Domenica 19 giugno 2016

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
19 giugno 2016
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA


1 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 giugno 2016 / Sport (Pagina 26 - Edizione IF)
Cus Cagliari vince il bronzo
Medaglia di bronzo per il Cus Cagliari ai campionati universitari disputati a Modena e Reggio Emilia. La squadra di Antonello Restivo l’ha conquistata nella “finalina” contro il Cus Brescia battuto per 64-57. Sempre in testa per tutto il match, solo nel terzo quarto Brescia si è avvicinata pericolosamente a meno uno. Negli ultimi sessanta secondi ci ha pensato Simone Maresca, con due triple, a mettere la parola fine alla sfida.
 
 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 giugno 2016 / Oristano e Provincia (Pagina 33 - Edizione CA)
Milis
Dai banchi alla storia: i bimbi delle Elementari studiano il sito di Cobulas
I bambini della scuola elementare diventeranno degli archeologi. I ragazzi del servizio civile promuovo un progetto per far conoscere ai più piccoli i beni archeologici del territorio e le campagne di scavo portate avanti dall’Università di Sassari a partire nell’ambito del più ampio progetto denominato “Paesaggi del Montiferru meridionale e del Campidano di Milis”. “Il piccolo archeologo” si articola in due giornate di lezioni in biblioteca in cui verranno affrontati i temi dell’archeologia per quel che concerne il lavoro sul campo e nello specifico si parlerà del sito di Cobulas. L’ultima giornata vedrà i bambini coinvolti in una simulazione di scavo. ( s. p. )
 
 

3 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 giugno 2016 / Cultura (Pagina 43 - Edizione CA)
Archeoastronomia Due giorni di dibattito a Isili sul rapporto tra reperti antichi e stelle La civiltà nuragica
guardava il sole e la luna
Se ieri sera fosse stati a Isili avreste potuto ammirare un tramonto di rara suggestione. Se poi, vi foste trattenuti anche stamattina, abbastanza curiosi da non temere le levatacce, avreste potuto godere di un’alba insolita. Nella valle di Brabàciera, vicino al paese nel centro del Sarcidano, ci sono trentatré nuraghi allineati astronomicamente: nei solstizi d’estate e d’inverno si può osservare il sole sorgere e tramontare esattamente alle spalle dei monumenti megalitici. Un fenomeno che si verifica anche al sorgere e al tramontare della luna.
Ieri sera e stamattina, al nuraghe Nueddas, avreste potuto immaginare una storia della civiltà nuragica diversa da quella documentata da una consolidata tradizione accademica, ma ampiamente discussa a livello internazionale e riconosciuta dai più autorevoli studiosi della materia. Anzi, questi esperti sarebbero stati accanto a voi a spiegarvi perché il sole sorge proprio dietro il Nuraghe Longu e tramonta proprio dietro il Nuraghe Is Paras. Perché, come sostiene Mauro Peppino Zedda, da circa venticinque anni, i monumenti del popolo nuragico furono costruiti seguendo parametri astronomici. Il “contadino-archeologo”, come ama definirsi il perito agrario di Isili, i cui studi sono citati e pubblicati in tomi e numerose riviste specializzate, con Clive Ruggles, professore emerito di Archeoastronomia all’Università di Leicester, autorità mondiale della disciplina che unisce studi di astronomia e archeologia, erano a Nueddas per il “Solstizio 2016”, due giorni di dibattiti e confronto dedicati al rapporto tra stelle e reperti antichi in Sardegna e nel mondo.
Organizzato da “Agorà Nuragica”, moderato da Paolo Littarru presidente dell’associazione culturale e cultore della materia, il convegno si è svolto venerdì a Cagliari, presso la Fondazione di Sardegna, e si è ripetuto a Isili il giorno dopo per concludersi con le escursioni alla valle di Brabàciera. A Cagliari, accanto a Zedda e Ruggles, sono intervenuti anche Arnold Lebeuf, ordinario di Storia delle Religioni all’Università di Cracovia (domani, per i suoi studi sul Pozzo di Santa Cristina, riceverà la cittadinanza onoraria dall’amministrazione comunale di Paulilatino), Franco Lanar, docente dello Iuav di Venezia, secondo cui la scala elicoidale interna ai nuraghi era necessaria alla loro costruzione, e Alessandro Usai della Soprintendenza Archeologica della Sardegna a rappresentare il punto di vista dell’Accademia.
Se per l’archeologo Usai «i nuraghi furono strutture di servizio polivalenti dell’economia rurale, utilizzate per la conservazione, trasformazione e protezione di prodotti di ogni genere», come chiariscono i reperti archeologici; per Zedda invece, che nel 2014 ha scritto il capitolo dedicato al significato astronomico dei nuraghi nell’opera monumentale Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy , edito dalla Springer, un’importante casa editrice scientifica, sono luoghi di culto costruiti secondo un disegno astronomico. Come ha osservato in vari articoli citati negli studi dello stesso Ruggles, nei nuraghi complessi, dove sono presenti più torri, queste ultime sono orientate secondo il punto di arresto del sole o della luna nei rispettivi solstizi. È vera l’una o è vera l’altra?
Può sembrare strano, ma, come ha spiegato il professor Ruggles, ai fini del dibattito stabilire da che parte stia la ragione, non è la cosa più importante. Molto di più lo è che ci sia la discussione, pacata e fondata su evidenze scientifiche. Gli archeologi mettono le mani nella terra e il loro sguardo è rivolto a recuperare frammenti, gli archeoastronomi non si limitano alle mani e alle pietre, volgono lo sguardo alle stelle, che è anche ciò che facevano gli antichi, attenti a leggere nel cielo segni utili alla comprensione del mondo. In ogni caso, a un certo punto, si lascia la misurazione per l’interpretazione e l’intuizione precede il dato: qui il confine tra scienza e speculazione si fa labile. Questa però, è la storia della scienza.
Franca Rita Porcu
 
 

4 - L’UNIONE SARDA di domenica 19 giugno 2016 / Cultura (Pagina 43 - Edizione CA)
LA TESI
Pozzo di Santa Cristina misurava i moti lunari
ma serviva anche per prevedere le eclissi
Secondo Arnold Lebeuf, il pozzo di Santa Cristina a Paulilatino, oltre che un osservatorio astronomico, era un vero e proprio strumento scientifico per misurare i moti lunari e prevedere le eclissi. Le sue caratteristiche architettoniche permettevano di cogliere con estrema precisione il momento dei lunistizi medi e del lunistizio maggiore, conoscenza utile ad anticipare le eclissi. Insomma, secondo il professore di Storia delle Religioni all’Università di Cracovia, per via del suo orientamento con le fasi lunari, il santuario nuragico della Sardegna centrale, è uno dei monumenti più interessanti dal punto di vista dell’archeoastronomia.
Le sue osservazioni, pubblicate nel volume Il pozzo di Santa Cristina. Un osservatorio lunare (Cracovia, 2011), hanno contribuito a far conoscere il monumento nel mondo. Per questa ragione e sulla scorta di questi studi, l’amministrazione comunale di Paulilatino intende candidare il sito archeologico a diventare patrimonio dell’Unesco. La notizia sarà data ufficialmente domani nel corso di una cerimonia pubblica, a Palazzo Atzori (ore 18) durante la quale il sindaco del paese, Domenico Gallus, conferirà la cittadinanza onoraria ad Arnold Lebeuf. Seguirà una tavola rotonda, cui parteciperà il professor Lebeuf assieme a Clive Ruggles e Franco Laner, organizzata da Agorà Nuragica (appendice di “Solstizio 2016”).
Secondo l’associazione, la candidatura del pozzo - osservatorio a patrimonio dell’Umanità è una conferma dell’importanza, anche dal punto di vista turistico, di una disciplina che offre una nuova interpretazione della civiltà nuragica. ( f.r.p. )
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 19 giugno 2016 / Pagina 36 - Ediz. Nazionale
SOS SPOPOLAMENTO
L’isola non vuol essere un museo all’aperto
di Giacomo Mameli
ARMUNGIA Per esorcizzare quella catastrofe prossima ventura dello spopolamento (calo di 400 mila abitanti in Sardegna entro il 2050, centri abitati soltanto nelle coste, villaggi desertici all’interno) hanno invocato l’ottimismo di Antonio Gramsci per dire che quel «fenomeno non è irreversibile» come sostiene Marc Augè, uno dei padri dell’antropologia contemporanea. Una inattesa ventata di speranza - per contrappasso e in controtendenza - da uno dei paesi più piccoli dell’isola, Armungia, appollaiato sulle forre del Gerrei, guardato dalle vette di Santa Vittoria, Monte Corongiu e Monte Cardiga e dove osava, soprattutto con la doppietta a tracolla, il Cavaliere dei Rossomori Emilio Lussu in compagnia della moglie Joyce. È stato Sandro Ruiu, scrittore sassarese, a citare uno dei massimi demografi viventi, Massimo Livi Bacci, per dire che «lo studio dei movimenti delle popolazioni non è scienza esatta e non può dare certezze soprattutto in una fase di grandi migrazioni e immigrazioni». L’antropologo Felice Tiragallo: «Occorre reagire per far restare paesi i nostri paesi». A contorno, con pochissime voci contro, l’elenco di tante esperienze positive dal Sulcis al Sarcidano dove - ha detto il sociologo Benedetto Meloni - sta per sorgere, a Gergei, una beauty farm mentre «in Sardegna le aziende sono sempre più popolate da giovani e da agronomi con competenze». Meloni ha scelto, a sostegno della sua tesi, anche il titolo di un giornale che parla del Montiferru di Seneghe e Santulussurgiu come «di un angolo della Svezia». L’associazione “Isperas” di Pozzomaggiore ha elencato le iniziative per «animare il paese con dibattiti e presentazioni di libri». Sandra Melis (“Il Convivio” di Silius) ha citato la «voglia di fare nel paese del castello Sassai dove si combatterono aragonesi e arborensi». Stamani il botanico Luigi Erriu di San Nicolò - nella vallata del Nido dell’aquila - parlerà di “biodiversità e rispetto dell’ambiente per vivere meglio”. Corradino Seddaiu, antropologo di Olbia, ha sottolineato la vitalità di Padru «dove, quando ci arrivavo da Sassari, mi sembrava di essere come Heidi circondato da tante signore Rottermeier» e dove oggi «hanno preso casa giovani tedeschi che sono diventati apicoltori e vendono il miele agli abitanti fra Goceano e Gallura». E le case in vendita a Ollolai? Martina Giuffrè, antropologa di Sassari, ha annunciato un progetto per il museo di Burgos. Il convegno di Armungia fra antropologi e amministratori - certo parlando più delle eccezioni che delle regole - si è mosso “controcorrente” accendendo un semaforo verde. Perché «va combattuta la rassegnazione, la tutela dei paesi e del territorio - ha sottolineato Pietro Clemente - dev’essere vissuta come impegno civile». Ad Armungia ha una eccellenza nell’iniziativa di Tomaso Lussu nipote di Emilio archeologo e Barbara Cardia studi da giurista. In solitudine ma con metodo hanno saputo calamitare iniziative produttive (tessitura, bottega del fabbro, prodotti alimentari) in un paese in via di estinzione. Certo, quella di Tomaso e Barbara è un unicum o quasi, perché hanno dalla loro competenze e grazia, qualità poco diffuse in Sardegna per poter tessere una rete di accoglienza intelligente. La casa-Lussu è tanto antica quanto confortevole, con un cinghiale del diavolo in ferro arrugginito che domina un cortile tutto fiori sotto un pergolato che ricorda belle pagine della letteratura del Novecento. Il paese è più curato di tanti altri. Il non finito edile è raro, il decoro è tangibile. E l’economia? Come «restare paese - si è chiesto Tomaso Lussu - senza romanticismo ed economia di sussistenza? Creando microfiliere produttive diffuse, producendo, facendo lavorare mani e cervello. Perché oggi siamo ancora in fase di sperimentazione e la nostra attività non consente di avere ricadute economiche. Far rivivere i paesi è un’idea che deve diventare progetto politico sostenendo un’economia reale. Ma non vogliamo essere “musealizzati”. Vogliamo che vadano avanti le iniziative private. Il pubblico pensi alle infrastrutture, ai trasporti interni ed esterni , per esempio». Un’idea che Clemente ha definito «coscienza di luogo». Che è la coscienza di Emilio Lussu per Armungia, così come è Barumini per Giovanni Lilliu, Nughedu San Nicolò per Francesco Masala, Ulassai per Maria Lai, San Sperate per Pinuccio Sciola, Orani per Costantino Nivola, Santulussurgiu per Antonio Cossu, Santa Cristina per Paulilatino, Remundu Piras per Villanova Monteleone, il Duomo con le quattro lunette delle Maddalene di Mario Delitala per Lanusei. Ma questo «è il progetto di una nuova Sardegna che in Sardegna non c’è ma può esserci», ha detto Ruiu. Il che comporta “conoscenza della nostra storia”. Spopolamento allora? «Credo che si assisterà a un’inversione di tendenza, non si erano mai visti tanti giovani tornare all’agricoltura, l’inurbamento avrà una fine, ci sono i corsi ma anche i ricorsi storici», rimarca Cristina Lavinio, docente di Letteratura all’università di Cagliari. Giunge ottimismo anche da quelli che ai primi del Duemila erano ricercatori sul campo ad Armungia e oggi siedono in cattedra. Caterina Di Pasquale (università di Pisa): «Armungia ha significato capire che cosa vuol dire guardare il tuo stesso mondo con una prospettiva diversa e renderlo più ricco». Eugenio Testa (La Sapienza di Roma): «Quindici anni fa il nostro obiettivo non era tanto cercare autenticità e arcaicità, ma interagire con cittadini del mondo contemporaneo e interrogarsi su cosa volesse dire confrontarsi con questo mondo («grande, terribile, complicato») stando in un piccolo paese della Sardegna interna e mantenendolo vivo. Se gli studenti sono stati curiosi degli armungesi, è stato vero anche l’inverso. Con la nostra invasione volevamo aiutare Armungia a “restare paese”. Ma l’Italia, come dice Pietro Clemente, è un Paese fatto di paesi. Che i paesi siano vivi è necessario non soltanto per chi li abita, ma per l’Italia tutta». E da domani? Pietro Clemente: «Creare una rete delle associazioni che vogliono combattere lo spopolamento. Una rete fra associazioni sarde collegate con quelle presenti in campo nazionale. È difficile, ma abbiamo il dovere di andare controcorrente. Senza paesi non c’è Sardegna».

 

 

6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 19 giugno 2016 / Pagina 36 - Ediz. Nazionale
C’è un deserto che avanza, anche la Sardegna da salvare
di Monica De Murtas
SASSARI La Sardegna è una delle cinque regioni italiane a rischio desertificazione ma l’emergenza è globale, riguarderà tutti i continenti se non si sapranno trovare soluzioni concrete a breve termine. Di questi argomenti si è discusso nella due giorni dedicata al progetto “Wadis-Mar” finanziato dall’Unione europea e incentrato sulla gestione sostenibile dell’acqua nelle zone aride. Organizzato dal Nucleo di ricerca sulla Desertificazione (NRD) dell’università di Sassari il progetto è nato 4 anni fa in collaborazione con l’università di Barcellona e altre organizazzioni internazionali. L’appuntamento, che ha coinciso con la “Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione”, ha raccolto in città i più illustri studiosi del settore. Tra questi: Daniel Tsegai delle Nazioni Unite, Wail Benjelloun, presidente dell’Unione delle università del Mediterraneo, Grammenos Mastrojeni, focal point italiano all’Unccd. Presenti anche Giuseppe Enne, presidente del comitato scientifico NRD Wadis-Mar, il direttore del progetto Pier Paolo Roggero e il coordinatore Giorgio Ghiglieri. «Le soluzioni vanno trovate in un lavoro congiunto –ha spiegato Roggero – che partendo dal mondo scientifico coinvolga anche politici, agricoltori e il sistema educativo a supporto di investimenti efficaci destinati a migliorare la qualità e disponibilità delle risorse idriche». Il workshop ha portato alla firma di una dichiarazione per la cooperazione nello sviluppo di programmi di ricerca e didattica. Da quanto emerge nel dibattito il lavoro della comunità scientifica e delle istituzioni non basta però a risolvere l’emergenza internazionale che può essere affrontata solo attraverso una presa di coscienza individuale sul fenomeno dei cambiamenti climatici e sulle strategie di recupero e salvaguardia dell’ecosistema. «Dobbiamo lavorare sull’informazione e sulla capacità di coinvolgere i nostri interlocutori –conclude Roggero– per questo abbiamo chiesto aiuto ad artisti e comunicatori». Il progetto si è concluso nella Sala Sassu con un riuscitissimo appuntamento culturale. Condotta da Sante Maurizi e realizzata in collaborazione con il Festival “Pensieri e Parole, libri e film all’Asinara”, la Libreria Koiné e il Conservatorio, la serata è stata incorniciata dall’esibizione dell’Orchestra Giovanile del Conservatorio e del coro di voci bianche della Corale Canepa. Un linguaggio informale fatto di musica e racconto ha raggiunto lo scopo di coinvolgere il pubblico. Di grande appeal l’intervento di Fiorella Ravera, regista del programma Rai “Ulisse”, caposcuola del giornalismo televisivo di divulgazione scientifica italiano. Illuminante in chiusura la relazione di Grammenos Mastrojeni autore del libro “L’arca di Noè: per salvarci tutti insieme”. Attraverso le parole di Mastrojeni si scoprono insospettabili legami fra alberi e guerre, povertà e fiumi, sistemi totalitari, clima e migrazioni di massa. «Un ambiente degradato non segna solo l’estinzione di orsi e api –dice Mastrojeni – è un processo globale. Possiamo ancora farcela ma solo se ognuno di noi cambierà abitudini. Il “costo” da affrontare è migliorare la qualità della propria vita e favorire così la tutela dell’ecosistema. Ogni piccolo gesto di responsabilità viene raccolto e remunerato da madre natura». Insomma per aiutare il mondo dobbiamo far del bene a noi stessi. Come?: meno carne e più verdure, meno petrolio e più energia pulita, e se ci sarà un’apocalisse la colpa non sarà solo delle multinazionali e della politica. Il futuro della specie umana è in mano ad ognuno di noi.
 


 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 19 giugno 2016 / Pagina 33 - Ediz. Nazionale
Ersu, 16 in lizza per il “mini campus”
Inizieranno giovedì 23 giugno le serate di animazione di “Caniga Estate” organizzate dall’associazione culturale e di volontariato San Domenico Caniga presieduta da Anna Cherchi. Quest’anno l’associazione collaborerà con la “Casa della Fraterna Solidarietà con il progetto “Aiutaci ad aiutare” , donando 1 euro all’ingresso del parco. Il programma sarà così articolato: tutti i martedì e i giovedì balli in piazza per tutti. Il mercoledì Start con il gioco multimediale “Il Cervellone” con Tony e Piera e a seguire karaoke. Dal lunedì al venerdì corsi di danza per tutti: classica, ballo liscio, balli di gruppo e tanti altri. Ginnastica dolce con l’istruttrice Silvia Palmisano Tutti i sabato salsa con i migliori animatori cubani e tanti eventi a tema. I corsi verranno svolti dall’Associazione Accademia di danza di Alessandro Pinna (Team Diablo). Danza contemporanea Filomena Massidda Hip Hop e Break Dance con i maestri Luca e Cristi. Per Info sui corsi 3398202305.di Vincenzo Garofalo wSASSARI Il campus universitario sassarese va definitivamente in soffitta, fra i progetti decantati per anni e mai realizzati. Nei giorni scorsi infatti l’Ersu ha aperto le buste con le offerte per la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva di una residenza da 280 posti letto per studenti a San Lorenzo, proprio di fronte all’orto botanico con il Polo bionaturalistico universitario di via Piandanna. Si tratta della prima delle strutture residenziali per studenti che dovranno sostituire l’idea del campus, secondo l’accordo trovato fra Ersu, Comune e Università. Alla gara d’appalto per un importo di 1 milione e 800 mila euro, più Iva, hanno risposto 16 studi professionali candidati a predisporre “i servizi di progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, direzione dei lavori, misura e contabilità dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, relativi ai lavori di realizzazione di uno studentato diffuso in località San Lorenzo a Sassari, mediante l’uso di materiali e tecniche a ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita dell’opera”. La commissione di gara ha aperto le buste e ha verificato la documentazione amministrativa presentata. Nei prossimi giorni la stessa commissione procederà con l’analisi delle offerte tecniche ed economiche per individuare il vincitore cui affidare l’appalto. Entro 120 giorni dalla firma del contratto è prevista l’approvazione del progetto definitivo. Quindi entro marzo 2017 l’Ersu, secondo il cronoprogramma dei lavori, dovrà pubblicare la gara d’appalto per la realizzazione della nuova residenza per studenti, che dovrà essere consegnata, chiavi in mano, entro dicembre 2018. Per i lavori veri e propri è stato stimato un costo di 13 milioni e 650 mila euro; fra progettazione, esecuzione delle opere, direzione dei lavori, oneri di sicurezza e Iva, la partita totale per la costruzione della nuova struttura a San Lorenzo è di 20 milioni di euro, già in mano all’Ersu. Di questi, 848mila serviranno per acquistare dall’Università di Sassari il terreno di 26mila e 700 metri quadrati su cui sorgerà la residenza per studenti. Si tratta di un’area attualmente inutilizzata e per circa la metà classificata nel Puc come zona agricola. In base a un patto stretto a gennaio fra Comune, Ersu e Università, l’intervento sarà regolato da un accordo di programma che contempla le variazioni urbanistiche necessarie per un incremento dell’indice territoriale rispetto al valore previsto nel Puc. Dal punti di vista paesaggistico il terreno ricade in un’area sottoposta a vincolo ministeriale, vincolo fissato per salvaguardare la veduta, dichiarata di notevole interesse pubblico, che si gode dalla terrazza della chiesa di San Pietro in Silki. In ragione di questo vincolo la costruzione della residenza per studenti dovrà superare la valutazione di compatibilità paesaggistica. Inoltre il terreno che l’Ersu acquisterà dall’Università, ricade parzialmente in area sottoposta a vincolo idrogeologico, a causa dell’elevata pericolosità idraulica della zona, come indicato nel Puc e nel Pai. Per questo motivo il progetto della nuova struttura per studenti dovrà rispondere a tutte le prescrizioni di sicurezza previste dalle norme sulle aree a rischio idrogeologico. Oltre ai posti letto il progetto dovrà prevedere la realizzazione di spazi aperti e chiusi per attività culturali e di intrattenimento, attrezzature sportive e aree verdi. Da definire ora rimane la partita legata all’ex caserma La Marmora in piazza Castello, con il sindaco che da mesi è in trattativa con Agenzia del Demanio e ministro della Difesa per la dismissione del bene da parte dello Stato e il successivo utilizzo come residenza studentesca. Il terzo studentato, secondo il protocollo di intesa siglato tra Ersu, Comune e Università, dovrebbe infine sorgere all’ex Brefotrofio in via delle Croci, che dovrebbe ospitare una residenza con 130 posti letto e servizi annessi.
 

 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 19 giugno 2016 / Pagina 36 - Ediz. Nazionale
La criminalità nuorese negli ultimi scritti di Mario Da Passano
SASSARI «Nell'agosto del 1839 una trentina di fonnesi e orgolesi assaltano una casa a Nuraxinieddu. Altre bardane, consumate o tentate si registrano tra il 1839 e il 1840 a Sadali, Esterzili e Setzu, nel 1844 a Palmas, nel 1848 a Nuragus, a Selegas, e a Terralba con alcuni feriti, nel 1856 a Irgoli...». In quegli anni e negli anni seguenti le bardane interessano diversi centri della Sardegna dell'interno, come documenta il volume “Omicidi, rapine, bardane. Diritto penale e politiche criminali nella Sardegna moderna (XVII-XX secolo)” che raccoglie alcuni saggi di Mario Da Passano. Il libro, a cura di Antonello Mattone, edito da Carocci, è stato presentato nell'aula magna dell'Università per ricordare il grande studioso ligure-sardo scomparso improvvisamente 11 anni fa. Le bardane erano delle incursioni in paesi e villaggi, spesso parecchio distanti dal luogo di origine dei banditi, e le vittime erano possidenti e molto spesso dei religiosi. Vi partecipavano dalle sessanta a un centinaio di persone che armati e cavallo terrorizzavano le loro vittime e i villaggi nei quali abitavano. Spesso le vittime opponevano resistenza e dovevano rivelare il luogo in cui era nascosto il tesoro (ma spesso era grano, fagioli, vino e formaggi) con metodi convincenti: venivano fatti adagiare a sedere nudo sui carboni ardenti. Il saggio sulle bardane è tra più suggestivi tra quelli contenuti nel volume. E certamente è stato tra quelli più citati nella presentazione dell'altra sera organizzata dal dipartimento di storia, scienze dell'uomo e della formazione insieme agli altri dipartimenti dell'università che hanno organizzato l'evento. Nell'incontro, moderato da Attilio Mastino, ha portato il saluto anche il rettore Massimo Carpinelli, Nelle relazioni e negli interventi degli amici il rigore nella descrizione della statura scientifica di Da Passano si accompagnava al commosso ricordo delle grandi doti umane dello studioso: un uomo di poche parole con “la schiena dritta”, come ha ricordato Manlio Brigaglia, che ha considerato la ricerca e l'impegno universitario come una sorta di militanza politica. Era arrivato a Sassari a 29 anni ed era diventato “sardo”, non solo di residenza ma di sentimenti, soprattutto dopo aver sposato una ragazza sassarese (Maria Grazia Cadoni, presente in sala insieme al figlio Andrea). Indossava l'eskimo (dalle cui tasche sbucava sempre il giornale l'Unità), è' stato sempre dalla parte dei più deboli e di quelli più schiacciati dalla storia: dai lavoratori ai carcerati, dalle prostitute agli alcolizzati, dimostrando come si possa riscrivere la storia dando voce a chi di voce non ne ha mai avuto. Con questo approccio ha studiato anche la storia del diritto in Sardegna ed ha approfondito quella della Repubblica ligure e quella toscana del periodo di Pietro Leopoldo. Una ricerca portata avanti secondo il metodo della scuola genovese, ha detto Riccardo Ferrante: archivio, archivio, archivio. E nelle ricerche d'archivio Da Passano era davvero un fuoriclasse, ha ricordato Antonello Mattone, con intuizioni come quelle che lo hanno portato a scoprire inediti di Condorcet e Mirabeau. Sono stati tre i filoni di studio di Mario Da Passano, ha ricordato Marco Nicola Miletti: la codificazione, la criminalità e l'espiazione penale. Che hanno fatto dello studioso sardo-ligure, il più bravo storico del diritto penale in Italia. Commosso e appassionato il ricordo di Giorgio Rebuffa: «eravamo militanti comunisti curiosi e appassionati, poveri ma felici. Le nostre discussioni? Più sull'illuminismo che sul marxismo».

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