Sabato 25 giugno 2016

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25 giugno 2016
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RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA


1 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 giugno 2016 / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
BREXIT Calciatori e ricercatori i più esposti ai contraccolpi
Ma la situazione dovrebbe restare stabile per chi vive già Oltremanica
PIÙ DIFFICILE CERCARE LAVORO, A RISCHIO L’ERASMUS
Calciatori e ricercatori universitari generalmente non hanno molto a che spartire. Ma potrebbero avere qualche problema comune per via della Brexit, almeno nel medio periodo. Ieri tutti gli analisti e le agenzie di stampa si affannavano a rassicurare che per i prossimi due anni le cose non cambiaranno molto, ma ci sono settori in cui i contraccolpi saranno di sostanza e non tarderanno a manifestarsi.
Secondo una stima della Federcalcio inglese sono circa 300 gli atleti arruolati in quanto “comunitari” nei campionati britannici che potranno avere problemi, perdendo lo status di tesserabili. È possibile che questo avvenga anche per altri lavoratori, e anzi uno dei motivi profondi del “Leave” è stato fornito - insieme alle regole e regolette sfornate da Bruxelles - dalla detestata concorrenza di prestatori d’opera provenienti dall’area dell’Unione Europea. La prospettiva più probabile per ora (qualunque ipotesi va preceduta da formule dubitative e caute) è che chi oggi fa il pizzaiolo o l’avvocato a Londra o a Edinburgo non rischi molto, mentre le novità di rilievo riguarderebbero chi cerca lavoro e residenza Oltremanica da domani. Se in apertura si accennava ai problemi per i ricercatori non è perché un docente abbia un trattamento diverso da un altro lavoratori, ma perché il settore della ricerca è fra quelli più esposti a contraccolpi della Brexit: come molti importanti atenei britannici hanno detto e ripetuto (inutilmente) prima del voto, nel Regno Unito la ricerca è fra i settori di gran lunga più sostenuti dalla risorse europee. A proposito di studio, a traballare c’è la possibilità di effettuare l’Erasmus in Gran Bretagna, mentre per quanto riguarda l’accesso turistico al Paese non dovrebbe cambiare nulla, almeno per mesi e mesi se non per anni. Due settori in cui tendenzialmente le cose cambieranno abbastanza poco - almeno in teoria, visto che in pratica un eventuale impoverimento del bilancio britannico avrebbe conseguenze ad amplissimo spettro - sono quello militare e il fronte dei migranti, entrambi campi che non hanno mai visto Londra lasciarsi coinvolgere particolarmente da Bruxelles.
Dal punto di vista militare, la “relazione speciale” di Londra è sempre stata con Washington e non con Bruxelles, e d’altronde un esercito comune europeo pareva una prospettiva più concreta ai tempi di De Gasperi che oggi. Quanto ai migranti, Londra aveva già esercitato l’opt out, cioè aveva tirato il freno a mano che consente a un Paese Ue di non uniformarsi alla linea comune in un particolare settore, nel caso specifico l’accoglienza dei profughi.
 
 

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 giugno 2016 / Primo Piano (Pagina 4 - Edizione CA)
Richard Lisle: «Sono per Leave». Andrew Laird: «Credo nell’Europa»
«NULLA DI COSÌ GRAVE»
Gli inglesi di Sardegna: dall’Ue pochi vantaggi
«Troppa burocrazia, pochi vantaggi. E in Inghilterra siamo pratici, concreti: ecco perché non ci è mai piaciuta l’Unione europea», dice Richard Knowlton, inglese che dopo il matrimonio con una sarda ha deciso di trasferirsi a Cagliari. Il risultato del referendum lo ha stupito, questo sì, «ma non mi ha sconvolto. Mi dispiace per l’esito, io ho votato per rimanere. Nell’immediato non mi aspetto nessun cambiamento importante, anche se la preoccupazione per una svalutazione della sterlina c’è». I motivi della scelta degli inglesi? «Credo siano insoddisfatti delle performance dell’Unione europea. I politici non piacciono tanto, c’è distanza tra chi governa e la gente comune, soprattutto nelle aree dove la disoccupazione aumenta».
Richard Lisle, ex ufficiale di polizia a Londra, ora insegnante di inglese a Cagliari, è felice: «Ho votato per lasciare l’Unione europea perché non sono mai stato d’accordo con la direzione che sta prendendo. Il mio Paese è sempre stato profondamente diviso sulla nostra appartenenza, per questo non ci siamo completamente integrati nell’Ue e ora siamo arrivati a questo referendum». L’incertezza della situazione economica passerà: «Credo che nel lungo periodo la Gran Bretagna resterà forte. Gli accordi commerciali che le imprese europee e inglesi hanno non cambieranno. Penso che l’impatto sull’uscita si farà sentire di più nell’Europa».
Lo scontro generazionale tra anziani (che hanno votato in massa per l’uscita) e giovani (quasi tutti a favore del “remain”) si spiega con la diversa cultura di fondo: «Le vecchie generazioni hanno combattuto la seconda guerra mondiale contro tedeschi e italiani, non li hanno mai visti come alleati o amici. Ricordo ancora la reazione di mia nonna quando le dissi che mi sarei trasferito qui», racconta Andrew Laird, direttore di una scuola di inglese a Cagliari. Scozzese, 45 anni, ha conosciuto la moglie italiana grazie all’Erasmus: «I miei coetanei e i più giovani sono figli dell’Europa, ecco perché hanno votato compatti per non lasciarla». John Di Girolamo, docente dell’Università di Cagliari, non è preoccupato: «Forse dovrò fare qualche fila in più per il permesso di soggiorno, ma non credo sia una tragedia. Mi ha sorpreso il risultato, ma evidentemente la campagna per uscire dall’Ue è stata più convincente».
Michele Ruffi
 
 

3 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 giugno 2016 / Cronaca di Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
CONVEGNO. Un nuovo macchinario cura i pazienti anche depressi e anoressici
Cocaina o nicotina, stop alle dipendenze
Minutissime scosse al cervello, in modo non invasivo e indolore, per liberarsi della dipendenza da cocaina a da altre forme di dipendenza, ma anche per curare la depressione, l’anoressia, la bulimia. Gli impulsi elettromagnetici mirati si sono già dimostrati ampiamente efficaci nel trattamento delle dipendenze. Di questa nuova opportunità terapeutica si parlerà lunedì all’Ordine dei medici di Cagliari, in via dei Carroz, nel corso del convegno “Stimolazione magnetica transcranica ripetitiva: nuove possibilità terapeutiche”.
Utilizzando protocolli ben precisi e riconosciuti a livello internazionale, l’rTMS (il nome del macchinario che emette le piccole scosse) sfrutta campi magnetici che influenzano per via transcranica specifiche zone del cervello per riprodurre sostanze come serotonina e dopamina, che, nel caso dell’abuso di cocaina, sono alterate. Il principio su cui si basa prevede, infatti, il ripristino dell’equilibrio funzionale di alcune zone del cervello. «Nel caso di persone dipendenti da alcol, cocaina o nicotina, la corteccia prefrontale», ovvero la parte anteriore del cervello, «è ipofunzionale», spiega il professor Marco Diana, del laboratorio di Neuroscienze cognitive “G. Minardi” dell’università di Sassari. «Con queste piccole scosse», generate da un macchinario oggi presente in Sardegna, «rimettiamo in funzione zone inibite dall’utilizzo di quelle sostanze».
Al convegno (dalle 9,30) parteciperanno anche Maurizio Melis (primario di Neurologia al Brotzu), Antonello Bonci (direttore scientifico del National institute on drug abuse di Baltimora), Mariangela Antonelli (università Cattolica di Roma), Gaetano Di Chiara (dipartimento Scienze biomediche università di Cagliari), Luigi Stella (presidente della società italiana tossicodipendenze), Giovanni Biggio (professore emerito) e i direttori del Serd di Cagliari e Nuoro. (ma. mad.)
 
 

4 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 giugno 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 15 - Edizione CA)
Forau Murgia,
Eden in Barbagia
Lello Caravano
Seulo. Prima o poi una Bandiera blu o un vessillo con le Cinque vele lo pianteranno anche qui, lungo le spiaggette del Flumendosa che fanno da contorno alle piscine naturali sulle quali si riflette il verde intenso della foresta primaria, mai violata dall’uomo. I premi ai litorali italiani di qualità un giorno o l’altro, anziché celebrare le spiagge più belle, guarderanno con ammirazione a questo Eden nella Barbagia di Seulo: le acque smeraldo del fiume cassaforte contro la sete, le grandi piscine dove ci si tuffa e si nuota, le anse con la sabbia bianca. E poi la foresta. Un sacrario celebrato dai libri e dai botanici, un eccezionale esempio di biodiversità. Qui le filliree, arbusti tipici della macchia mediterranea, diventano monumenti alti dieci metri. Patriarchi verdi, non per niente di casa in uno dei paesi che vanta picchi di longevità tra i più alti in Europa.
UN EDEN L’Eden si chiama Forau Murgia. Un lembo di foresta originaria, dove l’uomo o il fuoco non hanno mai provocato disastri. Da qui parte il paradiso verde di Su Demaniu, comunale, circa trecento ettari di bosco mai violato, filliree e lecci (ma anche corbezzoli e olivastri) fino al Gennargentu. Un bosco sacro. Celebrato oltre vent’anni fa in un censimento nazionale sugli alberi monumentali (in quell’occasione l’olivastro di Luras fu battezzato come il fusto più antico d’Italia), che indicò le filliree di Forau Murgia tra le meraviglie botaniche di tutta Italia. «Ecco, questo è il nostro campione», dice Giuliano Moi, allevatore, esperto della montagna, socio dell’Ecomuseo dell’Alto Flumendosa («Sono un operatore tuttofare»), indicando la fillirea gigante, “s’arridelu mannu”, simbolo di Forau Murgia. Svetta nella radura sul lato sinistro del fiume (il versante opposto è di Aritzo) ricco d’acqua anche in piena estate, tra i grandi massi di scisto e porfido, con il tronco rugoso e screpolato, due metri e mezzo di circonferenza. Sembra una pietra scolpita da Sciola e forse una mano d’artista riuscirebbe anche a ricavarne dei suoni arcaici. «Vogliamo che Forau Murgia resti una finestra aperta su un mondo antico - osserva il sindaco di Seulo Enrico Murgia - con Sa Stiddiosa e Su Stampu ’e su turrunu è uno degli angoli più belli del nostro territorio, quasi un luogo intimo per i seulesi».
I MONUMENTI Le filliree-monumento si nutrono dell’umidità e del fresco del Flumendosa, hanno una venerabile età, sono certamente plurisecolari. Spesso tappa della passeggiata Andalas, uno dei più suggestivi itinerari dell’interno (appuntamento il 13 agosto), che coinvolge 120 volontari e centinaia di appassionati: escursioni nei boschi, tuffo nelle limpide piscine del Flumendosa, pranzo sotto i castagni di Sa Funtana ’e su predi con quaranta cuochi all’opera (il ricavato va in beneficenza: tra gli altri, Amnesty, Save the children, Emergency). «Quest’anno Andalas passerà un po’ più a nord di Forau Murgia, da poco abbiamo portato qui un gruppo di piemontesi, erano entusiasti», dice Giovanni Ghiani, uno dei promotori, socio dell’Ecomuseo dell’Alto Flumendosa. Affascinati sono anche quelli del gruppo “Le voci del tempo” (Laura Pisu, Mario Congiu e Marco Peroni), in giro tra Barbagia e Ogliastra a portare il loro spettacolo di musica e teatro: «È un luogo magico».
SACRARIO VERDE Silenzio, profumi e atmosfere da sacrario della natura. L’alba regala colori tenui, non parliamo del tramonto sul grande fiume e tra gli alberi, antichi come la storia, come quegli uomini e quelle donne che sfidano i secoli. La storia qui è passata anche con un sequestro finito negli annali, il primo con ostaggi stranieri, due commercianti di legname francesi, rapiti nel 1894 a Geldèsi, tra Aritzo, Gadoni e Seulo. Retate, arresti (in cella finirono tutti i consiglieri comunali), un episodio che provocò un incidente diplomatico con la Francia e che coinvolse, come mediatore, anche il bandito Corbeddu.
LA STORIA Oggi la prigione-grotta a Su Concali è mèta di escursioni: la chiamano Sa rutta de is francesus , un buco nella roccia un tempo coperto da un leccio e da una grande edera, perfettamente mimetizzato. Da qui si intravede appena il fiume, che fino agli anni Novanta al tramonto ribolliva di trote sarde. Oggi del salmonide originario restano pochi esemplari, nonostante i tentativi dell’Università di Cagliari di reintrodurlo. La biologa Gabriella Autiero, responsabile del centro di riproduzione di Sadali, raccontando di «spiaggette che vanno e vengono per le alluvioni», spiega che le cause della scomparsa delle trote «sono la pesca abusiva e la scarsa informazione». La pesca alla trota è un’antica tradizione. «La ricetta migliore? Si faceva arrosto sulle pertiche di sambuco e poi in salamoia con cipolla», dice Giuliano Moi.
VINI E PROSCIUTTI Ora si punta sulla risorsa natura. Non solo escursioni. L’obiettivo è far tornare produttivi i boschi. Con un programma, Torrausu a su connottu, per impiantare nuovi castagni e noci (il Comune ne ha acquistati settecento da distribuire alla popolazione) e ridurre l’invasione dei lecci: anche in onore del dolce seulese, su pistoccu ’e nuxi. Ma in un paese virtuoso in fatto di peste suina (e dove si producono formaggi, vini e prosciutti di qualità), si vara un progetto che il sindaco Murgia ha battezzato “Seulo, paesaggio in azione”. In accordo con Università, Laore e agenzia Forestas, con il coordinamento dell’Ecomuseo e dell’associazione Malik, il Comune vuole creare occasioni di lavoro nel bosco: tagli sostenibili per esportare biomasse e fornire legna a prezzi sostenibili alle famiglie. Dice il sindaco Murgia: «Vogliamo riqualificare il territorio per tornare a produrre e fare in modo che i pastori si riapproprino dell’ambiente, anche con l’allevamento dei maiali». E poi continuare a valorizzare i gioielli di famiglia, come Forau Murgia. Le piscine lunghe anche cento metri, le spiaggette che ogni anno cambiano forma, le filliree che sfidano il tempo. Sognando una bandiera blu (o verde o arancione) per celebrare il paradiso di Seulo.
 
 

5 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 giugno 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 13 - Edizione CA)
Il fondatore Roberto Pili: in Sardegna ci sono 400mila persone sopra i 65 anni
LA SCUOLA PER VIVERE A LUNGO
Salute e terza età: percorso virtuoso illustrato dai docenti
Pecorino e Cannonau fanno miracoli - almeno pare - ma non bastano. Per arrivare a cent’anni in forma serve anche altro. «Ci rivolgiamo soprattutto ai giovani, è necessario che le nuove generazioni prendano atto dell’importanza di un percorso di salute, fondamentale per diventare anziani autosufficienti», premette Roberto Pili, presidente della Comunità mondiale della longevità. Un obiettivo ambizioso, che l’anno scorso ha portato alla creazione della «Scuola di formazione dei promotori della longevità e dell’invecchiamento attivo di successo»: struttura unica nel suo genere, e la prima a livello mondiale. Ma certo non è un caso sia nata in Sardegna, «terra per eccellenza di ultracentenari», dice con orgoglio. I numeri confermano: «Abbiamo quattrocento mila over 65, centomila sardi superano gli ottant’anni, quindici mila hanno raggiunto il traguardo dei novanta. A questi si aggiungono circa cinquecento centenari sparsi per tutta l’Isola». È da qui che parte la tavola rotonda «Promotori dell’invecchiamento sano ed attivo: l’interesse dei giovani», organizzata da Pili e Andrea Loviselli, coordinatore del Corso di laurea in Scienze motorie. Quattro ore di confronto e l’assoluta convinzione che sia «fondamentale un approccio multidisciplinare alla vecchiaia», sottolinea Loviselli. «Il senso del nostro lavoro è riuscire a promuovere una vecchiaia socializzante, che renda gli anziani una risorsa», spiega. «Per raggiungere questo traguardo è indispensabile l’apporto di diverse discipline, anche dei futuri maestri dello sport, che devono sapere come trattare con tutte le fasce d’età», osserva. «Il progressivo invecchiamento della popolazione a livello mondiale richiede interventi specifici, finalizzati a promuovere forme di invecchiamento sano e attivo, sin dalle fasi precoci della vita», interviene Pili. «Agire in tenera età consente di ridurre al minimo i fattori di rischio di patologie e disabilità, che tenderebbero invece a crescere con l’avvicinarsi della vecchiaia», osserva.
 «Sappiamo che i fattori modificabili rappresentano il settantacinque per cento della qualità dell’invecchiamento (sia esso usuale, patologico o di successo), questo deve portare tutti a fare attenzione alle varie fasi del ciclo di vita, e a convincerci che la salute si costruisce a partire dall’infanzia», ribadisce. «Senza contare che il tema dell’invecchiamento attivo può rappresentare per i giovani anche un campo di professionalizzazione, oltre che un’opportunità di informazione nella promozione della salute», suggerisce. «Abbiamo un giacimento delle cultura della longevità che stiamo faticosamente disseppellendo e dotata di enormi potenzialità: potrebbe diventare traino soprattutto per le zone interne e asfittiche della nostra terra, da cui i giovani continuano a scappare». La chiusura è di Loviselli: «Il cittadino deve riprendersi le chiavi della sua salute».
Sara Marci
 

 

6 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 giugno 2016 / Borsa (Pagina 19 - Edizione CA)
Regione, Huawei e Tiscali
“Smart e Safe City” Parte il laboratorio al Crs4 di Pula
Un circolo esclusivo per parlare di città intelligenti e sicure in Sardegna. L’ultimo ospite illustre ad accedervi è stato Tiscali, accanto al colosso cinese della telefonia Huawei, il CRS4 e la Regione. Giovedì il primo incontro preliminare su possibili sinergie nel progetto “Smart & Safe City”, il laboratorio di innovazione congiunta gestito da CRS4, Huawei e Regione, a cui potrebbero a breve aggiungersi le infrastrutture della società di Sa Illetta.
«Siamo lieti di essere stati invitati al tavolo di discussione per lo studio di una partership che mira a offrire alla Regione Sardegna e al progetto Smart & Safe City la nostra esperienza e le nostre dotazioni sia di tecnologia che di infrastruttura di rete di nuova generazione», ha commentato l’ad di Tiscali Riccardo Ruggiero.
Il progetto, già avviato, prevede l’apertura di un laboratorio di innovazione congiunta nella sede del CRS4 di Pula. Il centro di ricerca investirà nei progetti di Smart & Safe City, in linea con gli obiettivi prefissati da Horizon 2020, dall’Unione europea e dal programma di sviluppo Smart Specialization Strategy della Regione. Gli studi si concentreranno sul piano di sviluppo delle tecnologie lte, ( long term evolution ), l’ultimissima generazione per i sistemi di accesso mobile a banda larga. (l. m.)
 
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 25 giugno 2016 / Pagina 4 - Ediz. Nazionale
L’incertezza degli italiani in Uk
“Forse conviene tornare a casa”
di Jacopo Salvadori e Anna Saccoccio
ROMA Il Regno Unito ha deciso di uscire dall’Unione europea. Questo comporterà dei cambiamenti nella vita degli italiani, studenti e lavoratori, che hanno deciso di vivere in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Qualcuno è preoccupato e sta valutando l’ipotesi di tornare a casa, in Italia. Altri, invece, sono sicuri di rimanere. Uno dei settori dove c’è più preoccupazione è quello universitario. In particolare tra gli studenti del programma Erasmus che negli ultimi nove anni ha coinvolto quasi 25.000 studenti italiani e britannici in esperienze di studio e di tirocinio nel Regno Unito e in Italia. Ma il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha fatto sapere che farà di tutto per non interrompere «questo flusso». Anche dal lato dei lavoratori c’è qualche preoccupazione. Barbara Franchi è di Brescia e vive a Canterbury, nel sud dell’Inghilterra. Dopo la laurea in lingue alla Ca’ Foscari di Venezia, è partita per fare il dottorato di letteratura inglese alla University of Kent, dove fa l’assistente docente. Il giorno del referendum sulla Brexit ha seguito le evoluzioni del voto incollata alla tv, sperava fino alla fine vincesse il remain. Barbara è preoccupata per il suo futuro professionale. «Sono un’insegnante precaria, ho paura che per questioni economiche vengano privilegiati gli inglesi». Sul lavoro si è sentita sempre accolta: «Il mio lavoro è stato sempre valorizzato, l’ambiente accademico tratta gli stranieri come i locali, non credo che l’atteggiamento cambierà, ma sul lato pratico la situazione sarà difficile, se per l’università assumere uno straniero diventerà più dispendioso». Tra pochi giorni Barbara torna in Italia per andare a trovare la famiglia e già teme un po’ i controlli al ritorno. «Mi sarei vista bene in Inghilterra, ma oggi non so se ho voglia di stare in un paese che ha scelto di non condividere i miei valori». Tommaso Mari, invece, ha 28 anni, è di Orvieto, in provincia di Terni. È laureato in lettere classiche alla Normale di Pisa e ora è dottorando all’Università di Oxford. «È stato un brutto colpo - ha confessato - Forse ora è il caso di guardarmi intorno e tornare in Europa continentale, perché non sono sicuro di voler rimanere in un paese così. Credo sia necessaria una maggior integrazione tra i Paesi europei, per me significa superare un po’ le barriere dello Stato nazionale e raggiungere un più esteso senso di comunità». Dal punto di vista professionale, il futuro del dottorando è incerto: «Tutti prevedono una contrazione dell’economia e immagino che ci sarà anche meno lavoro, che gli investimenti in ricerca ed educazione saranno ridotti. specialmente in campo umanistico». Ma c’è anche chi ha deciso di rimanere. Come Luigi D’Angelo, 26 anni, ingegnere civile. Vive a Londra da un anno e mezzo, ma è originario di Ercolano, in provincia di Napoli. «Sono un po’ sono dispiaciuto, ma non poteva finire altrimenti - ha spiegato Luigi - è stato un referendum inopportuno già semplicemente per il fatto che parliamo di effetti che diventeranno effettivi, come minimo, tra due anni. Quindi ci sono i ragazzi di 16 anni di oggi, che tra due anni ne avranno 18, che non hanno votato e al 90% avrebbero votato per restare in Europa mentre invece hanno fatto votare i settantenni e ottantenni che magari tra due anni forse non ci saranno più. Secondo me si è data voce in capitolo a chi non aveva né gli interessi, né gli strumenti». Luigi crede anche che alla base ci sia un problema culturale. «La mia riflessione è più di carattere culturale: onestamente, a me, se la sterlina scende o sale, perdo o non perdo il lavoro lì, tanto ne trovo un altro, se il rapporto euro-dollaro crolla, non me ne frega niente. Sono tutte cose di breve periodo. Secondo me, di fronte a un voto del genere non bisognerebbe fare un voto di convenienza, ma una scelta idealista: bisogna pensare ai nostri figli e ai nostri nipoti».
 
 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 25 giugno 2016 / Pagina 6 - Ediz. Nazionale
L’economista sardo: provo rabbia
di Jacopo Salvadori e Anna Saccoccio
ROMA Il Regno Unito ha deciso di uscire dall’Unione europea. Questo comporterà dei cambiamenti nella vita degli italiani, studenti e lavoratori, che hanno deciso di vivere in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Qualcuno è preoccupato e sta valutando l’ipotesi di tornare a casa, in Italia. Altri, invece, sono sicuri di rimanere. Uno dei settori dove c’è più preoccupazione è quello universitario. In particolare tra gli studenti del programma Erasmus che negli ultimi nove anni ha coinvolto quasi 25.000 studenti italiani e britannici in esperienze di studio e di tirocinio nel Regno Unito e in Italia. Ma il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha fatto sapere che farà di tutto per non interrompere «questo flusso». Anche dal lato dei lavoratori c’è qualche preoccupazione. Barbara Franchi è di Brescia e vive a Canterbury, nel sud dell’Inghilterra. Dopo la laurea in lingue alla Ca’ Foscari di Venezia, è partita per fare il dottorato di letteratura inglese alla University of Kent, dove fa l’assistente docente. Il giorno del referendum sulla Brexit ha seguito le evoluzioni del voto incollata alla tv, sperava fino alla fine vincesse il remain. Barbara è preoccupata per il suo futuro professionale. «Sono un’insegnante precaria, ho paura che per questioni economiche vengano privilegiati gli inglesi». Sul lavoro si è sentita sempre accolta: «Il mio lavoro è stato sempre valorizzato, l’ambiente accademico tratta gli stranieri come i locali, non credo che l’atteggiamento cambierà, ma sul lato pratico la situazione sarà difficile, se per l’università assumere uno straniero diventerà più dispendioso». Tra pochi giorni Barbara torna in Italia per andare a trovare la famiglia e già teme un po’ i controlli al ritorno. «Mi sarei vista bene in Inghilterra, ma oggi non so se ho voglia di stare in un paese che ha scelto di non condividere i miei valori». Tommaso Mari, invece, ha 28 anni, è di Orvieto, in provincia di Terni. È laureato in lettere classiche alla Normale di Pisa e ora è dottorando all’Università di Oxford. «È stato un brutto colpo - ha confessato - Forse ora è il caso di guardarmi intorno e tornare in Europa continentale, perché non sono sicuro di voler rimanere in un paese così. Credo sia necessaria una maggior integrazione tra i Paesi europei, per me significa superare un po’ le barriere dello Stato nazionale e raggiungere un più esteso senso di comunità». Dal punto di vista professionale, il futuro del dottorando è incerto: «Tutti prevedono una contrazione dell’economia e immagino che ci sarà anche meno lavoro, che gli investimenti in ricerca ed educazione saranno ridotti. specialmente in campo umanistico». Ma c’è anche chi ha deciso di rimanere. Come Luigi D’Angelo, 26 anni, ingegnere civile. Vive a Londra da un anno e mezzo, ma è originario di Ercolano, in provincia di Napoli. «Sono un po’ sono dispiaciuto, ma non poteva finire altrimenti - ha spiegato Luigi - è stato un referendum inopportuno già semplicemente per il fatto che parliamo di effetti che diventeranno effettivi, come minimo, tra due anni. Quindi ci sono i ragazzi di 16 anni di oggi, che tra due anni ne avranno 18, che non hanno votato e al 90% avrebbero votato per restare in Europa mentre invece hanno fatto votare i settantenni e ottantenni che magari tra due anni forse non ci saranno più. Secondo me si è data voce in capitolo a chi non aveva né gli interessi, né gli strumenti». Luigi crede anche che alla base ci sia un problema culturale. «La mia riflessione è più di carattere culturale: onestamente, a me, se la sterlina scende o sale, perdo o non perdo il lavoro lì, tanto ne trovo un altro, se il rapporto euro-dollaro crolla, non me ne frega niente. Sono tutte cose di breve periodo. Secondo me, di fronte a un voto del genere non bisognerebbe fare un voto di convenienza, ma una scelta idealista: bisogna pensare ai nostri figli e ai nostri nipoti».
 
 

9 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 25 giugno 2016 / Pagina 19 - Ediz. Nazionale
Start cup: trionfano web, agroalimentare e turismo
di Vincenzo Garofalo
SASSARI Un motore di ricerca che aggrega i risultati in maniera spazio-temporale e restituisce agli utenti dettagliate infografiche, in pochi clic del mouse. Si chiama “Code name: Spime”, ed è il progetto che ha vinto la finale sassarese della Start cup Sardegna 2016, manifestazione organizzata dagli uffici per il Trasferimento tecnologico delle Università di Sassari e Cagliari. Spime, acronimo di Space e Time, è stato ideato da un gruppo di giovani trascinati dai sassaresi Roberto Marras e Alberto Secondi, ai quali si sono uniti Marta Marcia, Omar Dahmani, Giuseppe Moro, Manlio Longinotti e Giovanni Ortu. Un team che ha sbaragliato le altre dodici idee in concorso alla finale locale della IX edizione della Start Cup Sardegna. Sul podio dietro Spime sono saliti altri due progetti che hanno conquistato l’attenzione e la fiducia della giuria. Al secondo posto si è classificata la start-up “Nurkara”, attività imprenditoriale sostenibile che, partendo dalla campagne di Villanova Monteleone e passando per i laboratori del Cnr, produce zafferano liofilizzato ottimizzando al massimo l’intera filiera produttiva di una delle spezie più pregiate e apprezzate al mondo. Il team di Nurkara, che si propone di stabilire un protocollo standard di produzione e di estendere le applicazioni tecnologiche testate sullo zafferano anche ad altri prodotti biologici liofilizzati, è composto da Giovanni Arru, Guy D’hallewin, Paola Di Bella, Federico Garau, Antonio Masala, Leonardo Sechi. Al terzo posto nella graduatoria delle start-up sassaresi si è classificata l’idea “Escursì - The best outdoor Experience”. Si tratta di una piattaforma digitale che strizzando l’occhio alla formula dei social network si rivolge agli amanti della natura e delle escursioni all’aperto e nei luoghi più remoti della Sardegna. Escursì, che è già attivo sul web, raggruppa tutte le offerte turistiche rivolte agli escursionisti e mette a disposizione della clientela una dettagliata descrizione delle offerte proposte dalle aziende inserzioniste. È la prima piattaforma del genere che viene creata in Sardegna, e pur rivolgendosi a un turismo di nicchia, rappresenta uno strumento importante per il settore, come testimoniano i quaranta partner che hanno aderito al progetto in appena tre mesi. Escursì è stata creata da Enrico Di Crosta, Marco Medda e Andrea Morra. Ai tre team saliti sul podio è stato assegnato un premio di duemila euro, offerti dal Comune di Sassari. La giuria ha selezionato altre due start-up: “MooVet”, di Valentina Sanna e Silvia Sanna, un’applicazione gratuita destinata ai proprietari di animali da compagnia per aiutarli a prendersi cura del loro animale e ai veterinari; “Greta Tulipani”, di Paola Cossu, Emanuela Mura, una linea di abbigliamento femminile che unisce il design italiano con la sartoria e i tessuti tipici del continente africano seguendo un modello di impresa sostenibile e solidale. I cinque progetti precederanno con la formulazione di un business plan e parteciperanno alla sfida regionale con le start-up selezionate dall’Università di Cagliari.
 

 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 25 giugno 2016 / Pagina 18 - Olbia
Studenti-ricercatori al lavoro nell’area marina di Tavolara
 Studenti e appassionati di subacquea indosseranno i panni degli scienziati. Prenderanno parte ad attività di educazione non formale relative alle specie alloctone. Ma non solo: saranno coinvolti anche nella raccolta dati e nel monitoraggio delle specie del parco, sia in mare che lungo la costa. Il progetto si chiama «Together for Tavolara» ed è coordinato da Mine Vaganti Ngo, in collaborazione con l’Area marina di Tavolara, con il sostegno della fondazione Con il Sud e il coinvolgimento di 8 partner specializzati nei settori della ricerca, dell’istruzione, della nautica e della vela. Un progetto che si basa sulla citizen science, cioè la scienza fatta dai cittadini, e che in questo caso ha l’obiettivo di coinvolgere un migliaio di persone tra studenti dell’istituto tecnico Deffenu, studenti dell’università di Sassari e appassionati di immersioni. Una serie di azioni di cittadinanza attiva che in tutto durerà due anni. Il progetto è stato presentato ieri a Porto San Paolo nella nuova sala polifunzionale Casa delle farfalle di mare. Hanno partecipato Roberto Solinas e Maria Grazia Pirina di Mine Vaganti, Augusto Navone e Giovanna Spano dell’Area marina, l’assessore all’Ambiente di Loiri Porto San Paolo Maurizio Zirottu, Massimo Ponti di Reef Check e Roberto Porcu di SlowDive. Per informazioni scrivere a info@minevaganti.org oppure telefonare al numero 340.7574109 o visitare la pagina Facebook «Together for Tavolara». (d.b.)
 


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