Sabato 23 luglio 2016

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
23 luglio 2016
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RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA


1 - L’UNIONE SARDA di sabato 23 luglio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 9 - Edizione CA)
Il disavanzo 2015 sfiora i 350 milioni, nel 2018 previsto un buco da 750 milioni di euro
LA SANITÀ SARDA È DA BOLLINO ROSSO
E sulla Asl unica infuria lo scontro
Sullo sfondo della battaglia interna del centrosinistra sulla scelta della sede per la Asl unica regionale ci sono i numeri del disavanzo del 2015. Una voragine di quasi 350 milioni di euro, accumulati dalle Aziende sanitarie sarde che chiudono l’anno in passivo.
La differenza tra il fabbisogno e la spesa effettiva rappresenta il vero cruccio sul quale la politica è costretta a intervenire con una serie di riforme contenute nel Piano di rientro, varato dalla Giunta, che ancora deve entrare a regime.
IL BUCO I dati del disavanzo di ogni singola Asl, elaborati dal Nsis (Nuovo sistema informativo sanitario) non lasciano molti dubbi sull’interpretazione. Per la sanità è sempre più bollino rosso e sebbene alla fine del 2015 ci sia stato un risparmio di 50 milioni di euro, la situazione rimane comunque preoccupante.
Secondo le stime l’accumulo del disavanzo complessivo sino al 2018 potrebbe essere di 750 milioni di euro. Nella Finanziaria di quest’anno sono stati stanziati circa 350 milioni di euro in più sul capitolo della Sanità, proprio per cercare di accompagnare il Piano di rientro. Nato con l’obiettivo di risparmiare 328 milioni di euro in tre anni, il Piano prevede, tra le varie cose, la riorganizzazione della rete ospedaliera e la nascita della Asl unica.
LO STALLO Nonostante questa urgenza, ancora le riforme non sono arrivate al traguardo. La rete ospedaliera dovrà essere almeno discussa in Consiglio regionale, per correttezza istituzionale, mentre la legge sulla Asl unica in aula è approdata, ma con una situazione esplosiva. Il dibattito si è soffermato soprattutto sulla scelta della sede che impegna i rappresentanti di Cagliari e Sassari in una prova di forza.
Arrivano pressioni da più parti, così come è successo in Consiglio comunale a Cagliari dove sono state presentate un’interrogazione da parte di Fabrizio Marcello (Pd) e un ordine del giorno a firma di Federico Ibba (Udc) e di tutto il centrodestra per mantenere la sede della nuova Azienda nel capoluogo di regione attraverso azioni, perentorie nelle sedi istituzionali adeguate, del sindaco e della giunta.
L’ATTACCO Forza Italia ha presentato circa 170 emendamenti nel tentativo di modificare il testo presentato dalla Giunta. Tanti emendamenti sono arrivati anche dalla maggioranza, motivo per cui il capogruppo di FI, Pietro Pittalis, sostiene che «il numero e i contenuti degli emendamenti dimostrano che la riforma è stata rinnegata dalla stessa Giunta e dalla maggioranza».
Con l’obiettivo di «rimanere fuori dalla zuffa che contrappone gli opposti egoismi di campanile», Pittalis ricorda «il modello alternativo presentato dal partito». Sulla stessa linea anche il collega Ignazio Locci che fa parte della commissione Sanità: «Proponiamo un modello basato su tre aziende territoriali: Sassari, Olbia e Tempio; Oristano, Nuoro e Ogliastra; Medio Campidano, Carbonia, Iglesias e Cagliari. Salvaguardiamo il Brotzu, le Aziende universitarie e il dipartimento interaziendale dell’Emergenza-urgenza».
BOTTA E RISPOSTA Dopo l’affondo del deputato del Centro democratico Roberto Capelli sulla posizione dei consiglieri nuoresi in merito alla nascita dell’Azienda San Francesco/Zonchello, arriva la replica del consigliere regionale, Emilio Usula (Rossomori), direttamente chiamato in causa dal deputato. «Non sono d’accordo con la nascita dell’Azienda a Nuoro sia per il numero di utenti necessari per giustificarla sia per la necessità di ultra specializzare le prestazioni». Usula teme una «riduzione delle prestazioni di base» e rimanda al mittente «la grossolana insinuazione di calcoli politici».
Matteo Sau
 
 

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 23 luglio 2016 / Cultura (Pagina 42 - Edizione CA)
Ieri a San Sperate la prima “pietra”: impegnati il Comune e i tre figli dello scultore
C’è una memoria da salvare: nasce la Fondazione Sciola
A San Sperate, davanti alla casa col portone sempre aperto di via Enrico Marongiu 21, una bambina dà il benvenuto ai visitatori, invitandoli a pagare un biglietto. Quella bambina ha sette anni, quanti ne aveva Maria Sciola, ora ventottenne, nell’autoritratto infantile che mesi fa ha ritrovato in quella casa. Era nascosto tra le mille carte accatastate su un lunghissimo tavolo che lei cercava disperatamente di mettere in ordine, con l’aiuto del padre. «Gli facevo vedere una fotografia, e lui sapeva dirti quando era stata fatta, e da chi, e chi c’era. Per fortuna ho cominciato col suo aiuto. Babbo aveva una memoria incredibile». La memoria della pietra, aggiungerebbe lui, certo com’era di avere milioni di anni.
Quella memoria dominata dal caos, da districare tra le mille matasse del tavolo, negli scaffali, nelle stanze, nel giardino felicemente infestato dalle sue sculture, in ogni angolo di un luogo così intimo, eppure così aperto al mondo, è diventata ora un punto fermo. Una Fondazione: solida e sonora come le pietre di Pinuccio Sciola. Un riferimento importante per chi voglia conoscere lo scultore che cinquant’anni fa aprì il suo paese al mondo, che voglia approfondire la sua arte, il tempo che ha segnato la sua esistenza in terra (15 marzo 1942-12 maggio 2016), e il non tempo in cui amava riconoscersi.
Aperta a chiunque voglia dare il suo contributo in donazioni, idee, volontariato, retta da un consiglio di amministrazione che vede impegnati in prima linea, con la municipalità di San Sperate, i tre figli dello scultore, Chiara, Tomaso e Maria, la piccolina, è stata battezzata ieri nella sala consiliare del Comune di San Sperate colma di amici. Padrone di casa il sindaco Enrico Collu, ospiti il prorettore vicario Francesco Mola, il vice presidente della Regione Raffaele Paci, il direttore editoriale dell’Unione Sarda Gianni Filippini, e in video-collegamento il giornalista Giovanni Floris, col suo affettuoso ricordo di Sciola. A Chiara, Tomaso e Maria il compito di spiegare gli obiettivi della Fondazione, che li vede uniti nella realizzazione di un grande desiderio del padre.
Prevedono la catalogazione e la divulgazione delle sue opere, la tutela e la trasformazione in un museo vivo della sua casa, l’organizzazione di mostre, convegni, workshop, borse di studio che coinvolgano i giovani, tanto cari all’artista, l’approfondimento delle ricerche sulla storia e sulla critica dell’arte in Sardegna, dal megalitismo alla contemporaneità, il legame costante col mondo internazionale.
Un turbinio ordinato di proposte e di propositi, e un progetto su tutti: la realizzazione di quei 240 chilometri di scultura a cielo aperto pensati anni fa da Sciola: una ininterrotta teoria di sculture di artisti di tutto il mondo che percorra la 131. Era il suo sogno, uno dei suoi sogni. Alla Regione, su tutti, il compito di realizzarlo. Come compito dell’Università sarà quello di promuovere il prossimo anno una serie di iniziative, che partano dalla catalogazione della sua vastissima produzione. A occuparsene, su richiesta di Maria Del Zompo, che regge l’Ateneo, saranno Peppino Marci, filologo della letteratura italiana, e la storica dell’arte Pamela Ladogana. Parlando di Sciola, Gianni Filippini ha fatto un parallelo tra Bilbao col suo Museo Guggenheim e San Sperate con le opere del cittadino più illustre, metafore di una cultura che sa superare i luoghi. E ha definito lo scultore un mosaico composto da mille tessere (più che una testardissima pietra sonora qual era).
Alla Fondazione l’arduo cimento di metterle tutte insieme, di tenere viva l’eredità di un artista, e di un uomo, che è riuscito nei suoi 74 anni a viverne mille. Pinuccio Sciola aveva la calma di chi è convinto di provenire da un tempo senza tempo ma anche la frenesia di bruciarlo. Era calcare, era basalto, era suono primordiale, ed era il fuoco col quale nelle notti estive accendeva di luce il suo Giardino di pietre e di aranci, non lontano dalla casa col portone sempre aperto.
Maria Paola Masala
 
 

3 - L’UNIONE SARDA di sabato 23 luglio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 11 - Edizione CA)
VERSO IL REFERENDUM. Pasquino, Ciarlo e Olivetti a confronto sulla svolta istituzionale
LA RIFORMA BOSCHI VISTA DAI PROF
«Va riscritta», «No, prima va letta»
Una premessa del padrone di casa, il deputato Pd e membro della commissione Affari costituzionali, Marco Meloni: «L’approccio conta quanto il merito, e rispetto al referendum una parte del mio partito si è posta in modo sbagliato». Quanto a Renzi, «ha personalizzato il referendum, sbagliando». Levati i sassolini, si può andare avanti: “Il referendum: conoscere per decidere” è il titolo del convegno organizzato l’altro ieri alla Mem di Cagliari. A confronto due costituzionalisti importanti come Pietro Ciarlo (docente all’Università di Cagliari) e Marco Olivetti (Lumsa, Roma), e Gianfranco Pasquino, politologo di fama internazionale. I primi due per il sì, il terzo per il no. Si parla dei contenuti della riforma, dal superamento del bicameralismo perfetto al ruolo del nuovo Senato che la Renzi-Boschi trasforma in una Camera delle autonomie territoriali, dall’importanza della legge elettorale al sistema politico alla base della riforma. Pasquino parte da qui
«La Costituzione - dice - è un documento politico che intende dare forma a un sistema politico. Chi la scrive deve conoscere il sistema, altrimenti si fa una cattiva riforma». I costituenti, ad esempio, «lo conoscevano perché avevano partiti alle spalle attivi sul territorio e scelsero consapevolmente di avere due Camere». Per chi giustifica la riforma la doppia Camera produce meno leggi e rallenta il procedimento legislativo. «Non è vero, non solo il Parlamento produce più leggi di Francia e Germania, ma lo fa in meno tempo». La verità è che questa riforma nasce perché «nel 2013 il Pd non aveva la maggioranza al Senato». Ma anche le leggi elettorali, aggiunge riferendosi all’Italicum, «non si costruiscono pensando di far vincere qualcuno, ma per eleggere un Parlamento che rappresenti l’elettorato».
Per Marco Olivetti ciò che conta è il risultato: «Uscire da questo sistema è scopo prioritario rispetto al modo in cui se ne esce». E il sistema bicamerale «presenta problemi di funzionalità, soprattutto quando si è passati al sistema maggioritario, con il rischio reale di avere maggioranze diverse alla Camera e al Senato».
Quanto alle modifiche del Senato che sarà composto da 100 membri (5 nominati per sette anni dal presidente della Repubblica, e 95 consiglieri regionali di cui 74 nominati dall’Assemblea e 21 dai sindaci), la novità è che «i rappresentanti delle regioni partecipano alla formazione della legge».
Ciarlo fa una premessa: «Questa è una delle riforme più dibattute, ma anche meno lette». In ogni caso, sia che vinca il sì o il no, «dobbiamo prenderne atto e rispettare la Costituzione». Nel dibattito politico c’è un legame tra riforma e legge elettorale, ma, avverte, «non facciamo l’errore di considerare le due cose abbinate nel quesito referendario». Infine: «La riforma testimonia anche la crisi del sistema regionalista nel paese, quello previsto dalla riforma del titolo V». A questo si ricollega ancora Pasquino: all’incoerenza «dei giuristi regionalisti che dissero sì alla riforma del titolo V e che ora sono favorevoli anche alla Renzi-Boschi che la capovolge». E se il problema vero è la governabilità, allora «è sulla forma di governo che si deve aprire il dibattito».
Roberto Murgia
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 23 luglio 2016 / Pagina 33 Estate
A San Sperate è nata la Fondazione Sciola per promuovere la memoria e i progetti dell’artista
«REALIZZEREMO L’UTOPIA DI PINUCCIO»
di Luciano Onnis
SAN SPERATE Sarebbe dovuta nascere ufficialmente la mattina del giorno in cui è venuto a mancare nel suo lettino d’ospedale, con tanto di notaio prenotato per la stipula dell’atto costitutivo. Pinuccio Sciola ha assistito ieri dall’aldilà alla nascita di quella che era un’aspirazione che coltivava da tempo e che faceva parte dei suoi progetti più immediati, al pari della realizzazione di quella che lui stesso definiva “un’utopia”, un museo a cielo aperto lungo tutta la strada statale 131 con sculture di artisti sardi e anche internazionali che uniscano un’intera isola. Questo suo secondo (o forse primo) sogno era la “Fondazione Sciola”, istituzione deputata a promuovere la memoria e il messaggio d’arte che gli appartenevano e che ha lasciato in eredità all’umanità intera. Ieri mattina, davanti al notaio, i figli Tomaso, Chiara e Maria (che saranno rispettivamente presidente, vicepresidente e direttore) hanno stipulato l’atto di costituzione della Fondazione sognata dal loro padre e poi l’hanno presentata nell’aula consiliare del comune di San Sperate alle autorità civili regionali e a numerosi amici di Pinuccio che non sono voluti mancare all’evento anche a costo di attraversare l’intera Sardegna nella torrida giornata di ieri. Trattenuti a Cagliari da altri inderogabili impegni istituzionali, il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, e il rettore dell’Università di Cagliari, Maria del Zompo, hanno delegato a rappresentarli i loro vice, l’assessore Raffaele Paci, e il pro rettore Francesco Mola. Collegato invece via Skipe il giornalista Giovanni Floris, il cui papà (e lui stesso) erano fraterni amici dello scultore sansperatino. Dopo un breve saluto del sindaco rigorosamente in fascia tricolore, Enrico Collu, è stato Tomaso Sciola a fare i doveri di casa, spiegando senza tanti fronzoli il perchè della Fondazione e gli obiettivi. «E’ l’aspirazione di Pinuccio (non ha mai detto “mio padre”, chiamandolo solamente con il suo nome) che si avvera – ha esordito Tomaso –, vedere ancora una volta tanta gente partecipare a una iniziativa che lo riguarda conferma ulteriormente quanto interesse e affetto ci fosse attorno a lui». Tre, dunque, i principali obiettivi su cui si concentrerà da subito la Fondazione: trasformare la casa di Pinuccio in un museo che offra a chiunque la possibilità di attraversare le origini, la forza e la geniale semplicità del mondo dello scultore (e non solo); realizzare una scultura lunga 240 chilometri che unisca tutta la Sardegna attraverso l’integrazione; proseguire nei percorsi formativi di studenti e artisti internazionali attraverso lo spirito della scuola “anticlassica e antiaccademica” che Pinuccio professava. Sarà inoltre iniziativa della Fondazione avviare il censimento delle sue opere, la catalogazione dei suoi documenti, la prosecuzione degli studi sull’opera scultorea e la realizzazione di mostre e convegni finalizzati alla più ampia attività di promozione culturale. Il tutto tenendo sempre a mente quella che Pinuccio chiamava la sua missione: ricreare un nuovo rapporto con la natura, con il lavoro, l’amore, il suono delle pietre, il rispetto dell’ambiente. “Guardandoci negli occhi”, puntualizzava sempre Sciola. «Vogliamo trasmettere il messaggio di Pinuccio oltre Pinuccio – ha detto la figlia Chiara –, con l’apporto di tutti. La sua casa era sempre aperta a chiunque, continuerà ad esserlo». Da parte sua, l’Università farà la propria parte, come assicurato dal pro rettore Mola: «Ci mettiamo al servizio della Fondazione per rendere immortale ciò che purtroppo la biologia ci ha fatto mancare togliendoci Pinuccio».
 

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