Venerdì 5 maggio 2017

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 maggio 2017
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RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

 
1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 maggio 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
L'edizione 2017 sarà ospitata alla Cittadella universitaria
PREMIO ASIMOV, DOMANI SI PROCLAMA IL VINCITORE
Domani alle 11.30, la sala congressi (asse E) della Cittadella universitaria di Monserrato, ospiterà la cerimonia - congiunta con L'Aquila e Lecce - del Premio Asimov 2017 per la divulgazione scientifica. La giuria che sceglie il vincitore è composta dagli oltre 1.400 studenti italiani, giurati e recensori delle opere finaliste alla seconda edizione del Premio. Alla cerimonia interviene Micaela Morelli (pro rettore Ricerca dell'Ateneo di Cagliari.
OPERE IN FINALE “Per un pugno di idee”, di Massimiano Bucchi (Bompiani), “Il vaccino non è un'opinione”, di Roberto Burioni (Mondadori), “L'universo senza parole”, di Dana Mackenzie (Rizzoli), “La nascita imperfetta delle cose”, di Guido Tonelli (Rizzoli), “Dall'infinito poetico all'infinito matematico”, di Giuseppe Zappalà (Aracne Editrice) sono le opere giunte in finale. Una delle cinque succederà a “Che cos'è la chimica?” (Zanichelli), vincitrice dell'edizione 2016, opera del chimico e divulgatore inglese, Peter Atkins. Istituito e organizzato per la prima volta nel 2016 dal Gran Sasso science institute (Gssi) dell'Aquila, per la seconda edizione il Premio Asimov si è esteso anche in Puglia e Sardegna. Per l'ateneo di Cagliari hanno aderito e curato l'iniziativa - cui hanno partecipato 32 istituti superiori - i docenti del dipartimento di Fisica, Alberto Devoto, Viviana Fanti, Giuseppe Mezzorani e il dottorando Matteo Cadeddu.
PREMIAZIONI Inoltre, col compito di selezionare le migliori recensioni scritte dagli studenti, è stato costituito un comitato scientifico di docenti, ricercatori, scrittori e giornalisti provenienti dagli Istituti superiori coinvolti nel progetto e da realtà scientifiche e culturali nazionali tra cui l'Università di Cagliari e dell'Aquila, Cnr, Radio3Scienza e Cicap. Il Comitato premierà anche gli studenti per le recensioni.
 
 

2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 maggio 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
EMERGENCY AL POETTO
Domani alle 15.30, al Corto Maltese del Poetto, si terrà “Fuori aula - Sounds & Beers”, un pomeriggio di musica (gratuito) organizzato dai volontari universitari di Emergency anche per parlare della guerra e capire come si possa agire per diffondere una cultura di pace.
 
 

3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 maggio 2017 / Salute (Pagina 44 - Edizione CA)
CONVEGNO. Organizzato da Antonello Pani, direttore della Struttura Complessa del Brotzu
La nostra isola e gli Usa uniti nella cura e prevenzione
Sardegna e Stati Uniti solidi alleati nella battaglia contro le patologie renali. La collaborazione tra gli specialisti provenienti dalla Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota e i colleghi italiani si ripete ogni due anni durante “The International Renal Meeting with Mayo Clinic in Sardinia”, l'appuntamento organizzato a Cagliari per volontà di Antonello Pani , direttore della Struttura Complessa di Nefrologia dell'Azienda Ospedaliera Brotzu. L'evento ha riunito anche in questa edizione medici provenienti da Stati Uniti ed Europa per un confronto unico nel panorama medico internazionale.
«Il congresso negli anni non solo ha costituito un'occasione di alto aggiornamento scientifico per gli stessi relatori e partecipanti - ha spiegato Pani -, ma ha fornito una forma di didattica alternativa per gli studenti in Medicina della facoltà di Cagliari (in 50 erano gratuitamente iscritti al corso) e per i giovani medici specializzandi in nefrologia e di discipline affini dell'Università di Cagliari e Sassari, tutti ammessi gratuitamente al corso».
L'obiettivo sembra essere stato raggiunto: la creazione di un network di collaborazioni scientifiche transoceaniche che ha portato i rappresentanti della Sardegna a pubblicare diversi articoli sulle principali riviste nefrologiche e di Medicina Interna.
«Inoltre - ha sottolineato il medico - l'istituto diretto dal professor Roccatello di Torino, il professor Ronco di Vicenza, la Mayo Clinic di Rochester con i professori Fervenza e Sethi e la Virginia University con il professor Rosner hanno aperto le porte a un programma di borse di studio dedicate ai giovani nefrologi della scuola di Cagliari, consentendo a questi un percorso formativo unico».
L'edizione appena conclusa ha avuto anche un contributo particolare: la lettura Magistrale del professor Francesco Cucca, direttore del CNR di Cagliari e noto genetista medico dell'Università di Sassari, che ha appena pubblicato un articolo sulla più importante rivista di medicina al mondo, il New England Journal of Medicine. «La scoperta riguarda un gene, il Tnfsf13B, che presiede alla sintesi di una proteina con importanti funzioni immunologiche - ha spiegato Pani - e che sarebbe all'origine del rischio di sviluppare malattie autoimmuni quali la Sclerosi Multipla e il Lupus Eritematoso Sistemico, malattie molto frequenti in Sardegna». (l.m.)
 
 

4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 maggio 2017 / Provincia Sulcis (Pagina 33 - Edizione CA)
CARBONIA. Studenti dell'Angioy al lavoro alla scoperta del passato
Il premio del paesaggio inizia a fare scuola
Quel Premio europeo del paesaggio vinto nel 2011, alla fine ha sollecitato negli studenti una maggiore attenzione verso la città. E alcuni ragazzi ne hanno iniziato ad analizzare nel dettaglio la storia urbanistica. È uno degli aspetti più incoraggianti emersi ieri durante il convegno che l'istituto Angioy ha ospitato nell'aula magna, dedicandolo proprio al progetto “Landscape Machine” che permise a Carbonia di aggiudicarsi il riconoscimento europeo per il recupero e la valorizzazione di alcuni edifici minerari e non, simbolo della nascita e del lavoro svolto in città. Studiandone le caratteristiche tecniche, gli studenti delle classi terza, quarta e quinta “Cat” (ex indirizzo geometri) dell'Angioy hanno eseguito la ricostruzione sotto forma di modellini di alcune delle tipologie abitative che sono ancora facilmente riscontrabili: «L'idea di studiare le case in cui sono nati i nostri nonni e genitori - racconta Davide Mulas, studente di quinta - mi ha sempre affascinato». Ne è convinto anche Elias Esu, di Bacu Abis: «Carbonia è un laboratorio urbanistico: un dovere studiarne le origini». Il recupero storico non è finito: hanno illustrato le opera sinora svolte Susanna Curioni dell'Università di Cagliari (facoltà di Ingegneria e architettura), Emanuela Rubiu (assessore alla Cultura) e Tiziana Sassu (associazione Imago Mundi). «Quello della riscoperta urbana è un tema - ha spiegato Claudio Cappai, insegnante - che ha coinvolto i ragazzi, un messaggio anche a chi invece la città la deturpa». L'opera dei ragazzi sarà parte della manifestazione Monumenti Aperti. (a. s.)
 
 

5 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 maggio 2017 / Economia (Pagina 16 - Edizione CA)
CGIA. Dal 2004 la mortalità è cresciuta di quasi 10 punti: «Colpa del fisco e della burocrazia»
STARTUP E FALLIMENTO IN SOLI 5 ANNI

Più della metà delle nuove imprese sarde chiude entro un lustro La crisi del quinto anno è stata fatale alle aziende sarde. Più della metà, secondo un'analisi stilata dalla Cgia di Mestre su dati 2010-2015, non è sopravvissuta infatti al primo quinquennio di attività. L'associazione degli artigiani punta il dito su tasse, burocrazia e credito insufficiente. Freni strutturali alla base di una moria precoce che cresce anno dopo anno.
Un dato spicca su tutti: il 56,4% delle imprese sarde nate nel 2010 non è più attiva. Il quinto peggior risultato di tutto il Paese. Una percentuale che, considerato il contesto economico pressoché immutato negli ultimi anni, potrebbe verosimilmente essere proiettata al quinquennio successivo, quello in scadenza nel 2020. Una previsione avvalorata dalla tendenza maturata per oltre un decennio: nel 2004 il tasso di mortalità imprenditoriale a distanza di cinque anni dalla fondazione era infatti del 47,5%, cresciuto nel 2013 al 53,2%.
I NODI «Troppe tasse, una burocrazia che non allenta la morsa e la cronica mancanza di liquidità sono i principali ostacoli che hanno costretto molti imprenditori a gettare la spugna anzitempo», ribadisce Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi Cgia. «È vero che molte persone, soprattutto giovani, tentano la via dell'autoimpresa senza avere alcuna esperienza, tuttavia questa percentuale di chiusura così elevata preoccupa anche perché continua ad aumentare».
Se la maglia nera nazionale spetta alla Calabria (58,5% di chiusure dopo 5 anni di vita), a breve distanza seguono il Lazio (58,1%), la Liguria (57,7%) unica regione del nord nelle prime posizioni, la Sicilia (57,2%) e appunto la Sardegna (56,4%). Tutte oltre il dato nazionale del 55,2%
Ma nell'Isola sussisterebbero anche altre singolarità territoriali: «Fisco, burocrazia e credito asfittico si aggiungono a strategie politiche non attente alla piccola e media imprenditoria sarda», denuncia il segretario regionale della Cna Francesco Porcu: «Gli incentivi per la formazione, gli strumenti di riconversione e il supporto alle realtà produttive sono ancora orientati in base alle esigenze delle aziende più grandi. Non a caso quelle che hanno dimostrato di reggere meglio i colpi della crisi».
IMPROVVISAZIONE Una recessione economica che, non bisogna dimenticare, ha inoltre spinto verso la piccola imprenditoria migliaia di cittadini privi di una carriera alternativa come dipendenti pubblici o privati. «La crisi economica abbattutasi nel nostro Paese - commenta il segretario della Cgia Renato Mason - ha sicuramente accelerato questo trend negativo. Rispetto a qualche decennio fa, chi ha avviato un'attività economica di recente spesso ha compiuto un salto nel buio. Con il passare del tempo, molti neoimprenditori hanno sperato di poter far breccia nel mercato e di superare lo scotto iniziale senza particolari problemi. Purtroppo non hanno retto l'urto e sono stati costretti ad abbassare definitivamente la saracinesca».
Francesco Porcu ricorda poi la vocazione al turismo che può avere influenzato il risultato sardo: «È un settore che registra da sempre un altissimo ricambio di imprese, anche se non immune al gap infrastrutturale nei trasporti e nell'energia, zavorre pesanti per chiunque voglia fare impresa a lungo nell'Isola».
Luca Mascia
 
 

6 - L’UNIONE SARDA di venerdì 5 maggio 2017 / Cultura (Pagina 48 - Edizione CA)
EVENTI La poetessa dopo la laurea oggi inaugura la sua mostra a Parma
«I LIBRI, NECESSITÀ DI VITA» La lectio di Patti Smith
 
Chelsea Hotel. Una ragazza esile e dai capelli un po' arruffati, seduta al solito tavolino, nella hall, martella frasi sul suo quaderno arancione. La voce di uno sconosciuto la interrompe: «Cosa stai facendo, tesoro?»
«Scrivo»
«Sei poeta?!»
«Forse».
Era la fine degli anni '60 e Patti Smith, figlia della classe operaia di Chicago, venuta su tra fienili, qualche disco e tanti libri, era da poco rientrata dal viaggio nel cuore della boheme parigina, sulle tracce dei simbolisti francesi, nella sua New York. Fu lì che quel giorno, nella hall del famoso hotel di Manhattan, Patricia scambiò quelle lapidarie battute con Bob Neuwirth, sodale di Bob Dylan. Al Chelsea ci era finita insieme al suo più grande amico, il compianto fotografo Robert Mapplethorpe. Al Max's Kansas City e al CBGB, tempietto del punk, ma anche dei poeti Beat, conobbe Lenny Kay, che con la sua chitarra portò più musica alle sue parole, Allen Ginsberg, Kerouac, Gregory Corso e molti altri, riuniti sotto l'egida di William Borroughs.
Con loro, nella città che non dorme mai, Patti sognò il sogno della vita , tra passato e presente, tradizione e modernità, alla ricerca di quell'apprendimento superiore, che dà il titolo alla personale fotografica (esposta fino al 16 luglio al Palazzo del Governatore a Parma) “Higher Learning” che la Sacerdotessa del Rock, reduce dal successo del concerto di ieri al Teatro Regio, presenterà oggi. Coronamento ideale della tre giorni parmigiana iniziata mercoledì, con la cerimonia per la laurea ad honorem in Lettere Classiche e Moderne.
«Ho sempre amato i libri», ha raccontato l'artista nella sua lectio. «Da bambina ero affascinata da questi oggetti, mi chiedevo cosa ci fosse in loro e che cosa significassero tutte quelle misteriose parole. Lo volevo sapere con tutto il cuore e, molto prima di cominciare la scuola, pregai mia madre di insegnarmi a leggerli. Fu lei la mia prima vera insegnante, colei che mi ha rivelato i grandi segreti di ciò che si trovava nelle pagine di un libro. I libri aprirono l'universo dell'immaginazione e il percorso verso la conoscenza, che è ricoperto di libri, è il percorso che ho sempre seguito».
Un viaggio lungo una vita, all'instancabile ricerca dei «segni che mi deridono mentre vado», direbbe Patti citando il Joyce dei “Pomes Penyeach”. Piccole enigmatiche epifanie, che, eludendo costantemente ogni tentativo di decodifica, costringono a scrivere e riscrivere, leggere e rileggere il reale, «lavorando su una serie di impulsi, al confine dell'illuminazione». Per Patti Smith la scrittura è una pratica non conclusa, sacra e beffarda, una necessità quotidiana, una religione, che venera la materialità dell'immateriale, popolata di feticci, come il suo cappotto nero, di cui parla in “M Train”: «Un poeta me lo diede qualche anno fa per il mio cinquantasettesimo compleanno. Era stato il suo […]. È il mio cappotto per parlare coi morti».
Talismani, per conversare con i poeti del passato e raggiungere una dimensione umana più alta, sono anche le foto di “Higher Learning”, raccolte da Patti nei suoi numerosi viaggi: pellegrinaggi a Charleville sulle orme di Arthur Rimbaud, a Blanes per Roberto Bolaño, a Coyoacán al capezzale di Frida Kahlo o a Montagnola a santificare la macchina da scrivere di Hermann Hesse, strumento per immortalare il transitorio e offrire uno squarcio, un'ipotesi di verità. (ci.me.)
 
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 5 maggio 2017 / Primo piano - Pagina 2
LA SANITÀ
LISTE D’ATTESA Sardegna al rallentatore: fino a un anno per una visita
di Claudio Zoccheddu
SASSARI Più veloci e più efficaci. L’obiettivo della sanità sarda è risalire le classifiche nazionali dei tempi di attesa per le “prestazioni di specialistica ambulatoriale” offerte ai pazienti. Nell’elenco ci sono esami e visite per cui potrebbe essere necessario attendere anche 489 giorni, come capita a chi prenota una mammografia alla Assl di Nuoro. I casi delle liste d’attesa particolarmente dilatate non sono un’esclusiva nuorese e si ripetono con continuità in tutte le aree socio sanitarie dell’isola. Un pessimo biglietto da visita che conduce, al massimo, a una patente di inefficienza che non può essere associata a un servizio fondamentale come quello sanitario. Il monitoraggio. I dati arrivano dal Cup, il centro unico di prenotazione regionale. Scorrendo le tabelle stilate calcolando i tempi di attesa rilevati su 43 prestazioni sanitarie, sono evidenti le debolezze del sistema e le discrepanze tra le diverse aree dell’isola che sono state rilevate durante un monitoraggio semestrale riferito a una settimana indice di aprile. Negli elenchi figurano visite specialistiche, Tac, risonanze magnetiche, ecografie, ecocardiografie, elettrocardiogrammi e altri esami specialistici che hanno un unico comune denominatore: tempi d’attesa superiori alle medie nazionali e ai desideri della politica regionale che, infatti, ha stilato un piano per ridurre le attese. Nel frattempo è necessario armarsi di pazienza e attendere il proprio turno dentro elenchi spesso interminabili. I tempi di attesa. Quelli medi sono imbarazzanti ma per dare una dimensione fisica al tempo che scorre è sufficiente mettere a fuoco i picchi delle prestazioni sanitarie nelle aziende sarde. I 1996 pazienti che hanno prenotato una visita cardiologica dovranno attendere in media 71 giorni prima di avere un riscontro sul funzionamento del loro cuore. Chi invece ha problemi di ormoni e vuole prenotare un esame endocrinologico, 534 pazienti secondo le ultime rilevazioni, deve mettere in conto un’attesa media di 103 giorni. Tre mesi. Sempre meno, comunque, di chi ha intenzione di risolvere i problemi di vista, o perlomeno di valutarli. In questo caso l’attesa media è di 124 giorni. Tra le iscrizioni al club dei cento giorni di attesa ci sono anche le 580 prenotazioni per visite urologiche (119 giorni), le 791 richieste di mammografie (187), le 244 prenotazioni per le colonscopie (175), le spirometrie (100) e il fondo oculare (119) che esamina la struttura interna del bulbo oculare per cui sono arrivate 259 richieste. Il gruppo degli altri esami clinici, purtroppo, non è per nulla attardato. Per un’ecografia di capo e collo è necessario attendere in media 96 giorni mentre la lista d’attesa per una Tac dell’addome è lunga 92 giorni, due in più di quella per le visite pneumologiche. Per ottenere un’ecografia della mammella è invece necessario attendere 89 giorni mentre per una visita gastroenterologica servono almeno 85 giorni di pazienza. Nell’elenco, per fortuna, ci sono anche gli esami più o meno immediati: una visita oncologica ha un tempo medio di attesa di 9 giorni mentre per una Tac all’addome inferiore si pazienta appena 20 giorni. I picchi. Il record è delle mammografie nuoresi, che dominano la classifica dall’alto di una lista d’attesa di 489 giorni che supera di 14 volte quella rilevata nell’area socio sanitaria di Cagliari, dove una mammografia si esegue al massimo in 35 giorni. Tre le visite e gli esami per cui è necessario aspettare più di un anno ci sono anche le sigmoidoscopie all’aziende ospedaliera universitaria di Cagliari (427 giorni), che ha tempi di attesa lunghissimi anche per le colonscopie (407) e per le visite orotinolaringoiatriche (419). Poco sotto l’anno di attesa ci sono anche i 358 giorni necessari per una mammografia all’ospedale Brotzu e i 354 giorni di attesa per riuscire a effettuare una colonscopia nell’area socio sanitaria di Nuoro. Drammaticamente più numerosa la “pattuglia” degli esami e delle visite per cui è necessario mettere in conto un attesa di più di 200 giorni. A Sassari una visita oculistica ha una lista d’attesa di 202 giorni mentre a Nuoro per ottenere una visita urologica serve aspettare 237 giorni. Non va per nulla meglio a Lanusei dove si superano abbondante mente i 200 giorni di attesa per le visite penumologiche (257), per le Tac al torace (242), per le risonanze magnetiche al cervello e al tronco encefalico (289) e per le spirometrie (260). Più o meno la stessa percentuale di maxi liste d’attesa dell’azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari dove per un ecocolordoppler dei tronchi sovra aortici si devono attendere 230 giorni, mentre a Sassari ne servono appena 5. Per un ecocolordoppler dei vasi periferici, invece, l’attesa è di 291 giorni. L’ecogragfia alla mammella, sempre al Brotzu, è una pratica che si risolve in 270 giorni mentre per una colonscopia ne servono 250. Nell’azienda ospedaliera universitaria di Sassari, invece, è necessario armarsi di pazienza se si deve affrontare la risonanza magnetica muscoloscheletrica, per cui servono 248 giorni di attesa, e la coloscopia che invece non è possibile prima di 201 giorni. Sempre nelle aziende ospedaliere universitarie, ma questa volta a Cagliari, per ottenere una esofagogastroduodenoscopia servono almeno 258 giorni. Lo stesso esame, fatto a Sassari, ha una lista d’attesa di appena 5 giorni.
 
 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 5 maggio 2017 / Sardegna - Pagina 5
Sempre più giovani se ne vanno all’estero. In aumento anche gli over 65
Nell’isola non c’è lavoro e i sardi rifanno le valigie
di Alessandro Pirina
SASSARI Sette sardi su cento vivono fuori dai confini italiani. Per l’esattezza il 6,7 per cento dei sardi ha la residenza all’estero. Un numero che non comprende i tanti che hanno messo su casa e famiglia nella penisola. O i tanti che, pur vivendo in terra straniera, hanno scelto di mantenere la residenza nell’isola. Il fenomeno dell’emigrazione interessa la Sardegna dalla fine dell’Ottocento, con punte molto alte nel dopoguerra, ma negli ultimi anni, complice una crisi che non sembra avere via d’uscita, il sardo è stato costretto a fare di nuovo le valigie. Una nuova generazione di emigrati, la maggior parte di età compresa tra i 18 e i 34 anni, che però la Regione non vuole perdere. Anzi. L’obiettivo della giunta Pigliaru è quello di favorire una crescente integrazione tra chi è rimasto nell’isola e chi l’ha lasciata, senza escludere un ritorno a casa in un periodo economico più florido. È in questa ottica che la Regione anche quest’anno ha deciso di destinare due milioni di euro all’anno a favore dei sardi che vivono oltre Tirreno. Identikit. Negli ultimi anni c’è stato un aumento costante dei giovani sardi che si sono trasferiti all’estero per motivi di studio o di lavoro. Un esercito di cui fanno parte anche diversi talenti con titoli di studio elevati o specializzazioni professionali. A questi però vanno affiancati i tanti che sono stati costretti a lasciare l’isola a causa della crisi economica, alla ricerca di un lavoro che non sono riusciti a trovare vicino a casa. Dal 2010 migliaia di sardi hanno abbandonato l’isola. Solo nel 2015 sono stati 2.577. Circoli. Punto di contatto tra la prima casa e la seconda sono i circoli. Sono 119 quelli riconosciuti dalla Regione e sei le federazioni. I circoli sono quasi equamente divisi tra la penisola e l’estero. I 63 italiani sono prevalentemente nel centronord, dove c’è stata la grande emigrazione del dopoguerra. All’estero sono 56. I più numerosi negli Stati che hanno caratterizzato il fenomeno migratorio del Novecento: Germania, Francia, Belgio, Svizzera, ma anche Argentina e Australia. Ma rispetto al passato crescono gli iscritti in Inghilterra, Spagna, Olanda, Irlanda, Stati Uniti, Canada. E anche in Bulgaria, dove c’è stato un aumento per lo sbarco di numerosi pensionati che nell’isola non riuscivano ad arrivare a fine mese. Obiettivi. I fondi messi a disposizione dalla Regione, che sono inseriti in un piano triennale, non saranno distribuiti a pioggia, ma - viene specificato nelle linee guida - maggiori risorse saranno elargite ai circoli più attivi. Nella promozione economica della Sardegna e in iniziative culturali, nell’inserimento dei giovani e nell’utilizzo di tecnologie, ma anche nell’aiutare gli emigrati di nuova generazione negli spostamenti con l’isola e, perché no, nel realizzare progetti che favoriscano il ritorno in Sardegna dei giovani emigrati con un bagaglio di professionalità, esperienze di studio e di lavoro. Figli di emigrati. Il processo di avvicinamento riguarda anche i figli e discendenti di emigrati sardi nati lontano dall’isola che, in alcuni casi, hanno conservato la cittadinanza italiana, in altri l’hanno persa. È anche a loro che la Regione si rivolge nel piano triennale in favore dell’emigrazione. «Sono una risorsa culturale e identitaria di grande importanza per la Sardegna – si legge nelle linee guida –. Occorre costruire un sistema di rete capace di portare a una crescente interazione culturale, sociale ed economica tra sardi residenti in Sardegna e quelli che vivono fuori».

 
 

9 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 5 maggio 2017 / Attualità - Pagina 10
Di Maio messo sotto esame a Harvard
Gli studenti lo incalzano: «Non sei laureato, che competenze hai?». Lui si difende: «Gli esperti hanno rovinato l’Italia»
Anna Lisa Rapanà INVIATA A BOSTON
Luigi Di Maio negli Usa. Non ancora a Washington, ma a Boston. Ad Harvard, tra chi la politica la studia. E sono i «best and brightest» (i migliori e più brillanti) a mettere sotto esame il presidente della Camera del M5s, con un fuoco di fila di domande, sollecitazioni, richieste di chiarimenti, qualche accusa e anche un'impennata di tono ma subito placata. Dall'euro ai vaccini. Dai fondi per la Nato alle prospettive di governo. E con l'emergere uno ad uno di quei nodi nevralgici che scandiscono l'attualità politica italiana i toni si fanno accesi. Di Maio risponde fermo e risoluto, e si difende quando l'attacco diventa frontale. Mario Fittipaldi, 35 anni, cardiochirurgo pediatrico che vive e lavora in Nuova Zelanda contesta la limitata preparazione dei rappresentanti del MoVimento, ricordando a Di Maio che «non ha finito l'università». «Come pretendete di lavorare senza preparazione o strumenti intellettuali?» incalza, spiegando di essere particolarmente colpito nel sentire affermazioni come quelle sui vaccini: «Mi chiedo sulla base di quale preparazione». Ma Di Maio non ci sta: «Visto che quelli preparati hanno ridotto il Paese in queste condizioni non c'è il tempo per riuscire ad organizzarsi con lentezza e per questo molti di noi hanno lasciato la loro normale vita per tentare di cambiare le cose. Io gli esperti li ho visti già all'opera e abbiamo visto in che condizioni è l'Italia». Prima però c'era anche stato l'accorato appello di uno studente francese a preservare l'unità dell'Europa, un intervento duro e una domanda chiara: «Vuole passare alla Storia come il David Cameron italiano? United we stand, divided we collapse!» - su cui è scattato anche un applauso. Di Maio non si sottrae, risponde che l'Europa la vuole più democratica, ricorda uno per uno i punti fissi del MoVimento, che però - qualcuno nota - «vanno forse cambiando». Evidentemente non basta, per uno degli studenti che contesta, basarsi su teorie complottiste. Menziona le fake news, fa paralleli con i fascismi. La domanda però non arriva e allora il moderatore fa girare il microfono. Perché qui, ad Harvard, la regola è questa: «Si fanno domande, non microcomizi». I docenti apprezzano. Il professor Archon Fung, docente di scienze politiche che ha moderato l'evento organizzato dall'Ash Center For Democratic Governance and Innovation, ne sottolinea all'Ansa l'importanza per il mondo accademico, «per avere una prospettiva globale che a volte ci manca, perché perfino le istituzioni accademiche sono polarizzate, come il resto della società». Per questo era partito l'invito a Di Maio, dopo un appello all'apertura da parte del preside della facoltà: dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni «dobbiamo parlare con tutti», aveva sensibilizzato con una mail. Quella di Harvard è la tappa chiave della due giorni di Di Maio nell'East Coast. Una missione che accredita il vicepresidente della Camera come super-favorito per la candidatura alla premiership del M5s. E che trova a Roma la piena solidarietà di Roberto Fico. «Il MoVimento non è una forza populista conservatrice di destra, come qualche professore dice», twitta il capogruppo riferendosi alle parole del moderatore all'Ash Center.

 
 
 

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