Sabato 11 novembre 2017

11 novembre 2017

La Nuova Sardegna

1 - L’UNIONE SARDA di sabato 11 novembre 2017 / Provincia di Oristano (Pagina 36 - Edizione CA)
ORISTANO. La moglie di Walter Piludu al liceo De Castro
SLA E FINE VITA: STAMANI IL DIBATTITO

L'ultima battaglia di Walter Piludu per la legge del fine vita e la Sla in Sardegna. Sono i due argomenti di stretta attualità di cui si parlerà oggi alle 10.30 nel corso di un incontro dibattito in programma nell'aula magna del Liceo De Castro, diretto da Pino Tilocca .
Sono previsti gli interventi di Marinella Maucioni , moglie di Walter Piludu, che racconterà proprio l'ultima battaglia portata avanti di Walter per l'ottenimento di una legge sul fine vita. Seguirà l'intervento di Alessandra Pisu , docente di Diritto privato dell'università di Cagliari: esporrà i contenuti della legge sul fine vita, in attesa di essere discussa e approvata dal Senato.
Antonio Pinna , dirigente scolastico in pensione farà il punto sui malati di Sla in Sardegna. Chiuderà gli interventi il medico Francesco Carta , componente del comitato di bioetica di Oristano. Seguirà il dibattito con gli studenti. Walter Piludu, scomparso il 3 novembre del 2016, si era sempre battuto per la legge sul fine vita, e sulla Sla nell'Isola. ( e. s. )

 

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 11 novembre 2017 / Provincia di Oristano (Pagina 37 - Edizione CA)
CABRAS. Forse c'è un legame tra Mont'e Prama e San Salvatore
Dall'ipogeo ai Giganti: nuove sorprese dal Sinis 

Ancora è presto per dirlo, ma forse c'è un collegamento tra l'antico villaggio di San Salvatore e il sito archeologico di Mont 'e Prama. Per avere conferme, gli addetti ai lavori devono prima studiare attentamente le foto multi spettrali scattate all'interno dell'ipogeo. Nell'ultima stanza in fondo, la più grande dell'edificio, dove c'è un piccolo altare. Il Sinis, insomma, è ancora sotto esame.
LA RICERCA Uno studio dettagliato che in questi giorni sta portando avanti Gaetano Ranieri, geofisico dell'Università di Sassari: «È un modo diverso per scoprire qualcosa in più di questa zona ricca di storia. L'archeologia ha già detto già tanto, è vero però che oggi ci sono strumenti all'avanguardia che possono svelare ancora di più».
LE FOTO Dopo aver avuto l'ok dalla Soprintendenza, Gaetano Ranieri assieme al suo team sta fotografando con una strumentazione ad infrarossi le pitture e le scritte arabe presenti all'interno della stanza scavata al di sotto della chiesa. Obiettivo: capire se le raffigurazioni e le incisioni hanno un collegamento con le enormi statue di pietra e le tombe rinvenute negli anni 70 a Mont'e Prama. «Il nostro obiettivo è vedere tutto ciò che non si percepisce ad occhio nudo - tiene a precisare Ranieri - per fotografare le pareti interne dell'ipogeo vengono utilizzati strumenti all'avanguardia che solitamente risultano essere vincenti. Chissà se oltre quelle scritte c'è qualcosa in più sulla storia di Mont'e Prama - ha detto ancora Ranieri - chi ad esempio ha realizzato le sculture di pietra, sin quando sono rimaste in piedi, perché erano allineate tra di loro, quando esattamente sono state ideate e perché. Noi stiamo cercando informazioni in maniera diversa dall'archeologia».
LO STAGNO Ma non è tutto. Una volta terminato lo studio all'interno dell'ipogeo i tecnici dell'Università di Sassari si trasferiranno nello stagno di Cabras, vicino a Mont'e Prama, a circa un chilometro di distanza per capire se anche da quelle parti si nasconde qualche tesoro antico.
«Per realizzare le statue gli antichi hanno sicuramente utilizzato l'acqua - conclude Ranieri - ecco perché molto probabilmente anche nel fondale di Mar 'e Pontis c'è qualcosa di straordinario. Bisogna solo attendere». Analisi che verranno eseguite utilizzando parte dei 450 mila euro messi a disposizione due anni fa dalla Fondazione Banco di Sardegna. Mont'e Prama e dintorni sono un incredibile tesoro ancora tutto da scoprire. Gli studiosi ne sono convinti.
Sara Pinna

 

  

3 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 11 novembre 2017 / Atlanti - Pagina 14
DIDATTICA - IL FUTURO
Cellulare in classe niente paura: «Aiuta a studiare meglio»
La ricerca di Giovanni Bonaiuti e Marco Pitzalis (Università di Cagliari)
Usare gli smart nel modo giusto, insegnando anche a programmare

di Stefano Ambu
«Tirate fuori il cellulare». Sguardi unpo’ stupiti degli alunni: tutti pronti e rassegnati all'ennesima consegna dello smartphone proibito al prof. Ma non è così, il docente continua: collegatevi su kahoo.it. E inserite il pin. Sì, perché nello schermo della lavagna elettronica nel frattempo è apparso un numero. Cinque cifre, poi c'è da inserire un nickname. Sullo schermo della Lim compare una domanda sulla lezione appena spiegata. E quattro opzioni da digitare sul telefonino: una sola risposta è quella giusta. Poi subito la verifica: il prof capisce al volo se la classe sta dormendo o se è attenta. In qualche aula, non in moltissime, già succede. Anche in Sardegna lo smartphone, molto prima del “benestare” della ministra Fedeli, è già entrato in classe per scopi didattici. Non soltanto nelle scuole superiori. Giovanni Bonaiuti, docente dell'Università di Cagliari, autore di un libro intitolato “Strategie didattiche”, qualche volta fa utilizzare, nelle sue lezioni agli studenti specializzandi del corso Tfa sostegno, il cellulare ai suoi allievi (che sono già insegnanti) con il collegamento a programmi che consentono interazione e feedback immediati. E non è il solo. Bonaiuti descrive nel suo testo anche altre possibili strategie che si basano su internet ed elettronica: ci sono persino i videogiochi. Perché anche lì ci sono elementi chiave come curiosità, sfida, responsabilità, cooperazione. Ma attenzione: non è una mera esaltazione delle tecnologie, vengono messi in evidenza accanto ai pregi anche i rischi e le insidie. E nel libro non viene trascurata l'efficacia delle altre armi in mano al docente, a cominciare dall'esposizione classica. Nelle scuole sarde i cellulari sono entrati a macchia di leopardo e spesso per l'ispirazione di docenti che guardano al futuro, insieme a stampanti in 3D, programmi per insegnare la chimica con la realtà aumentata, coding e tante altre novità per arricchire la lezione e incuriosire i ragazzi. «Sulla tecnologia – spiega Marco Pitzalis, docente di Sociologia all'Università di Cagliari, direttore del Cird, centro interdipartimentale per la ricerca didattica e coautore del libro “Innovare la scuola” – in realtà non c'è più l'ottimismo un po' naïf di dieci anni fa. Non è detto che tecnologia sia per forza sinonimo di buona didattica. Riesce invece ad essere importante (anche io in certe situazioni faccio usare il cellulare nelle mie lezioni) quando viene utilizzata nella maniera giusta. A volte dipende dalle discipline. Penso alla geometria: ci sono a disposizione programmi molto interessanti per una buona lezione in classe». Ma attenzione a non esagerare. «Giocare con le tecnologie non è utile a fini didattici – spiega Giuliano Vivanet, esperto del settore –, mentre possono essere importanti soprattutto nelle discipline scientifiche. Sempre con un uso controllato». La situazione è in continua evoluzione. «Prima il digital divide – spiega ancora Pitzalis – segnava la distanza tra chi poteva accedere alle tecnologie e chi non poteva. Ora c'è un digital divide 2. Ovvero una differenza tra chi concepisce la tecnologia per un uso esclusivamente ludico e chi invece la utilizza anche per lo studio». Presente e futuro passano per il coding: per molti l’abc della programmazione al computer, è un po’ il nuovo inglese. Il governatore Francesco Pigliaru è un fan. «Domani – puntualizza Pitzalis – sarà sempre più importante saper programmare da soli».

 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 11 novembre 2017 / Cultura e spettacoli - Pagina 37
NUORO - Sabato 11 Novembre 2017
Il regista Simone Cicalò: «Non ci sono solo urla e applausi»
UN PROGETTO REALIZZATO DAGLI STUDENTI DELL'UNIVERSITÀ
In un film la Faradda così come la vivono sulla strada i gremianti

di Marco Vitali
Tutti i sassaresi, almeno una volta nella vita, hanno assistito alla Faradda. E migliaia di turisti, ogni anno sempre più numerosi, hanno assistito allo spettacolo della folla che applaude (o fischia all'indirizzo degli amministratori della città), dei candelieri che avanzano danzando, lentamente fino alla conclusione nella chiesa di Santa Maria. Non molti, però, sono quelli che hanno visto e saputo cogliere l'altra faccia dei candelieri, quella che si vede dalla parte dei gremi e dei gremianti, la fatica che vi è sotto e attorno a quei ceri danzanti, il forte attaccamento alla tradizione, la fede e la devozione che vi è nella "discesa". Un cortometraggio, realizzato da tre giovani studenti sassaresi ha cercato di raccontare questo aspetto, lasciando sullo sfondo lo spettacolo. E in larga parte vi è riuscito.Simone Cicalò, Giuseppe Carta ed Edoardo Pinna provenivano da percorsi di studio diversi (Scienze della comunicazione il primo, Accademia gli altri due, rispettivamente di 24, 26 e 23 anni), si sono incontrati al corso di Cinematografia e Fotografia documentaria e hanno costituito un gruppo, "Three of a kind". Hanno deciso di mettere in pratica ciò che hanno imparato riprendendo, il 14 agosto scorso, i candelieri «come non erano stati mai visti», se non da pochi. Il video che hanno realizzato ha una durata di 12 minuti e si intitola "Il viaggio". Perché questo titolo? Lo spiega Simone, ideatore e regista del video. «Perché la faradda non è fatta solo di folla, di urla e di applalusi, ma qualcosa di più profondo: è un cammino, una sorta di pellegrinaggio verso la chiesa di Santa Maria, un viaggio per arrivare e pregare la Madonna, la Vergine Assunta. È questo sentimento che noi abbiamo cercato di rappresentare».Tutti e tre, Simone, Giuseppe e Edoardo, hanno realizzato le riprese e curato il montaggio. Le riprese sono state difficili e hanno richiesto un accurato studio preparatorio. Non è facile realizzare un'immagine che scavi nei significati di un evento, operando in mezzo alla processione e alla folla dei candelieri. Ciascuno dei tre ha curato un aspetto tecnico: Giuseppe Carta le inquadrature, Edoardo Pinna i dettagli e Simone Cicalò i ralenti. «Io ho realizzato le inquadrature fisse - dice Giuseppe - usando il cavalletto, cosa non facile nella folla. Ero però obbligato: prediligo le immagini simmetriche, l'inserimento del soggetto in uno spazio bene determinato. Credo di esserci riuscito». Edoardo è intervenuto, in modo particolare, nella fase del montaggio. «È ovviamente la fase più delicata - dice -, perché devi riuscire a raccontare ciò che hai pensato mentre giravi. La fatica maggiore è stata nei ralenti, trovare il momento giusto per inserirli. I ralenti per noi erano importantissimi, per enfatizzare l'aspetto più intimo dei candelieri».È proprio con i ralenti e i dettagli che "Il Viaggio" scopre l'aspetto meno visibile dei candelieri. Sono i volti dei gremianti a raccontare i momenti salienti della discesa, gli sforzi, le fatiche, l'impegno; sono i loro volti, i visi che esprimono devozione e commozione, a descrivere la solennità del momento i cui i candelieri si inchinano e varcano il portone di Santa Maria in Betlem. Non è la fine di una fatica, ma il raggiungimento di un traguardo per il quale ci si è preparati per tutto l'anno. La conclusione del viaggio, appunto. «Abbiamo scelto di raccontare i candelieri noi con le immagini e di affidare le parole ai gremi - dice Simone - perché l'anima la scopri facendo raccontare i candelieri da chi li vive». Il video è accompagnato da una musica suggestiva ed efficace, e sono le parole dei gremianti a commentare le fasi salienti del Viaggio. «La stanchezza finisce - dicono - e l'orgoglio e la pelle d'oca iniziano quando il candeliere, il tuo candeliere, attraversa il portale di Santa Maria. Ti accorgi che sei un uomo piccolo difronte all'universo e poi, quando lo vedi ballare davanti alla Madonna e t'inchini a baciare i piedi a Nostra Signora, dici: "Dai, va bene, ne facciamo altri mille"». Il video è attualmente visionabile su YouTube.

Questionario e social

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