Lunedì 13 marzo 2017

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
13 marzo 2017
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

 
 
1 - L’UNIONE SARDA di lunedì 13 marzo 2017 / Cronaca di Cagliari (Pagina 14 - Edizione CA)
Università
L'ex rettore Mistretta in Commissione
Che abbia tanto da dire in fatto di Università e accoglienza dei fuorisede è un dato di fatto. Che poi abbia scelto di inserirsi nel dibattito (molto attuale in città) con un post su facebook in cui tirava le orecchie all'attuale rettrice Maria Del Zompo e al sindaco Massimo Zedda non può certo stupire, perché nonostante l'età, l'ex rettore Pasquale Mistretta è uno che sa come gestire i social.
Martedì mattina sarà ospite della commissione comunale Patrimonio, politiche della casa e mobilità per offrire il proprio contributo alla discussione avviata dal presidente Fabrizio Marcello sui vuoti urbani che potrebbero essere recuperati e utilizzati per offrire posti letto agli universitari fuorisede. Il confronto sul tema impegna i consiglieri da qualche settimana: a riferire alla Commissione è stato anche il presidente dell'Ersu Antonio Funedda che si è detto convinto della necessità di ampliare gli spazi da destinare agli studenti. Strategia che convince anche il presidente Marcello che in Commissione ha sostenuto «la necessità di investire sugli universitari che sono una grande risorsa per la città». ( m. c. )
 
 


2 - L’UNIONE SARDA di lunedì 13 marzo 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 16 - Edizione CA)
DIARIO CITTADINO
SERATE IN BIBLIOTECA  Il professore di Filosofia della scienza, Silvano Tagliagambe, apre oggi alle 18.30 al Teatro delle Saline le “Serate in biblioteca” della Scuola d’arte drammatica cagliaritana. Mercoledì, alla stessa ora, parlerà Francesco Abate.
LETTURA VELOCE  Un workshop gratuito di apprendimento e lettura veloce è stato organizzato da I-formazione per il 23 marzo dalle 18 alle 10, in via Molise 54. È rivolto a studenti delle scuole superiori e universitari. Prenotazioni alla mail iformazione2011@gmail.com.
DIBATTITO SULLA COSTITUZIONE Mercoledì alle 17, nella sala conferenza del Convitto “Vittorio Emanuele II”, in via Manno 14, conversazione di Gianluca Scroccu e Marcello Tuveri sul tema “La Costituzione della Repubblica romana: una linea di continuità con la Costituzione italiana del 1947”.
 
 
 
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LA NUOVA SARDEGNA
 
 

3 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 13 marzo 2017 / Primo piano - Pagina 3
L’Islanda l’unico paese europeo che avrà una densità demografica inferiore
IN SARDEGNA NEL 2080 SOLO UN MILIONE DI ABITANTI
di Luca Rojch
SASSARI Destinati a scomparire. Il futuro dei sardi sembra già segnato, e disegnato, da una curva demografica che precipita. L’isola ha il record nazionale di culle vuote. Il tasso di fertilità è il più basso in Italia. La media nazionale è di 1,3 figli per donna. In vetta la provincia di Bolzano con 1,78 figli. Ultima la Sardegna con appena 1,07 figli per donna. Un record che va accompagnato agli altri disastrosi indicatori demografici. Come il tasso di crescita naturale che è inchiodato a un meno 0,4 per mille. La Sardegna sembra destinata a diventare una sorta di deserto, con la più bassa densità abitativa in Europa. Come dimostra uno studio del Sardinia socio-economic obervatory (https://seosardinia.wordpress.com/2016/03/18) entro il 2080 l’isola avrà appena un milione di residenti. Avrà perso il 34 per cento dei suoi abitanti. Sempre più vuoti. Il confronto con le altre isole dell’Europa mostra come questa non sia una tendenza condivisa. Nel 2080 la Corsica avrà il 50 per cento degli abitanti in più, le Baleari e Cipro il 44 per cento, l’Islanda il 42 per cento in più. In Irlanda i residenti aumenteranno del 28 per cento, nel Nord Irlanda del 13 per cento. La Sicilia in controtendenza perderà il 16 percento dei residenti. Il tracollo ci sarà in Sardegna con una perdita secca del 34 per cento degli abitanti. L’isola nel 2080 sarà dopo l’inospitale Islanda l’isola con la più bassa densità demografica. I dati elaborati dal Sseo arrivano da Eurostat e sono una proiezione dei tassi di crescita attuali. Lo spopolamento. Il confronto con le altre isole del Mediterraneo mette in evidenza come lo spopolamento non sia un fenomeno identico e comune in tutta Europa, come in passato era ritenuto. Isole con simili condizioni sviluppano una dinamica demografica del tutto differente. È evidente il confronto tra la Sardegna, destinata a perdere il 34 per cento della sua popolazione entro il 2080 e la Corsica, che vedrà al contrario un incremento del 50 per cento degli abitanti. Ma per capire questi dati è necessario inquadrare anche le dinamiche interne dei movimenti della popolazione all’interno dell’isola. In Sardegna ci sono solo 99 Comuni su 377 che hanno un trend di crescita dei residenti. Sono tutti centri costieri o grandi agglomerati urbani. Sono appena il 26 per cento. Il resto dei Comuni si spopola in modo inesorabile. Un fenomeno che viene chiamato effetto ciambella. Le zone interne hanno sempre meno popolazione, quelle costiere crescono. Ma la Sardegna nel suo completo si svuota. Le dinamiche. La Sardegna non solo è sempre più vuota, ma è sempre più vecchia. Dal 1958 al 2014 sono state cancellate dall’anagrafe 800mila persone. Trasferite in altre regioni o all’estero. Forza lavoro che ha lasciato l’isola. Ed è proprio questa emorragia inarrestabile dei soggetti in età riproduttiva che diventa quasi il simbolo del rischio estinzione dei sardi. Verso sud. Ma in questa evoluzione della popolazione si deve mettere in evidenza come il numero dei residenti scivoli sempre più verso sud. Il 26 per cento della popolazione sarda risiede nei 16 comuni che costituiscono l’hinterland Cagliaritano, con una densità abitativa di 120 abitanti per chilometro quadrato, la media nell’isola è di 68.
 
 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 13 marzo 2017 / Cultura e spettacoli - Pagina 19
A Cagliari incontro con Carlo Cefaloni organizzato dai gruppi pacifisti sardi di matrice cattolica
«Diciamo no alle fabbriche di morte»
di Daniela Paba
CAGLIARI Un incontro a Montecitorio, domani a Roma, con i movimenti pacifisti internazionali e i deputati che li appoggiano. Perché le bombe di Domusnovas non possono essere un problema sardo, ma questione nazionale. Perché un territorio, già in crisi, non può essere lasciato solo a combattere l'economia di guerra. Questo il risultato del convegno «I nodi della guerra» organizzato dalla Scuola di partecipazione politica «Domenico Mangano» nei giorni scorsi nell’aula magna della facoltà di Ingegneria dell’università, ospite Carlo Cefaloni, giornalista e direttore della rivista Città Nuova. «Parliamo di questioni di fatto – ha esordito Cefaloni – Le bombe prodotte a Domusnovas vengono vendute all’Arabia Saudita che le usa nello Yemen e qui cadono su ospedali, scuole, mercati. Causando la morte di migliaia di vittime innocenti. Tutto ciò suscita un’indignazione temporanea, il tempo del servizio in tv e poi passa». Davanti a una platea di studenti, di rappresentanti del mondo accademico e della politica, dei gruppi pacifisti di ispirazione cattolica, Cefaloni ha posto come paradigma la questione etica: «Possiamo rendere la fraternità una regola di vita del tessuto civile, oppure siamo condannati ad accettare la sconfitta?». Il senso della domanda risulta chiaro quando lo schermo allestito in aula magna rimanda l’interrogazione del Movimento 5 Stelle all’allora ministro degli esteri Gentiloni, a proposito delle bombe italiane vendute all’Arabia Saudita: «Non esiste nessun embargo per l’Arabia Saudita, altrimenti l'Italia si adeguerebbe. Stiamo collaborando con le Nazioni Unite per una soluzione negoziale del conflitto yemenita». E se è vero che tutto il male del mondo non può messo sulle spalle dei lavoratori della RWM di Domusnovas, tuttavia Cefaloni ha ricordato la legge 185 del 1990, quella che dice che l’Italia non vende armi ai paesi in guerra, specie se responsabili di violazione dei diritti umani, in sintonia con l’articolo 2 della Costituzione. «Quella legge non nasce come un’azione dall’alto, ma perché le lavoratrici della Valsella handissero “Io questa cosa qui non la faccio”; un’azione dal basso che ha visto i missionari girare l’Italia a mostrare pezzi di obice che erano prodotti in quella fabbrica». Ma che cosa è cambiato da allora? Che cosa è cambiato da quando, nei primi anni del 2000, quando si venne a sapere che la fabbrica sarda di polvere da sparo destinata alle miniere aveva ricevuto sei milioni di euro per riconvertire la produzione da civile a militare e questo scatenò la protesta di tutti i pacifisti? «E' accaduto – ha spiegato Cefaloni – che il pil, grazie a scelte politiche dietro le quali c’è il prevalere di uno scema di valori inaccettabile, incorpora oramai gioco da azzardo, armi e illegalità. E’ accaduto che il gruppo industriale Finmeccanica, ora Leonardo, che ha come azionista di riferimento il ministero delle Finanze, ha concentrato la sua attività nel settore difesa e sicurezza a scapito di quella civile». A dimostrazione di quanto queste linee strategiche incidano sulla politica industriale c’è il fatto che l’esportazione di armi dall’Italia è molto diminuita verso i paesi europei ed è invece sensibilmente aumentata nei confronti del Medio Oriente, un quadrante internazionale esplosivo. Dietro il mercato delle armi non c'è dunque una strategia di difesa, ma la necessità di inserirsi in un sistema governato dai grandi gruppi industriali e dalla finanza internazionale. Inoltre l’economia di guerra, avverte Cefaloni, che possiamo ormai chiamare WarFare, cresce di fatturato ma non crea nuovi posti di lavoro, come invece fanno altri settori di tecnologia civile avanzata. «Anche le cluster bomb usate in Siria – ha denunciato Cefaloni – erano prodotte fino a poco tempo fa a Colleferro, a quaranta chilometri da Roma, in una fabbrica della famiglia Agnelli. E ora che quella produzione ha contaminato le falde acquifere del territorio, mancano i soldi per bonificarle. Intanto lo stesso gruppo industriale ha partecipato alla scalata di Alitalia e Finmeccanica ed è al nono posto tra i produttori di materiale bellico. Perché se produci armi le devi anche vendere. E siccome la Germania non può vendere armi all'Arabia Saudita, che tutti sanno essere il più grande finanziatore dell'Isis, lo fa tramite lItalia». «Una scuola di politica come quella che opera qui a Cagliari – ha concluso Cefaloni – serve per creare consapevolezza e studiare soluzioni. Ripartiamo da qui. Siamo riusciti a riconvertire a usi civili la fabbrica di mine Valsella, possiamo farlo anche a Domusnovas. Non sarà subito, ma è un punto di partenza».

 
 

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