Storia delle istituzioni politiche dell'Università di Cagliari, Mariarosa Cardia.
Nel 2017 Mattarella fu ospite dell'università di Cagliari in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico, poi si trasferì a Ghilarza dove visitò la casa museo di Antonio Gramsci.
AUTONOMIA, BILANCIO POSITIVO «Se pensiamo al punto da cui siamo partiti, il bilancio dei 70 anni di autonomia della Sardegna è complessivamente positivo, pur con limiti ed errori», ha detto Ganau. «Tuttavia le ragioni della nostra specialità sono ancora attuali ed oggi sono legate al riconoscimento dell'insularità da parte dello Stato e dell'Unione europea; noi, comunque dobbiamo fare la nostra parte lavorando per la piena applicazione dello Statuto e in particolare dell'articolo 13».
Alla tavola rotonda di ieri, il costituzionalista Gianmario Demuro, ex assessore regionale agli Affari generali, ha associato il concetto di autonomia, fortemente radicato nella società sarda, a quello di «democrazia plurale», molto simile alla dottrina francese della cosiddetta «democrazia di prossimità». I problemi della Spagna, ha ricordato, «nascono proprio dal rifiuto di accettare questa pluralità». Franco Jacop, presidente del Consiglio del Friuli-Venezia Giulia, ha citato il percorso «tormentato» della sua Regione, determinato dalle vicende belliche e post-belliche e da forti pulsioni separatiste. «La nostra autonomia non è stata un privilegio ma una risposta a situazioni storiche di enorme complessità».
L'AUTONOMIA COME RISARCIMENTO Per Pietro Luigi Pinna, docente all'università di Sassari, le motivazioni più forti dell'autonomia sarda sono «nel risarcimento dovuto all'Isola fin dai tempi dello Stato piemontese. Un risarcimento prevalentemente economico, ha sostenuto, che poi c'è stato dopo la seconda guerra mondiale ma solo parzialmente, con lo Statuto ed i Piani di Rinascita».

 

5 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Cronaca di Cagliari (Pagina 19 - Edizione CA)
MOLO ICHNUSA. Oggi l'inaugurazione dell'opera ispirata al campione Andrea Mura
LUNA ROSSA, MANOVRE IN PORTO
La base del team di vela nascerà nell'ex Terminal crociere

Sorgerà al molo Ichnusa la nuova base cagliaritana del team velico Luna Rossa Challenge. A rivelarlo ieri mattina è stato il presidente dell'Autorità portuale Massimo Deiana durante una conferenza stampa sul traffico passeggeri regionale - proprio all'interno dell'ex terminal crociere. Il sodalizio italiano di Coppa America avrebbe depositato due giorni fa l'istanza di concessione per la struttura vetrata e per una porzione di spazi aperti e avrebbe aperto un dialogo con altre istituzioni per l'assegnazione di altre aree.
Tutto per una permanenza di «36 o 40 mesi - ha specificato Deiana -. Sarà un progetto esteticamente molto curato, che sposerà la necessità della riservatezza sui lavori a bordo con la volontà di interagire con la città».
LA BASE Ecco perché a richeista, non ancora pubblicata, dovrebbe prevedere spazi coperti e un piazzale antistante. I locali dell'ex terminal accoglieranno il dietro le quinte: uffici, mensa, palestra e studio di progettazione «dove - ha anticipato il presidente dell'Authority - saranno creati anche parti importanti dell'attrezzatura, in un percorso di innovazione tecnologica che coinvolgerà l'università di Cagliari e il CRS4». A fronte di tempi stretti, il team avrebbe dunque preferito la rapidità d'insediamento, garantita dalla struttura preesistente, alla realizzazione di una base ex novo come accaduto quattro anni fa sul molo Sabaudo.
IL PROGETTO All'esterno, verso la radice del molo, verrà allestita un'area hospitality, che fungerà da cerniera tra il mondo Luna Rossa e i visitatori, da punto di accoglienza anche al di là dei classici open day. Dall'altra parte, la testata sarà invece organizzata a uso esclusivo del team. Qui, da un paio di settimane e in virtù di un'istanza di occupazione anticipata, staziona l'invaso destinato al TP 52, con cui la squadra si sta allenando nel golfo col primo nucleo, provvisorio, dell'equipaggio. Un nuovo scafo, sempre TP 52, è in costruzione nei cantieri bergamaschi Persico e sarà consegnato in primavera, giusto in tempo per partecipare al circuito Super series, primo banco di prova della nuova Luna Rossa. Quanto al varo degli AC 75, in base a quanto stabilito dal protocollo, potrà avvenire solo a partire dal 31 marzo 2019. Una volta operative le barche di Coppa, il varo e l'alaggio quotidiani avverranno sempre dalla testata, pienamente visibili dalla passeggiata di Su Siccu.
I LAVORI Sempre ieri mattina, gli operai erano al lavoro sulle volte in acciaio che sorreggono la copertura. «Si tratta di una manutenzione già prevista non inerente all'insediamento di Luna Rossa» è stata la precisazione di Deiana. «Nel tempo, abbiamo sempre cercato di mantenere in buono stato questa struttura. È indubbio che il ritorno della squadra velica rappresenti un'occasione di riqualificazione per l'ex terminal crociere». Che inizia già a calarsi nel ruolo: al di là del TP 52 sullo stallo e relativi container, ieri un gruppetto di velisti ha svolto un briefing tecnico al primo piano dell'edificio.
LE ALTRE AREE Oltre all'Autorità di sistema portuale, Luna Rossa Challenge sarebbe in contatto anche con «altre istituzioni, per la concessione di ulteriori aree necessarie alla sua attività», ha aggiunto Deiana, «la Capitaneria e la Marina militare hanno mostrato grande disponibilità ad avviare una collaborazione con il sodalizio».
LA SCULTURA Sempre sul fronte porto, oggi alle 11 nella piazzetta della Darsena si terrà la cerimonia di consegna dell'opera d'arte realizzata dallo scultore Roberto Ziranu e dedicata al mare e alle avventure del velista Andrea Mura.
Clara Mulas

 

6 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Cronaca Regionale (Pagina 10 - Edizione CA)
L'annuncio del governatore Pigliaru al Sardinian Job Day
«BONUS FINO A 4MILA EURO PER CHI ASSUME I GIOVANI»

Un bonus di 3-4.000 euro alle imprese per ogni giovane assunto per almeno 12 mesi entro il 2018. Un incentivo regionale che si aggiunge a quello governativo, che garantisce una decontribuzione totale sul costo del lavoro pari a 8.000 euro all'anno per tre anni, per chi assume giovani a tempo indeterminato entro il 31 dicembre. Lo annuncia Francesco Pigliaru nell'ultima giornata del Job Day, l'iniziativa organizzata da Regione e Aspal: «Stiamo inviando una lettera alle imprese per informarle di questa opportunità», dice il governatore, «è un contributo importante che si potrà affiancare a quello del governo».
COME FUNZIONA Obiettivo della Regione è favorire l'incontro tra domanda e offerta e frenare la fuga dei giovani. L'incentivo può essere utilizzato da tutte le aziende, anche da quelle che hanno un tirocinante. Non è un caso, infatti, che l'annuncio del bonus arrivi proprio quando moltissimi tirocini attivati dalla Regione (sono oltre 4.000) stanno per concludersi. Un momento cruciale per le aziende che devono decidere se trasformare quell'esperienza in un contratto o no.
Da qui quello che Pigliaru definisce «un incentivo giusto. Non vorremmo che l'azienda che ha sperimentato un tirocinante di valore perdesse la possibilità di trasformare quel rapporto, per l'incertezza economica. Vogliamo essere la regione in cui è più conveniente assumere un giovane».
STRATEGIE Il bonus regionale «non è un regalo al lavoro precario», sottolinea l'assessora al Lavoro Virginia Mura: «Nasce per unirsi alle agevolazioni nazionali, in base alle quali se un giovane non viene assunto a tempo indeterminato entro il 2018, il datore di lavoro non può fruire dei tre anni di decontribuzione». «La vera sfida è formare mentalità, cultura, un approccio nuovo e diverso da parte dei giovani», aggiunge il vicepresidente della Regione, Raffaele Paci. «La rivoluzione digitale ci permette di restare qui e di esportare in tutto il mondo, c'è posto anche per i giovani sardi». (ma. mad.)
SERENELLA BANDINU. Ingegnera: «Per pagare il mutuo accetti ogni impiego»
«Dopo due anni senza più la certezza di un contratto, avendo un mutuo da pagare, ormai sono disposta a fare praticamente tutto, anche se questo mette in secondo piano la professionalità acquisita in tanti anni di lavoro»: è sincera Serenella Bandinu, ingegnera edile cagliaritana di 38 anni. «Mi spiace che le cose stiano così, ma purtroppo i cantieri edili sono in crisi e io, come molti colleghi, mi ritrovo a spedire il curriculum alle agenzie interinali, dove spesso la figura dell'ingegnere che è ricercata è quella che ha competenze più statistiche e meno tecniche. Le mie invece, dopo aver lavorato tanti anni nei cantieri, sono soprattutto tecniche. Speriamo bene». (ma. mad.)
ROBERTA MESTRONI. Economista: «Dopo 14 anni mi rimetto in gioco»
«Dopo quasi 14 anni da impiegata in un'azienda privata, a 43 anni mi rimetto in gioco», dice Roberta Mestroni, di Abbasanta, laureata in Economia. «Provo a sfruttare il mio percorso di studio: qui al Job Day lascio il curriculum e faccio colloqui con le aziende che cercano personale amministrativo. Ho un figlio e in questo momento ho deciso di rimettermi a studiare, per esempio frequentando un corso di inglese. Ricominciare significa rimboccarsi le maniche, ripartendo dal basso. Ecco perché anche un tirocinio può essere la leva giusta per mettersi alla prova. Se poi da quell'esperienza dovesse nascere un rapporto di lavoro, tanto meglio». (ma. mad.)
VALERIA BALLICCU. Laurea in Lingue: «Per i quarantenni è tutto più difficile»
«Siamo tanti senza certezze e le aziende che assumono non potranno soddisfare tutte le domande. Detto questo, devo crederci»: Valeria Balliccu, cagliaritana, ha 40 anni, una figlia, una laurea in Lingue straniere. Dopo due anni in un call center, e un'esperienza simile a Natale in una grossa azienda di e-commerce, «bisogna ricominciare», dice. Da dove? «Per esempio da un corso di contabilità che comincerà a breve. Per la nostra generazione è più difficile rispetto a quelli più giovani, ho la sensazione che l'età sia penalizzante. Anche se questo dovrebbe comportare il fatto di avere un bagaglio di competenze e professionalità». (ma. mad.)

 

7 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Provincia Medio Camp (Pagina 31 - Edizione CA)
Premio ai laureati
ARBUS. Sei neolaureati hanno partecipato al bando di concorso per il premio da tremila euro che il Comune ha destinato agli studenti universitari. La graduatoria è affissa all'albo pretorio. C'è tempo sino a lunedì per i ricorsi.

 

8 - L’UNIONE SARDA di venerdì 26 gennaio 2018 / Esteri (Pagina 14 - Edizione CA)
Amnesty, incontro a Sassari
«Caso Regeni, non rinunciamo alla verità»

La storia di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano assassinato in Egitto, è rimbombata tra le pareti del Polo didattico il Quadrilatero, a Sassari. Il 25 gennaio 2016 il nome di Giulio Regeni si aggiungeva a quelli dei tanti egiziani e delle tante egiziane vittime di sparizione forzata. Pochi giorni dopo, il 3 febbraio, il nome del ricercatore italiano si aggiungeva al lungo elenco delle persone torturate a morte in Egitto. Sono trascorsi due anni da quel 25 gennaio e ancora le autorità egiziane si ostinano a non rivelare i nomi di chi ha ordinato, di chi ha eseguito, di chi ha coperto e ancora copre il sequestro, la tortura e l'omicidio di Giulio Regeni. Amnesty International non si è stancata di chiedere la verità per Giulio Regeni. Ieri in decine di città italiane è stata ricordata la sparizione del ricercatore con fiaccolate e incontri pubblici. Anche Sassari ha partecipato alla mobilitazione nazionale ricordando l'accaduto in un incontro nell'Aula Satta. Si sono susseguiti gli interventi di Nicola Mocci, docente di Storia e Istituzioni dell'Asia moderna e contemporanea all'Università degli studi di Sassari e di Attilio Pinna, attivista di Amnesty Sassari. Ha introdotto i lavori Marcella Sanna, responsabile del gruppo Amnesty International Sassari. «Per la famiglia ventiquattro mesi di dolore, di lutto. Ma anche 24 mesi di lotta. Nessuno di loro ha mai smesso di lottare. Oggi non siamo qui semplicemente per commemorare Giulio. Noi vogliamo la verità. E non ci fermeremo. Lo dobbiamo a tutti i Giulio del mondo».
Patrizia Canu

 

 



 

La Nuova Sardegna

9 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 26 gennaio / Prima pagina
UN VECCHIO NOBEL È L’ARMA VINCENTE
di Massimo Onofri
Come recita l’adagio latino, carmina non dant panem. La promozione di Nuoro tra le 10 città selezionate dimostra il contrario. A PAGINA 2

Sardegna - Pagina 2
UN VECCHIO NOBEL È L'ARMA VINCENTE
di MASSIMO ONOFRI
Come recita l'adagio latino, carmina non dant panem, che un ministro della Repubblica, qualche anno fa, tradusse con un'espressione assai più corriva: "con la cultura non si mangia", nella presupposizione piuttosto superficiale, bisogna dirlo, che l'uomo sia appunto ciò che mangia. La promozione di Nuoro tra le dieci città selezionate dal ministero dei beni delle attività culturali e del turismo, che si contenderanno il 16 febbraio il titolo di capitale italiana della cultura 2020, è un fatto che dimostra esattamente il contrario: se è vero che, con lungimiranza, il capoluogo barbaricino ha presentato un progetto assai articolato che punta proprio sulla cultura, in special modo quella umanistica, accusata spesso di vacuità e retorica, di disposizione all'astrazione, di estraneità radicale a quei processi produttivi che farebbero la ricchezza reale delle nazioni, buona al massimo per solleticare la vanità d'una popolazione come quella italiana che, a fronte d'una esigua pattuglia di lettori di buona e vera poesia (poche migliaia quando si tratta d'un best seller) può contare su un esercito di aspiranti poeti in attività -perlopiù patetici improvvisatori senza competenze specifiche-, che raggiunge con facilità -ed è dato impressionante- il milione di unità.Un'idea puerile e imbarazzante della poesia e della letteratura, certo, che, a fianco a quella della sua superfluità e inutilità, ha avuto un peso nell'indirizzare l'azione ministeriale universitaria di questi ultimi anni, con risorse sempre più scarse da investire sul versante del sapere umanistico.Di che sto parlando? Del corso di Tutela internazionale dei diritti umani, che s'avvarrà anche della collaborazione d'un premio Nobel per la pace, della creazione d'un sistema informativo statistico per il monitoraggio del territorio nuorese, d'una scuola di lettura creativa, prima che di scrittura, coadiuvata dalla Fondazione Bellonci, quella che organizza il premio Strega, pronta a impegnarsi, nell'eventualità della vittoria (ma non solo), in una serie di iniziative letterarie d'altissimo livello. A farsene interpreti e promotori sono stati tre professori che lavorano all'Università di Sassari, tutti impegnati con passione proprio nell'ambito umanistico: Gabriella Ferranti, Giorgio Garau e il sottoscritto. Me lo sono sempre chiesto: cosa può offrire la Sardegna, a chi viene a conoscerla da fuori, oltre il suo mare leggendario, i suoi struggenti panorami e le sue malinconiche lontananze, la sua nobilissima tradizione agro-pastorale, se non un patrimonio culturale, traducibile appunto in scienza e conquista del paesaggio, in vista d'uno sviluppo razionale e sostenibile? Soprattutto Nuoro.Un premio Nobel: Grazia Deledda. Uno dei più grandi scrittori europei: Salvatore Satta. Uno dei più interessanti poeti dialettali dell'Ottocento italiano: Sebastiano Satta. Due case editrici che hanno raggiunto livelli di eccellenza, con originali proposte: Il Maestrale e Ilisso. Devo continuare?

 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 26 gennaio / Sardegna - Pagina 2
CAPITALE DELLA CULTURA 2020
Anche Oristano incrocia le dita: «Tifiamo per Nuoro»

di Roberto Petretto
ORISTANO L'appoggio di Oristano alla candidatura di Nuoro a Capitale italiana della Cultura 2020 è pronunciato dal sindaco Andrea Lutzu con voce baritonale (dovuta all'influenza e non alla solennità del momento: «Già in sede di prima candidatura, quando ancora Oristano era in lizza insieme a Nuoro, avevo detto che, se Oristano non fosse stata prescelta, il nostro messaggio sarebbe stato chiaro: "Viva Nuoro". Oristano è fuori, con grande rammarico e dispiacere, consapevole di aver fatto tutto quanto era nelle sue possibilità, e forse anche di più. Non abbiamo rimpianti, ma a questo punto diciamo Forza Nuoro».La candidatura di Nuoro può essere, come dice Marcello Fois, rappresentativa di tutta la Sardegna?«Certamente. E sono gli stessi motivi per cui Oristano poteva avere le stesse ambizioni. Però in questo momento Nuoro può rappresentare un'intera isola ed è giusto che sia così».A Oristano è mancato il gioco di squadra, una rete di contatti, di personaggi?«Anche a Oristano non mancano i personaggi di spessore . Però i problemi sono stati di diverso genere. Nuoro lavorava a questo progetto dal 2015,, l'amministrazione Lutzu ha cominciato da giugno o dai primi di luglio. Abbiamo costruito un percorso che servirà nel futuro. Non abbiamo avuto il tempo materiale per fare squadra come ha fatto Nuoro. Poi non credo che sia un'intervista sul Corriere o l'endorsement di alcuni personaggi pur importantissimi a far sì che Nuoro sia passata alla fase successiva. È stato un risultato frutto di tutto il lavoro messo in campo. Oristano non ha avuto il tempo, forse abbiamo anche fatto qualche errore, però credo che per Nuoro abbia pagato il fatto che lavoravano a questo biettivo da tre anni con un progetto. Gli attestati e i testimonial erano le ciliegine su una torta che si era formata durante un percorso lungo».Possibile che, vedendo, ciò che stavano facendo i vicini, non abbia mai pensato: "Accidenti, a questo avremmo potuto pensarci anche noi"?«Sì, è capitato. Avremmo potuto fare una manifestazione pubblica a sostegno di Oristano Capitale della cultura. Però invito tutti a riflettere su come sono stati questi primi mesi della nostra amministrazione. Agli assessori non ho alcun rimprovero da fare. Forse avremmo potuto trovare, in giornate sempre pienissime dove a volte non si trovano neppure i minuti per fare le cose essenziali, avremmo dovuto trovare un momento, un attimo, per organizzare una manifestazione congiunta, con personalità importanti, a sostegno di Oristano. Questo probabilmente è mancato, ma non per cattiva programmazione, ma perché non ce n'è stato il tempo».La partita della Capitale della Cultura ormai, per Oristano, è andata: ora si punta sullo sport?«Assolutamente sì. Puntiamo sullo sport con la candidatura a Città europea dello sport e mi auguro di trovare il sostegno dei miei colleghi sardi. Puntiamo molto a questa candidatura e lo stiamo già facendo con tutta una serie di iniziative. Ha detto bene il presidente regionale del Coni quando ha ricordato che siamo l'unica città che sta costruendo un palazzetto dello sport. Stiamo programmando e questo ci fa ben sperare. Stavolta abbiamo il tempo per ottenere il risultato sperato e, credo, anche meritato».

 

11 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 26 gennaio / Sardegna - Pagina 2
Da Alghero a Sassari, da Olbia a Cagliari: il capoluogo della Barbagia ha tutte le carte per farcela
I sindaci in coro: rappresenta tutta l'isola

SASSARI Nuoro capitale della Sardegna. Per l'occasione tutta l'isola tifa per il capoluogo barbaricino. La candidatura di Nuoro a capitale italiana della cultura 2020 abbatte tutti i campanili e i sindaci si schierano tutti al fianco di Andrea Soddu, primo cittadino di Nuoro. Il maggiore sostegno arriva da Alghero, che ha visto sfumare il sogno lo scorso anno. «Noi abbiamo vissuto questa attesa ed è una sensazione bellissima - dice Mario Bruno, sindaco di Alghero -. Faccio un enorme in bocca al lupo a Nuoro perché merita questo titolo. Noi abbiamo voluto dedicare due giornate alla "nuoresità" perché la interpretiamo come la candidatura dell'intera Sardegna. Nuoro deve diventare capitale per la sua storia e la sua cultura. Tuttora il capoluogo barbaricino è una fucina di cultura. Ma soprattutto in un momento in cui si sta cercando di unire le coste con le zone interne, in cui il turismo balneare non basta più e deve guardare altrove, Nuoro può diventare l'emblema di questa rinascita della Sardegna. La sfida è difficile, indubbiamente, ma Nuoro ha tutte le carte in regola». Da Bratislava, dove è andato a promuovere i Candelieri, anche il sindaco di Sassari, Nicola Sanna, appoggia la candidatura di Nuoro. «A noi fa molto piacere sostenere il capoluogo barbaricino, soprattutto quest'anno visto che ricorre il 90esimo anniversario del premio Nobel a Grazia Deledda - dichiara Sanna -. È una candidatura di cui siamo orgogliosi. Dico di più. I sardi quando un qualsiasi cittadino o una comunità dell'isola tagliano un traguardo o colgono un successo dovrebbero essere tutti orgogliosi. Nella cultura come nello sport». «In bocca al lupo a Nuoro - aggiunge il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda -. Arrivare tra le finaliste è già uno straordinario risultato. È un'occasione importante per rafforzare una rete di rapporti e competenze che non potrà che far bene a Nuoro. I suoi progetti e le sue ricchezze culturali sono da Capitale italiana della cultura». Anche il sindaco di Olbia, Settimo Nizzi, fa il tifo per Nuoro. Il primo cittadino olbiese è convinto che questa mossa possa fare bene a tutta la Sardegna. «Assolutamente sì, sono favorevole alla candidatura di Nuoro - afferma sicuro Settimo Nizzi -. E lo dico sia a nome mio che a nome di tutta la città che rappresento. Sono già fermamente schierato al fianco del sindaco di Nuoro. Una eventuale vittoria farebbe bene a tutta la Sardegna».

 

12 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 26 gennaio / Lettere e commenti - Pagina 34
LA REGIONE SARDA NON È STATA SOLO BUROCRAZIA

di Salvatore Mura, Università di Sassari
L'anno che si sta aprendo comincia con i settant'anni dall'approvazione dello Statuto speciale, la carta che diede formalmente autonomia alla nostra isola. È quindi, inevitabilmente, un anno di celebrazioni, ma anche - si spera - di bilanci e di iniziative per un nuovo rilancio. Che cosa è stata la Regione Sardegna? Quale ruolo ha svolto? In quale misura le istituzioni autonomistiche hanno contato?Nel sito ufficiale del Consiglio regionale della Sardegna ora si possono trovare (finalmente) i resoconti delle sedute della massima assemblea sarda dal 28 maggio 1949 in poi: è una fonte diretta - prima consultabile solo a Cagliari oggi a disposizione online - per capire di che cosa si è dibattuto, le argomentazioni alla base di una determinata scelta, quali erano le posizioni dei consiglieri e dei membri delle Giunte. Certo, a distanza di settant'anni, la mancanza di un Archivio Storico della Regione non è un titolo di merito per la Sardegna. È difficile negare che il legislatore regionale ha avuto, indipendentemente dal colore politico, scarsa sensibilità nei confronti degli strumenti necessari alla ricostruzione storica e ha compreso solo di recente l'importanza di specifici investimenti per mettere a disposizione della collettività le carte delle istituzioni: forse anche questo, seppure in lieve misura, ha influito sulla percezione generale della Regione, che molti considerano protagonista in negativo della storia isolana, un ente essenzialmente burocratico, una fonte di sperpero di denaro pubblico. Qualcuno potrebbe obiettare che è il segno dei tempi in cui si è smarrito il senso civico. Ma anche negli anni Sessanta, quando era ben altra la percentuale dei partecipanti alla vita politica, al termine di una ricerca sui condizionamenti sociologici nello sviluppo delle zone interne Antonio Pigliaru concludeva che «vista dal basso» la Regione pareva «solo burocrazia», era «vissuta solo come burocrazia» («La programmazione in Sardegna», 1971, n. 35). C'è un fondo di verità anche in queste tesi così radicali. La macchina regionale non ha funzionato bene, è stata troppo lenta e troppo spesso inefficiente, poteva (e potrebbe) essere davvero migliore, ma è stata più utile e più importante di quello che tendenzialmente si riconosce. Ci sono diversi motivi per credere che la Regione non sia stata un freno e un limite allo sviluppo, ma sia stata l'ente fondante della Sardegna moderna. Il sostegno della Regione è stato assai rilevante, se non persino indispensabile, al decollo industriale, alla crescita del settore agricolo (dall'irrigazione dei campi ai contributi per la trasformazione dei terreni) e all'avvio del settore turistico (dalla valorizzazione dei beni storico-artistici alle leggi di salvaguardia ambientale). Se la Regione ha svolto (ha dovuto svolgere) un ruolo di guida è perché la Sardegna del secondo dopoguerra era fortemente arretrata, in una condizione di miseria oggi difficile persino da immaginare, con una classe di imprenditori, una borghesia, una "società civile", anche culturalmente, incapaci di traghettare autonomamente l'isola verso la modernizzazione. Nell'ambito delle celebrazioni dei 150 dell'Unità d'Italia l'Archivio centrale dello Stato allestì una bella mostra intitolata «La Macchina dello Stato. Leggi, uomini e strutture che hanno fatto l'Italia»: «Protagonista - si poteva leggere in un pannello introduttivo - è lo Stato unitario e le sue strutture organizzative tra il 1861 e il 1948, e il ruolo che queste strutture hanno avuto nel disegnare contorni e contenuti della nuova realtà del Paese unificato». Non sarebbe una cattiva idea promuovere una grande mostra sull'ente Regione, sulla sua nascita e sul suo sviluppo. Forse è persino opportuno: molti sardi, a cominciare dagli studenti, conoscono poco (o non conoscono) la storia delle istituzioni autonomistiche. E conoscerla è il primo passo per comprendere la Sardegna di ieri, ma forse anche quella di oggi.

 

13 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 26 gennaio / Cultura e spettacoli - Pagina 36
IL GIORNO DELLA MEMORIA
Cosa accadde nell'isola: anche Giuseppe Brotzu si adeguò
LEGGI RAZZIALI, QUEI SARDI CHE CHIUSERO UN OCCHIO

di Andrea Massidda
Con le sue importanti scoperte scientifiche - si pensi alle cefalosporine, antibiotici molto simili a quella penicillina che valse il Nobel a Fleming - contribuì a salvare chissà quante vite umane. E ancor prima che si diffondesse l'uso del Ddt si adoperò in prima linea nella lotta al flagello della malaria, tanto che la più grande azienda ospedaliera della Sardegna è intitolata proprio a lui. Eppure nel brillante curriculum del medico e farmacologo cagliaritano Giuseppe Brotzu, che nel secondo dopoguerra fu anche presidente della Regione e sindaco del capoluogo, c'è una macchia nera quanto le camicie dei fascisti. Una macchia rimasta sinora quasi invisibile: quando nel 1938 il regime approvò le leggi razziali, il luminare, all'epoca rettore della Regia Università di Cagliari, non soltanto si pregiò di fornire al prefetto l'elenco dei «professori di razza israelita» in forza all'ateneo, ma addirittura - con la stessa solerzia che metteva nella ricerca dei battericidi - pensò di segnalare anche il nome di un docente (tale Carlo Maiorca, straordinario di Diritto privato), sul quale non aveva indicazioni precise, tuttavia rilevava «qualche elemento di dubbio nel cognome della madre». Un imbarazzante eccesso di zelo riportato su una lettera da lui firmata nel pieno della campagna antisemita che la propaganda mussoliniana aveva già avviato da qualche mese. Il documento choc, conservato nell'Archivio di Stato di Cagliari, è stato rinvenuto e pubblicato di recente nel volume "Le leggi razziali in Sardegna", curato da Alessandro Matta, che su l'argomento ci ha fatto la sua tesi di laurea. «Tutti i professori censiti in Sardegna come ebrei nell'agosto del 1938 - precisa Matta, ora praticante avvocato - furono poi allontanati dall'insegnamento per effetto di un Regio Decreto del 5 settembre 1938. Lo stesso accadde per gli studenti». Le reazioni nell'isola. Ma, a parte questo caso eclatante, quale fu la reazione dell'intellighenzia sarda davanti a certi provvedimenti scellerati? È possibile che in ambienti culturalmente e politicamente avvertiti non si avesse consapevolezza degli effetti tremendi che le teorie sulla razza avrebbero avuto sulle persone nel mirino? «Nell'isola - spiega lo storico Manlio Brigaglia - non ci fu una grande reazione, come nel resto d'Italia. Il Paese era imbevuto dell'ideologia fascista e l'antisemitismo circolava tranquillamente. Anzi, ricordo il grande successo che ebbe a Sassari il film "Süss l'ebreo", inventato e costruito da Goebbels, autentico capolavoro della sua campagna antisemita. Le istituzioni scolastiche erano state educate così. Per quanto sembri incredibile, dunque, in genere gli uomini di cultura non si resero conto della crudeltà di tali norme».
Zelo burocratico e fascista. Sarà. Di sicuro, però, Brotzu non fu l'unico a far finta di nulla davanti a certe nefandezze. Lo racconta bene Giuseppina Fois, professore associato di Storia contemporanea alla facoltà di Lettere dell'Università di Sassari. «Qualche settimana prima dell'emanazione delle leggi razziali - rivela - il ministro dell'Educazione nazionale Giuseppe Bottai diramò a tutte le autorità una circolare nella quale si chiedeva di trasmettere a Roma l'elenco del personale di razza ebraica. E l'ateneo sassarese rispose allegando il prospetto ministeriale debitamente compilato, nel quale figuravano tre docenti di razza ebraica per parte di padre: Michelangelo Ottolenghi, Emilio Morpurgo e Franco Ottolenghi, gli ultimi due di religione cattolica». Fatto sta che il rettore Carlo Gastaldi non si comportò molto diversamente dal suo omologo cagliaritano: nell'informare il ministero attraverso una lettera sottolineò infatti «con zelo burocratico e fascista» che Morpurgo e Franco Ottolenghi risultavano comunque «di discendenza dalla razza ebraica» e pertanto chiese di essere avvertito con urgenza se vi fossero stati provvedimenti da adottare nei loro riguardi. «Il tono della comunicazione rettorale - commenta ancora Giuseppina Fois - corrispondeva, sia pure con qualche compiacimento, al clima di caccia alle streghe cresciuto nell'intero Paese e persino in una provincia dove la questione della presenza ebraica non aveva alcuna rilevanza storica recente. Non fu casuale se in quegli stessi giorni lo stesso Gastaldi dovette smentire per telegramma la falsa notizia secondo la quale i professori Sergio Costa e Antonio Segni, futuro presidente della Repubblica, sarebbero stati di "razza ebraica"».
Il sarcasmo di Emlio Lussu. In un suo famoso articolo pubblicato nel novembre del '38 su "Giustizia e libertà", Emilio Lussu ridicolizza con sarcasmo le leggi razziali e fa i nomi di alcuni illustri sardi che aderirono al manifesto della razza: Lino Businco (che ne fu addirittura il primo firmatario, nonché membro del comitato di redazione della famigerata rivista "La difesa della razza") e poi, scrive sempre il fondatore del Psd'Az, «i dottori Zonchello, Cao, Pintus, Maxia e Pirodda».
Il paradosso di Zaira Coen. Anche in Sardegna la persecuzione non risparmiò chi, pur essendo di religione ebraica, aveva aderito al Pnf. È il caso della professoressa Zaira Coen Righi, docente di Scienze al liceo classico "Azuni" di Sassari, che sarda non era ma viveva in città con il marito, lo scienziato Italo Righi, morto nel '38. «Era iscritta al partito e all'Associazione fascista della scuola - ricorda Alessandro Matta -, ricopriva incarichi nelle organizzazioni femminili e partecipava alle attività del Fascio sassarese. Ma tutto questo non bastò a evitarle un destino atroce. Allontanata dall'istituto, vedova e senza più un soldo, raggiunse a Firenze la sorella Ione. A denunciarle ai nazisti nel 1944 - continua - fu, in cambio di denaro, il portiere dello stabile nel quale abitavano. Subito arrestate finirono su un convoglio piombato diretto ad Auschwitz. Lo stesso su cui viaggiarono i sopravvissuti Piero Terracina e Nedo Fiano. Le sorelle Coen, 65 e 61 anni, appena sbarcate all'inferno non vennero ritenute idonee al lavoro e furono spedite nelle camere a gas». Una lapide ricorda Zaira nel cimitero di Sassari.
Le delazioni. «Ma le prefetture sarde - evidenzia infine Matta - ebbero anche a che fare con denunce anonime. C'è una lettera firmata "Un gruppo di musicisti napoletani (non ebrei)", che invoca provvedimenti contro il maestro Renato Fasano, direttore del Liceo musicale di Cagliari».

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