Venerdì 10 marzo 2017

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 marzo 2017
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

 
1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 10 marzo 2017/ Cronaca di Cagliari (Pagina 16 - Edizione CA)
Le scienziate
del futuro
«Bisogna combattere i pregiudizi fin dalla scuola», dice David Macdonald, capo del programma For Women in Science di L’Oréal che ha già premiato 2.500 scienziate di 110 paesi. Un evento mondiale: la Masterclass di fisica alla cittadella universitaria di Monserrato nell’International day of women and girls in science ha questo fine.
Le protagoniste sono 47 studentesse meritevoli di 24 licei sardi guidate in laboratorio da 9 dottorande e ricercatrici dell’università e coordinate da Viviana Fanti e Alessia Zurru. Le ricercatrici del Cern, Marianna Fontana e Francesca Dordei, punte di diamante dell’Ateneo, rispondono in collegamento audio-video a domande su aspetti della loro vita professionale e personale e danno consigli.
«Sono stata fortunata perché nessuno mi ha mai spinto a mollare, anzi ho sempre avuto supporto dai professori ma non per tutte è così. Abbiamo avviato un nuovo gruppo, ci occupiamo anche di discriminazioni. La scuola e la famiglia sono il primo passo. Bisogna continuare a lottare affinché una donna possa fare ciò che vuole nella vita», dice Dordei.
Fontana aggiunge: «Sbagliano quelli che dicono che gli Stati stanno sprecando denaro nella ricerca. Nella mia esperienza ho capito che se sei da solo non puoi fare molto: in un gruppo anche con poco si contribuisce, come al Cern. Quando leggo i giornali e sento che una persona è stata curata dal cancro capisco l’importanza di ciò che faccio».
 Francesca Sofia Cocco (studentessa liceo Dettori)
 
 


2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 10 marzo 2017/ Provincia di Sassari (Pagina 35 - Edizione CA)
ALGHERO. «Sono frammentate, non attraversano la città»
Critiche del Wwf sulle piste ciclabili
Le piste ciclabili di Alghero? «Belle passeggiate, ma non attraversano la città, risultano scollegate e frammentate, si interrompono bruscamente, abbandonando il ciclista in mezzo al traffico automobilistico e allo smog».
I dodici chilometri di tracciato riservato alle due ruote non accontentano gli ambientalisti che vorrebbero una rete ciclabile «che consenta spostamenti sicuri all’interno della città – dice Carmelo Spada del Wwf - con la realizzazione di corsie riservate, tracciate sull’asfalto ben distinguibili da quelle utilizzate dalle autovetture». Le sentinelle del verde hanno scritto al sindaco Mario Bruno chiedendo di predisporre un progetto a basso costo, con una ramificazione adeguata per far raggiungere i principali uffici pubblici e le scuole. «Una rete che consentirebbe un uso razionale e più sicuro della bicicletta all’interno del tessuto urbano – continua Spada - limitando il traffico dei veicoli inquinanti».
Nei giorni scorsi la Giunta regionale ha approvato lo studio preliminare della rete ciclabile della Sardegna redatto dall’Arst e realizzato in collaborazione con l’Università di Cagliari. Prevede la realizzazione di quasi 2000 km per oltre 40 itinerari in tutta la Sardegna, con uno stanziamento di 15 milioni di euro. Nel frattempo basterebbe un colpo di vernice sull’asfalto.
 C. Fi.
 
 


3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 10 marzo 2017/ Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)
Spanu e Ganau in audizione
Statuto speciale, la Regione a Roma: riforma possibile
Spetta alle Regioni la prima mossa per la revisione degli Statuti speciali. Una posizione che l’assessore degli Affari generali, Filippo Spanu, ha esposto durante l’audizione davanti alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. «Nel procedimento di revisione», ha detto Spanu in rappresentanza del presidente Pigliaru, «si prospetta un’intesa da parte della Regione interessata, espressa con apposita deliberazione da parte del Consiglio regionale o provinciale».
Se non ci fosse accordo, l’ultima strada percorribile per la revisione dello Statuto potrebbe essere la nomina di una commissione, composta da senatori, deputati e consiglieri regionali, designati dal presidente dell’assemblea. Nel processo di modifica sarà fondamentale «potenziare il funzionamento delle norme di attuazione», ha sottolineato l’assessore, convinto che «rappresentino uno strumento di eccellenza in grado di dare flessibilità e dinamismo agli ordinamenti speciali».
Un tema cardine per la vita istituzionale e culturale delle Regioni che non deve passare in secondo piano anche dopo l’esito del referendum del 4 dicembre scorso: «C’è l’assoluta necessità che il processo di riforma degli Statuti debba svilupparsi attraverso uno stretto coinvolgimento delle regioni interessate».
Davanti alla stessa Commissione parlamentare si è presentato anche il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau. Per il numero uno dell’assemblea sarda serve maggiore «integrazione tra Stato e Regioni per realizzare un regionalismo efficiente e realmente cooperativo». Ganau non ha rinunciato a qualche frecciata nei confronti dello Stato, colpevole di «non aver adeguato la propria struttura alle esigenze del regionalismo e non aver adottato una legislazione rispettosa delle previsioni costituzionali». Freno, quindi, su omologazione e appiattimento a scapito della valorizzazione delle diversità tra territori. (m. s.)
 
 


4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 10 marzo 2017/ Cultura (Pagina 40 - Edizione CA)
A Cagliari
Cambio di dirigenza: al Museo archeologico arriva Roberto Concas
C ambio di direzione al Museo archeologico nazionale di Cagliari, il più importante della Sardegna. Donatella Mureddu, già funzionaria della Soprintendenza archeologica, è andata in pensione dieci giorni fa. Al suo posto è arrivato Roberto Concas (Cagliari 1952). Storico dell’arte, progettista di sistemi museali, dipendente del Polo museale della Sardegna. Dalla collega che lo ha preceduto riceve una preziosa eredità.
Sotto la guida di Donatella Mureddu, nominata direttrice nel 2012 (quando il Museo, passato per effetto della riforma sotto l’egida del Polo Museale, dipendeva dalla Soprintendenza archeologica) conta oggi un numero di visitatori raddoppiato rispetto al 2011. «Il boom è stato sicuramente dovuto all’arrivo dei Giganti di Mont’e Prama», sottolinea la direttrice uscente. Nel 2014, data in cui l’esposizione ha accolto alcune delle statue, si è toccata la cifra record: sono stati staccati 85mila biglietti. L’effetto trainante è stato lievemente smorzato nel 2015 e nel 2016, ma al Museo archeologico restano, al di là di un numero di accessi che supera le 70mila unità, «le competenze e l’entusiasmo di un gruppo di lavoro straordinario che ha potuto contare, oltre che sull’esperienza del personale già in servizio, sull’apporto di molti giovani. Un’équipe di persone motivate che hanno lavorato sulla promozione attraverso i social e le possibilità offerte dalla comunicazione».
 Manuela Arca
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
 
 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 10 marzo 2017 / Cultura e spettacoli - Pagina 33
L’INTERVISTA >> MARIO MORCELLINI
Il sociologo e commissario AgCom questo pomeriggio all’Università di Sassari
“Le sfide della comunicazione nell’era digitale» tema della sua lectio magistralis
«LA REALTÀ CAMMINA VELOCE,
IL GIORNALISMO RESTA INDIETRO»
di Giacomo Mameli
Precisa: «Ribalterò il titolo della conferenza di Sassari: in primo piano ci sarà la comunicazione, poi il giornalismo. Le differenze non sono solo lessicali: la comunicazione tiene conto della complessità sociale, il giornalismo tende alla semplificazione». Aggiunge: «Bene ha fatto l’università di Sassari, con Antonietta Mazzette, a proporre questo incontro a più voci, ad attualizzarlo». Così al telefono da Roma Mario Morcellini, da poche settimane commissario dell’AgCom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dove si insedierà a metà marzo), ma soprattutto preside-mito di Scienze della comunicazione a La Sapienza e oggi presidente della Conferenza nazionale di una materia che prima non usava negli Atenei (quando, a metà degli anni ’60, il rettore di Urbino Carlo Bo creò la prima Scuola di giornalismo, nelle redazioni italiane l’iniziativa fu sbeffeggiata e considerata un’intrusione). Morcellini teme di correre il rischio di «una sorta di agiografia», ma è indiscutibile che «dopo un quarto di secolo si è capito che lo studio scientifico della comunicazione ha creato un movimento culturale con una specifica capacità di leggere i problemi di una società in perenne metamorfosi». C’è anche l’informatica, perfino l’ingegneria dell’informazione. «Certo. Ma si occupano di calcolatori e di calcoli, di tecniche, di algoritmi, sono cose decisamente utili, ma siamo su un altro scenario. Quando Scienze della comunicazione è nata, è stata attaccata da giornalisti di prima fila, da gruppi editoriali potenti perché vedevano la fine di privilegi familistici e lottizzatori. Era sembrata un’invasione di campo. Perché – come era già avvenuto negli States a partire dal codice deontologico di Walter Lippman – si introduceva non solo un metodo ma un’etica nella lettura dei fatti sociali. La comunicazione diventava un’arma di difesa del diritto di cittadinanza, allargava i saperi, portava l’analisi sociale nei fatti di cronaca, proponeva la risonanza magnetica ai fatti quotidiani. Oggi il giornalismo elargisce spesso passaporti facili per processi complessi». Tendeva, e tende ancora, a discorsi ampiamente fondati sulla semplificazione. Il giornalista deve farsi capire ... «Certo. Ma la semplificazione di temi complessi porta spesso alla loro banalizzazione. I discorsi pubblici diventano sloganistici. Chiediamoci perché il populismo si è così radicato non solo in Italia ma in diverse parti del mondo occidentale, dalla Francia di Marine Le Pen al Regno Unito della Brexit. Vogliamo chiederci le ragioni dell’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca? I giornali e le televisioni non hanno alcuna responsabilità? Siamo sicuri che i lettori, i telespettatori siano bene informati sul dramma dell’immigrazione? Siamo sicuri che la complessità della costruzione europea è avvertita nel modo giusto?». Lei non è il solo a dire che certo giornalismo è in crisi. «La crisi non è solo del giornalismo. È in crisi la politica, lo sono le istituzioni nazionali e le organizzazioni complesse, lo è tanto l’Unione europea quanto l’Onu. Il buon giornalismo, che c’è, propone spesso l’analisi affianco ai fatti. Ma è problematica la lettura, ad ampio spettro, della realtà sociale che subisce trasformazioni continue. Ripeto: il tempo che viviamo è quello del populismo ma anche della semplificazione a tutti i costi. Ma non tutto si può semplificare. Si può semplificare il tema del fine-vita? Si può dire euro sì euro no? Credo che semplificando fatti complessi si giunga a una drammatica e sconsiderata vittoria dell’amnesia dei fenomeni sociali. La semplificazione cui tendono molti leader politici – uso una parola forte – porta alla subornazione del pubblico. Il pubblico, il ricevente si mitridatizza con lo storytelling dell’emittente quotidiano» Qual è la via d’uscita? «Semplicemente la completezza dell’informazione che, se è appunto completa, porta al ragionamento consapevole, conduce alla complessità non alla banalizzazione. In questi giorni alla radio va in onda uno spot che dice: “È risaputo che le cose che si sentono in tram sono del tutto infondate”. Ecco: dobbiamo evitare che il giornale, la televisione, la radio siano equiparate al tram. Il giornalismo deve essere verifica costante. Il giornalismo corretto è indispensabile alla società, perciò il giornalista si deve chiedere sempre: quello che dico e scrivo, quello che trasmetto dove porta? A forza di banalizzare, il pensiero critico va a farsi benedire. Se io racconto l’immigrazione come un fatto di cronaca nera porto in una sola direzione, vedo solo un lato della medaglia e faccio una narrazione distorta». Siamo bombardati dalle informazioni: che cosa provoca questa ipertrofia? «C’è una sfiducia montante verso le élites che coinvolge – e siamo al paradosso – le stesse élites, che dall’opposizione banalizzano i problemi. A base di slogan oggi esse ottengono il consenso, quando dovranno governare sbatteranno il muso sulla realtà e sulla difficoltà di sciogliere i nodi». Nel 2008 lei scriveva il libro “Oltre l’individualismo”. «Allora sembrava che le nuove tecnologie ci avrebbero dato più democrazia. Quel modello, purtroppo, non ha vinto. C’è la crisi della partecipazione, l’informazione gridata ha reso i rapporti sempre più in conflittuali, è cresciuta la sfiducia. Servono giornalisti che siano anche comunicatori. La comunicazione corretta non fa miracoli, ma crea consapevolezza. Oggi ce n’è bisogno».

 
Alle 15 in aula magna
Oggi nasce l’Osservatorio per la comunicazione pubblica
SASSARI «Le sfide della comunicazione pubblica nell’era digitale: saperi, professioni, tecnologie» è il tema di un seminario che si svolgerà oggi, dalle 15, nell’aula magna dell’Università di Sassari. Organizza il Polcoming (Dipartimento di Scienze politiche, Scienze della comunicazione e Ingegneria dell’informazione). Pezzo centrale e attualissimo dell’incontro la lectio magistralis di Mario Morcellini (commissario AgCom, presidente della conferenza nazionale di Scienze della comunicazione, ex preside a La Sapienza, fra i massimi esperti della comunicazione in campo internazionale) dal titolo: «Giornalisti e comunicatori davanti alle sfide delle nuove tecnologie». In apertura è prevista la presentazione dell’Osservatorio socio territoriale per la comunicazione pubblica, con gli interventi del rettore Massimo Carpinelli, del presidente della Regione Francesco Pigliaru e della direttrice del Polcoming Antonietta Mazzette, che ha promosso e coordinato l’iniziativa. Seguirà una tavola rotonda con Francesco Birocchi, Rosario Cecaro, Elisabetta Gola, Enrico Grosso, Ricccardo Porcu, Carlo Schirru e Camillo Tidore. L’Osservatorio, finanziato dalla Regione, è stato realizzato dalle università di Sassari e Cagliari. Sul tema dell’informazione il dibattito è aperto. Al centro della discussione non ci sono solo gli attacchi (da quelli di Donald Trump a quelli di Beppe Grillo – che hanno per oggetto l’imparzialità e quindi l’attendibilità dei giornalisti, ma anche l’effettiva capacità di chi fa informazione di leggere con strumenti adeguati una realtà sociale in rapida e tumultuosa trasformazione.
 
 
 

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