Venerdì 5 gennaio 2018

05 gennaio 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 gennaio 2018 / Provincia di Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
DECIMOMANNU. Nella base aerea presto nascerà il polo aerospaziale
DRONI E SATELLITI AL DECOLLO DALL'AEROPORTO MILITARE

Da sogno a realtà: l'aeroporto militare di Decimomannu presto ospiterà un distretto aerospaziale. L'ufficialità era arrivata in seguito al protocollo d'intesa sulle servitù militari in Sardegna, siglato a dicembre dal presidente della Regione, Francesco Pigliaru, e dalla ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Potrebbero partire a stretto giro i primi interventi per la riconversione della base che consentiranno, tra gli altri, l'avvio del progetto finanziato da Enac e agognato da UavItalia, socio del Distretto aerospaziale della Sardegna (Dass), che vorrebbe utilizzare la struttura per test e certificazioni del drone P1HH della Piaggio aerospace per il trasporto postale.
LA SINDACA  A renderlo noto è Anna Paola Marongiu, rassicurata dalla stessa Pinotti: «Dopo anni di lotte per evitare la chiusura della base, sono soddisfatta», dice: «L'aeroporto avrà un utilizzo doppio, con le attività militari affiancate da un importante polo per la ricerca aerospaziale, sede di utilizzo dei droni postali, così come il poligono di Perdasdefogu. La ministra ha garantito che la base sarà valorizzata e forse già a gennaio partiranno una serie di interventi di assetto riguardanti la Difesa».
NUOVA SPERANZA  Sarà quindi colmato il vuoto lasciato del contingente tedesco Luftwaffe, che per 57 anni aveva eseguito le attività di addestramento nella base, abbandonata dal reparto militare nel 2016. Il 31 dicembre, invece, c'è stato il congedo dell'ufficio amministrativo, che ha portato al licenziamento di 60 civili italiani riassorbiti nella pubblica amministrazione grazie al finanziamento dell'apposita legge. «La riconversione», continua Marongiu, «creerà posti di lavoro e un indotto per il territorio, richiamando famiglie che potranno stabilirsi in paese. È stato fondamentale l'impegno dei sindaci dei Comuni in cui ricadono i poligoni e della Regione».

 

2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 gennaio 2018 / Provincia Ogliastra (Pagina 40 - Edizione CA)
LANUSEI. Da lunedì gli studenti lasciano gli spazi del museo
L'Università trova casa alle Medie

Da lunedì prossimo l'Università a Lanusei cambia sede. Dagli spazi del museo civico “Franco Ferrai” viene trasferita nei locali delle scuole medie, dove c'è un'ala inutilizzata e che può tornare utile al servizio universitario.
Secondo gli amministratori, l'assegnazione delle sale nei locali del museo ha causato una serie di disagi agli studenti e di gestione del servizio. Per gli allievi della sezione staccata dell'Università di Sassari, i disagi sono legati ai servizi igienici e alla mancanza di riscaldamento e hanno perciò spinto l'amministrazione lanuseina a cercare un'alternativa. «È emersa anche la necessità - ha spiegato il vice sindaco Salvatore Zito - di avere aule più spaziose di quelle del museo. Perciò abbiamo fatto una selezione tra i locali disponibili e le scuole medie ci sono parse le più idonee e riscaldate a costo zero. Inoltre, lì non si pone il problema di gestire la chiusura e l'apertura, servizio per cui ci sono venuti incontro i vigili, per senso di responsabilità».
La soluzione, a quanto dice il vice sindaco, va incontro alle esigenze di tutti, l'università di Sassari, che ha spazi indipendenti, l'amministrazione comunale, che può sfruttare appieno gli spazi e le potenzialità del museo, senza i limiti imposti dalla presenza dell'università.
Paola Cama



3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 gennaio 2018 / Sport (Pagina 52 - Edizione CA)
La velocista dell'Amsicora nell'Accademia della Marina militare
Costanza , è un'altra vita La Casadio: sarò un ufficiale medico

Enrico Pilia
La nuova vita di Costanza è in un altro pianeta. Dove il rigore, la disciplina, la forma e la cura della persona, perfino le punizioni, sono in cima alla scala dei valori. I ritmi e la pressione sembrano tratti da una sceneggiatura e invece è tutto vero. Benvenuti in Accademia, quella militare. Niente più distrazioni social, una realtà quotidiana in cui tutto il tempo che si perde tra i 18 e i 20 anni si guadagna sui libri, nello sport, nella terra della concretezza. Senza più uno smartphone nel quale cercare rifugio. Costanza Casadio, cagliaritana, 18 anni, figlia di sportivi e atleta di ottimo livello, dalla felice maturità del “Dettori” e dall'aria aperta dell'Amsicora è piombata, volendolo a qualsiasi costo, nella vita militare. Nell'ultimo anno scolastico, con un esame di maturità al Classico da preparare, Costanza - ex campionessa sarda degli 80 e dei 300 metri, centometrista tra le più forti in Italia a livello giovanile - comincia un'altra corsa, quella per entrare nell'Accademia della Marina militare a Livorno. Test, esami, prove scritte, psicologiche e di cultura generale (quella vera), mesi passati a sognare di diventare un ufficiale medico, obiettivo che le ha permesso di superare qualsiasi difficoltà.
Come nasce la folgorazione per la vita militare in una quasi diciottenne di città? «Al quarto anno del Classico, la lezione in classe di un ufficiale della Marina mi colpì talmente che, a casa, dissi ai miei: ci voglio provare. Da quel momento ho fatto qualsiasi sacrificio, e con il loro aiuto si può dire che ce l'ho fatta».
Non è stato facile provarci. «Siamo partiti in 6 mila, i posti per il corpo sanitario erano sette. Sono stati mesi di test, esami di qualsiasi tipo, durante l'ultimo anno scolastico, il più pesante. Dalle prime prove attitudinali fino all'esame di Biologia, quello finale, la scrematura si è compiuta».
Nel mentre ti allenavi. «Non ho mai smesso con le gare. I 50, gli 80 e i 300 metri, la mia specialità. Senza abbandonare la vela, l'altra mia grande passione».
L'ingresso in Accademia, seconda donna sarda nella storia, e l'impatto con la vita militare. «Un altro mondo, neanche paragonabile a quello che ho lasciato. La forma militare, la disciplina, la precisione, gli orari, l'ordine anche nel comunicare fra noi, tutto questo ti modifica il modo di concepire la vita e i rapporti».
Studentessa di Medicina, atleta impegnata in due discipline, aspirante ufficiale in Accademia. Non devono essere giornate facili. «La sveglia è alle 5.50, si dorme con le finestre aperte tutto l'anno e noi, senza maglietta, abbiamo 8 minuti per sistemare il letto e prepararci. Poi si comincia con lo sport, per me atletica e vela, due allenamenti al giorno. Lo chignon deve essere perfetto, per l'assemblea mattutina, schierati. Tre minuti per la colazione, poi le lezioni di Medicina con i professori della Normale di Pisa. Alle 13.15, dopo lo schieramento, si pranza in 15 minuti, quindi secondo allenamento, spesso vela con la J24. Dalle 16.30 si torna in aula fino alle 19.40, per il nuovo schieramento. Quindi la cena, alle 20.15».
Rinunce e sacrifici. «È dura. Possiamo uscire a Livorno, città affascinante, dopo un lungo esame della divisa e della persona da parte dei superiori, il giovedì, il sabato e la domenica, di sera. Mentire, essere in disordine, non essere presenti con la mente, trasgredire sugli orari, sono mancanze che si scontano con giorni di rigore. Non abbiamo il telefono, dobbiamo tenere in ordine il dormitorio perché è casa nostra. E ci si muove di corsa, braccia al petto, anche in mensa, lungo il muro».
Anche lo sport non è un'attività secondaria.
«Abbiamo allenatori professionisti, sia per la velocità che per la vela, nel mio caso. Faccio parte delle due squadre, ci stiamo preparando per i Giochi delle Accademie , i Tia, e il lavoro è durissimo».
A casa per Natale. Un altro mondo. «Dopo sei mesi a Livorno, vedo la vita, le questioni quotidiane, perfino gli amici con un'ottica diversa. Mi colpiscono i ritardi, i tempi morti, piccole cose che prima neanche notavo. Ma è stato bellissimo rivedere i miei compagni del liceo, il nostro è un gruppo veramente affiatato».
Per lei, una festa il 24 dicembre, tutti all'aeroporto di Elmas per un saluto di quelli da non dimenticare. E lei, la notte di Natale, ha portato in chiesa lo spadino della divisa per una benedizione speciale. Da lunedì, si ricomincia.



 

La Nuova Sardegna

 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 5 gennaio 2018 / Attualità - Pagina 11
SCIENZA >> NUOVO TRAGUARDO
MANO BIONICA A UN'ITALIANA
PUÒ "SENTIRE" GLI OGGETTI

di Rosanna Codino
ROMA  Ancora «qualche anno» di lavoro per riuscire a miniaturizzare l'elettronica che controlla la mano bionica e mettere a punto una tecnologia per la quale sono ancora necessari gli opportuni aggiustamenti e che potrebbe diventare una sorta di jolly adattabile a molti tipi di protesi, come quelle di mani, braccia e gambe. È questo l'obiettivo del gruppo di Silvestro Micera, della Scuola Superiore Sant'Anna e del Politecnico di Losanna. «Stiamo lavorando nella direzione di un sistema elettronico completamente impiantabile e di lunga durata», ha detto Micera all'Ansa. Oltre alla miniaturizzazione conta la robustezza: «L'esperimento - ha osservato il ricercatore - ha dimostrato che anche la robustezza è quella ottimale per affrontare la vita di tutti i giorni». Il test di sei mesi nel quale l'italiana Almerina Mascarello ha sperimentato la mano bionica è stato un passo in avanti importante che ha dato ai ricercatori informazioni decisive: ora sanno di essere sulla strada giusta. Per avere un'idea dei progressi basti pensare alla mano bionica sperimentata nel 2014 su un uomo danese: in quel caso l'elettronica che la controllava occupava uno spazio almeno doppio rispetto a quella utilizzata da Almerina e contenuta in uno zainetto; anche il peso si è molto ridotto, fino a circa tre chilogrammi. Dal 2014 poi si è passati da un impianto di un mese a uno dei sei mesi: «Può sembrare banale, ma dal punto di vista dello sviluppo tecnologico - ha detto Micera - questo progresso dimostra un'importante solidità tecnologica. Ha permesso di passare da un esperimento in laboratorio a un esperimento nella vita di tutti i giorni che ci ha dato segnali incoraggianti verso la possibilità di realizzare un sistema della durata di anni e completamente impiantabile». Adesso i ricercatori continuano a lavorare nella direzione di un sistema impiantabile, costituito da un'elettronica esterna delle dimensioni di un piccolo telefonino. Potrebbe essere adattabile ad ogni protesi, con opportuni aggiustamenti per ognuna. «I risultati sono incoraggianti - ha concluso Micera - e potremmo davvero immaginare di riuscire a essere sulla buona strada per il primo impianto completo. Tra qualche anno potremo averlo, ci stiamo lavorando».
È stata realizzata dalla Scuola Superiore Sant'Anna e dal Politecnico di Losanna
ALLA PARTE ELETTRONICA HA CONTRIBUITO ANCHE L'UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
VICENZA «Aspetto solo che arrivi maggio, quando la mano bionica fatta appositamente per me, arriverà. Solo allora potrò dire che la mia vita è cambiata completamente». È determinata e sicura di poter recuperare l'uso della mano sinistra Almerina Mascarello, la 55enne di Montecchio Precalcino (Vicenza) prima donna italiana alla quale è stata impiantata una mano bionica che percepisce il contatto con gli oggetti. Parla con l'Ansa dalla sua villetta a schiera in cui abita con il marito, un artigiano attualmente disoccupato, e i due figli di 22 e 19 anni. È ancora dolorante perchè proprio a Capodanno, a causa di una distrazione, è caduta dalle scale procurandosi una contusione. Almerina aveva perso la mano sinistra nel luglio del 1993, schiacciata sotto una pressa dell'industria meccanica in cui lavorava. Il suo incontro con l'equipe del Policlinico Gemelli di Roma è stato frutto di una pura casualità. «Stavo sfogliando una rivista sull'invalidità - racconta - quando ho notato una pagina in cui si chiedeva di effettuare un test per una eventuale protesi». Dopo un anno la donna ha ricevuto la telefonata della speranza. «Mi ha chiamato il dottore del Gemelli e mi ha chiesto - spiega - se ero disponibile a fare da cavia per la sperimentazione di una mano bionica. Io ho detto di lasciarmi riflettere con calma e a maggio dello scorso anno ho detto sì. A giugno ero a Roma per l'intervento». Almerina era titubante a lasciare casa per molte settimane ma alla fine, spinta dalla famiglia, si è recata in ospedale. «Mamma sei grande» le ha detto la figlia prima di prendere il treno per Roma. Si commuove ancora mentre racconta le sensazioni provate con la nuova protesi bionica. «E' stata un'impressione strana, non avevo la mano da 23 anni - dice - Difficile descrivere quello che ho provato, mi stava accadendo qualcosa di meraviglioso e stupendo, di cui non sapevo capacitarmi. La mia mano aveva ripreso a tenere in mano gli oggetti, a sentire al tatto con l'indice la differenza tra metalli, stoffa, legno e plastica». Dopo la sperimentazione, alla donna è stato promesso che la protesi definitiva arriverà dopo un anno, al massimo un anno e mezzo. «Adesso aspetto con ansia - ammette - che mi chiamino per dirmi che è pronta». di Enrica Battifogliaw ROMAPoter uscire per strada, afferrare oggetti o raccogliere un fiore: per Almerina Mascarello, che aveva perso la mano sinistra 23 anni fa in un incidente di lavoro, queste azioni così semplici sono state un'esperienza straordinaria, grazie ad una nuova mano bionica, che percepisce il contatto con gli oggetti e che è stata sperimentata fuori da un laboratorio. La mano è stata realizzata dal gruppo di Silvestro Micera, della Scuola Superiore Sant'Anna e del Politecnico di Losanna. L'intervento è stato eseguito nel giugno 2016 nel Policlinico Gemelli di Roma dal gruppo del neurologo Paolo Maria Rossini. La sperimentazione, i cui risultati sono in via di pubblicazione su una rivista scientifica internazionale, è la terza tappa di una strada cominciata quasi 20 anni fa e il cui obiettivo ultimo è realizzare un'elettronica così miniaturizzata da portare a protesi completamente impiantabili. «E' stata un'impressione molto strana, non avevo la mano da 23 anni», ha detto la donna raccontando l'esperienza provata durante la sperimentazione. «La mia mano - ha aggiunto - aveva ripreso a tenere in mano gli oggetti, a sentire al tatto con l'indice la differenza tra metalli, stoffa, legno e plastica». Sensazioni straordinarie per chi non riesce a provarle da tanto tempo, ma che si traducono ancora in qualcosa di simile a una leggera pressione o a una puntura: «Non basta che le persone che sperimentano le protesi siano contente delle sensazioni che provano, vogliamo arrivare a sensazioni funzionali», ha detto Christian Cipriani, della Scuola Superiore Sant'Anna, che da 13 anni lavora allo sviluppo della mano bionica. La mano hi-tech sperimentata da Almerina nella sua prima «uscita», nell'ottobre 2016, ha l'elettronica racchiusa in uno zainetto simile a quello che si usa a scuola e pesante circa tre chilogrammi. Lo zainetto, ha spiegato Micera, «racchiude il sistema che registra i movimenti dei muscoli e li traduce in segnali elettrici, poi trasformati in comandi per la mano; un altro sistema trasforma l'informazione registrata dai sensori della mano in segnali da inviare ai nervi e quindi in informazioni sensoriali». L'elettronica è stata realizzata dalla Scuola Superiore Sant'Anna insieme all'Università di Cagliari e gli elettrodi impiantati nei muscoli si devono all'università tedesca di Friburgo. Durato sei mesi, il test ha dato informazioni importanti per raggiungere finalmente l'obiettivo ultimo di questa lunga ricerca. Per Rossini la speranza è che la lunga strada della sperimentazione possa raggiungere presto l'obiettivo finale, ossia rendere disponibili queste protesi innovative a costi accessibili. Questo richiederà ancora alcuni anni di ricerca ma, per i ricercatori, è da sempre nello spirito con il quale il progetto è nato.

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