Mercoledì 9 marzo 2016

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
09 marzo 2016

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 7 - Edizione CA)
Inchiesta sanità, oggi sotto esame l'assessore e i commissari delle Asl
CONSIGLIO. Vertice di maggioranza sulla Finanziaria. I Giovani Pd: più fondi all'istruzione
 
Dove va a finire la spesa sanitaria? Un interrogativo al quale ancora non è possibile dare una risposta, perché se è vero che si sa quanto si spende (si parla di quasi metà bilancio regionale), resta ancora da scoprire il “come”.
I dati, forniti da Asl e Aziende ospedaliero-universitarie, che la commissione d'inchiesta del Consiglio regionale sta iniziando a vagliare, non sono completi e soprattutto non seguono un criterio uniforme. Se la missione è quella di capire dove vanno a finire gli oltre tre miliardi che ogni anno vengono stanziati, il risultato finale è ancora lontano.
LINEA DURA «Abbiamo cominciato ad analizzare i numeri», spiega il presidente della commissione, Attilio Dedoni (Riformatori), «i dati sono ancora molto confusi ma non abbiamo intenzione di fare sconti». Il primo lavoro di raccolta lo ha fatto il vicepresidente dell'organismo, Roberto Deriu (Pd), che ora riflette: «Ci sono le basi per riuscire a penetrare il problema e passare le strutture ai raggi X».
IL CAOS La confusione nella raccolta dei dati è un segnale che evidenzia l'importanza di un metodo uniforme. In questo modo sarebbe possibile valutare dove si annidano gli eventuali sprechi, ma anche dove ci sia la necessità di intervenire per colmare lacune come quelle del personale in molti ospedali. Allo stato attuale tutto questo non si può sapere e il rischio è che ogni iniziativa per risparmiare sulla sanità sia strutturata su princìpi che, però, necessitano di riscontri pratici.
FACCIA A FACCIA Oggi la commissione procederà nel lavoro di inchiesta con due incontri. Di mattina sarà la volta dell'assessore alla Sanità Luigi Arru, mentre nel pomeriggio sarà il turno dei commissari delle otto Asl e delle due Aziende miste ospedaliero-universitarie.
IL VERTICE La sanità si mangia metà del bilancio, come detto, e al netto dei costi fissi quello che rimane è ben poco. Per questo motivo il confronto sulla manovra è stato decisamente ad alta tensione. Il presidente Pigliaru lo sa e infatti, questo pomeriggio alle 15, ha convocato un vertice con la sua maggioranza. Spera di placare le spinte che, dopo il ritiro degli emendamenti in commissione Bilancio, potrebbero riservare sorprese in Aula.
GIOVANI DEM Pungolano il Consiglio i Giovani democratici, che chiedono interventi per il diritto allo studio e apprezzano l'emendamento Deriu che stanzia 7 milioni a tal fine. I Gd, che hanno appena rieletto Mauro Usai segretario regionale, propongono un aumento delle soglie Isee e Ispe per accedere alle borse di studio Ersu, con un aumento delle risorse in Finanziaria (anche per l'Erasmus), e chiedono un incremento anche per i contratti di formazione specialistica in area medica.
Matteo Sau
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Provincia di Oristano (Pagina 33 - Edizione CA)
Presentazione libro
 
Venerdì 11 alle 18 al Centro servizi culturali Unla è in programma la presentazione del libro “Anima e immortalità dialogo tra un razionalista e un credente” di Mario Fadda. Durante la serata dialogano con l'autore Diego Zucca (docente all'Università di Sassari), Alessandra Melas (Università di Sassari). Il libro spiega come affrontare i nostri dubbi, tentare di rispondere alle nostre domande esistenziali, analizzare i dati di una credenza religiosa e avere fede nella scienza. Tutto questo, secondo l'autore, grazie al dialogo.
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Speciale (Pagina 8 - Edizione CA)
La limba mozzata dalla scuola e i Comandamenti perduti 
Il docente Nicola Tanda e il sardo, idioma etico, zittito dall'italiano legalitario
Paolo Pillonca
 
Come Dante all'alba, all'ingresso del Purgatorio, quando percepisce da lontano «il tremolar della marina», anche lui ha guardato a distanza la conferenza regionale sulla lingua. Nicola Tanda, professore emerito di filologia e letteratura sarda a Sassari, non era tra gli invitati all'evento. Perché? «Bisognerebbe domandarlo alla Regione», dice, come se si potesse chiedere alla volpe un aiuto in difesa degli agnelli. Subito dopo cita un endecasillabo di Eugenio Montale: «Non può nascere l'aquila dal topo».
Inizia così un lungo dialogo con il professore, una vita dedicata alla sua terra madre e alla lingua di Sardegna. Riassumiamo, nelle linee-guida. Tanda parte da lontano: «La lingua sarda, con la Carta de Logu, ha amministrato la giustizia fino ai codici di Carlo Alberto. La letteratura, più ricca, era codificata in almeno cinque lingue: il sardo, il latino della Chiesa romana, il greco di quella bizantina, l'italiano della Riforma, il francese della corte sabauda, l'italiano del Regno d'Italia. In Sardegna la lingua italiana era usata sporadicamente fino al primo Ottocento. I Savoia avevano un loro inno nazionale, in sardo: Cunservet Deus su Re . Poi vennero Mussolini e Franco». Con i risultati noti a tutti.
Spiega Nicola Tanda: «Seguendo la stessa politica linguistica imposero l'italiano in Italia, il castigliano in Spagna. È questa la ragione della mancanza, nei programmi scolastici italiani, della complessità delle letterature nelle lingue citate, in particolare nella nostra». Fortunatamente i poeti, quelli del Premio Ozieri - con le presidenze di Francesco Masala, Antonio Sanna e della sua, di Tanda - ma anche dei concorsi nati su quel modello, hanno prodotto «una letteratura di grande valore etico e letterario, pronta per entrare nelle scuole».
Qui però c'è un vuoto in profondità: «Il settore istruzione richiede varie competenze, ma più di tutto il resto conta il messaggio del buon senso umanistico sardo», osserva Tanda, «sintetizzato in una formula semplice: se non c'è virtù umana non c'è nulla. Il ritorno alla letteratura e alle arti consente un'integrale trasformazione del rapporto tra gli uomini. Lo diceva già Leopardi: il solo progresso possibile è quello di migliorare questo tipo di intesa».
Cosa fa, invece, la politica? «Propone una legalità morbosa laddove occorre soltanto l'obbedienza ai dieci comandamenti, non l'inasprimento delle pene. Poeti e scrittori sardi però preferiscono gli educatori ai rivendicatori. I creativi, poeti in primis, hanno prodotto una letteratura bilingue che costituisce un grande patrimonio destinato a promuovere la conoscenza e la cultura del territorio, iniziando dalla porta di casa. Lo studio della cultura locale può far circolare con la storia del mondo quella del proprio paese».
Ma la scuola sarda viaggia su questi binari? «Neanche per sogno. Basti pensare che il riscontro della dispersione scolastica non comprende un coefficiente sugli abbandoni dovuti alla diglossia. Ferdinand De Saussure aveva invitato i linguisti tradizionali a continuare le ricerche perché la sua, rivolta agli aspetti biologici, studiava il ruolo del cervello sull'apparato fonatorio e su quello auditivo. Nel 1967 Tullio De Mauro ha tradotto in italiano il Corso di linguistica generale di De Saussure. Proprio De Mauro ha denunciato che soltanto il 30 per cento degli studenti italiani ha le conoscenze di base, il 70 per cento le ignora in toto». E qui Tanda ricorre a una similitudine: «Come l'acquedotto eroga l'acqua, così la scuola trasmette il sapere: se l'acquedotto non funziona si curano le condutture e non si tiene conto che l'acqua è la cosa più importante, quando non è potabile». Nudda mi ses narende! Ma veniamo alla cronaca, professore.
Da accademico, Nicola Tanda come definerebbe la presenza tanto copiosa di docenti universitari nella Giunta regionale? «Con un eufemismo io direi: anomalia grave. In latino suonerebbe, con lo storico Tito Livio di Padova: perfidia plus quam punica». Sarebbe? «L'inaffidabilità dei cartaginesi, non solo di quelli vissuti al tempo di Annibale ma anche dei loro discendenti nei secoli». Ossia? «Il cuore del problema è nell'ignoranza dei fondamentali. Questi possono reggere la baracca alla meno peggio, ma non hanno ali adatte al volo alto. Figli di un indottrinamento ideologico pervicace, vanno per schemi e formule».
Nereide Rudas ha definito questa Giunta «un consiglio di facoltà incapace di tutto». Lei che dice? «Nereide Rudas sa usare ottimamente le parole. Aggiungo una noticina conclusiva: Antonio Sanna, io e i nostri allievi non abbiamo coltivato questi saperi perché loro ce li rovinassero». Loro chi? «I fantasmi di Cartagine, Carthago delenda di Catone senior».
 

LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 4
Sanità, la commissione convoca l’assessore
Il presidente: «Vogliamo indagare a fondo sul sistema ma ci servono più personale e altre risorse»
 
CAGLIARI I dati ci sono seppure ancora confusi, un primo dossier anche, ma la commissione d’inchiesta del Consiglio regionale vuole sapere subito dai protagonisti qual è lo stato della sanità. Così per stamattina, il presidente Attilio Dedoni (Riformatori) ha convocato l’assessore alla Salute, Luigi Arru, e nel pomeriggio i commissari delle Asl e delle Aziende miste.
«Vogliamo avere un prima presa di contatto – dice Dedoni – con chi è al vertice della piramide politica e soprattutto della spesa. Sono molte le domande che la commissione vuole fare a cominciare dalla gestione di questi ultimi anni». Ma il presidente ha detto anche altro: «All’ufficio di presidenza del Consiglio la commissione chiede più personale e mezzi per indagare davvero, altrimenti non andremo da nessuna parte».
Per cominciare, nonostante il dossier presentato dal vicepresidente Roberto Deriu (Pd) i «dati inviati dalle Aziende sanitarie sono una marea e difficili anche da comparare per capire dove si nascondano gli sprechi». Mentre, ha aggiunto il presidente Dedoni, «dai cittadini e dagli ospedali continuano ad arrivarci segnalazioni su macchinari che non funzionano, medicinali introvabili e altri disservizi. Noi vogliamo scavare in fondo ma dobbiamo essere messi nelle condizioni di farlo».
Il dossier. Quello consegnato dal vicepresidente Dedoni è un susseguirsi di grafici e confronti sull’andamento della spesa e gli acquisti di medicinali da parte delle Asl. Ad esempio i costi di produzione sono aumentati dal 2012 al 2014 da un minimo di 3 milioni e 700 mila a ai 57,7 milioni dell’ultimo rilevamento.
 Fra le Aziende che hanno speso di più rispetto al budget assegnato c’è ad esempio quella di Nuoro +6,13 per cento (confronto 2013/2014), seguita dall’Azienda mista di Sassari (+4,8) e dall’Asl 1 sempre di Sassari (+3,5). Le più virtuose, nello stesso confronto, sono state invece quelle del Sulcis (-1,6 per cento), del Medio Campidano (-0,2) e l’Azienda mista di Cagliari (+0,3). Nella farmacia convenzionata, il record della spesa appartiene alle due Asl più popolose: Cagliari (101 milioni di costi), Sassari (60 milioni) e l’Azienda mista di Cagliari (38 milioni). Ma è ancora troppo presto per dire dove si potrebbero nascondere gli sprechi. È lo stesso vicepresidente Roberto Deriu a scrivere nella relazione preliminare: «I dati forniti dalle undici Aziende sono diversi fra loro per essere analizzati con attenzione. È indispensabile individuare un modello unico da consegnare ai commissari. Solo a quel punto sarà possibile capire quali variabili hanno provocato l’aumento innegabile della spesa sanitaria».
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Economia – pagina 13
Arriva l’identità digitale
Addio a file e scartoffie
Pubblica amministrazione dal 15 marzo a portata di clic con il sistema “Spid”
Codici rilasciati da Poste, Tim e Infocert. Cosa fare per usufruire dei servizi
di Gabriella Cerami
 
ROMA Addio file e scartoffie, mai più mille password e chiavi d’accesso, basta con le vie crucis da uno sportello all’altro: la Pubblica amministrazione sarà a “portata di clic”. È questo lo slogan di Spid, il sistema d’identità digitale, il cosiddetto Pin unico, presentato dal ministro Marianna Madia, che ha annunciato: «Lavoriamo per una Repubblica matura, perché migliaia di amministrazioni non si muovano più come isole ma come un corpo unitario che dà servizi ai cittadini e che risponde ai loro bisogni senza scaricare responsabilità di servizi inefficienti.
Parte una grande infrastruttura immateriale del Paese». Spid sarà disponibile dal 15 marzo e le identità saranno rilasciate e certificate da Poste italiane, Tim e Infocert. L’Agenzia per l’Italia Digitale si pone come obiettivo sei milioni di identità digitali entro l’anno. Per adesso sono allacciate al sistema l’Agenzia delle entrate, l’Inps e l’Inail, tre Comuni (Firenze, Venezia, Lecce) e sette Regioni (Toscana, Liguria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte e Umbria). Per il consolidamento e la diffusione su tutto il territorio nazionale, il governo si è dato due anni di tempo, con lo scopo di totalizzare 10 milioni di password entro la fine del 2017. Ecco a cosa serve e come si ottiene. Come, quando e a chi richiedere Spid. Chi è interessato potrà dal 15 marzo fare domanda a uno dei tre operatori già accreditati dall’Agenzia per l’Italia digitale: Tim, Poste Italiane e Infocert. Occorre fornire nome, cognome, data e luogo di nascita, documento d’identità, telefono, indirizzo di posta elettronica e domicilio (codice fiscale o partita Iva, sede legale e ragione sociale se azienda). Poi si passa alla verifica tramite canale tradizionale (esibizione documento e compilazione modulo) o per via telematica (carta d’identità elettronica o firma digitale). Seicento pratiche da gestire direttamente con Spid.
Il Pin unico funzionerà da subito per 300 servizi che a giugno lieviteranno a 600. Tra le altre cose, sarà possibile pagare la colf, iscrivere il bambino all’asilo nido, saldare l’Imu o la Tari e la Tasi, cambiare la residenza, ritirare i referti medici, riscattare la laurea, richiedere incentivi d’impresa. Una sola chiave per tutti i cassetti della Pubblica amministrazione. La password unica rimpiazza migliaia di codici esistenti e permetterà di entrare via web da subito nei servizi pubblici e in futuro anche in quelli privati (bancari, assicurativi, di e-commerce). Spid si presenta come un “bottone” telematico, uguale per tutti i servizi (il logo è la sigla Spid in blu e bianco, la “i” rappresenta una persona stilizzata).
L’accesso potrà avvenire con pc, smartphone o tablet. Gratis per almeno due anni ed è possibile recuperare vecchi Pin. Le credenziali di Spid saranno rilasciate attraverso posta, e-mail o sms. Per ora ad essere attivati sono i primi 2 livelli di sicurezza e almeno per 24 mesi saranno gratuiti. Inoltre chi ha già una password rilasciata da una Pubblica amministrazione potrà accelerare l’iter, facendosela semplicemente riconoscere dall’operatore. Tre livelli di sicurezza. Tre sono i livelli di riservatezza, per quello base serve solo username e password, per il secondo gradino si aggiunge una “one time password” (usa e getta) e al terzo si affianca una smart card, un supporto fisico con chip. Il terzo livello è pensato per professionisti e operazioni complesse (trasferimento fondi o scambio dati sensibili).
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 17
campus universitario
Il Tar respinge il ricorso
di Poddighe contro l’Ersu
 
SASSARI Ricorso inammissibile per mancanza di interesse e per difetto di giurisdizione. Il Tar Sardegna ha respinto il ricorso della società Zanfarino srl contro l’Ersu, presentato nel 2013, dopo che la società amministrata dall’ex presidente provinciale di Confindustria, Stefano Poddighe, era stata esclusa dal bando per la ricerca di un’area su cui costruire il nuovo campus universitario. La Zanfarino srl si era fatta avanti proponendo per 17 milioni e mezzo di euro l’area di via Zanfarino occupata dallo stabile ex Inps. Poddighe poteva vantare un progetto edilizio già approvato dal Comune di Sassari, con tanto di concessione edilizia. Ma l’offerta fu ignorata dall’Ersu. Nel dicembre 2012 l’Ersu scelse l’area degli ex Mulini Azzena, all’ingresso della città, accettando l’offerta della Cator srl. Il progetto non andò comunque in porto in seguito all’opposizione del Consiglio comunale. La Zanfarino si era rivolta al tribunale amministrativo della Sardegna, contestando la sua esclusione, chiedendo l’annullamento della procedura con cui l’Ersu aveva individuato momentaneamente l’area ex Mulini Azzena e reclamando un cospicuo risarcimento danni. Il loro progetto, sostenevano nel ricorso, era l’unico che rispondeva a una delle caratteristiche fondamentali richieste dall’Ersu: l’immediata cantierabilità per realizzare una residenza universitaria, anche su struttura diffusa, di almeno 500 posti letto, nonché servizi accessori. Per i giudici del Tar però le richieste della Zanfarino srl sono inammissibili. Respinta la domanda di annullamento degli atti relativi alla scelta dell’area su cui realizzare il campus universitario, perché, spiegano i magistrati, da ciò i ricorrenti non trarrebbero alcun vantaggio: «Vedere annullati gli atti di una procedura esplorativa che, in quanto finalizzata alla ricerca di un’area da acquistare, non poteva portare ad alcuna aggiudicazione in capo alla medesima», è scritto nella sentenza pubblicata la settimana scorsa. E inoltre, «il procedimento, non conclusosi positivamente, non ha portato alla individuazione di un’area idonea e, anzi, l’Ersu ha indetto una nuova procedura cui la stessa ricorrente non ha partecipato». Inammissibile anche la richiesta di risarcimento danni, perché, trattandosi di eventuali responsabilità precontrattuali, la competenza è del giudice ordinario. Ora sulla vicenda si aspetta un altro pronunciamento del Tar: quello relativo al ricorso presentatodagli eredi Satta-Branca e dalla famiglia Segni contro la decisione con cui, nel maggio 2015 l’Ersu ha disposto di non aggiudicare l'ultimo bando per la ricerca dell’area-campus, cancellando di fatto la graduatoria che vedeva i ricorrenti in testa per realizzare il progetto da 40 milioni di euro nei loro terreni a Piandanna. Vincenzo Garofalo
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Cultura – pagina 30
LA SOCIETA’ SENZA FUTURO
Tra tombe e culle un equilibrio negativo
Il problema della denatalità grave anche in Sardegna
L’inutile chiusura delle frontiere dettata dalla paura
Nel preoccupante scenario del declino demografico appare incomprensibile la reazione di rigetto dell’emigrazione
di GIANFRANCO BOTTAZZI
 
C'era da aspettarselo. Nonostante fosse fenomeno noto da tempo, l'Istat pubblica i dati della popolazione, delle nascite e delle morti, relativi al 2015 e lo scoop è servito. In Italia un numero di morti senza precedenti e un numero di nati spaventosamente ridotto. Insomma si fanno sempre meno figli e il numero dei morti eccede sistematicamente il numero dei nati.
Risultato ovvio: la popolazione diminuisce e, poiché anche l'apporto dei flussi migratori che si fissano stabilmente in Italia si riduce (contrariamente a quanto fanno credere gli allarmismi strumentalmente agitati dai più vari demagoghi), la popolazione invecchia in modo marcato. C'era anche da attendersi che si scatenasse il filone italico del complottismo: l'aumento delle morti sarebbe la conseguenza dell'inquinamento, delle scie cosmiche, dell'ozono, delle porcherie che ci mettono negli alimenti, delle vaccinazioni e così via. Fenomeni, tutti, dei quali sarebbe bene preoccuparsi, ma che nel caso specifico non c'entrano. Vero è che si vive sempre più a lungo, ma è anche vero che il balsamo della immortalità non è stato ancora inventato. Logico perciò che, con una popolazione in età avanzata sempre più numerosa, il tasso di mortalità (ossia la probabilità di morte) non possa che aumentare. Se, contemporaneamente, non nascono bambini, il fenomeno assume il carattere di un circolo vizioso. Insomma, sono le ferree leggi della demografia, e non c'è nulla da stupirsi.
In Sardegna non va meglio, anzi semmai va peggio. E in Europa, chi più chi meno, la situazione è altrettanto inquietante: nessun Paese, neanche quelli che sviluppano da anni politiche determinate per favorire la natalità (come la Francia o i Paesi scandinavi), raggiunge quella soglia di 2,1 figli in media per ogni donna che rappresenta il tasso di fecondità con il quale semplicemente si riproduce la popolazione esistente. Se l'Europa - e l'Italia in essa - non registra un vero e proprio crollo lo si deve agli immigrati. In Sardegna, neanche gli immigrati compensano un calo degli abitanti che consegue non solo a poche nascite, ma anche a un saldo migratorio negativo conseguenza dei Sardi, giovani soprattutto, che se ne vanno. Insomma, un quadro fosco, del quale si discute poco, del quale la politica discute ancor meno. Forse perché gli scenari che questo quadro disegna sono veramente inquietanti. Una società che non fa figli è infatti, in tutta evidenza, una società malata, una società senza futuro.
È già avvenuto tante volte nella storia che intere civiltà e società sparissero per consunzione demografica. È la volta dell'Europa (e della Sardegna)? Di fronte al fenomeno della denatalità e del declino demografico, le spiegazioni che vengono più spesso avanzate chiamano in ballo la crisi, le scarse opportunità di occupazione, le difficoltà delle giovani coppie a metter su casa, insomma le difficoltà materiali.
La spiegazione vera è molto più complessa ed è su di essa che dovremmo esercitarci. Non si fanno figli, o se ne fanno pochi e tardi, perché le nostre società sono impaurite dai mille rischi, veri o presunti, che si vedono all'orizzonte, dal timore egoistico di perdere quel po' di benessere e di consumo al quale abbiamo avuto accesso, dalla paura delle responsabilità, da un individualismo che viene da lontano ma che sempre più, nella cosiddetta seconda modernità, presuppone un "io" autosufficiente e indipendente, che vuole essere libero di assecondare la ricerca delle proprie soddisfazioni e che dunque vede come un impaccio un figlio che, per bene che vada, condiziona la tua esistenza per venti o trenta anni. Certo, le insicurezze del contesto nella società neo-liberista non aiutano, ma è piuttosto questo complesso appena accennato di fattori che dovremmo esplorare, certi che, senza capire questo, eventuali politiche e incentivi avrebbero effetti tutto sommato di scarso rilievo.
Nello scenario preoccupante del declino demografico, appare ancora più incomprensibile l'ottusa chiusura di molti alla problematica dell'immigrazione. Premesso che – anche qui la storia è maestra, se solo la si vuole ricordare! – non c'è muro o filo spinato che possa fermare flussi che oggi premono alle frontiere delle cittadelle (invecchiate) del benessere. Che si tratti dell'Europa, degli Stati Uniti, del Giappone o dell'Australia, quanto potranno resistere le fortezze all'assalto dei più miseri? È paradossale che i Paesi che oggi esprimono maggiori chiusure e intolleranza, sono proprio quelli che hanno maggiori problemi di declino demografico. Cosa faranno, tra trent'anni, i fascisti ungheresi, o i nazionalisti polacchi o slovacchi? O i nostri leghisti sempre più fascisti?
Dato che tra trent'anni scarseggeranno i giovani aitanti da inquadrare militarmente (e quelli arruolabili non ne avranno verosimilmente voglia), manderanno alle frontiere a difendere i confini truppe composte di mercenari siriani o eritrei? Avevano fatto così anche gli antichi Romani, ma questo aveva solamente rallentato la caduta dell'Impero. Per secoli, tuttavia, nell'Impero romano si circolava liberamente e, alla fine, i "barbari" furono in gran parte romanizzati. Non sarebbe il caso di attrezzarsi con politiche lungimiranti nei confronti di flussi di immigrazione che comunque dureranno ancora per anni e anni?
Gianfranco Bottazzi è ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università di Cagliari

Questionario e social

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