Domenica 3 dicembre 2017

03 dicembre 2017

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 27 - Edizione CA)
CONTAMINAZIONI DOTTE
Domani alle 10 il Crea, Centro servizi per l'innovazione e l'imprenditorialità dell'Università in via Ospedale 121, ospiterà il primo incontro della rete nazionale dei ContaminationLab. All'evento prendono parte i delegati del Ministero istruzione università e ricerca e del Mise (ministero per lo sviluppo economico) e dei diciotto atenei coinvolti nell'Italian CLab Network. All'apertura dei lavori partecipa anche la rettrice Maria Del Zompo.

 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 27 - Edizione CA)
PREMIO AI REPORTERS
Domani dalle 16.30, l'aula magna del rettorato in via Università 40 ospiterà la cerimonia di premiazione del concorso “Reporters of the night”, riservato agli studenti delle scuole superiori isolane e maturato nell'ambito della manifestazione “Notte dei ricercatori 2017”.

 

3 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Economia (Pagina 20 - Edizione CA)
MEDICI. Il ministero alla fine cede: a Cagliari la prova per entrare nelle scuole
Specializzazione, test nell'Isola

Alla fine il concorso è stato fatto a Cagliari. Per un complicato ragionamento del Miur, 480 neolaureati medici sardi avrebbero dovuto recarsi a Torino per sostenere il concorso nazionale che mette in palio i posti nelle scuole di specializzazione post laurea. Torino, in pratica, era la città di riferimento della macroarea concorsuali della quale rientrava anche la Sardegna.
Una lettera del Rettore Maria Del Zompo al ministero dell'Università ha, invece, rimesso in discussione il tutto e convinto il ministero a consentire che i laureati sardi potesse svolgere la prova a Cagliari. «Abbiamo chiesto di poter ospitare le prove sia perché possediamo i requisiti organizzativi e logistici imposti dal bando, sia perché sapevamo di poter contare su professionalità e dedizione del nostro personale tecnico e amministrativo», dice il rettore. «La Sardegna, Cagliari e la nostra università vantano peculiarità di alto livello. Siamo orgogliosi di aver permesso», lo scorso 28 novembre, «a 480 neo-medici sardi di poter sostenere nella propria regione il concorso». Una buona notizia per i sardi che in questo modo hanno «risparmiato tempo, fatica e denaro», dice il rettore.
Oltre ai 480 medici che si sono laureati in Sardegna (278 nell'ateneo di Cagliari, 202 in quello di Sassari), hanno preso parte ai test d'accesso alle scuole di specializzazione, altri 33 candidati provenienti da università d'oltre Tirreno. Il 4 dicembre il Miur pubblicherà la graduatoria. I 140 test sui quali si sono confrontati i medici sono stati elaborati da una commissione nazionale e somministrati attraverso un software. Il 29 dicembre, infine, i vincitori saranno presi in carico dall'università di Cagliari. (ma.mad.)

 

4 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 27 - Edizione CA)
BANDO DELL'UNIVERSITÀ
L'Università ha pubblicato il bando per le collaborazioni degli studenti. Le attività non potranno superare le 200 ore e saranno retribuite con un compenso di 10 euro all'ora. Le domande di ammissione devono essere presentate entro il 9 gennaio.

 

5 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
Le Unioni dei Comuni investono i fondi nel trasporto locale e nelle piste ciclabili
La Marmilla sperimenta i piccoli bus “a chiamata”

Pochi pullman. Strade abbandonate. I servizi di trasporto non adeguati non aiutano la Marmilla nella lotta giornaliera contro lo spopolamento. Le Unioni dei comuni “Alta Marmilla” e “Parte Montis” provano a risalire la china con due progetti di sistema di trasporto locale come antidoto al calo demografico con fondi statali e regionali.
Le idee innovative non mancano: un sistema misto di linea di bus e fermate a chiamata e piste ciclabili per facilitare le trasferte degli studenti fra paesi distanti un chilometro. Nel territorio diversi comuni sardi potrebbero rimanere senza residenti in 10 anni. Fra questi Baradili. Destino che potrebbe toccare entro mezzo secolo a Villa Verde, Villa Sant'Antonio, Simala, Ruinas e Sini. L'Alta Marmilla ha proposto un nuovo modello di trasporto locale da finanziare con i fondi della Strategia nazionale delle aree interne. Costo dell'intervento 950 mila euro. «Prima uno studio sulla situazione dei trasporti in zona e le esigenze della popolazione», spiega il presidente dell'Unione Roberto Scema, «poi una sperimentazione mista. Alcune linee di collegamento con fermate intermedie nei paesi a chiamata, richieste dai cittadini. Utilizzeremo i mezzi già a disposizione del nostro ente». Non sarà semplice. Aggiunge: «È in corso una sperimentazione embrionale con gli appuntamenti letterari del festival Entula, utilizzando l'appalto per il trasporto scolastico. Sistema utilizzato da pochi cittadini. Serve educare le popolazioni e promuovere il servizio».
Anche l'Unione “Parte Montis” ha inserito nella programmazione territoriale un progetto da un milione di euro per mobilità sostenibile e il trasporto flessibile col sostegno di Centro di ricerca modelli di mobilità dell'Università di Cagliari e dell'Università del Texas. «Già avviati il piedibus per gli alunni e la realizzazione di una pista ciclabile fra Masullas e Mogoro per gli studenti», dice il presidente Mansueto Siuni, «anche noi puntiamo su piccoli bus da 8 o 16 posti con servizio a chiamata».
Antonio Pintori

 

6 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
Ricette antispopolamento. E l'Anci propone la zona franca rurale
Turismo, vigne e wi-fi: l'Isola dice no al deserto

Antonio è nato 75 anni fa a Nughedu Santa Vittoria, ha sempre lavorato nelle foreste, e da quando è andato in pensione trascorre il tempo con suo nipote Luca, l'unico che ha vicino, perché gli altri figli sono andati via in cerca di lavoro, e gli appartamenti che aveva costruito per loro sopra casa sua sono vuoti, chissà se qualcuno li abiterà mai. Antonio va ogni giorno a curare la vigna, e sta insegnando al bambino a fare il vino, a suonare l'organetto e ad andare a cavallo, per farlo partecipare alla prossima festa del patrono. Tra loro parlano in sardo, con la speranza che una volta diventato grande, e forse cittadino di un altro luogo, non si dimentichi delle sue radici e torni in paese almeno per le vacanze, con la famiglia e gli amici.
IL PENSATOIO «Questo è il racconto collettivo di un territorio che si spopola, testimonianze simili ne troviamo in ognuno dei trentuno centri sardi a rischio d'estinzione. Il nostro obiettivo è quello di trovare idee, progetti e buone pratiche per la rinascita», dicono i protagonisti del Campus Omodeo, studenti universitari, neolaureati, ricercatori e giovani professionisti che - con il coordinamento di Sardarch (Nicolò Fenu, Matteo Lecis Cocco Ortu e Francesco Cocco) e il contributo di intellettuali e studiosi - hanno animato per una settimana l'estate scorsa un workshop finalizzato a creare proposte per riattivare il tessuto economico del Barigadu e del Guilcer.
IL FUTURO Ieri sera il risultato di questo lavoro è stato presentato alla popolazione riunita nella sala del consiglio comunale. «Noi vogliamo invertire la tendenza, da questo think tank sono scaturite una serie di azioni che concretizzeremo grazie a una cooperativa di comunità, una rete di persone che opera per produrre valore che ricada sul territorio», sottolinea Francesco Mura, sindaco di Nughedu, 490 anime, il 60 per cento ultrasessantacinquenni. «Sono quattro i temi forti: agricoltura, riuso, invecchiamento attivo e turismo sostenibile. Che poi si uniscono alle attività già avviate: il social eating day , cioè la cena sociale che in due anni ha portato un flusso di oltre 600 visitatori, moltissimi stranieri; e il progetto Atelier, l'ospitalità per due mesi di artisti internazionali, con l'obiettivo di scioccare i nughedesi, facilitare il dialogo con culture distanti, rompere l'isolamento e aprire la mente».
I TEMI Agricoltura dunque: con il recupero di terre abbandonate tramite nuove piccole aziende per produzioni agroalimentari di qualità e la nascita di una piattaforma, sia virtuale che fisica, per far incontrare produttori e consumatori e decidere assieme cosa fare del surplus. Riuso, nel caso specifico fare del Novenario di San Basilio uno spazio aperto e una struttura turistica. Invecchiamento attivo, cioè la valorizzazione del ruolo degli anziani e del rapporto tra generazioni, ad esempio, con l'insegnamento dell'organetto, strumento tipico della zona, la condivisione degli antichi metodi di coltivazione, la lavorazione del pane, lezioni di lingua sarda, laboratori di artigianato. Infine, il turismo, lento, sostenibile, legato alle risorse naturalistiche e all'enogastronomia, e già ci si immagina il futuro del lago Omodeo, con sportivi, escursionisti, pellegrini.
L'ANCI L'Anci Sardegna nei giorni scorsi ha presentato al Consiglio regionale un report sui paesi, le aree interne e le periferie urbane e rurali, un «documento di metodo», dice il presidente Emiliano Deiana. «Oggi il grado di consapevolezza della politica, delle istituzioni regionali, delle organizzazioni sindacali e datoriali, dei centri di cultura universitari, dei gruppi organizzati, del fenomeno dello spopolamento è bassissimo». Bisogna parlare di «catastrofe demografica e di disastro antropologico» se si vuole evitare «la desertificazione». Immaginare «una visone differente di un'Isola che non sia solo lo stereotipo logoro del ballo tondo e dell'autorappresentazione mascherata che serve ad allietare il weekend di qualche visitatore». La resistenza secondo l'Anci potrebbe passare, ad esempio, per «una zona franca rurale (perché si parla solo di quelle urbane?) con una fiscalità di vantaggio per imprese e persone che vogliono continuare ad abitare quei luoghi».
LA LEGGE SUI PICCOLI COMUNI Ieri di spopolamento e piccoli comuni si è parlato anche a Bono, e Silvio Lai, senatore Pd, ha illustrato la legge approvata di recente sul sostegno ai centri con meno di 5000 abitanti - 314 in Sardegna (l'83%) - che tra l'altro «prevede misure concrete per l'accesso alla banda larga (anche quando le grandi compagnie non hanno interesse a insediarsi in mini mercati), per l'istruzione e i trasporti (fuori dai calcoli numerici), per la distribuzione e la vendita della stampa quotidiana, per attrarre set cinematografici».
Cristina Cossu

 

7 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Commenti (Pagina 19 - Edizione CA)
Mladic, Mugabe e i nazionalismi
Giustizia a corrente alternata
Luca Lecis, Docente di storia contemporanea Università di Cagliari

« Oggi 11 luglio 1995, nella Srebrenica serba, consegniamo questa città alla nazione serba. Ricordando la rivolta contro i turchi, è giunta l'ora di vendicarsi dei musulmani». Con questo breve comunicato Ratko Mladic annunciò la conclusione dell'assedio di Srebrenica anticipando la pulizia etnica che di lì a poco avrebbe eliminato 8.000 tra uomini e giovani musulmani rifugiatisi nell'enclave creata dalle Nazioni Unite per ospitare 40.000 persone in fuga dalla guerra che infuriava nei Balcani.
Il peggior sterminio messo in atto in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale ha oggi, a ventidue anni di distanza, un colpevole: il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia ha condannato Mladic all'ergastolo. Dopo un processo durato 530 giorni il macellaio della Bosnia, il boia di Srebrenica (ma anche di Goražde, Tuzla, Zepa, Bihac, epicentri della campagna di pulizia etnica promossa dal delirio della Grande Serbia del presidente Slobodan Miloševic), il responsabile militare ed esecutore materiale del massacro di tutti gli uomini in età di combattimento, dello stupro di massa e della deportazione di donne, vecchi e bambini è stato riconosciuto colpevole e condannato per crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio.
Le pesanti complicità internazionali di cui ha potuto indirettamente godere Mladic sono note dal 2015 grazie alla giornalista Florence Hartmann: nel libro “L'Affaire Srebrenica: il sangue della Realpolitik” aveva denunciato, documenti alla mano, come i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna fossero a conoscenza dei piani del massacro ma come, nonostante ciò, avessero deciso di immolare l'enclave bosniaca e la sua popolazione musulmana sull'altare della realpolitik per agevolare il processo di pace.
Ma se la decisione del tribunale dell'Aia ha parzialmente reso giustizia a vittime e sopravvissuti dei vergognosi massacri, condannando all'ergastolo l'oggi settantaquattrenne generale serbo, l'idea che i criminali di guerra siano consegnati alla giustizia sembra appartenere più alla memoria di un lontano passato che alla contemporaneità. Come ha scritto Jonathan Freedland, editorialista del Guardian, «Mladic è stato sfortunato, oggigiorno molti criminali di guerra sono liberi»: chiaro è il riferimento al deposto Robert Mugabe, incontrastato dominus dello Zimbabwe per 37 anni, che per ammissione dei suoi stessi oppositori non verrà giudicato per il massacro di oltre 20.000 persone compiuto nel Matabeleland nei primi anni Ottanta.
Un caso di giustizia negata, l'ultimo in ordine di tempo, che non agevola la transizione democratica né favorisce la pace né tantomeno assicura giustizia alle vittime ancora oggetto di violenze e persecuzioni: gli oltre 600.000 rohingya in fuga dal Myanmar verso il Bangladesh, gli yemeniti bombardati da una coalizione militare guidata dai sauditi o i siriani sotto il regime di Baschar Assad, che nega qualsiasi atrocità e rifiuta, grazie all'appoggio russo, la visita di ispettori internazionali.
Cosa è cambiato rispetto al 1945 quando fu solennemente dichiarato che “mai più” futuri genocidi sarebbero rimasti impuniti e costruita l'impalcatura legale per perseguire i crimini contro l'umanità a Norimberga? Da una parte vi è stato l'allontanamento di Washington e Londra, pesantemente screditati dalla débâcle in Iraq del 2003, che ha rivelato l'inefficacia di interventi militari contro regimi dittatoriali, dall'altra la messa in discussione delle istituzioni sovranazionali, impedite a perseguire tutti i criminali, senza distinzioni. Se la condanna di Mladic è una vittoria per la giustizia, l'attuale esasperazione nazionalista rende difficile una reale efficacia delle istituzioni sovranazionali.

 

8 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Cultura (Pagina 52 - Edizione CA)
COLLEGIO DEL MONDO UNITO. Parlano i ragazzi sardi, diplomati alla scuola di eccellenza
Quando il dialogo diventa la regola del vivere insieme

Il merito maggiore, tra i tanti, è che star lì dà l'idea che un mondo altro e migliore sia possibile. Si sperimenta che, anche se si giunge al Collegio del Mondo Unito, in una qualunque delle sue 17 sedi nei quattro continenti, da luoghi del pianeta diversi, il dialogo può essere la norma e più sono le cose che uniscono di quelle che dividono.
Forse, anche affascinati da questa visione della vita, oggi, nella sede di Cagliari della Fondazione di Sardegna, diciotto ragazzi sardi, 400 in tutta Italia, partecipano alle selezioni regionali per accedere alla scuola internazionale di eccellenza. In palio, una borsa di studio che gli consentirà di frequentare gli ultimi due anni di liceo in una delle sedi del Collegio del Mondo Unito (quella italiana è a Duino, in provincia di Trieste), e conseguire il Baccellierato internazionale, porta d'accesso alle migliori università del mondo.
Come spiega Roberto Valdo Cortese, imprenditore sociale, che ha frequentato il Collegio di Duino dal 2011 al 2013, i buoni voti a scuola sono un aspetto importante per partecipare alle selezioni, ma non decidono il risultato: «Conta di più ciò che sei e in cui credi». Frequentare il Collegio, dice Cortese, tra i selezionatori delle nuove generazioni insieme ad altri ex studenti sardi dell'UWC, «vuol dire aderire ai valori del confronto, cooperazione, responsabilità e azione personale».
«Quando si parte - racconta Martina Melis, esperta in Migrazioni, che ha vissuto per due anni nel Collegio del Galles, tra l''89 e il '91- si è molto giovani, ricettivi e pronti a mettersi in gioco: si impara presto a condividere, a comprendere il punto di vista altrui, a lavorare in gruppo e per il gruppo». Melis divideva la stanza con altre tre ragazze: dell'Ecuador, del Libano, della Norvegia, nel campus vivevano 280 studenti provenienti da 70 paesi diversi.
Il rigore etico unito al senso pratico è ciò che Stefano Carboni ha portato con sé dalla sua esperienza nel Collegio di Hong Kong, in Cina, vent'anni fa, per farne uno stile di vita. «Nei Collegi puoi sognare un mondo migliore, fuori dal Collegio puoi darti da fare per contribuire a costruirlo», dice Carboni, che si occupa di editoria digitale. Per Carolina Melis, art director Snyder New York, il modello di leadership altruista sperimentato nel Collegio di Duino, dove è stata tra il '93 e il '95, è un elemento di successo nel suo lavoro - ha curato campagne pubblicitarie di aziende molto note, come la BBC - per cui spesso deve coordinare persone con competenze molto varie. «Essere competitivi con sé stessi, dare sempre il meglio di sé per sé e per gli altri», dice, è stata un'indimenticabile lezione.
Franca Rita Porcu

 

9 - L’UNIONE SARDA di domenica 3 dicembre 2017 / Provincia Sulcis (Pagina 40 - Edizione CA)
CARBONIA. Mongiu: «I giovani hanno un ruolo importantissimo»
«Il Sulcis diventi fucina di progetti sostenibili»

Stessa cultura industriale e mineraria del suolo e sottosuolo, stesso substrato agricolo e, purtroppo stesso destino (cioè declino) demografico e ambientale. Eppure Carbonia e Iglesias, più in generale Sulcis e Iglesiente, polo in grado di rivaleggiare con Cagliari, potrebbero «accantonare l'atavico campanilismo, creare una memoria culturale e archivistica unica, proporsi come esempio di urbanistica sostenibile contro il disegno di legge regionale di gestione del territorio che andrebbe subito ritirato».
L'APPELLO Il richiamo che Maria Antonietta Mongiu, ex assessore regionale, dirigente di Lamas e SardegnaSoprattutto, ha lanciato ieri all'apice del seminario “Materiali per un'urbanistica sostenibile”, è risuonato senza equivoci. Più che un richiamo, un monito contro «una politica che non si assume responsabilità». Sostenuto dal Comune, il seminario ha schierato l'intellighenzia urbanistica, scientifica e sociologica dell'Isola ponendo il fulcro sulle condizioni attuali, date le premesse storiche, del Sulcis Iglesiente. E il territorio, si scopre, può dare moltissimo «se i giovani finalmente entrano negli archivi della memoria - ha rilanciato Mongiu - per accantonare l'idea che si ha di un luogo dominato da anziani in aumento e operai in disperazione». Dritto al sodo pure l'intervento dell'ex rettore universitario Pasquale Mistretta: «Il problema di Carbonia e Iglesias è che devono vedersela con Cagliari e l'ultimo esempio sta nella riforma della rete ospedaliera: potrebbe esserci un forte polo di aggregazione, se non prevalesse il campanile».
IL TERRITORIO Uno degli assi del territorio, come rammentato dall'archivista Enrico Trogu e dall'assessore locale alla Cultura Sabrina Sabiu, sta proprio «nel riscoprire opere a basso impatto ambientale e nel ricondurre tutto a un patrimonio restaurato partendo dall'esempio di Carbonia, Narcao e Iglesias». Ma Carbonia sconta un Puc che sarà pure adeguato al Ppr ma, per ammissione del sindaco Paola Massidda, «è visto come disvalore che ingessa la città, viviamo nel piccolo ciò che la Regione impone con la legge urbanistica: calata dall'alto senza confronto democratico». Serve allora «un nuovo patto etico sociale anche a Carbonia», ha rimarcato l'assessore all'Urbanistica Luca Caschili per scongiurare, come ha accusato l'urbanista Giovanni Maciocco, «il divorzio fra cittadinanza e luogo in cui vive». Divorzio percepito anche nelle ripercussioni dello sfruttamento ambientale: «Esiste un fenomeno di erosione marina del bacino dei fanghi rossi di Portoscuso», ha sottolineato l'ingegnere Roberto Cossu in linea con quanto auspicato dal parroco don Amilcare Gambella: «Il Sulcis diventi fucina di idee sostenibili».
Andrea Scano



 

La Nuova Sardegna

 



 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 3 dicembre 2017 / Provincia di Oristano - Pagina 22
Solarussa, concluso il workshop di Comune e università sul rischio idrogeologico
DALLE IDEE DEGLI STUDENTI LA DIFESA DALLE ALLUVIONI
Infrastrutture verdi, rigenerazione degli spazi e gestione delle acque piovane

SOLARUSSA Solarussa, insieme a Uras e Terralba, è stato tra i centri dell'Oristanese più colpiti dall'alluvione del novembre 2013. Per questo l'amministrazione e la popolazione sono particolarmente sensibili al tema del dissesto idrogeologico. Nei giorni scorsi l'ex caseggiato Naitana ha ospitato la sessione conclusiva delle tre giornate di workshop Internazionale Territori dell'acqua e cambiamento climatico, organizzata dall'amministrazione comunale e dal Dipartimento di Architettura, design e urbanistica di Alghero dell'Università di Sassari Si è parlato di rapporto tra rigenerazione urbana e rischio idrogeologico in questa edizione del workshop e sono stati sviluppati i temi che Comune e Università hanno avviato nell'ambito del progetto transfrontaliero Trig-Eau (Transfrontalierità, Resilienza, Innovazione & Governance per la prevenzione del Rischio Idrogeologico), Programma Italia-Francia Marittimo 2014-2020. Le ipotesi di lavoro hanno seguito un principio: il tentativo di progettare lo sviluppo di infrastrutture verdi e la rigenerazione degli spazi pubblici, oltre «alla gestione più efficiente delle acque piovane in ambito urbano, la riduzione gli effetti del deflusso». «Il processo di governance costituisce parte centrale del progetto - ha detto il sindaco, Mario Tendas -. L'iniziativa si inserisce nell'ambito del progetto Trigeau, finalizzato a migliorare le capacità delle istituzioni di gestire il rischio idraulico in maniera partecipata, innovativa e sostenibile».Nell'appuntamento conclusivo gli studenti coordinati dai docenti e dai tutor hanno illustrato studi, analisi ma anche ipotesi e proposte progettuali per arginare e mitigare il rischio idrogeologico concentrando l'attenzione su quartiere de "Sa Paui". Quel rione del centro abitato che durante il 18 novembre del 2013 è stato fortemente danneggiato da ciclone "Cleopatra".Nel corso del convegno sono intervenuti anche diversi sindaci, fra i quali quello di Terralba, Sandro Pili, e quello di Milis, Sergio Vacca. I 60 studenti provenienti dal corso di Laurea Magistrale in Pianificazione e Politiche per la Città, l'Ambiente e il Paesaggio, e dal corso di Scienze dell'Architettura e del Progetto, sono stati guidati e coordinati oltre che dai professori Gianfranco Sanna e Silvia Serreli del Dipartimento di Architettura di Alghero, da Valeria Monno, docente e ricercatrice del Politecnico di Bari e dall'architetto-fotografo Davide Virdis. Le conclusioni del convegno sono state affidate a Paolo Demuru dell'Assessorato regionale all'Urbanistica che si è complimentato per la gestione della iniziativa ma anche e soprattutto per la qualità del lavoro svolto e per le precise e puntuali proposte scaturite dai gruppi di lavoro dei 60 giovani studenti.

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie